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26 Novembre 2020


Corte costituzionale: per le lesioni stradali gravi e gravissime resta la procedibilità d’ufficio (in attesa dell’auspicato intervento del legislatore per un diverso regime)

Corte cost., sent. 25 novembre 2020, n. 248, Pres. Morelli, Red. Viganò



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Diamo sollecita notizia, in attesa di un commento critico, dell’intervenuto deposito della sentenza che la Corte costituzionale ha deliberato, il 4 novembre 2020, a proposito del regime di procedibilità d’ufficio in atto per le varie ipotesi di lesioni stradali gravi o gravissime (art. 590-bis c.p.). La sentenza è stata depositata il 25 novembre 2020, con il n. 248.

In sintesi, vari giudici di primo avevano denunciato l’asserita illegittimità della scelta legislativa – attuata con il d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103» – di non introdurre la procedibilità a querela per tutte le ipotesi colpose elencate nell’art. 590-bis c.p., tranne quella del secondo comma (fatto commesso in stato di ubriachezza o di intossicazione da stupefacenti), o quanto meno per l’ipotesi di cui al primo comma dello stesso art. 590-bis c.p.

In effetti la legge delega aveva previsto il mutamento del regime di procedibilità per i fatti in questione. E d’altra parte era sembrata irragionevole la “costrizione” a celebrare il giudizio anche quando le ragioni della persona offesa siano state soddisfatte, in dissonanza tra l’altro rispetto a quanto stabilito per altre ipotesi di responsabilità colposa per gravi lesioni (come i casi di colpa medica). Con l’effetto paradossale, secondo alcuni, di privare la vittima di uno strumento di pressione (la possibilità di revoca della querela) utile a favorire l’adempimento delle obbligazioni nascenti dal reato.

Sulle censure concernenti il presunto eccesso di delega la Corte si era già pronunciata, dichiarandole infondate, con la sentenza n. 223 del 2019, che nella decisione odierna viene semplicemente richiamata. Quanto al resto, le questioni sono state dichiarate in parte inammissibili ed in parte manifestamente infondate. Si distingue la decisione concernente le censure fondate sui principi di uguaglianza e ragionevolezza, che la Corte ha ritenuto “solo” non fondate, in buona misura argomentando sullo spazio riservato alla discrezionalità legislativa.

Si segnala comunque, in chiusura della sentenza, l’appello rivolto al legislatore, affinché proceda (come in effetti sta procedendo) ad “una complessiva rimeditazione sulla congruità dell’attuale regime di procedibilità per le diverse ipotesi di reato contemplate dall’art. 590-bis cod. pen.”. Non proprio un monito, come si vede, ma certo una sollecitazione decisa ed autorevole. L’importanza che la Corte attribuisce al tema è denotata del resto dalla diffusione di un comunicato stampa, che centra l’attenzione proprio su questo tema.