Le linee di tendenza della giurisprudenza costituzionale, nella relazione della Presidente Cartabia
1. Segnaliamo ai lettori che è stata pubblicata ieri, e può leggersi in allegato, la Relazione dell’attività della Corte costituzionale nel 2019, a firma della Presidente Marta Cartabia. Si tratta di un documento di particolare interesse, sotto svariati profili, anche per i penalisti.
La Relazione segnala alcune importanti novità. Nella prospettiva dell’apertura della Corte verso la società civile, di particolare rilievo è la recente introduzione dell’istituto degli amici curiae e della possibilità di ascoltare esperti (la nostra Rivista ha già pubblicato, a questo proposito, un contributo di S. Finocchiaro). Significativi sono anche alcuni dati relativi all’aumento della domanda di giustizia costituzionale, all’incremento del numero delle sentenze, rispetto a quello delle ordinanze, e alla durata media del giudizio, pari a dieci mesi.
Soprattutto, nella sua Relazione la Presidente Cartabia individua tre grandi linee di tendenza della recente giurisprudenza costituzionale, che forniscono una pluralità di spunti di riflessione anche e proprio al penalista.
2. Una prima linea di tendenza è rappresentata dal principio della leale collaborazione con le istituzioni e tra le istituzioni, cui viene riconosciuto un rilievo costituzionale: “la piena attuazione dei principi costituzionali ha un carattere necessariamente corale e richiede l’attiva leale collaborazione di tutte le istituzioni: giudici ordinari, corti sovranazionali, regioni, pubblica amministrazione e soprattutto legislatore nazionale”. La Relazione sottolinea come una comunicazione tra la Corte costituzionale e il legislatore – secondo quanto avviene in altri ordinamenti – sia fondamentale per la piena attuazione e il pieno rispetto dei principi costituzionali. La separazione dei poteri non impedisce la cooperazione tra i poteri, pur nel rispetto delle rispettive funzioni e prerogative. Il profilo della cooperazione viene sottolineato, nella Relazione, almeno in due prospettive.
2.1. Da un lato quella, nota anche ai penalisti dopo importanti sentenze in materia penale dell’ultimo periodo, relativa al superamento delle c.d. rime obbligate, felice espressione coniata da Vezio Crisafulli. Queste le parole della Presidente Cartabia: “mentre in passato la Corte, trovandosi davanti a una pluralità di alternative possibili per rimediare al vizio di incostituzionalità tendeva ad arrestarsi sulla soglia della inammissibilità, ora sempre più frequentemente, pur in assenza di soluzioni costituzionalmente obbligate, la Corte decide nel merito, poggiando su previsioni normative già presenti nell’ordinamento e specificamente già rinvenibili nello specifico settore oggetto del giudizio. Una tale evoluzione giurisprudenziale investe spesso anche la materia penale, a lungo oggetto di particolare ritrosia da parte della Corte costituzionale in nome del principio di legalità sancito dall’art. 25 della Costituzione. Tuttavia, è sembrato sempre più inaccettabile che proprio laddove vengono in rilevo i diritti fondamentali della persona di fronte alla potestà punitiva dello Stato, la Corte dovesse arrestare il proprio sindacato per mancanza di univoche soluzioni: una nuova sensibilità in questo ambito ha imposto alla Corte di rinvenire nell’ordinamento soluzioni adeguate a rimuovere la norma lesiva della Costituzione, allo stesso tempo preservando la discrezionalità del legislatore”. E’ una strada coraggiosa lungo un percorso periglioso, per il rischio di invasioni di campo (facile è l’accusa, mossa alla Corte, di farsi legislatore), che la Relazione inquadra nel contesto del principio della leale cooperazione con il legislatore. Emblematica, in materia penale, è la vicenda relativa alle pronunce sul caso Cappato, nella quale la Corte, valorizzando l’esperienza di altri ordinamenti, ha introdotto una innovativa tecnica processuale, che prevede la sospensione del giudizio e l’invito al legislatore di intervenire per colmare lacune nella tutela dei diritti, altrimenti inevitabili. E’ un significativa evoluzione rispetto all’ancor presente e tradizionale strada delle ‘sentenze monito’ che, come sottolinea la Presidente Cartabia, vanno lette alla luce del principio di leale collaborazione come ‘sentenze invito’. Casi importanti in materia penale, presenti nella recente giurisprudenza costituzionale – quello già ricordato, in materia di scelte fine vita (ord. n. 207/2018 e sent. n. 242/2019), così come un altro (n. 40/2019) in materia di trattamento sanzionatorio in materia di stupefacenti (droghe pesanti/droghe leggere) – mostrano come gli inviti rivolti al legislatore restino purtroppo spesso inascoltati, senza che ciò comporti il mancato intervento della Corte volto a tutelare i diritti costituzionalmente garantiti.
2.2. Un’ulteriore profilo della leale collaborazione con il legislatore, sottolineato nella relazione con riferimento a un’interessante decisione in materia di diritto amministrativo, riguarda il “governo degli effetti delle decisioni, ratione temporis”. Si legge nella Relazione: “nello spirito di una piena collaborazione istituzionale e del tutto in conformità con la prassi delle principali Corti costituzionali europee, nel 2019 la Corte ha confermato (sentenza n. 246) che, sia pur eccezionalmente, può imporsi una limitazione agli effetti retroattivi delle dichiarazioni di illegittimità costituzionale, quando si presenti l’esigenza di bilanciamento tra i valori e principi costituzionali affermati nella sentenza ed altri, di pari rilievo, i quali altrimenti rischierebbero di venire a trovarsi in grave sofferenza…Si tratta di un principio ricavato in via interpretativa dalla Corte, non espressamente previsto nella disciplina legislativa del processo costituzionale…”. E’ uno spunto di particolare interesse, che a mio avviso merita approfondimenti e riflessioni anche in rapporto a possibili sviluppi della giurisprudenza costituzionale in materia penale. Segnalo, per l’interesse, che una riflessione analoga è in corso in questi giorni negli Stati Uniti, dove la Corte Suprema, in Ramos v. Luisiana, ha valorizzato il diritto costituzionale al jury trial fino al punto di imporre la regola dell’unanimità come condizione per la condanna e di dichiarare così l’illegittimità costituzionale di leggi (presenti invero in soli due stati su 50: l’Oregon e la Louisiana) che non prevedono quella regola. Ebbene, in un acuto commento a prima lettura si è sottolineato, già nel titolo, come sia giunto il momento di rivalutare la retroattività degli effetti delle pronunce della Corte Suprema, per rimuovere un possibile ostacolo, soprattutto quando si tratti, come nel caso di specie, di un mutamento rispetto alla precedente giurisprudenza (la Corte Suprema avrebbe pronunciato la sentenza se la regola dell’unanimità, al contrario, fosse stata prevista da 2 stati su 50, e non viceversa, rischiando di far riaprire un numero rilevante di procedimenti penali?).
3. Una seconda linea di tendenza, sottolineata nella Relazione, riguarda la collaborazione intergiurisdizionale nella protezione dei diritti fondamentali. Di particolare interesse, anche per i riflessi che promette di avere nella materia penale, è quanto si sottolinea a proposito del consolidarsi, nella giurisprudenza costituzionale, di un nuovo orientamento (inaugurato con un obiter nella sentenza 269 del 2017) che abbandona quello tradizionale che induceva in passato la Corte a pronunciarsi per l’inammissibilità ogniqualvolta una questione di legittimità costituzionale coinvolgesse profili di contrasto con il diritto dell’Unione europea direttamente applicabile. Tre decisioni del 2019 (nn. 20, 63 e 117) – l’ultima delle quali relativa alla materia penale in senso lato (diritto amministrativo punitivo) – aprono un nuovo corso: laddove il giudice comune sollevi una questione di legittimità costituzionale che coinvolga norme del diritto UE direttamente applicabili, comprese le norme della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, la Corte costituzionale non si esime dal pronunciarsi, eventualmente previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, come avvenuto proprio nella citata decisione in ‘materia penale’ a proposito del procedimento per l’irrogazione di sanzioni da parte della CONSOB. La Corte – si legge nella Relazione – “ha ribadito che è essa stessa «organo giurisdizionale» nazionale ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e «potrà dunque valutare se la disposizione censurata violi le garanzie riconosciute, al tempo stesso, dalla Costituzione e dalla Carta, attivando rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia ogniqualvolta ciò sia necessario per chiarire il significato e gli effetti delle norme della Carta; e potrà, all’esito di tale valutazione, dichiarare l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata, rimuovendo così la stessa dall’ordinamento nazionale con effetti erga omnes. Ciò fermo restando «che i giudici comuni possono sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione europea, sulla medesima disciplina, qualsiasi questione pregiudiziale a loro avviso necessaria», anche al termine del procedimento incidentale di legittimità costituzionale; e fermo restando, altresì, il loro dovere – ricorrendone i presupposti – di non applicare, nella fattispecie concreta sottoposta al loro esame, la disposizione nazionale in contrasto con i diritti sanciti dalla Carta”.
4. Una terza linea di tendenza individuata nella giurisprudenza costituzionale del 2019 riguarda, infine, un sindacato più stringente in materia penale e di esecuzione penale. Nel rinviare al testo della relazione, in allegato, per l’illustrazione di questa parte, di particolare interesse per i nostri lettori, riportiamo testualmente quanto compendiato nella versione sintetica della Relazione stessa.
“Un’attenzione particolare è stata riservata, nel 2019, alla giustizia penale, proseguendo il cammino tracciato negli ultimi anni. Le novità non attengono tanto al terreno del processo penale, quanto ai terreni del diritto penitenziario e dello stesso diritto penale sostanziale, nel quale la giurisprudenza costituzionale si era mossa in passato con grande deferenza verso la discrezionalità legislativa. Tuttavia, è sembrato sempre più inaccettabile che proprio là dove vengono in rilevo i diritti fondamentali della persona di fronte alla potestà punitiva dello Stato, la Corte dovesse arrestare il proprio sindacato per mancanza di univoche soluzioni: perciò, anche in questo ambito una nuova sensibilità ha imposto alla Corte di rinvenire nell’ordinamento soluzioni adeguate a rimuovere la norma lesiva della Costituzione, allo stesso tempo preservando la discrezionalità del Legislatore. Nella giurisprudenza costituzionale degli anni più recenti emergono alcuni principi fondamentali alla luce dei quali la Corte svolge un vaglio di legittimità più puntuale anche in questi settori. Il principio di proporzionalità della pena, implicito nel principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e nella 16 finalità rieducativa della pena (art. 27 Cost.), ed esplicitamente formulato nella giurisprudenza delle Corti europee. In applicazione del principio di proporzionalità la Corte si è pronunciata, con esiti opposti, nella sentenza n. 40, in materia di reati legati al traffico di stupefacenti, e nella sentenza n. 284, in materia di oltraggio a pubblico ufficiale. Altri principi che stanno guidando la giurisprudenza della Corte sono quelli della individualizzazione e della flessibilità del trattamento penitenziario, orientati alla piena realizzazione della finalità rieducativa della pena richiesta dall’articolo 27 della Costituzione. Nel 2019 tali principi hanno condotto la Corte a decisioni di grande impatto. Ad esempio, la sentenza n. 99 ha esteso l’ambito di applicazione della detenzione domiciliare, nel caso di condannati affetti da gravi malattie psichiche sopravvenute all’inizio dell’esecuzione della pena. Ma di speciale rilievo è la sentenza n. 253, che ha dichiarato illegittimo l’articolo 4-bis, comma 1, dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui non consente ai condannati per i delitti ivi elencati la concessione di permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia, allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti. La Corte ha ritenuto che la vigente disciplina, introducendo una preclusione assoluta alla concessione del beneficio dei permessi premio, impedisse ogni verifica in concreto del percorso di risocializzazione compiuto in carcere dal detenuto, rischiando di arrestare sul nascere tale percorso. Una tale presunzione deve poter essere superata attraverso la dimostrazione caso per caso dell’avvenuto distacco del condannato dal contesto associativo di riferimento, e della insussistenza di un pericolo di ripristino di tale collegamento durante la fruizione del beneficio. Per le medesime ragioni, la parallela sentenza n. 263 ha dichiarato l’illegittimità dell’analogo meccanismo preclusivo previsto nei confronti dei condannati minorenni, anche in considerazione della particolare protezione che da sempre la Corte assicura ai detenuti minorenni. Gli interventi della Corte in questi ambiti consentiranno alla magistratura di sorveglianza, chiamata a esercitare con attento discernimento i propri poteri discrezionali, di perseguire le finalità rieducative del condannato, senza trascurare, al tempo stesso, le esigenze della sicurezza della collettività, ma calibrando ogni decisione sul percorso di ciascun detenuto, alla luce di tutte le circostanze concrete.”.
5. Prima di concludere, merita di essere sottolineato e riportato quanto la Presidente Cartabia scrive nella Relazione a proposito dell’emergenza COVID e dei suoi risvolti nella prospettiva dei diritti fondamentali: “La nostra Costituzione non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza sul modello dell’art. 48 della Costituzione di Weimar o dell’art. 16 della Costituzione francese, dell’art. 116 della Costituzione spagnola o dell’art. 48 della Costituzione ungherese. Si tratta di una scelta consapevole. Nella Carta costituzionale non si rinvengono clausole di sospensione dei diritti fondamentali da attivarsi nei tempi eccezionali, né previsioni che in tempi di crisi consentano alterazioni nell’assetto dei poteri. La Costituzione, peraltro, non è insensibile al variare delle contingenze, all’eventualità che dirompano situazioni di emergenza, di crisi, o di straordinaria necessità e urgenza, come recita l’articolo 77 della Costituzione, in materia di decreti-legge. La Repubblica ha attraversato varie situazioni di emergenza e di crisi – dagli anni della lotta armata a quelli più recenti della crisi economica e finanziaria – che sono stati affrontati senza mai sospendere l’ordine costituzionale, ma ravvisando al suo interno gli strumenti idonei a modulare i principi costituzionali in base alle specifiche contingenze: necessità, proporzionalità, bilanciamento, giustiziabilità e temporaneità sono i criteri con cui, secondo la giurisprudenza costituzionale, in ogni tempo deve attuarsi la tutela «sistemica e non frazionata» dei principi e dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione, ponderando la tutela di ciascuno di essi con i relativi limiti. Anche nel tempo presente, dunque, ancora una volta è la Carta costituzionale così com’è – con il suo equilibrato complesso di principi, poteri, limiti e garanzie, diritti, doveri e responsabilità – a offrire alle Istituzioni e ai cittadini la bussola necessaria a navigare «per l’alto mare aperto» dell’emergenza e del dopo-emergenza che ci attende”.
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Le autorevoli parole della Presidente della Corte confermano che il diritto dell’emergenza COVID non richiede e non presuppone deroghe ai principi costituzionali - men che meno, a noi pare, deroghe ai corrispondenti principi convenzionali, da attivare attraverso il meccanismo dell’art. 15 Cedu –. Il diritto del coronavirus, anzi, deve muoversi entro i limiti ricavabili dalla Costituzione, scolpiti dalla Presidente con il riferimento alla necessità, alla proporzionalità, al bilanciamento, alla giustiziabilità e alla temporaneità. Ci sembra pertanto che trovi autorevole conferma - come già in altri interventi dei giorni scorsi (compreso un intervento del Presidente Silvestri) - quanto abbiamo sostenuto sulle pagine di questa Rivista a primissimo commento dei provvedimenti relativi alle misure limitative dei diritti e delle libertà fondamentali, compresa in particolare la quarantena.