Abstract. Le prime indagini sulla strage di Piazza Fontana mostrano la magistratura milanese divisa tra i magistrati “di base”, come i sostituti procuratori Paolillo, Alessandrini, Fiasconaro e il giudice istruttore D’Ambrosio, i quali intendono procedere senza reticenze ed i vertici della Procura e della Procura Generale, che si spogliano, senza fondamento, della competenza in favore di Roma e, quando gli atti ritornano a Milano, si adoperano perché il processo venga trasferito altrove. Dai documenti di recente resi accessibili emerge la “sintonia” realizzatasi tra gli auspici delle forze di polizia e le iniziative dei vertici degli uffici di Procura milanesi. Il processo, perlomeno a Milano, “non s’ha da fare, né domani, né mai”. Una storia che si ripete.
SOMMARIO: 1. La bomba. – 2. Giuseppe Pinelli: vittima due volte. – 3. Il “viaggio” dell’indagine da Milano a Roma e ritorno. – 4. Il processo a Milano “non s’ha da fare, né domani, né mai”. – 5. La reazione della città e la “rivolta della magistratura milanese”.
* Testo rielaborato e corredato di ulteriore documentazione della relazione svolta al Convengo organizzato da Area Democratica per la Giustizia, presso il Palazzo di Giustizia di Milano, Aula Magna “Alessandrini Galli”, 11 dicembre 2019.