Abstract. L’articolo tratta della legittimità costituzionale e convenzionale della previsione della pena detentiva per il delitto di diffamazione a mezzo stampa di cui agli artt. 595, terzo comma, cod. pen. e 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, soffermandosi sugli orientamenti della Corte europea dei diritti umani (sentenze Cumpănă e Mazăre, Katrami, Belpietro, Ricci e Sallusti) e della Corte costituzionale (ordinanza n. 132 del 2020) e sugli strumenti a disposizione del giudice comune per dare attuazione alle indicazioni ricavabili da tale giurisprudenza in ordine al bilanciamento da operare tra libertà di espressione – a un tempo diritto individuale e valore fondamentale dell’ordinamento democratico – e tutela della reputazione.
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La punizione della diffamazione a mezzo stampa con la pena detentiva e la frizione con l’art. 10 CEDU. – 3. Il ruolo del giudice comune: l’interpretazione convenzionalmente orientata e i suoi limiti. – 4. Il promovimento della questione di legittimità costituzionale: le ordinanze dei Tribunali di Salerno e di Bari. – 5. La risposta della Corte costituzionale nell’ordinanza n. 132 del 2020: il “merito”… – 6. … e il metodo. – 7. Aspettando la decisione della Corte costituzionale: quale compito per il giudice comune?
* In vista della pubblicazione su Diritto penale contemporaneo – Rivista trimestrale, il contributo, qui pubblicato in anteprima, è stato sottoposto in forma anonima, con esito favorevole, alla valutazione di due revisori esperti.