ISSN 2704-8098
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  Articolo  
12 Dicembre 2023


L’incriminazione che non c’è: il lavoro forzato


Abstract. Il saggio ha ad oggetto il divieto di lavoro forzato od obbligatorio, che a livello sovranazionale è sancito insieme ai divieti di schiavitù e servitù e invece risulta assente nel nostro sistema penale, che pure sanziona le violazioni del divieto di schiavitù e servitù. Al fine di stabilire se realmente si tratti di una lacuna normativa, si procede a una ricostruzione dei contenuti dei divieti nella giurisprudenza della Corte Edu, anche mediante l’esame di tre casi particolarmente emblematici, e quindi si passa all’analisi del diritto interno, ove il lavoro forzato assume rilievo come forma specifica di servitù. La conclusione è che effettivamente risulta necessaria un’espressa incriminazione del lavoro forzato.

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. I divieti di schiavitù, servitù e lavoro forzato od obbligatorio tra la Convenzione di Ginevra del 1926 e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. – 3. Un’illustrazione del problema attraverso tre casi emblematici. – 4. La definizione di schiavitù e servitù attraverso la Corte europea dei diritti dell’uomo. – 4.1. La definizione del lavoro forzato od obbligatorio nella giurisprudenza della Corte Edu e nell’elaborazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro. – 5. La repressione del lavoro forzato nel nostro codice penale. – 6. La rilevanza del lavoro forzato nell’ordinamento italiano alla luce dei tre casi emblematici. – 7. Lavoro forzato e sfruttamento del lavoro ex art. 603-bis c.p.: le conseguenze della norma che non c’è. – 8. Linee conclusive della ricerca. – 9. Sulla fusione tra schiavitù e servitù. – 10. La necessità di una tipizzazione del lavoro forzato. – 11. Un possibile modello di fattispecie penale.

 

*In vista della pubblicazione su Diritto penale contemporaneo – Rivista trimestrale, il contributo, qui pubblicato in anteprima, è stato sottoposto in forma anonima, con esito favorevole, alla valutazione di due revisori esperti.