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12 Febbraio 2020


Modifica dell'imputazione e facoltà di chiedere la messa alla prova: dichiarata l'incostituzionalità parziale dell'art. 516 c.p.p.

Corte cost., sent. 11 febbraio 2020 (c.c. 16 gennaio 2020), n. 14, Pres. Cartabia, Red. Viganò



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Segnaliamo il deposito della sentenza della Corte costituzionale n. 14 del 2020, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale «dell’art. 516 del codice di procedura penale, nella parte in cui, in seguito alla modifica dell’originaria imputazione, non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova».

Il giudice rimettente (Tribunale di Grosseto) – rilevata la tardività dell’istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova presentata dall’imputato in seguito alla contestazione da parte del p.m., nel corso dell’istruttoria, del delitto di furto in abitazione in luogo dell’originaria imputazione per ricettazione – aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 516 c.p.p. («modifica della imputazione») per contrasto con gli artt. 3 e 24 secondo comma Cost.

La Corte costituzionale ha ritenuto la questione fondata con riferimento a entrambi i parametri.

Tale conclusione discende dall’applicazione di principi ormai consolidati nella giurisprudenza della Corte, enunciati in una nutrita serie di sentenze (da ultimo, le n. 92/2019 e 141/2018) che hanno di volta in volta dichiarato l’illegittimità degli artt. 516 e 517 c.p.p. nella parte in cui non prevedevano la facoltà dell’imputato di essere ammesso a un rito speciale a contenuto premiale a seguito di modifiche dell’imputazione in corso di istruttoria dibattimentale.

Preclusioni del genere, infatti, come ribadito dalla Corte, violano l’art. 24 Cost., rappresentando la scelta di riti alternativi «una delle più qualificanti espressioni del suo diritto di difesa», e si pongono altresì in contrasto con l’art. 3 Cost., determinado una irragionevole disparità di trattamento nell’accesso ai riti speciali «in dipendenza della maggiore o minore esattezza o completezza della discrezionale valutazione delle risultanze delle indagini preliminari operata dal p.m.».

La finalità di tutelare il diritto di difesa nella sua massima latitudine ha peraltro giustificato, come osserva la Corte, la progressiva estensione del principio a ogni ipotesi di nuova contestazione, a prescindere dal fatto che si riferisca a fatti già risultanti dagli atti di indagine (e trovi quindi causa in una negligenza del p.m. nella formulazione dell’imputazione).

Richiamata la natura (anche) processuale della messa alla prova quale rito speciale alternativo al giudizio, la Corte statuisce allora che la facoltà dell’imputato di presentare la relativa istanza di ammissione in corso di dibattimento – già introdotta dalla citata sent. 141/2018 per il caso di contestazione di nuove circostanze aggravanti, con conseguente declaratoria di illegittimità parziale dell’art. 517 c.p.p. – deve essere riconosciuta anche per l’ipotesi «strutturalmente identica, sotto il profilo che qui rileva» di modifica dell’originaria imputazione ai sensi dell’art. 516 c.p.p.

(Francesco Lazzeri)