Mercoledì 4 ottobre 2023 il Senato, con voto di fiducia, ha approvato in via definitiva, nel testo licenziato dalla Camera, il d.d.l. n. 897 di conversione in legge, con modificazioni, del d.l n. 105 in materia di processo penale e civile, contrasto agli incendi boschivi, recupero dalle tossicodipendenze, salute e cultura, personale della magistratura e della PA.
Non appena disponibile pubblicheremo il testo coordinato con gli emendamenti apportati in sede di conversione.
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1. Segnaliamo ai lettori che il 28 settembre scorso la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge A.C. 1373, di conversione del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, che lo stesso giorno è stato trasmesso al Senato (dove è incardinato come A.S. 897): la imminente scadenza del termine di conversione, come sottolineato dagli organi di stampa, rende improbabili ulteriori modifiche e lascia pertanto presagire l’approvazione definitiva della versione già licenziata dalla Camera.
L’articolato normativo su cui il Governo ha posto la questione di fiducia è il risultato degli emendamenti approvati in sede referente dalle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia, con i quali sono state introdotte modifiche di rilievo non secondario al testo originario del decreto-legge.
In sintesi, le disposizioni del d.l. 105/2023 di maggiore interesse penalistico concernevano la disciplina delle intercettazioni e il contrasto agli incendi boschivi; ora, gli emendamenti approvati in sede di conversione intervengono su entrambi tali macro aree, disciplinando però profili ulteriori (e solo in parte collegati) rispetto quelli già oggetto della decretazione d’urgenza. Per una prima panoramica di tali aspetti, oltre a quanto sinteticamente si dirà di seguito, si rinvia alla lettura del Dossier del servizio studi di Senato e Camera consultabile in allegato.
2. In materia di intercettazioni, il d.l. 105 era stato ispirato dalla necessità di chiarire l’ambito di applicazione dell’art. 13 del d.l. 152/1991, che riserva un regime speciale per tale mezzo di ricerca della prova ai procedimenti per delitti “di criminalità organizzata”: nozione sulla quale, a seguito di una pronuncia di legittimità, si profilava un contrasto interpretativo potenzialmente grave, che il legislatore, anziché attendere una ricomposizione giurisprudenziale, ha ritenuto di risolvere per tabulas.
La disciplina sul punto – analizzata in un ampio commento su questa Rivista a firma del Prof. Gian Luigi Gatta – è rimasta immutata: si conferma adesso la cristallizzazione della soluzione adottata dalle Sezioni unite Scurato nel 2016 (art. 1 co. 1: il regime derogatorio opera anche «per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 452-quaterdecies e 630 c.p., ovvero commessi con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis c.p. o al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo») e la sua applicabilità anche ai procedimenti in corso (co. 2), con conseguente utilizzabilità delle intercettazioni già autorizzate in base alla disciplina speciale.
La legge di conversione, tuttavia, reca con sé novità che assumono valenza generale, non limitata alle sole intercettazioni per i delitti di criminalità organizzata.
2.1. Il co. 2-bis dell’art. 1 interviene sulla disciplina delle intercettazioni mediante captatore informatico, modificando il comma 1 dell’art. 267 c.p.p.: si rafforza l’intensità del vaglio giudiziale richiedendosi che il decreto di autorizzazione del GIP contenga una «autonoma valutazione» delle ragioni che rendono necessario l’impiego di tale strumento, secondo una valutazione che adesso si prevede espressamente debba essere svolta «in concreto».
2.2. Il co. 2-ter dell’art. 1 interviene sulla disciplina della verbalizzazione delle intercettazioni (c.d. brogliacci, redatti dalla polizia giudiziaria preposta all’ascolto delle conversazioni), modificando i commi 2 e 2-bis dell’art. 268 c.p.p.
Da un lato, il comma 2 (che prevede la verbalizzazione sommaria) è sostituito da una previsione più articolata e dal contenuto prescrittivo ben più intenso: non solo si stabilisce che la trascrizione riguardi «soltanto il contenuto delle comunicazioni intercettate rilevante ai fini delle indagini» (con la precisazione che questo debba comprendere anche gli elementi emersi «a favore della persona sottoposta a indagine»); ma, inoltre, in linea con l’obiettivo di evitare che materiale comunicativo non rilevante possa essere versato negli atti del procedimento (e da lì, si teme, riversato all’esterno), si esplicita che di esso «nessuna menzione ne viene riportata nei verbali e nelle annotazioni della polizia giudiziaria, nei quali è apposta l’espressa dicitura: “La conversazione omessa non è utile alle indagini”».
A rafforzare l’effettività di tale previsione mira la modifica del comma 2-bis dell’art. 268 c.p.p.: la disposizione, che già oggi investe il pubblico ministero del compito di vigilare sul contenuto dei brogliacci, in relazione alla necessità di evitare che vi confluiscano determinati contenuti “nocivi” (espressioni lesive della reputazione delle persone o dati sensibili), viene oggi estesa e precisata – da un lato – onerando il p.m. di controllare che i verbali rispettino il più generale divieto di trascrizione delle comunicazioni “non rilevanti” di cui al novellato comma 2, e – dall’altro lato – sostituendo il richiamo ai dati sensibili, rigidamente imperniato su una nozione normativa, con un più lato rinvio a «fatti e circostanze afferenti alla vita privata degli interlocutori».
2.3. Infine, il co. 2-quater (applicabile, in forza del co. 2-quinquies, solo ai procedimenti futuri) interviene sulla disciplina dell’utilizzabilità delle intercettazioni in un procedimento diverso da quello nel cui ambito sono state disposte: il comma 1 dell’art. 270 viene caducato del segmento aggiunto dal legislatore (con d.l. 161/2019) per consentire in generale tale utilizzabilità laddove le intercettazioni fossero indispensabili per accertare i «reati di cui all’art. 266 comma 1 c.p.p.».
La modifica – all’esito della quale sarà sempre necessario, per utilizzare intercettazioni autorizzate in un diverso procedimento, che si stia procedendo per «delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza» – è di chiaro segno restrittivo, riportando l’assetto normativo allo stato anteriore alla pronuncia Cavallo delle Sezioni unite; è possibile che la tenuta dei principi enunciati in tale sentenza debba ora essere nuovamente apprezzata dagli interpreti, se si rammenta che proprio l’interpolazione del 2019 (prossimamente destinata a venire meno) aveva costituito un rilevante argomento speso da una parte di dottrina e giurisprudenza per criticare la conclusione cui era giunta la Corte (ossia l’utilizzabilità delle intercettazioni nel “medesimo procedimento” alla duplice condizione che ciò fosse finalizzato ad accertare reati connessi ex art. 12 c.p.p. e al tempo stesso riconducibili al novero di cui all’art. 266 co. 1 c.p.p.: limite, quest’ultimo, da più parti ritenuto irragionevole alla luce di una norma, come quella introdotta dal d.l. 161/2019, che alla medesima condizione consentiva addirittura l’utilizzabilità in un “diverso procedimento”).
2.4. Modifiche perlopiù formali riguardano la disciplina, già contenuta nell’art. 2 del decreto legge, relativa alla creazione di infrastrutture digitali centralizzate per l’esecuzione e l’archiviazione delle intercettazioni, la cui regolamentazione di dettaglio viene demandata a una serie progressiva di decreti ministeriali.
Nell’ambito della normativa primaria in via di approvazione è tuttavia da segnalare la previsione del comma 9-bis dell’art. 2, che, modificando il t.u. spese di giustizia, stabilisce che «L’importo delle spese relative alle operazioni di intercettazione è specificamente annotato nel foglio delle notizie di cui all’articolo 280» (così il nuovo comma 3-bis dell’art. 168-bis d.P.R. 115/2002), ossia nel fascicoletto in cui, per ogni procedimento, sono riepilogate le spese sostenute ritenute ripetibili dall’erario.
Chiaro è il significato quantomeno simbolico della norma, finalizzata a richiamare l’attenzione degli uffici di procura – e, si suppone, nelle intenzioni del legislatore, responsabilizzare i pubblici ministeri – circa i costi delle attività di captazione, tema negli ultimi mesi al centro del dibattito pubblico, anche a seguito di alcune dichiarazioni critiche del Ministro della Giustizia.
3. Un intero articolo (2-bis) è stato introdotto in sede di conversione per incrementare gli strumenti di contrasto alla criminalità informatica e promuovere la cybersicurezza: le disposizioni, alla cui lettura si rinvia in toto, intervengono analiticamente su aspetti quali il potenziamento dei compiti dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, la creazione di un flusso di informazioni tra questa e il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, nonché – attraverso alcune modifiche al codice di procedura penale (artt. 54-ter, 371-bis, 724 e 727) – l’estensione dei poteri e delle funzioni che lo stesso Procuratore nazionale antimafia già esercita in relazione ai reati di cui all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p. ad alcuni rilevanti reati informatici (elencati nel nuovo comma 4-bis dell’art. 371-bis: si tratta, in particolare, delle fattispecie di cui agli artt. 615-ter, 635-ter, 635-quinquies, 617-quater, 617-quinquies e 617-sexies c.p.).
Da segnalare altresì, nella medesima direttrice di intervento, l’ampliamento oggettivo e soggettivo, con riferimento all’ambito informatico, del perimetro delle operazioni sotto copertura disciplinate dall’art. 9 l. 146/2006 (la nuova disciplina si potrà rinvenire nel comma 4 dell’art. 2-bis del decreto).
4. Sul piano del diritto sostanziale, infine, un gruppo di disposizioni distribuite negli artt. 6, 6-bis e 6-ter rafforza l’apparato penalistico a tutela dell’ambiente nelle sue diverse componenti.
4.1. L’art. 6 incide sulla disciplina di contrasto penale al fenomeno degli incendi boschivi (oggetto solo un paio di anni fa, con d.l. 120/2021, di un intervento organico ad hoc).
Già con il d.l. n. 105, nella sua versione originaria, erano stati modificati al rialzo i minimi edittali delle fattispecie di cui all’art. 423-bis c.p., elevati da quattro a sei anni quella del delitto doloso (comma 1) e da uno a due quella del delitto colposo (comma 2); era stata inoltre introdotta una aggravante speciale a effetto speciale (dai contorni in parte analoghi a quella prevista nel d.l. 120/2021 e poi soppressa in sede di conversione) per le ipotesi in cui «il fatto è commesso al fine di trarne profitto per sé o per altri o con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti all’esecuzione di incarichi o allo svolgimento di servizi nell’ambito della prevenzione e della lotta attiva contro gli incendi boschivi» (nuovo comma 4 dell’art. 423-bis c.p.).
Le novità del testo approvato dalla Camera, invece, sono costituite dall’estensione della norma incriminatrice ai casi di incendio cagionato non solo a foreste, ma anche a «zone di interfaccia urbano-rurale» (nozione introdotta dal citato d.l. 120/2021), e dalla modifica dell’art. 423-ter c.p. (anch’esso aggiunto al codice dal d.l. 120/2021), con previsione di ulteriori pene accessorie («l’interdizione dai pubblici uffici e l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere prestazioni di un pubblico servizio, per la durata di cinque anni») nell’ipotesi di condanna per incendio boschivo doloso.
4.2. Tra le modifiche apportate al decreto in sede di conversione vi è anche spazio, all’art. 6-bis, per una fattispecie del tutto nuova, di natura contravvenzionale, con la quale viene punito (con l’arresto da sei mesi a due anni e l’ammenda da euro 4.000 a euro 10.000) il fatto di chi «abbatte, cattura o detiene esemplari di orso bruno marsicano» (nuova lett. c-bis) del comma 1 dell’art. 30 l. 157/1992, c.d. legge sulla caccia).
4.3. Un ultimo insieme di norme, raggruppate sotto l’art. 6-ter, è dedicato a rafforzare gli strumenti di natura penale a tutela dell’ambiente.
Tale obiettivo è perseguito:
– trasformando in reato contravvenzionale l’illecito amministrativo di “abbandono di rifiuti” di cui al comma 1 dell’art. 255 d.lgs. 2006/152, ferma l’identità della fattispecie ma con un inasprimento della sanzione pecuniaria (tuttora aumentata fino al doppio se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi);
– ampliando il novero dei reati che consentono, in caso di condanna o patteggiamento, la c.d. confisca allargata ex art. 240-bis c.p., già prevista per il disastro ambientale di cui all’art. 452-quater c.p. e la fattispecie associativa speciale di cui all’art. 452-octies c.p., e ora estesa ai reati di cui agli artt. 452-bis (inquinamento ambientale), 452-ter (morte o lesioni come conseguenza non voluta del delitto di inquinamento ambientale), 452-sexies (traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività) e 452-quaterdecies (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti) c.p.;
– ricorrendo alle circostanze per accrescere il rigore repressivo in materia, sia tramite la trasformazione in aggravante a effetto speciale dell’attuale circostanza speciale dei delitti di inquinamento e disastro ambientale (operante ove causati in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo, ovvero in danno di specie protette), sia tramite l’introduzione ex novo di una aggravante, anch’essa a effetto speciale ma ancor più severamente punita, per le (sole) ipotesi di inquinamento che causi «deterioramento, compromissione o distruzione di un habitat» all’interno di un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo.
4.4. Tassello finale di un quadro spiccatamente eterogeno di interventi è l’ennesima estensione del catalogo dei reati presupposto di cui al d.lgs. 231/2001, con inclusione (nell’art. 24) dei delitti di turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.) e di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis c.p.), e (nell’art. 25.octies.1) del delitto di trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.).