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14 Luglio 2021


Rivista italiana di diritto e procedura penale n. 1/2021

Abstract dei contenuti (a cura di Maria Chiara Ubiali)



Con l'autorizzazione dell'editore Giuffrè Francis Levebvre anticipiamo di seguito gli abstract dei lavori pubblicati nell'ultimo numero della Rivista italiana di diritto e procedura penale (n. 1/2021).

 

DOTTRINA

ARTICOLI

Dolcini E., Carcere e Covid-19: una cronistoria. Dal decreto ‘cura Italia’ al ‘decreto ristori’, p. 3 ss.

Al centro della politica di contrasto al contagio da Covid-19 in carcere si collocano quattro decreti legge emanati nel 2020, comunemente designati come ‘decreto cura Italia’, ‘decreto anti boss’, ‘decreto anti scarcerazioni’ e ‘decreto ristori’. Premesse alcune considerazioni sulla situazione del Paese e degli istituti penitenziari allo scoppio della pandemia, l’A. analizza ciascuno dei citati decreti legge nelle disposizioni relative al carcere, tese soprattutto a valorizzare le misure alternative alla detenzione. Strumenti principali di questa politica, una nuova forma temporanea di detenzione domiciliare (caratterizzata da un esteso obbligo di controllo elettronico sul condannato) e licenze premio straordinarie per i semiliberi. La scarsa efficacia di tali misure ha indotto peraltro la magistratura ad intensificare il ricorso a istituti preesistenti, dei quali hanno beneficiato, fra l’altro, alcuni esponenti della criminalità organizzata. Di qui aspre polemiche, alle quali è seguita l’emanazione del ‘decreto anti boss’ e del ‘decreto anti scarcerazioni’. Il primo ‘decreto ristori’, infine, oltre a far rivivere la forma di detenzione domiciliare e le licenze premio straordinarie introdotte dal ‘decreto cura Italia’, ha previsto un nuovo istituto temporaneo: il permesso premio straordinario. Da ultimo, l’A. illustra gli esiti delle misure anti Covid sulla popolazione penitenziaria e sul contagio in carcere, auspicando che la linea di contenimento del ricorso al carcere possa avere un seguito anche una volta che l’emergenza sanitaria sarà superata.

 

Romano M., Suicidio assistito e Corti costituzionali italiana e tedesca, p. 33 ss.

L’A. confronta i differenti esiti delle pronunce della Corte costituzionale e del Bundesverfassungsgericht (BVerfG) sul suicidio assistito. La nostra Corte, chiamata all’esame di una risalente norma che punisce ogni forma di aiuto al suicidio (art. 580 c.p.), ne ribadisce la persistente funzione a tutela di persone vulnerabili per età e malattia e ne dichiara la illegittimità esclusivamente con riguardo a determinati casi di speciale gravità. Il BVerfG invece, occupandosi di una norma penale recente (§ 217 StGB), che vietava l’aiuto “organizzato” al suicidio, la elimina tout court dal codice. Secondo il BVerfG, le finalità del legislatore a base del § 217, la tutela di autonomia e vita, sono plausibili, ma la norma è nulla in quanto la lesione reale ed attuale del diritto del singolo (l’impossibilità di ricorrere alle strutture di aiuto organizzato) è sproporzionata a fronte di pericoli solo eventuali e futuri per terze persone. L’intera decisione è fondata sulla premessa di un illimitato (non delimitato né delimitabile) diritto al suicidio come diritto della personalità, al quale viene affiancato subito il diritto all’aiuto da parte di terzi. L’A. critica la mera assertività di detta premessa; dubita del ruolo assegnato nella decisione alla dignità dell’uomo e dell’affermazione della personalità individuale, ad onta della dialettica di sempre tra libertà e vita, quale valore supremo. L’A. rileva inoltre che anche ove si ammettesse un autentico diritto del singolo a darsi di propria mano la morte, l’aiuto ad opera del terzo necessiterebbe comunque di limiti. Al confronto con la soluzione del BVerfG, l’A. reputa preferibile l’orientamento moderato della nostra Corte costituzionale, che pare anche più in linea con la cautela mostrata in argomento dalla Corte EDU. Infine, l’A. si interroga sugli effetti pratici della sentenza del BVerfG nel clima culturale della odierna Germania. Non tanto sulla disciplina dell’attività delle strutture di aiuto organizzato dopo il raggiunto via libera, quanto sui complessi adeguamenti normativi di sistema che la stessa Corte si aspetta dal legislatore.

 

Bertolino M., La violenza di genere e su minori tra vittimologia e vittimismo: notazioni brevi, p. 65 ss.

La tutela della vittima in particolare di quella vulnerabile, come le donne e i minori, è al centro di un diffuso dibattito sia nazionale che internazionale, che vede in primo luogo interessato il diritto penale e la sua politica criminale. Quest’ultima in Italia si è caratterizzata per un’ideologia vittimologica che a volte è degenerata in una sorta di vittimismo, che ha favorito un sistema penale vittimocentrico, come emerge sia a livello legislativo che giurisprudenziale. Mentre la miglior politica criminale è quella che punta alla prevenzione del fenomeno della violenza contro le donne e i minori intervenendo prima di tutto sulle cause sociali di essa.

 

Salvadori I., Agenti artificiali, opacità tecnologica e distribuzione della responsabilità penale, p. 83 ss.

Il saggio ha lo scopo di verificare se i tradizionali modelli di attribuzione della responsabilità penale siano ancora validi in relazione ad eventi lesivi che derivano dall’agire di un agente artificiale. Dopo aver classificato gli agenti artificiali sulla base dei loro livelli di automazione ed autonomia, si stabilisce se, allo stato attuale, questi possano essere considerati come “autori” di un reato ed essere assogettati ad una pena. Esclusa tale possibilità, si individuano i criteri di attribuzione della responsabilità penale nei confronti di coloro che stanno “dietro” agli agenti artificiali per gli eventi lesivi ad essi connessi. Di seguito si determinano i casi in cui un agente artificiale può essere impiegato come mezzo di esecuzione di un reato o assurgere ad oggetto materiale di un reato. In conclusione, vengono individuate possibili soluzioni per risolvere alcuni dei complessi problemi giuridico-penali connessi con lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e la opacità tecnologica che tende a connotarla.

 

Bartolucci M., L’“indebita ricezione di utilità” da parte del pubblico ufficiale: condotta criminalizzabile per se o solo elemento tipizzante del delitto di corruzione?, p. 119 ss.

Il presente lavoro si interroga sull’opportunità, nonché sulla legittimazione di una ipotetica incriminazione riferita esclusivamente all’« indebita ricezione di utilità » da parte del pubblico ufficiale e intesa come correlata alla precipua posizione del soggetto attivo a prescindere da note ulteriori di illiceità o modalità specifiche di condotta. Dopo aver rintracciato nell’ordinamento, al fine di fornire un quadro il più possibile esaustivo, le fattispecie che ruotano intorno al concetto di ‘infedeltà’ tout court e averne valorizzato i tratti di similitudine, l’Autore si interroga sul perimetro applicativo dell’art. 318 c.p., riformato con la l. 6 novembre 2012, n. 190. Una volta esclusa la possibilità della sussunzione del comportamento criminologico considerato nella corruzione per l’esercizio della funzione, l’Autore si interroga sull’effettività di tale opzione criminalizzatrice e sull’eventuali ricadute — sia sotto il profilo ermeneutico che sotto quello sistematico — sulla disciplina penale positiva della corruzione pubblica. Esaurita l’analisi dedicata al tipo di comportamento, il lavoro si concentra infine su quale tipo di pena (intesa come pena ‘in concreto’) sia in grado di svolgere appieno la necessaria funzione preventiva e deterrente, sulla scorta della principale letteratura contemporanea europea sull’argomento.

 

Finocchiaro S., La responsabilità penale per mesotelioma pleurico causato dall’esposizione ad amianto: una patologia di sistema, p. 161 ss.

Il contributo esamina le principali criticità che circondano l’accertamento della responsabilità penale per mesotelioma pleurico causato dall’esposizione ad amianto, soffermandosi sui problemi legati alla scelta dell’imputazione, all’accertamento del nesso di causalità, al giudizio di colpevolezza e al ruolo della prova scientifica nel processo penale. Evidenziate le ricadute negative per l’ordinamento delle soluzioni, spesso contraddittorie, cui si è finora giunti, si avanzano due proposte: una de iure condendo, che richiederebbe la creazione legislative di nuovi specifici reati di pericolo, l’altra volta a sfruttare le potenzialità della disciplina della responsabilità degli enti di cui al d.lgs. n. 231 del 2001, e in particolare l’ipotesi di responsabilità autonoma di cui all’art. 8 di tale decreto.

 

NOTE A SENTENZA

Palazzo F., Ergastolo e giudizio abbreviato: un test esemplare sul controllo di costituzionalità in materia penale, oggi, p. 207 ss.

La sentenza della Corte costituzionale n. 260 del 2020 concerne una delicata questione di confine: la preclusione del rito abbreviato per i reati puniti con l’ergastolo (introdotta nuovamente con la legge n. 33 del 2019) è, da un lato, espressione della discrezionalità legislativa ma, dall’altro, allontana il nostro sistema sanzionatorio dal vólto costituzionale che dovrebbe ispirare la politica criminale. Questioni di tal genere sembrano essere sempre più frequenti e possono porre la Corte costituzionale in qualche difficoltà. La decisione commentata rivela al riguardo un apprezzabile equilibrio.

 

Orlandi R., Resta inaccessibile il giudizio abbreviato per le imputazioni da ergastolo, p. 219 ss.

La legge che ha escluso l’accesso al giudizio abbreviato per i delitti punibili con l’ergastolo è stata oggetto di molteplici eccezioni di illegittimità costituzionale. Si è fra l’altro lamentato il contrasto con il diritto di difesa, con il principio di eguaglianza, con la presunzione di innocenza. Con argomenti meritevoli di essere condivisi, la Corte costituzionale ha rigettato come infondate o considerato irrilevanti questioni che — a ben vedere — censuravano la scelta legislativa per il suo carattere populistico e propagandistico. Scelta forse inopportuna sul piano politico, ma non per questo illegittima alla luce dei parametri invocati.

 

Pittiruti M., L’accertamento sulle condizioni ostative alla consegna e i poteri istruttori ex officio nel procedimento di estradizione passiva, p. 229 ss.

La Corte di cassazione torna a soffermarsi sull’accertamento delle condizioni che ostano alla consegna di un soggetto a uno Stato estero, con particolare riferimento al dovere, in capo al giudice italiano, di azionare i poteri istruttori officiosi conferiti dall’art. 704, comma 2, c.p.p. Innovando rispetto alla precedente giurisprudenza, la Suprema Corte teorizza un vero e proprio onere, in capo alla Corte d’appello, di procedere ai necessari approfondimenti probatori ogniqualvolta sussistano “fatti notori” che adombrino il periculum di trattamenti incompatibili col rispetto dei diritti fondamentali della persona.

 

Ubiali M.C., Sulla corruzione del parlamentare italiano rappresentante presso l’assemblea del Consiglio d’Europa. Note a margine del caso Volontè, p. 246 ss.

La sentenza annotata, definendo in sede di rinvio un giudizio che vedeva coinvolto l’ex membro della Camera dei deputati e rappresentante italiano presso l’Assemblea del Consiglio d’Europa, Luca Volontè, ribadisce gli approdi consolidatisi nella giurisprudenza in tema di corruzione del parlamentare. Tra gli altri, trova nuova conferma il principio — per la prima volta affermato dalla Cassazione nel 2018 nella sentenza riguardante l’ex Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi e l’ex Senatore Sergio De Gregorio — secondo cui non è configurabile il delitto di corruzione propria (art. 319 c.p.), ma solo quello di corruzione funzionale (art. 318 c.p.), nei confronti di un deputato che riceva un’indebita utilità in relazione all’esercizio della sua funzione. La vicenda in esame offre in particolare lo spunto per soffermarsi sui problemi di natura probatoria che possono emergere nell’accertamento del sinallagma corruttivo, paradigmatici di quei casi in cui oggetto del pactum sceleris è la funzione di un soggetto pubblico che ricopre un incarico politico/elettivo.

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Tra gli ulteriori contributi presenti nel fascicolo della Rivista, oltre alle consuete rassegne di giurisprudenza costituzionale e di giustizia penale sovranazionale, si segnalano, nella Rassegna bibliografica, le recensioni delle seguenti monografie:

Caianiello M., Camon A., Digital Forensic Evidence. Towards Common European Standards in Antifraud Administrative and Criminal Investigations, CEDAM, 2021, pp. 255. (Isadora Neroni Rezende)

Chiaraviglio P., Il favoreggiamento del creditore nel diritto penale concorsuale, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano, 2020, pp. 606. (Marco Gambardella)

Di Landro A.R., La funzione ripristinatoria nel diritto penale ambientale. La bonifica ed il ripristino ambientale. Uno studio de iure condito e de iure condendo, G. Giappichelli Editore, Torino, 2020, pp. 160. (Giandomenico Salcuni)

Forzati F., La sicurezza fra diritto penale e potere punitivo. Genesi e fenomenologia dell’illecito securitario postmoderno fra involuzioni potestative e regressioni al premoderno, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2020, pp. 544. (Gianluca Ruggiero)

Insolera G. (a cura di), Quando la difesa è legittima? Il diritto della paura e la paura del diritto, Raffaello Cortina Editore, Varese, 2020, pp. 128. (Lucrezia Rossi)

Police A., Cupelli C. (a cura di), Le sanzioni: poteri, procedimenti e garanzie nel diritto pubblico, Wolters Kluwer, 2020, pp. 398. (Andrea Pantanella)

Romano B., (a cura di), Il “nuovo” abuso d’ufficio, Pacini Giuridica, Pisa, 2021, pp. 144. (Cecilia Pagella)