Proposal n. 2021/0422 COD for a Directive of the European Parliament and of the Council on the protection of the environment through criminal law and replacing Directive 2008/99
1. Introduzione. La tutela dell’ambiente è sicuramente uno degli scopi più attuali del diritto penale, presentandosi l’ambiente stesso come un bene giuridico altamente minacciato dallo sviluppo della moderna economia.
La criminalità ambientale, infatti, costituisce una delle maggiori attività criminali al mondo, insieme al traffico di stupefacenti, la tratta di essere umani e la contraffazione.
Per fronteggiare l’esponenziale crescita del fenomeno, nel corso degli anni l’Unione Europea, così come la comunità internazionale, hanno profuso immensi sforzi volti nella creazione di strumenti che potessero efficacemente invertire la rotta e preservare l’ambiente come bene superindividuale funzionale alla vita di ciascuna persona.
In tale quadro, costellato di provvedimenti importantissimi come il Green Deal Europeo, si pone il recentissimo progetto di riforma della Direttiva UE 2008/99 presentato lo scorso 15 dicembre dalla Commissione Europea.
La direttiva UE 2008/99 ha rappresentato uno strumento fondamentale per l’impulso ed il condizionamento del diritto penale ambientale negli Stati Membri dell’Unione Europea, giocando un ruolo fondamentale anche nella legislazione italiana in materia.
I risultati previsti dall’Unione Europea con l’emanazione di detta Direttiva, però, non hanno raggiunto i livelli sperati, non riuscendo a colmare le lacune esistenti nell’attuale gestione dei reati ambientali a livello comunitario ed interno ai singoli Stati Membri.
Proprio per tale ragione, la Commissione Europea ha presentato un progetto di riforma della direttiva del 2008, che si presenta decisamente più articolato (con un preambolo di 40 punti e ben 29 articoli, a fronte degli 8 previsti nel 2008) e si pone espressamente lo scopo di dare una maggiore effettività alla tutela penale dell’ambiente nell’Unione Europea, migliorando la risposta delle autorità statali ai crimini ambientali mediante una definizione più esaustiva delle fattispecie incriminatrici.
La proposta è composta da diverse parti: una prima parte intitolata “Memorandum Esplicativo”, che illustra il contesto della proposta, gli obiettivi, la base legale, i principi ispiratori, le valutazioni di rischio e i risultati sperati, nonché le implicazioni finanziarie; una parte centrale dedicata agli articoli della direttiva; una parte finale dedicata allo statement legislativo e finanziario.
Per chiarezza, nel presente contributo, dopo aver illustrato la prima parte della proposta concernente i principi e gli obiettivi della stessa, si procederà alla presentazione degli articoli non secondo il loro ordine cronologico, ma secondo uno schema contenutistico diviso per aree di interesse, partendo dalla parte generale per poi passare alle singole fattispecie di parte speciale.
2. Memorandum Esplicativo. Per meglio comprendere la scelta di presentare una proposta di riforma della Direttiva UE 2008/99, la Commissione fornisce un esaustivo quadro concernete, appunto, le ragioni che hanno portato a tale decisione, nonché quelli che ne costituiranno gli obiettivi sul breve, medio e lungo termine.
2.1. Il contesto della Proposta. Le ragioni specifiche che hanno portato alla presentazione della Proposta qui in esame sono principalmente ricollegabili ad un incorretto recepimento della Direttiva 2008/99 da parte degli Stati membri, nonché a problemi in radice contenuti nella stessa.
Afferma la Commissione, infatti, che le attuali sanzioni previste nei singoli ordinamenti nazionali per i reati ambientali sono troppo base per essere dissuasive, oltre ad esserci degli importanti gap a livello di enforcement, mancanze nelle risorse statuali e nella cooperazione tra stati, nonché una mancanza di coordinazione tra il potere amministrativo e quello giudiziario a livello locale.
Per questo motivo, la proposta ha lo specifico scopo di migliorare l’impianto generale della lotta al crimine ambientale attraverso molteplici misure, come il miglioramento dell’effettività degli strumenti investigativi, l’assicurazione di sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate ed il miglioramento della cooperazione investigativa transnazionale.
2.2. La base legale. La possibilità, per la Commissione, di presentare una proposta di Direttiva al Parlamento Europeo ed al Consiglio avente ad oggetto la tutela penale di un dato bene giuridico deve ovviamente essere giustificata e contestualizzata nell’ambito di quelli che sono i poteri legislativi dell’organo in questione, nonché la possibilità per l’Unione Europea di imporre agli Stati Membri una certa legislazione penale.
Le Istituzioni Comunitarie, infatti, non hanno la competenza ad emanare in via diretta norme incriminatrici.
A tal proposito, la base legale per la promulgazione della Direttiva va ricercata nell’art. 83 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
Tale articolo, nel primo comma prevede la possibilità del Parlamento Europeo e del Consiglio di adottare Direttive che stabiliscano norme minime relative alla definizione di reati e sanzioni in sfere di criminalità particolarmente gravi che presentino una dimensione transnazionale (derivante dal carattere o dalle implicazioni dei reati), come il terrorismo, la tratta di esseri umani, lo sfruttamento sessuale, il traffico di stupefacenti ed altre macroaree tutte individuate nella disposizione. L’elenco, pur essendo tassativo, è passibile di essere ampliato dal Consiglio stesso tramite una decisione deliberata all’unanimità previa approvazione del Parlamento Europeo.
Orbene, la presente Proposta di Direttiva potrebbe a prima facie giustificarsi già in base a questo primo comma. I crimini ambientali, infatti, si presentano sicuramente come gravi, ma soprattutto hanno rilevantissime implicazioni transnazionali. Tuttavia, i reati ambientali non sono contenuti nell’elenco predisposto dal Trattato.
Maggiore attenzione merita il secondo comma della disposizione, nella parte in cui prevede la competenza dell’Unione Europea, ed in particolare del Parlamento Europeo, di stabilire regole minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni nelle “aree di politica europea che sono state soggette a misure di armonizzazione, nel caso in cui l’avvicinamento delle disposizione legislative e regolamentari in materia penale degli Stati Membri sia indispensabile ad assicurare l’efficace attuazione di tale area politica dell’Unione”.
La materia ambientale è sicuramente stata oggetto di differenti misure di armonizzazione, e con il tempo si è dimostrata sempre più necessaria una regolamentazione unitaria ed armonizzata concernente la definizione delle caratteristiche minime dei reati ambientali a livello Europeo, proprio per garantire l’efficace attuazione della politica europea in materia di protezione dell’ambiente.
In tal senso, l’obiettivo della presente proposta coincide perfettamente con i requisiti delineati dal comma 2 dell’art. 83 TFUE, nel quale quindi è da ricercarsi la base legale della proposta della Commissione.
2.3 Principi generali. La Commissione individua due fondamentali principi generali su cui si fonda l’esistenza stessa della Proposta, ossia il principio di proporzionalità e quello di sussidiarietà.
Con riferimento alla sussidiarietà, è noto come le attività criminali relative all’ambiente spesso possiedono carattere di transnazionalità, così come diversi reati ambientali hanno impatto su più di un paese (per esempio il traffico illecito di rifiuti o di specie animali protette). Lo scopo della direttiva è quindi di quello di creare una cornice legale di base, comune a tutti gli Stati membri, che possa indirizzare questi ultimi nella scelta della definizione dei principali reati ambientali e delle sanzioni penali ad essi correlate. Saranno poi gli Stati a dover attuare in concreto le linee fissate dalla Direttiva mediante la legislazione nazionale.
Con riferimento alla proporzionalità, così come previsto dall’Art. 5(4) TUE, la revisione della Direttiva EU 2008/99 dovrà limitarsi a quanto necessario per adattare la legislazione alle nuove minacce per l’ambiente. Sia le nuove figure di reato che le sanzioni dovranno limitarsi a punire condotte che si sostanzino in serie offese al bene giuridico ambiente, nel rispetto della proporzionalità.
2.4. Lo strumento legislativo. Nel rispetto del citato art. 83(2) TFUE, le regole riguardanti la definizione di reati e sanzioni in aree di politica europea soggette a misure di armonizzazione deve avvenire attraverso l’adozione di una Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio, secondo l’ordinaria procedura legislativa.
La Commissione, nella presente Proposta di Direttiva rivolta a tali due organi, inserisce tutti i reati già compresi nell’art. 3 della Direttiva del 2008, con qualche precisazione, e ne aggiunge poi di nuovi (come ad esempio l’estrazione illegale di acque, il commercio illegale di legname, il riciclo illegale di navi ed altri), per comprendere tutte quelle condotte che, al giorno d’oggi, hanno un alto potenziale di rischio per la salute umana e dell’ambiente in generale, e possono portare ad un impatto estremamente negativo sulla società.
Con riguardo al traffico illecito di rifiuti, ad esempio, il rapporto SOCTA del 2021 afferma che “la gestione dei rifiuti è un’industria lucrativa ed in rapido sviluppo, che attrae sempre più la criminalità. (...) I criminali che trafficano rifiuti tra vari paesi si servono principalmente di strutture imprenditoriali lecite per orchestrare reati. (...) Il traffico illecito di rifiuti è fortemente legato ad altre tipologie di reato come la falsificazione di documenti, la frode, l’evasione fiscale, la corruzione, il riciclaggio, il furto e lo scarico di rifiuti derivanti dalla produzione illegale di stupefacenti”[1].
Un altro esempio è quello dell’estrazione illegale di acqua, che contribuisce all’esaurimento delle risorse idriche, problema destinato tra l’altro a peggiorare come risultato del cambiamento climatico.
La Corte dei Conti Europea, nel suo Report Speciale del 2021 sull’uso sostenibile dell’acqua in agricoltura ha documentato l’ineffettività delle attuali misure amministrative a risolvere il problema dell’eccessiva estrazione di acqua, nonché il livello troppo basso delle sanzioni in materia.
La situazione attuale, quindi, si caratterizza per una tutela insufficiente dell’ambiente, a fronte di un aumento costante dei reati ambientali a livello europero.
2.5. Valutazione della Direttiva UE 2008/99. Prima di sviluppare la Proposta qui in esame, la Commissione ha compiuto una valutazione della Direttiva EU 2008/99, pubblicata nell’ottobre 2020, con la quale ha preso in considerazione quattro principali criteri di valutazione: l’effettività, l’efficienza, la coerenza e la rilevanza degli obiettivi in base ai bisogni odierni.
La valutazione ha portato alla luce sei principali problemi della Direttiva del 2008:
Per tali motivi la Commissione ha deciso di riformare la Direttiva, definendo i problemi e sviluppando nuovi obiettivi, anche tramite ampie consultazioni delle parti interessate (esperti, forze di polizia, reti pubbliche di polizia, giudici, professori, ONG, organizzazioni di investigazione europea come l’EUROPOL etc.).
Con riferimento, quindi, alle citate problematiche, la Commissione ha sviluppato i seguenti obiettivi, correlandoli alle soluzioni di riforma più adatte:
3. La struttura della Proposta. La Commissione, dopo aver illustrato nel Memorandum esplicativo le ragioni e gli obiettivi della proposta, illustra il progetto di Direttiva, intitolandola “Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla protezione dell’ambiente attraverso il diritto ambientale in sostituzione della Direttiva EU 2008/99”.
La struttura della Direttiva si divide in una prima parte dedicata ai 40 punti introduttivi, ed una seconda parte dedicata agli articoli, 29 in tutto.
I punti introduttivi svolgono la funzione di contestualizzare la Direttiva, individuandone innanzitutto le fonti, come l’art. 3(3) TUE e L’Art 191 TFUE, in accordo ai quali l’Unione Europea deve assicurare un alto livello di protezione e miglioramento della qualità dell’ambiente.
I punti specificano poi le criticità dell’esistente sistema sanzionatorio dei crimini ambientali a livello europeo, segnalando la necessità di un miglioramento in tal senso, attraverso l’introduzione di sanzioni per condotte dannose o pericolose per l’ambiente, commesse con dolo o con negligenza.
La legislazione in materia, continua la Commissione, dovrà essere oggetto di un continuo aggiornamento, dovranno essere previste delle soglie di punibilità delle condotte pericolose e delle circostanze aggravanti ed attenuanti per ogni reato.
Durante le investigazioni ed i procedimenti, dovrà essere data particolare attenzione al possibile coinvolgimento di gruppi criminali organizzati e dovranno essere criminalizzati anche il tentativo e l’istigazione.
Ancora, di fondamentale importanza dovrà essere la punibilità delle persone giuridiche e la previsione di misure di congelamento e confisca dei beni pertinenti al reato.
3.1. Parte generale
3.1.1 Gli articoli 1 e 2: oggetto e definizioni. Dopo i punti introduttivi il Progetto si compone di 29 articoli. L’art. 1 dispone che la Direttiva stabilisce le regole minime per la definizione delle offese criminali e delle sanzioni allo scopo di una più efficace protezione dell’ambiente, mentre l’art 2 è dedicato alla definizione precisa di alcuni termini utilizzati nel documento.
In base a tale articolo, sarà considerato “unlawful”, e quindi illecito, tutto ciò che infrange una norma contenuta nella legislazione dell’Unione Europea oppure una legge o un regolamento di uno Stato Membro che attua una norma dell’UE.
La condotta dovrà considerarsi illecita anche quando è permessa da un’autorizzazione dell’Autorità competente, laddove tale autorizzazione sia stata ottenuta in modo fraudolento o tramite corruzione, estorsione o coercizione
In base al comma 2 dell’articolo, poi, per “Habitat all’interno di un sito protetto” dovrà intendersi ogni habitat di specie per la quale un’area è classificata con area protetta, secondo i dettami dell’art. 4(1) o (2) della Direttiva UE 2009/147, o qualunque habitat naturale o habitat di una specie per la quale un sito specifico è designato come are speciale di conservazione in base all’art. 4(4) della Direttiva del Consiglio 92/43/EEC31.
Ancora, per “persona giuridica” dovrà intendersi qualsiasi entità giuridica che abbia tale status in base alla legislazione nazionale, ad esclusione degli Stati, degli Enti pubblici che esercitano l’autorità statale e delle organizzazioni internazionali.
Per “pubblico interessato” si dovranno intendere tutte le persone colpite direttamente o che potrebbero esserlo dai reati previsti nella Direttiva. Si specifica inoltre che tutte le persone che hanno un sufficiente interesse come anche le organizzazioni non governative volte alla protezione dell’ambiente possono essere considerate come aventi interesse.
Per quanto riguarda la “vittima”, si fa riferimento al concetto così come enucleato dall’art. 2(1) (a) della Direttiva EU 2012/29 del Parlamento e del Consiglio.
3.1.2. Soggetti attivi e passivi. La Direttiva delinea all’art. 3 i tratti fondamentali di diverse condotte criminali, per poi dedicare tutti gli articoli successivi alla definizione del sistema sanzionatorio in tutte le sue sfaccettature.
Come già premesso, in questa sede si procederà ad illustrare la Direttiva non seguendo l’ordine cronologico degli articoli, bensì quello naturale della struttura del reato e dei suoi tratti fondamentali, per poi passare alla disamina delle singole fattispecie, nonché degli aspetti processuali e pratici della nuova normativa.
Preme, quindi, innanzitutto individuare chi sono i soggetti attivi e passivi delle condotte elencate dalla Direttiva.
Per quanto riguarda gli agenti, è specificamente previsto che potranno essere perseguite tanto le persone naturali (art. 5) quanto quelle giuridiche (art. 7), avendosi per queste ultime una disciplina ad hoc, di cui si parlerà più avanti.
Dal punto di vista passivo, alle persone offese dal reato, individuabili sia nei singoli individui direttamente o indirettamente colpiti dalle conseguenze del reato che nelle associazioni perseguenti la protezione dell’ambiente, dovrà essere sempre garantito il diritto di costituirsi parte civile nei procedimenti instauratisi.
3.1.3. L’elemento materiale. Condotta, bene giuridico tutelato ed evento del reato. Nella materia ambientale i sistemi penali europei si caratterizzano per la forte presenza di illeciti di tipo meramente sanzionatorio, con elevate anticipazioni della soglia di punibilità e molti reati di pericolo.
Da questo punto di vista, non può tuttavia farsi a meno di rilevare come la Proposta sembri tener conto anche del rischio di “bagatellizzazione” dei reati ambientali, cui può condurre un arretramento della soglia di punibilità e come di conseguenza, essa di preoccupa di riferire ali Stati Membri alcuni accorgimenti finalizzati a far sì che le condotte punibili siano caratterizzate da un “apprezzabile” disvalore di evento.
Nella definizione delle condotte, la Proposta richiede in alcuni casi che per aversi punibilità dovrà essere raggiunto, perlomeno, uno stadio di danno (o pericolo di danno) che sia “sostanziale”. Al fine di definire un danno come sostanziale l’art. 3, n. 3 richiede che la legislazione nazionale tenga in conto i seguenti elementi:
In altri casi, invece, la Direttiva richiede che l’attività posta in essere, per essere punibile, possa “probabilmente causare” danno alla qualità dell’aria, del suolo o dell’acqua, oppure ad animali e piante. In tal caso, la direttiva richiede che vengano tenuti in considerazione le seguenti caratteristiche, per qualificare se la condotta rispecchi tale caratteristica:
3.1.4 L’elemento psicologico. Dolo e colpa. Nel Memorandum Esplicativo, la Commissione include espressamente la condotta negligente tra quelle punibili ai sensi della Direttiva.
L’importanza di uno standard alto di protezione, afferma la Commissione, è infatti necessario per far sì che possano essere portate avanti attività intrinsecamente rischiose per l’ambiente (perché, ad esempio, coinvolgenti materiali o strumenti potenzialmente dannosi e pericolosi).
In un tale contesto, appare imprescindibile tenere a mente come condotte negligenti possano portare a conseguenze a volte anche catastrofiche e l’inclusione, quindi, delle condotte negligenti tra quelle punibili servirà a disincentivare l’inclinazione verso esse al fine di ottenere, ad esempio, più immediati o facili guadagni, spingendo gli individui a comportarsi diligentemente nell’ambito di attività rischiose.
La Proposta sembra, in definitiva, utilizzare la colpa, nella sua accezione di “serious negligence”, come strumento per indirizzare il comportamento degli agenti nell’ambito di attività potenzialmente pericolose per il bene giuridico ambiente.
3.1.5 Le circostanze del reato. Per garantire efficacia e proporzionalità delle sanzioni, l’art. 8 della Direttiva prevede diverse circostanze aggravanti.
La disposizione prevede debbano essere considerate come tali, qualora non siano già elementi costitutivi del reato, le seguenti circostanze:
Le circostanze attenuanti sono invece previste dall’art. 9, che dispone che le seguenti circostanze siano considerate attenuanti:
3.1.6 Istigazione e tentativo. In base all’art. 4 della Direttiva, gli Stati Membri dovranno assicurare che l’istigazione, l’aiuto ed il favoreggiamento alla commissione di una qualsiasi delle condotte indicate nell’art. 3 siano punibili come reato.
Inoltre, gli Stati Membri dovranno assicurare che alcune delle condotte indicate dall’art. 3 (ed in particolare quelle di cui al comma 1, lettere a, b, c, d, e, f, h, i, j, k, m, n, p, ii, q, r) siano punibili anche sotto forma di tentativo.
3.1.7 Le pene. L’art. 5 è intitolato “Pene per le persone naturali” e dispone, innanzitutto, che le pene debbano essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Con riferimento alla cornice edittale, l’art. 5 specifica che le condotte di cui all’art. 3 debbano essere punite con una pena massima di almeno 10 anni in tutti i casi in cui causino o possano probabilmente causare la morte o serie lesioni alle persone.
I reati descritti all’art. 3, alle lettere a-j, n, q, r dovranno poi essere punibili con una pena massima di almeno sei anni, mentre quelle di cui alle lettere k, l, m, o, p con una pena massima di almeno quattro anni.
Gli Stati Membri, inoltre, dovranno assicurare che le persone che hanno commesso i reati di cui agli artt. 3 e 4 siano soggetti a pene accessorie (ed è questa forse la novità più rilevante rispetto al passato) che includono:
L’art. 10 prevede l’obbligo per gli Stati membri di assicurare che le autorità competenti dispongano il congelamento o la confisca del profitto del reato o degli strumenti utilizzati o destinati ad essere utilizzati nella commissione o nell’aiuto alla commissione dei reati previsti dalla Direttiva.
3.1.8 Prescrizione. L’art. 11 prevede che gli Stati Membri dispongano le misure necessarie affinché sia previsto un limite temporale per le investigazioni, l’instaurazione dei procedimenti e la pronuncia di condanne.
Per i reati punibili con un massimo edittale di almeno dieci anni, la prescrizione dovrà essere al minimo di 10 anni dalla commissione del fatto.
Per i reati punibili con un massimo edittale di almeno 6 anni, la prescrizione in tal senso dovrà essere di almeno 6 anni dalla commissione del fatto.
Per i reati punibili con un massimo edittale di almeno 4 anni, infine, dovrà essere di almeno 4 anni dalla commissione del fatto.
3.1.9 Responsabilità degli enti. Della responsabilità degli enti si occupano gli articoli 6 e 7 della Direttiva.
Il primo prevede l’obbligo per gli Stati Membri, nel recepire la Direttiva, di assicurare che anche le persone giuridiche possano essere perseguite per i reati previsti dagli artt. 3 e 4 quando congiuntamente:
Inoltre, l’ente dovrà rispondere del reato anche tutte le volte che sia stato commesso in suo vantaggio da una persona posta sotto l’autorità di uno dei soggetti con ruolo apicale descritti sopra, e la commissione stata resa possibile dalla mancanza di supervisione o controllo di quest’ultimo soggetto.
In ogni caso, la punibilità degli enti non esclude la possibilità di instaurare procedimenti penali contro le persone naturali che siano gli autori, istigatori o concorrenti nei reati indicati dagli artt. 3 e 4.
L’art. 7 indica poi quali sono le sanzioni applicabili alle persone giuridiche, che devono essere anch’esse effettive, proporzionate e dissuasive.
Tali sanzioni dovranno prevedere:
Per i reati di cui all’art. 3, lettere dalla a alla j, n, q, ed r gli Stati dovranno prevedere delle multe il cui limite massimo non potrà essere inferiore al 5% del fatturato globale totale dell’ente nell’anno precedente alla decisione giudiziale.
Per i reati di cui alle lettere k, l, m, o e p, invece, dovranno essere previste multe il cui limite edittale massimo non potrà essere inferiore al 3% di tale fatturato.
Ovviamente, la Proposta impone agli Stati membri di tenere in conto i profitti illegalmente ottenuti dall’ente con la commissione del reato rispetto al fatturato annuale dell’ente al momento di decidere il livello appropriato di sanzione applicabile al caso concreto.
3.2. Parte speciale. I singoli reati. Le condotte illecite vengono elencate all’art. 3 e sono:
a) lo scarico, emissione o introduzione di una quantità di materiali, sostanze o reazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nell’acqua le quali causino o potrebbero causare la morte o serie lesioni alle persone oppure un danno sostanziale alla qualità dell’aria, del suolo o dell’acqua, oppure ad animali o piante;
b) il piazzamento sul mercato di prodotti che, in violazione di una proibizione o di altri requisiti, causi o possa causare la morte o serie lesioni alle persone oppure un danno sostanziale alla qualità dell’aria, del suolo o dell’acqua, oppure ad animali o piante;
c) la produzione, il piazzamento sul mercato o l’uso di sostanze, da sole, mischiate o contenute in altri prodotti, incluso la loro incorporazione fisica dentro altri prodotti, quando questa attività è proibita da tutta una serie di regolamenti del Parlamento Europeo specificamente indicati nella norma, e quando ciò causi o possa pausare la morte o serie lesioni alle persone oppure un danno sostanziale alla qualità dell’aria, del suolo o dell’acqua, oppure ad animali o piante;
d) l’esecuzione di progetti indicati nell’articolo 1(2)(a) della Direttiva EU 2011/92 senza il consenso allo sviluppo o la valutazione degli effetti del progetto sull’ambiente, che causi o possa causare danni sostanziali ai fatti definiti nell’articolo 3(1) della Direttiva 2011/92/EU;
e) la raccolta, il traposto, il recupero o la disposizione di rifiuti, la supervisione di tali operazioni e la cura dei luoghi di disposizione, incluse tutte le azioni compiute da commercianti o intermediari nella gestione dei rifiuti, quando una condotta illecita:
i) riguarda rifiuti pericolosi così come definiti nell’articolo 3(2) della direttiva 2008/98/CE ed è intrapresa in quantità non trascurabili;
ii) riguarda altri rifiuti e causa o può causare la morte o gravi lesioni alle persone oppure danni sostanziali alla qualità dell’aria, del suolo o dell’acqua, oppure ad animali o piante;
f) la spedizione dei rifiuti quando essa è intrapresa in quantità non trascurabili, sia che sia compiuta in una singola spedizione che in diverse spedizioni che paiono collegate;
g) il riciclo di navi che rientrino nell’ambito di applicazione del Regolamento EU n. 1257/2013, senza il rispetto dei requisiti indicati dall’articolo 6(2) (a) di tale regolamento;
h) lo scarico da navi delle sostanze inquinanti a cui si riferisce l’art. 4(1) della direttiva 2005/35/CE. Questa previsione non riguarda casi individuali se lo scarico dalla nave non causa deterioramento della qualità dell’acqua, a meno che casi ripetuti da parte dello stesso soggetto in congiunzione risultino in un deterioramento della qualità dell’acqua;
i) l’installazione, operazione o smantellamento di una installazione in cui siano portate avanti attività pericolose oppure in cui siano conservate o utilizzate sostanze pericolose, preparazioni o inquinanti che ricadono nell’ambito di alcune direttive indicate nella proposta, e che causino o potrebbero causare la morte o gravi lesione alle persone o un danno sostanziale alla qualità dell’aria, del suolo, o dell’acqua, oppure a piante o animali;
j) la produzione, lavorazione, utilizzo, la conservazione, il traposto, l’importazione o l’esportazione di materiale radioattivo che causi o potrebbe causare la morte o gravi lesione alle persone o un danno sostanziale alla qualità dell’aria, del suolo, o dell’acqua, oppure a piante o animali;
k) l’estrazione di acqua di superficie o di fondale che causi potrebbe causare la morte o gravi lesione alle persone o un danno sostanziale alla qualità dell’aria, del suolo, o dell’acqua, oppure a piante o animali;
l) l’uccisione, la distruzione, la presa, il possesso, la vendita o l’offerta in vendita di un esemplare o di più esemplari di fauna o flora selvatica tra quelle elencate nelle appendici IV e V della Direttiva del Consiglio 92/43/EEC e nell’art. 1 della Direttiva 2009/147/EC, eccetto nei casi in cui la condotta riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari.
n) l’immissione o la messa a disposizione sul mercato dell’Unione Europea di legname raccolto illegalmente o di prodotti creati con legname raccolto illegalmente, eccetto nei casi in cui la condotta riguardi quantità trascurabile di legname;
o) qualsiasi condotta che causi il deterioramento di un habitat in un sito protetto, così come definito dall’art. 6(2) della Direttiva 92/43/EEC, quando il deterioramento è significativo;
p) l’introduzione o lo spargimento di specie aliene invasive di interesse dell’Unione quando:
- la condotta viola le restrizioni poste da una Direttiva specificamente indicata
- la condotta viola una delle condizioni permissive poste da un’altra Direttiva e causa o potrebbe causare la morte o gravi lesione alle persone o un danno sostanziale alla qualità dell’aria, del suolo, o dell’acqua, oppure a piante o animali;
q) la produzione, il piazzamento sul mercato, l’importazione, l’esportazione, l’uso, l’emissione o il rilascio di sostanze lesive dell’ozono così come definite in un regolamento specificamente indicato, oppure di prodotti o equipaggiamento contenente tali sostanze;
r) la produzione, il piazzamento sul mercato, l’importazione, l’esportazione, l’uso, l’emissione o il rilascio di gas fluorurati ad effetto serra come definiti in un regolamento UE specificamente indicato, oppure di prodotti contenenti tali gas.
Come è facile notare, l’elenco comprendete tutte le condotte già presenti nella Direttiva del 2008, aggiungendone altre. I diversi reati vengono delineati attraverso differenti tecniche, da ciò risultando, come già accennato in precedenza, che in alcuni casi si tratti di reati di danno, mentre in molti altri di reati di pericolo, anche astratto.
3.3 Aspetti procedurali
3.3.1 La giurisdizione. Le regole sulla giurisdizione sono contenute nell’art. 12 della Direttiva, ove dispone che gli Stati Membri dovranno stabilire la loro giurisdizione sui reati commessi ai sensi degli artt. 3 e 4 della Proposta, quando:
Gli Stati Membri dovranno informare la Commissione nel caso in cui decidano di estendere la propria giurisdizione su fatti commessi al di fuori del proprio territorio, quando:
Quando un reato ricade nella giurisdizione di più Stati Membri, essi dovranno cooperare per determinare in quale stato dovrà instaurarsi il procedimento penale.
In accordo con l’art. 12 della Decisione Quadro del Consiglio 2009/948/JHA, il caso potrà, quando necessario, essere devoluto all’Eurojust.
Nei casi in cui il reato abbia provocato un danno nel territorio di uno stato, oppure l’autore del reato sia di nazionalità di tale stato, la giurisdizione non potrà essere soggetta alla condizione che si abbia una denuncia da parte dello stato in cui materialmente è stato commesso il reato.
3.3.2 Sviluppo degli strumenti preventivi, investigativi e processuali. L’art. 13 della Proposta prevede che vengano adottate tutte le misure necessarie per assicurare la protezione di cui alla Direttiva EU 2019/1937 a tutte le persone che denunciano i reati ambientali previsti negli artt. 3 e 4 della nuova Direttiva.
Gli Stati Membri, inoltre, dovranno assicurare che alle persone denuncianti, o che comunque portino prove o collaborino in qualsiasi modo con le investigazioni o i processi relativi a tali reati, sia garantito sempre il supporto e l’assistenza necessari nell’ambito dei procedimenti stessi.
L’art. 15, rubricato “Prevenzione”, richiede che gli Stati Membri adottino tutte le misure necessarie a ridurre in generale la commissione di reati ambientali, come ad esempio la promozione di campagne di informazione, di programmi di ricerca ed educazione della popolazione, l’aumento della consapevolezza collettiva e la riduzione del rischio che la popolazione diventi vittima di crimini ambientali. Dove necessario, la Proposta dispone che gli stati cooperino con le parti interessate.
Ai fini delle investigazioni, poi, l’art. 16 dispone che gli Stati Membri debbano assicurare che le Autorità nazionali preposte alle investigazioni dei crimini ambientali abbiano un numero sufficiente di personale qualificato e di risorse finanziarie, tecniche e tecnologiche ai fini della corretta attuazione di questa Direttiva.
A tal riguardo, l’art. 17 dispone che, senza pregiudizio all’indipendenza ed all’organizzazione interna degli uffici giudiziari di ogni stato, debbano essere previste delle formazioni specializzate di Giudici, Pubblici Ministeri, agenti di Polizia e personale giudiziario con riferimento agli obiettivi della Direttiva.
L’art. 18, poi, prevede che gli Stati Membri assicurino l’utilizzo e la messa a disposizione, nella lotta contro i reati di cui agli artt. 3 e 4 della Direttiva, strumenti investigativi efficaci, come quelli utilizzati nella lotta alla criminalità organizzata o ad altri gravi crimini.
Gli Stati Membri, ancora, dovranno (ex art. 19) stabilire meccanismi appropriati per il coordinamento e la cooperazione strategica tra le Autorità competenti coinvolte nella prevenzione e nella lotta ai crimini ambientali.
Tali meccanismi dovranno volgere, perlomeno, a:
I meccanismi di coordinamento potranno prendere la forma di corpi specializzati, reti di enforcement nazionali o attività di formazione coordinate.
Entro un anno dalla data di entrata in vigore della Direttiva, gli Stati Membri dovranno porre in essere una strategia nazionale sulla lotta al crimine ambientale, che dovrà definire al minimo i seguenti elementi:
Gli Stati Membri dovranno sempre assicurare che la strategia preventiva e repressiva sia revisionata e aggiornata ad intervalli regolari non più lunghi di cinque anni, basandosi su una valutazione dei rischi, così da tenere in conto degli sviluppi delle nuove minacce riguardanti il crimine ambientale.
Per quanto riguarda lo svolgimento del processo interno e delle pubbliche udienze, l’art. 14 prevede che, in accordo con le legislazioni nazionali, ogni stato dovrà far sì che membri del pubblico offesi dal reato abbiano il diritto di partecipare ai procedimenti per i reati di cui agli artt. 3 e 4 della Direttiva.
3.3.3. Monitoraggio a livello Europeo. Sempre nell’ottica preventiva ed organizzativa, l’art. 21 della Direttiva prevede la raccolta di dati statistici al fine di monitorare l’effettività dei sistemi di lotta al crimine ambientale di ogni Stato Membro. Tali dati statistici dovranno includere:
Gli Stati Membri dovranno assicurarsi che venga regolarmente pubblicato un resoconto delle statistiche in questione e dovranno poi, annualmente, trasmettere alla Commissione i dati statistici indicati all’interno di un format stabilito in accordo con l’art. 22 della proposta.
La Commissione, di conseguenza, dovrà pubblicare regolarmente un report basato sui dati statistici trasmessi dagli Stati Membri, pubblicato per la prima volta tre anni dopo che il format di cui all’art. 22 verrà determinato.
L’art. 22, appunto, prevede che alla Commissione sia conferito il potere di stabilire il formato standard per la trasmissione dei dati di cui all’art. 21, il quale dovrà contenere: una classificazione comune dei reati ambientali; una comprensione comune delle unità di misura; una comprensione comune degli stati procedurali nei procedimenti penali; un format di segnalazione comune.
L’art. 23, poi, prevede una procedura di esaminazione svolta da un Comitato (inteso nel senso indicato dal Regolamento EU n. 182/2011) appositamente creato, che assisterà la Commissione nello svolgimento delle attività indicate.
3.3.4 Termini e modalità per l’attuazione della Direttiva. Negli articoli finali, la Direttiva prevede termini e modalità di applicazione della stessa nei singoli Stati Membri.
L’art. 24, rubricato “Transposition”, prevede che gli Stati Membri debbano adottare tutti gli atti legislativi, regolamentari ed amministrativi necessari per attuare la Direttiva entro 18 mesi dall’entrata in vigore della stessa, ed informare immediatamente la Commissione di tali azioni.
Tutti gli atti e le misure adottate dagli Stati Membri a tal scopo dovranno contenere un riferimento alla Direttiva, o comunque essere accompagnati da tale riferimento in occasione della loro pubblicazione. Gli Stati Membri dovranno inoltre comunicare alla Commissione il testo delle principali misure legislative nazionali che adotteranno in questo campo.
La Commissione, ex art. 25 della Direttiva, entro due anni dallo spirare del termine di 18 mesi per la trasposizione, dovrà trasmettere un report al Parlamento Europeo ed al Consiglio indicando quanto ogni Stato Membro abbia presso le misure necessarie ad attuare la Direttiva. Sarà compito deli Stati membri fornire alla Commissione le informazioni necessarie al fine della trasmissione di tale report.
Ogni due anni a partire da un anno dopo lo spirare del termine per la trasposizione della Direttiva, poi, gli Stati Membri dovranno inviare alla Commissione un report che includa una sintesi dell’implementazione e delle azioni svolte con riferimento agli articoli 15, 17, 19 e 20 della Direttiva stessa.
Entro cinque anni dallo spirare del termine di 18 messi per la trasposizione, infine, la Commissione dovrà effettuare una valutazione dell’impatto della Direttiva e trasmettere un report in merito al Parlamento Europeo ed al Consiglio. Sarà sempre compito degli Stati Membri fornire alla Commissione le informazioni necessarie a tal fine.
L’art. 26, ancora, prevede che la direttiva 2008/99/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio sia sostituita per quanto riguarda gli Stati membri vincolati dalla presente nuova Direttiva, fatte salve le prescrizioni di tali Stati membri in merito alla data di recepimento nell'ordinamento nazionale.
Per tutti gli stati obbligati dalla nuova normativa europea, i riferimenti alla Direttiva 2008/99/CE devono essere considerati come riferimenti a questa Direttiva. Per gli stati membri non obbligati da questa Direttiva invece, rimarrà in vigore la precedente del 2008.
Ex art. 27, la Direttiva 2009/123/CE cesserà di essere applicata agli Stati Membri che parteciperanno a questa Direttiva, dalla data della sua trasposizione.
Infine, l’art. 28 prevede che la Direttiva dovrà entrare in vigore al ventesimo giorno seguente quello della sua pubblicazione sull’Official Journal of the European Union, e l’art. 29 prevede che la stessa sia indirizzata agli Stati Membri in accordo con i Trattati.
4. Legislative Financial Statement. La Proposta ha allegato, nella parte finale e successiva a quella della vera e propria Direttiva, un “Legislative Financial Statement”, che indica i costi prevedibili da sostenere, le misure da adottare, nonché i risultati e l’impatto previsti e sperati all’indomani dell’entrata in vigore della Direttiva.
Con riferimento a tali ultimi argomenti, la Proposta prevede che la nuova normativa europea migliorerà l’effettività dei sistemi nazionali di lotta al crimine ambientale, innalzando anche la fiducia pubblica nelle istituzioni. Si stima che la Direttiva ridurrà i profitti provenienti dai reati ambientali dai 91 ai 259 miliardi di dollari a livello globale (somme che costituiscono perdite per le società in termini di mancato pagamento di tasse e perdite per le imprese lecitamente operanti sul mercato).
Ovviamente il successo della Direttiva non può essere misurato e previsto in termini precisi, avendo conto che comunque l’andamento dei reati ambientali dipende molto dallo sviluppo del commercio globale, dalle nuove opportunità della digitalizzazione e dall’interazione tra sistemi penali e amministrativi in ogni Stato Membro.
Per questo motivo, la proposta delinea degli indicatori quantitativi e qualitativi che dovranno essere utilizzati per il monitoraggio del progresso e del successo della Direttiva:
Ovviamente la valutazione dovrà essere sempre contestualizzata.
Al giorno d’oggi, purtroppo, è ancora molto bassa la percentuale di casi di crimini ambientali risolti con successo, mentre il tasso di reati ambientali commessi aumenta con una percentuale del 5-7%, a livello globale.
La proposta fornisce poi degli indicatori di performance per il monitoraggio di ogni specifico obiettivo della direttiva.
Per l’allargamento dello scopo della direttiva, ad esempio, l’indicatore sarà il numero di investigazioni, di accuse, di procedimenti e di condanne portati avanti.
Il successo sarà considerato in caso di un aumento tra il 5% ed il 7% di tali indici.
Per l’obiettivo della promozione di nuove tipologie e diversi livelli di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, l’indicatore saranno i livelli di sanzioni finanziarie imposte alle persone naturali, livelli di reclusione, i livelli di sanzioni pecuniarie imposte alle persone giuridiche, nonché i tipi e numeri di sanzioni accessorie imposte alle persone naturali. Il successo sarà raggiunto nel momento in cui sarà provata l’utilizzazione, da parte dello Stato membro, di tutto il range di sanzioni disponibili.
Per l’obiettivo della maggiore cooperazione transnazionale, l’indicatore per la valutazione sarà il numero di casi di reati ambientali devoluti all’Eurojust e Olaf, il numero di JITS all’Eurojust e il numero di casi o messaggi SIENA all’EUROPOL. Il successo sarà raggiunto in caso di aumento della cooperazione interforze tra Eurojust, OLAF ed Europol.
Essendo la criminalità ambientale, come già accennato, una delle tipologie di criminalità più presenti al mondo, il numero di casi all’Europol e all’Eurojust dovrebbe costituire una porzione più alta del totale dei casi gestiti da queste agenzie, rispetto alla situazione attuale.
La Proposta, inoltre, individua tre tipologie di requisiti corrispondenti agli obiettivi di breve, medio e lungo termine che dovranno essere raggiunti con l’attuazione della Direttiva.
Nel breve termine, appunto, la Proposta richiede che vengano raggiunti i seguenti obiettivi:
Gli obiettivi nel medio periodo, poi, dovranno essere i seguenti:
Infine, gli obiettivi nel lungo periodo dovranno corrispondere ai seguenti requisiti:
La Proposta effettua anche una valutazione sui benefici che deriveranno dall’intervento dell’Unione Europea nell’implementazione della protezione penale dell’ambiente, e che possono individuarsi nella maggiore chiarezza sulle definizioni legali, nell’approssimazione dei livelli di sanzione in tutti gli Stati Membri, nella previsione di strumenti per la cooperazione internazionale e per la facilitazione delle investigazioni transnazionali, nel miglioramento del mercato e dell’economia dell’Unione, con ampi vantaggi per le imprese operanti in settori delicati nell’ambiente, nonché nella diminuzione di tutti quei reati spesso collegati a quelli ambientali, come ad esempio il riciclaggio, la criminalità organizzata, l’evasione fiscale, il terrorismo.
Il monitoraggio sul perseguimento e raggiungimento degli scopi della Direttiva sarà effettuato direttamente dalla Commissione, attraverso i suoi dipartimenti, incluso il personale delle delegazioni dell’Unione.
Gli strumenti a tal fine utilizzati saranno:
A livello finanziario, gli obiettivi della Proposta saranno supportati dal Multiannual Financial Framework, che dona molta enfasi ed importanza alla sovvenzione di attività di protezione dell’ambiente.
5. Conclusioni. Ovviamente la Proposta si pone in approccio sinergico con altri strumenti previsti dalla legislazione Europea e che sono finalizzati alla protezione dell’ambiente, inserendosi coerentemente nel quadro già delineato dal Green Deal e dal Biodiversity Strategy, dall’EU Action Plan against Wildlife Trafficking, nonché dall’EU Serious and Organised Crime Threat Assessment 2021 e dalla nuova EU Strategy to Tackle Organised Crime covering period 2021-2025.
Il diritto penale è infatti solo uno dei tanti strumenti possibili per il raggiungimento dello scopo, e soprattutto deve sempre essere visto come l’extrema ratio, operante nel momento in cui tutti gli altri strumenti non hanno funzionato.
Certamente, per valutare l’impatto che la nuova Direttiva avrà sul diritto penale ambientale europeo, bisognerà attendere lo spirare del termine di 18 mesi per la trasposizione della stessa, nella speranza che questa volta, a differenza delle precedenti, possa crearsi, grazie al corretto recepimento da parte degli Stati Membri, lo spazio per un sistema comunitario in grado di combattere efficacemente la crescente ed imponente minaccia della criminalità ambientale.
[1] European Union Serious and Organised Crime Threast Assessment, 2021