Segnaliamo ai lettori la nota redatta dal Procuratore Generale della Corte di cassazione, Giovanni Salvi, finalizzata a fornire alcune coordinate agli uffici di procura per favorire l’accesso alla detenzione domiciliare per coloro che – pur avendo i requisiti per beneficiare della misura – siano privi di un domicilio idoneo.
Il documento, datato 9 dicembre 2020, riporta i risultati dell’interlocuzione avviata tra Procura Generale, Ministero della Giustizia e CSM ed è da contestualizzarsi nel tentativo, promosso dalla Procura Generale già con la nota del primo aprile 2020 (pubblicata in questa Rivista), di sfruttare gli strumenti offerti dalla legislazione vigente per ridurre la popolazione carceraria e prevenire la diffusione del contagio da Covid-19 all’interno delle carceri.
Alla base dell’intesa vi è la constatazione che l’ostacolo che spesso si pone alla concessione della detenzione domiciliare è l’assenza di domicili idonei a garantire le esigenze di custodia e controllo, nonché a consentire il funzionamento del braccialetto elettronico (qualora ne venga disposto l’uso); a difettare sono talvolta anche i programmi di inserimento sociale. La conseguenza paradossale, come evidenzia il documento, è che sono proprio i soggetti meno integrati (e tendenzialmente meno pericolosi) ad essere esclusi dai benefici, ai quali avrebbero invece diritto.
L’esito dell'interlocuzione prevede in capo all’UEPE il compito di elaborare programmi di inserimento eindividuare alloggi idonei, tra quelli messi a disposizione dalle convenzioni regionali, e in capo al DAP il quello di istruire la pratica e trasmetterla al Magistrato di sorveglianza; a tali fini si auspica altresì la collaborazione delle Forze dell’Ordine e della Polizia Penitenziaria.
L’indicazione rivolta alle procure è poi quella di esaminare con la massima tempestività le istanze così presentate e di coinvolgere i Consigli dell’Ordine degli Avvocati affinché contribuiscano alla sollecitazione delle istanze dei detenuti privi di domicilio idoneo.
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Il percorso di valorizzazione degli esistenti istituti di esecuzione penale in ottica di deflazione carceraria non può che essere salutato con favore. Le sollecitazioni provenienti dalla Procura Generale della Cassazione – seppur dettate dalla contingenza pandemica e dalla necessità di tutelare il diritto alla salute in un contesto che, in ragione dell’endemico sovraffollamento degli istituti e delle fragilità di una parte rilevante della popolazione carceraria, è particolarmente delicato – sembrano indicare una strada anche per il futuro, quando, auspicabilmente, l’emergenza sarà finita. Il richiamo ad un ruolo più pregnante delle istituzioni nel rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono l’accesso all’esecuzione extramuraria della pena trova infatti le sue fondamenta nella Costituzione (art. 3 e 27, c. 3 Cost.): sarebbe un peccato se, con il ritorno alla normalità, tale appello venisse accantonato.
(Beatrice Fragasso)