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21 Settembre 2023


Note critiche sulla proposta di abolizione dell'abuso d'ufficio


Pubblichiamo di seguito il testo dell'intervento del Presidente di Sezione del Consiglio di Stato Roberto Garofoli in occasione dell'audizione del 20 settembre 2023 presso la Commissione Giustizia del Senato nell'ambito dell'esame del Disegno di legge Nordio-Crosetto recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare”.

Segnaliamo altresì che nei giorni scorsi la nostra Rivista ha ospitato anche i testi dell'audizione del prof. Marco Pelissero, del dott. Raffaele Cantone e del Pres. Giorgio Lattanzi

 

***

 

1. Le ragioni sottese alla proposta di abolitio, nella Relazione di accompagnamento e nel dibattito. – Mi soffermerò solo sulla abolizione del delitto di abuso di ufficio, prevista dall’art. 1 del disegno di legge al Vostro esame.

Nella Relazione di accompagnamento, a sostegno della abolizione si valorizzano:

1. lo squilibrio tra iscrizioni nel registro delle notizie di reato e pronunce di riconoscimento della responsabilità penale;

2. la sussistenza di un articolato sistema nazionale di repressione e prevenzione di pratiche amministrative scorrette, idoneo ad assicurare un adeguato contrasto alle stesse, pure una volta espunto l’abuso di ufficio dal catalogo dei reati contro la P.A. Si cita, al riguardo:

2.a. da un lato, la previsione legislativa di una nutrita serie di altri reati contro la P.A., taluni puniti più gravemente se commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla funzione pubblica o al pubblico servizio;

2.b. dall’altro, il ventaglio di strumenti in funzione preventiva introdotti nel 2012, con i piani di organizzazione, l’istituzione di Autorità dedicata, aggiungerei con il rafforzamento dei meccanismi di trasparenza, l’accesso civico, i codici di comportamento, la tutela delle persone che segnalano violazioni commesse all’interno delle amministrazioni pubbliche. Un riferimento -quello relativo al sistema di prevenzione- molto pertinente, perché il contrasto alle pratiche scorrette nelle Amministrazioni non può certo essere affidato al solo sistema repressivo, ma richiede una strategia complessiva di cui è componente fondamentale quella a carattere preventivo. A distanza di oltre 11 anni dall’approvazione di quel pacchetto al quale concorsi da Coordinatore della Commissione che predispose la relazione governativa e l’articolato normativo, è utile piuttosto un approfondito check, una attenta verifica di come quei meccanismi introdotti dalla legge 190 del 2012 stanno funzionando. Alcuni hanno dato buoni risultati; non escludo che altri, in alcune realtà amministrative, si siano tradotti in una inefficace (se non controproducente) burocrazia dell’anticorruzione.  Se si crede nella prevenzione, come correttamente mostra di fare il Governo nel riferimento introduttivo della Relazione, è importante rilanciare quel sistema di prevenzione, anche correggendo -qualora vi siano - talune distorsioni applicative delle misure introdotte nel 2012 o individuandone di nuove.

Il mio intervento sarà principalmente volto a sottoporre alla Vostra valutazione alcune riflessioni relative a ciascuna delle due ragioni addotte nella Relazione di accompagnamento a sostegno della scelta governativa di por mano all’abrogazione dell’art. 323 c.p., ossia - come anticipato - la discrasia tra il numero delle iscrizioni nel registro degli indagati e il numero delle sentenze di condanna, nonché la sostenuta adeguatezza degli “altri” reati contro la P.A. a soddisfare comunque le esigenze di tutela, pure in assenza del reato di abuso di ufficio.

Per completezza e in conclusione, farò cenno agli ulteriori argomenti che nel dibattito scientifico e politico sono talvolta addotti a sostegno dell’abrogazione del reato di abuso di ufficio, ancorché non valorizzati nella citata Relazione:

  • le implicazioni (in termini di sacrificio personale e di rallentamento amministrativo) correlate al rischio di essere solo coinvolti in un procedimento penale;
  • la non calcolabilità del rischio penale dovuto ad una sostenuta imprecisione della descrizione legislativa della fattispecie di abuso (argomento che ha per vero significativamente perso rilievo dopo la riforma del 1997 e, soprattutto, dopo quella del 2020).

Mi soffermerò in chiusura su una proposta di riforma alternativa, non fatta propria tuttavia dal Disegno di legge in discussione: quella che intende abolire il solo abuso di vantaggio, non anche quello di danno.

 

1.1. Responsabilità, c.d. paura della firma e riorganizzazione della macchina dello Stato. Una considerazione preliminare, di più ampio respiro. Sulla fluidità ed efficienza dell'azione amministrativa incidono molteplici fattori, anche certo la c.d. burocrazia difensiva o paura della firma, ma prima ancora le molteplici inefficienze della macchina amministrativa. Non sono particolarmente persuaso che oggi ci sia questa gran paura dell’abuso di ufficio, tanto più dopo la stretta del 2020 e gli indirizzi interpretativi seguiti in Cassazione. Più diffuso il timore della responsabilità erariale, come attestato dall’elevato numero di polizze assicurative stipulate dai livelli politici e tecnici dell’Amministrazione. Più in generale, il giusto obiettivo di ridimensionare la c.d. paura della firma non può esaurire le politiche da mettere in campo per riparare la macchina dello Stato, essendo necessario proseguire nel riorganizzarne alcuni gangli, nell’attenuare la polverizzazione di alcune sue strutture (si pensi alle migliaia di inadeguate stazioni appaltanti), nel ripensare i meccanismi interni di controllo e responsabilità, nel riattivare robusti interventi di formazione dei funzionari pubblici, nel rendere in ultimo più attrattiva l’Amministrazione pubblica e la sua missione.

 

2. La natura sussidiaria del reato: dare copertura penale a fatti non perseguibili sulla base di altre fattispecie. Che ne è dei fatti oggi punibili a titolo di abuso di ufficio? – Non mi soffermo quindi sulle ragioni dell'instabilità della fattispecie dell’abuso di ufficio e sui numerosi interventi di modifica che l’hanno investita, soprattutto a partire dal 90. È nota infatti l'evoluzione del suo perimetro e dei suoi elementi costitutivi. Altrettanto noto è che, a fronte delle pure significative modifiche strutturali del delitto di abuso di ufficio, non è mai mutata la sua natura sussidiaria e la funzione assegnata alla fattispecie. Dare cioè copertura penale a fatti non perseguibili sulla base di altre fattispecie. Lo dico in apertura perché nelle valutazioni de iure condendo non ci si può non chiedere che succede dei fatti che, oggi punibili a titolo di abuso di ufficio, non potranno più essere sanzionati ai sensi dell’art. 323 c.p., una volta abrogato. Sono fatti non privi di disvalore. Nel passare in rassegna le condanne in Cassazione degli ultimi anni, ne emergono alcune per fatti significativi e non poco riprovevoli. Tra le condotte affaristiche o di vantaggio, per esempio, fatti di rilascio di permessi di costruire illegittimi o di reiterata, sistematica e collusa sanatoria di abusi edilizi; fatti di mancata astensione e assegnazione di posti di lavoro o incarichi di consulenza a membri della propria famiglia o a società di cui l’agente detiene partecipazioni (Cass., Sez. VI, 15 marzo 2021, n. 10067; Cass., Sez. V, 28 dicembre 2020, n. 37517). Ancor più preoccupanti i fatti consistenti nell’inflizione di ingiustificate offese a fondamentali diritti altrui, ancor più carichi di disvalore perché commessi da rappresentanti dello Stato. Per citare fatti tratti da una casistica attentamente esaminata in una recente tesi di dottorato della dottoressa Cecilia Pagella, il caso del carabiniere che ordina a due ragazze di mostrare i loro documenti obbligandole ad attendere l’arrivo di una pattuglia solo per ritorsione, perché le ragazze avevano rifiutato le sue avances (Cass., Sez. VI, 5 luglio 2011, dep. 30 settembre 2011, n. 35597) o quello di un Pubblico Ministero che chiede il rinvio a giudizio contro l’ex della sua compagna, nei cui confronti aveva in precedenza deciso di archiviare il procedimento (Cass., Sez. VI, 14 aprile 2021, dep. 12 luglio 2021, n. 26429). Di frequente, non si tratta di atti amministrativi, ma di meri comportamenti, come tali non rimediabili mediante ricorso dinanzi al giudice amministrativo. Abolito in toto l’abuso di ufficio, che forma di protezione resterebbe nella disponibilità del privato che subisca le angherie di chi, detenendo il potere pubblico, lo eserciti in modo intenzionalmente distorto? Il punto merita una riflessione e una accorta (anche politicamente) valutazione. Tornerò su questo aspetto in conclusione.

 

3. Convenzione di Merida e Direttiva europea in itinere. – Tralascio - perché ben noto e preso in considerazione dalla stessa Relazione di accompagnamento al Disegno di legge in discussione - il quadro normativo, internazionale ed europeo e i conseguenti rischi connessi all'abolitio o, anche, alla abrogazione del solo abuso di vantaggio. Sono aspetti già segnalati, e quindi non mi soffermo. Il riferimento è, in disparte la Convenzione di Merida, alla direttiva europea in itinere laddove impone il rafforzamento dell’incriminazione dell’abuso di ufficio.

 

4. Una lettura alternativa dei dati statistici. – Come anticipavo, può esser data una lettura alternativa dei dati statistici relativi rispettivamente alle iscrizioni, alle archiviazioni e alle condanne. Non cito numeri (alla Commissione ampiamente noti),  rinviando per gli stessi e per la relativa lettura a R. Garofoli, La annunciata riforma dell’abuso d’ufficio: le preoccupazioni dei Sindaci tra PNRR e rilancio della macchina dello Stato, in questa Rivista, 27 marzo 2023.

 

4.1. Iscrizioni in calo e effetti attesi della Riforma Cartabia in tema di presupposti per l’iscrizione ex art. 335 c.p.p. – Diversamente da quel che traspare leggendo la Relazione di accompagnamento al Disegno di legge in discussione, le iscrizioni sono (per quanto ancora numerose) in forte calo (da 7939 nel 2016 a 5418 nel 2021).  E lo saranno ancor più per effetto delle novità introdotte dalla riforma Cartabia con riguardo ai presupposti per procedere all’iscrizione ex art art. 335 c.c.p.

È un punto non marginale. Come è stato evidenziato dal prof. Marco Gambardella (La Proposta di Direttiva in materia di lotta alla corruzione al vaglio del Parlamento: qualche riflessione sui reati di abuso d’ufficio e traffico di influenze, in questa Rivista, 27 luglio 2023), la malattia non è l’abuso d’ufficio, reato peraltro esistente in pressocché tutte le legislazioni europee. È utile valutare piuttosto se le pur talvolta giuste ragioni fatte valere in primo luogo dai Sindaci (più in generale da chi pone in risalto il rischio paralizzante di talune indagini) non possano e debbano essere fronteggiate con rimedi di tipo processuale, senza rinunciare alla protezione sussidiaria fornita dal delitto di abuso di ufficio a fronte di condotte intenzionalmente affaristiche o prevaricatrici poste in essere dai rappresentanti dello Stato. In tale direzione è necessario che i PM seguano parametri rigorosi nell’iscrizione delle notitiae criminis (M. Donini, Gli aspetti autoritari della mera cancellazione del’abuso di ufficio, in questa Rivista, 23 giugno 2023). La recente riforma Cartabia può fornire un importante ausilio in tale prospettiva, sicché ne andrebbe monitorata la corretta applicazione.

Di frequente le denunce consistono nella mera segnalazione dell’adozione di atti amministrativi illegittimi. Il che non dovrebbe essere sufficiente per procedere alla immediata iscrizione nell’apposito registro. Ai sensi dell’art. 335 c.p.p., come novellato dalla riforma Cartabia, la notizia di reato deve contenere la descrizione di un fatto, determinato e non inverosimile, corrispondente a una fattispecie incriminatrice. Ebbene, la fattispecie di abuso di ufficio non si esaurisce mai nell’adozione di un atto assuntamente illegittimo. La denuncia deve indicare e descrivere in modo analitico tutti gli elementi fattuali richiesti da una fattispecie astratta: condotta, evento, nesso causale, presupposti e modalità della condotta.

D’altra parte, sempre ai sensi del nuovo art. 335 c.p.p., è necessario che sussistano indizi perché si possa procedere all’iscrizione “soggettiva”.

 

4.2. Le troppe denunce e le numerose archiviazioni. – Moltissime denunce si risolvono prima del dibattimento, con archiviazioni chieste dai PM, a fronte di denunce infondate, se non pretestuose e, talvolta, seriali. Temo che ci sia quasi un costume. Chi non gradisce un atto amministrativo, vedendovi (talvolta per incomprensione tecnica) favoritismi e/o  prevaricazioni, ha lo strumento -facile, gratuito e quasi sempre privo di conseguenze- della denuncia. Diversamente dal ricorso al Tar che ha un costo (anche elevato), il che è una remora, la denuncia è gratuita. Molto spesso sono denunciati per abuso di ufficio gli stessi PM che chiedono l'archiviazione!

Su questo aspetto, tuttavia, tre elementi di valutazione.

 

4.2.1. Il filtro della magistratura inquirente. – In primo luogo, un elevato tasso di archiviazioni sta ad attestare una capacità di filtro della magistratura, già quella inquirente, che normalmente chiede per l’appunto l’archiviazione.

 

4.2.2. Il prevedibile aumento delle archiviazioni: gli orientamenti restrittivi della Cassazione dopo la riscrittura del 2020 e gli effetti attesi della Riforma Cartabia in tema di archiviazione. – Questa tendenza a chiedere l’archiviazione per abuso di ufficio, che evita il coinvolgimento in fasi processuali destinate a protrarsi nel tempo, è destinata ad aumentare per due ragioni.

Da un lato, il consolidarsi di orientamenti molto restrittivi della Cassazione che, dopo la riforma del 2020, ha escluso a più riprese che il reato di abuso di ufficio possa essere integrato da atti o condotte di violazione di norme che pongono principi generali (ad es., art. 97 Cost.), procedimentali (ad es., art. 3, l. n. 241 del 1990) o che lasciano spazio all’esercizio di discrezionalità, amministrativa o anche solo tecnica (R. Garofoli, La annunciata riforma dell’abuso d’ufficio: le preoccupazioni dei Sindaci tra PNRR e rilancio della macchina dello Stato, in questa Rivista, 27 marzo 2023).

Dall’altro e al contempo, non possono non incidere al riguardo gli effetti della riforma Cartabia, in forza della quale il P.M. è tenuto a presentare al giudice richiesta di archiviazione tutte le volte che gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentano di formulare una “ragionevole previsione di condanna”. Tenuto conto della giurisprudenza di Cassazione formatasi in questi ultimi tre anni in tema di abuso di ufficio, le richieste di archiviazione aumenteranno, anche significativamente.

 

4.2.3.  La non decisività dei soli numeri nelle valutazioni de iure condendo. I numeri (comunque elevati) delle archiviazioni per tutti gli altri reati. – In ultimo, il solo dato numerico (relativo allo scarto tra iscrizioni e condanne e all'alto numero di archiviazioni) non può essere considerato così dirimente nelle valutazioni de iure condendo. Non è fuorviante considerare che, per tutti gli altri reati, la media delle archiviazioni è parimenti molto alta (62%). Bisognerebbe abolire per ciò solo tanti altri reati valorizzando i freddi dati statistici?

 

4.3. Le condanne. Le ragioni del calo. – Le condanne sono certo diminuite. E’ accaduto tuttavia perché il legislatore, soprattutto del 2020, ha riperimetrato in modo incisivo la fattispecie, eliminando il rilievo penale della violazione dei regolamenti, delle norme di principio e non specifiche, dell'eccesso di potere. Tra il 1997 (anno della riforma diretta a tassativizzare il parametro della abusività e a rendere intenzionale la natura del dolo) e il 2020 (anno dell'ultimo ed incisivo intervento legislativo) sono del resto state pronunciate circa 3600 condanne, 547 nel 1997, poi sempre diminuite di anno in anno.

La giurisprudenza di Cassazione in questi due anni si è del resto attenuta allo spirito della riforma del 2020. Lo scarso numero di condanne è quindi prova di una capacità della giurisprudenza di selezionare rigorosamente gli abusi penalmente rilevanti e potrebbe concorrere a ridurre la diffusa ansia di denuncia, oltre che ad orientare le scelte dei magistrati inquirenti, rafforzando la già diffusa propensione a chiedere l’archiviazione.

 

5. Imprevedibilità della fattispecie e rischio di coinvolgimento penale. I rischi di riespansione applicativa di altri reati. – Quanto agli ulteriori argomenti addotti a sostegno dell’ennesimo intervento legislativo, due osservazioni.

a. Con riguardo alla talvolta sostenuta imprevedibilità del rischio penale legato all’applicazione del reato di abuso, era argomento che poteva essere utilizzato prima del 2020. Ora non più. Se mai, dopo il 2020, fatti di intenzionale abuso della "discrezionalità" sono destinati a restare impuniti. Peraltro, la vaghezza descrittiva e la conseguente incertezza applicativa sono proprie piuttosto di tanti altri reati. Non va al riguardo trascurato il rischio di una riespansione in sede applicativa di queste o altre fattispecie quale conseguenza dell’abolitio totale o parziale del reato di abuso di ufficio.

b. Quanto, invece, alla lamentata attitudine del solo avvio delle indagini a minare la credibilità degli amministratori, è argomento che nasce da una percezione, tanto diffusa quanto distorta, del rilievo del procedimento penale. In ogni caso, vale per tanti altri reati oggetto di iscrizione o contestazione, assai più infamanti del reato di abuso di ufficio.

 

6. La proposta che abroga il solo abuso di vantaggio. – Un’ultima considerazione a proposito di una proposta di riforma alternativa, non fatta propria tuttavia dal Disegno di legge in discussione: quella che intende abolire il solo abuso di vantaggio, lasciando in piedi quello di danno. Come prima evidenziato nel riportare alcuni fatti tratti dalla casistica, non sarebbe agevolmente spiegabile che si lasci privi di ogni tutela e protezione chi subisca intenzionali sopraffazioni e angherie dal pubblico ufficiale o dall’esercente un pubblico servizio, mosso dal solo scopo di arrecare ad altri sacrifici per motivi biasimevoli, di volta in volta di vendetta, ritorsione, odio. Difficile spiegarne anche politicamente le ragioni.

Ferme le perplessità sopra esposte con riguardo all’intervento abolitivo nella sua interezza, l’abolitio parziale, non estesa quindi alle condotte di abuso prevaricatore, sarebbe senz’altro da preferire all’abolitio totale.

Non senza trascurare tuttavia che, almeno in talune ipotesi, al danno della vittima dell’abuso di ufficio corrisponde il vantaggio di altre persone (è quel che accade, per esempio, nelle procedure per l’assegnazione di incarichi). La differenza è talvolta solo nel dolo. Non è scontato pertanto che la limitazione dell'abuso alle ipotesi di prevaricazione risolva il problema che si intende fronteggiare, quello cioè dell'iscrizione e del conseguente coinvolgimento “diffamante” nelle indagini. Non è escluso quindi che, intervenuta l’abolitio parziale, i PM - almeno per talune tipologie di condotte abusive - possano continuare ad iscrivere nel registro ex art. 335 c.p.p., rinviando alla fase delle indagini l’accertamento dell'intento realmente perseguito (vantaggio o danno).