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  Notizie  
09 Marzo 2020


Il decreto-legge 11/2020 su “coronavirus”, attività giudiziaria e carcere: le nuove misure a livello nazionale


1. A fronte dell’aggravarsi dell’emergenza “coronavirus”, si intensifica l’attività normativa del Governo, a livello di fonti sia primarie che secondarie, diretta a rafforzare le misure di contenimento nel tentativo di rallentare e ridurre la diffusione del contagio.

Presa ormai consapevolezza della imponenza dell’epidemia, le nuove misure adottate – non solo in materia di giustizia – sono calibrate su un orizzonte temporale maggiore rispetto alle precedenti e, soprattutto, rispondono a una strategia di contrasto al fenomeno che per forza di cose non può più essere limitata a singole zone del Paese, ma deve essere estesa e coordinata su scala nazionale.

Questa evidentemente la ratio alla base del d.P.C.M. firmato nella notte tra sabato e domenica, con cui si supera la logica delle c.d. zone rosse e si prevede, fino al 3 aprile, l’estensione della c.d. zona arancione a una vasta porzione dell’Italia settentrionale (l’intera Lombardia e parti anche ampie di Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto) nonché l’irrigidimento delle misure di natura sanitaria e di ordine pubblico nel resto d’Italia.

Caratteristiche analoghe si ritrovano anche nel decreto-legge n. 11/2020, pubblicato nell’edizione straordinaria della G.U. di ieri, 8 marzo, interamente dedicato a contrastare gli «effetti negativi» dell’epidemia di Covid-19 «sullo svolgimento dell’attività giudiziaria».

Il provvedimento interviene a meno di una settimana di distanza dal decreto-legge n. 9 (già illustrato in questa Rivista) con cui si era inteso disciplinare – principalmente, tramite la previsione di rinvii d’ufficio e la sospensione dei termini – le attività processuali (udienze o compimento di atti) da svolgersi negli uffici giudiziari del circondario o del distretto di corte d’appello in cui sono ubicati i comuni della c.d. zona rossa.

Il nuovo decreto[1] contiene invece disposizioni che interessano in modo diretto l’intero territorio nazionale e sono destinate a produrre effetti potenzialmente fino al 31 maggio 2020.

 

2. Come si ricava dal preambolo del decreto, le nuove misure rappresenta il frutto di un bilanciamento tra le istanze (sempre più pressanti) di tutela della salute, individuale e collettiva, e la finalità di garantire, «per quanto possibile, continuità ed efficienza del servizio giustizia».

La strategia di intervento si articola principalmente su due livelli.

Con un primo gruppo di disposizioni, si mira anzitutto a offrire una risposta drastica e uniforme “in acuto”.

Si prevede infatti (art. 1) il rinvio d’ufficio delle udienze civili e penali a data successiva al 22 marzo (co. 1) e si stabilisce per i relativi procedimenti un periodo di sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto, decorrente da oggi 9 marzo fino al 22 marzo (co. 2).

La disciplina ha un ambito di applicazione generale, riguardando tutti i procedimenti pendenti senza limitazioni geografiche. Tuttavia, per definirne con esattezza la portata bisogna tenere conto del coordinamento con altre disposizioni.

In primo luogo, il decreto prevede una serie di eccezioni, sul presupposto dell’esigenza di maggiore celerità nello svolgimento di alcuni procedimenti. In materia penale viene in rilievo l’art. 2 co. 2 lett. g) nn. 1) e 2), che disegna un assetto a geometria variabile.

Per alcune ipotesi, cui è immanente un profilo di urgenza, l’indifferibilità è stabilita una volta per tutte in astratto dal decreto (udienze di convalida, udienze di procedimenti in cui i termini di fase scadono nel periodo di sospensione e udienze di procedimenti in materia di misure di sicurezza detentive).

Vi è poi una serie di casi in cui il rinvio dell’udienza non può essere disposto se «i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda»: si tratta dei procedimenti a carico di detenuti o di imputati minorenni, in materia di misure cautelari o di sicurezza (in entrambi i casi, quando sia stata applicata la misura) e in materia di misure di prevenzione (anche se non ancora applicate).

Il quadro è completato infine da una fattispecie ampia, in cui il carattere di urgenza deve risultare da una dichiarazione del giudice, emessa su richiesta di parte, e deve consistere nella «necessità di assumere prove indifferibili», ricorrendo i casi in cui può avere luogo l’incidente probatorio (è richiamato l’art. 392 c.p.p.).

In secondo luogo, accanto alla disciplina così ricostruita in termini di regola-eccezione, il decreto fa espressamente salve le disposizioni contenute all’art. 10 del decreto-legge del 2 marzo. Il riferimento è quindi a quelle disposizioni che, come visto, regolano lo svolgimento di attività giudiziali e stragiudiziali connesse, in modo diretto o indiretto, in base a un criterio oggettivo o soggettivo, alla c.d. zona rossa: in particolare, si possono menzionare il rinvio d’ufficio a data successiva al 31 marzo delle udienze (penali e civili) negli uffici del circondario e la sospensione dei termini, sempre fino al 31 marzo, nei procedimenti incardinati negli uffici del distretto di corte d’appello, nei procedimenti cui partecipano residenti della c.d. zona rossa o comunque per il compimento di atti da compiersi nella medesima zona.

 

3. Questa prima misura generale (generale rinvio delle udienze e sospensione dei termini fino al 22 marzo) ha il fine di offrire quello che il Ministero, in un comunicato ufficiale di anticipazione dei contenuti del decreto, ha definito «periodo cuscinetto»: un periodo di tempo, cioè, che dovrebbe essere idoneo a offrire ai capi degli uffici giudiziari uno spatium deliberandi per programmare l’attività in una prospettiva di medio termine.

In quest’ottica devono leggersi le ulteriori disposizioni del decreto, a partire dall’art. 2.

Dal 23 marzo, la strategia di contrasto viene affidata alle «misure organizzative» che verranno declinate in concreto a livello territoriale – verosimilmente, secondo l’evoluzione dei dati epidemiologici – tramite una co-decisione (“intesa”) tra i capi degli uffici giudiziari, il Presidente della corte d’appello e il Procuratore generale della Repubblica presso la corte d’appello, all’esito di un procedimento complesso in cui si prevede la consultazione dell’Autorità sanitaria regionale e il Consiglio dell’ordine degli avvocati.

Le misure potranno riguardare sia la «trattazione degli affari giudiziari» che aspetti di carattere più strettamente amministrativo.

Del lungo elenco di cui al co. 2, si possono citare a titolo esemplificativo la limitazione dell’accesso del pubblico e la limitazione o (in via residuale) la chiusura degli uffici aperti al pubblico, oltre che la celebrazione delle udienze a porte chiuse ai sensi dell’art. 472 co. 3 c.p.p.

Per un’idonea programmazione dell’attività processuale è poi riconosciuta la possibilità di stabilire, tramite il procedimento sopra descritto, «linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze»; ma di primaria importanza pare soprattutto la previsione della facoltà di prevedere, anche dopo il 23 marzo, il rinvio delle udienze a data successiva al 31 maggio 2020, con le medesime eccezioni (obbligatorie ed eventuali) fissate per il rinvio d’ufficio operante fino al 22 marzo.

 

4. Tanto in caso di rinvio ex lege quanto di rinvio discrezionale, si dettano norme comuni prevedendo, per il periodo di tempo corrispondente alla durata del rinvio:

– ai sensi dell’art. 2 co. 4, la sospensione dei termini di prescrizione del reato e degli altri termini elencati (tra cui i termini massimi di custodia cautelare, i termini per l’istanza di riesame – fermo che, si ricorda, il detenuto può chiedere che si proceda ugualmente – e altri termini in materia di procedimenti cautelari e di prevenzione);

– ai sensi dell’art. 2 co. 5, l’esclusione dal computo del termine di ragionevole durata del processo ai fini della l. Pinto.

Occorre precisare che le misure viste fin qui si applicano in pari misura ai procedimenti in materia civile e penale (salvo gli adattamenti dovuti alla particolarità della materia e di cui si è dato conto) – oltre che, in quanto compatibili, ai procedimenti relativi alle commissioni tributarie e alla magistratura militare (artt. 1 co. 4 e 2 co. 11), mentre alla magistratura amministrativa e contabile sono riservate norme ad hoc (rispettivamente gli artt. 3 e 4 del decreto).

Sembra invece inapplicabile al processo penale, in difetto di informatizzazione, la disposizione dell’art. 2 co. 6, che prevede – richiamando l’art. 16 del d.lgs. 179/2012, relativo ai procedimenti civili (contenziosi o di volontaria giurisdizione) – il deposito telematico degli atti come modalità esclusiva di deposito negli uffici che hanno la disponibilità del relativo servizio.

 

5. Un nucleo di disposizioni riguarda infine la posizione delle persone detenute – aspetto non secondario della gestione dell’emergenza, come dimostrano le preoccupanti notizie, diffuse nelle ultime ore, di gravi situazioni di tensione nelle carceri italiane.

Si è già visto che, per quanto concerne i procedimenti a carico di detenuti e nei procedimenti in cui sia stata applicata una misura cautelare, su richiesta dell’interessato o del difensore si deve procedere comunque alla trattazione, anche nel periodo di rinvio ex lege fino al 22 marzo.

Nel caso in cui venga celebrata un’udienza (eventualmente a porte chiuse in forza dell’art. 472 co. 3 c.p.p.), il decreto prevede che, da oggi e fino al 31 maggio, la partecipazione delle persone detenute (o in stato di custodia cautelare o internate) «è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto», la cui individuazione e disciplina è centralizzata e rimessa alla Direzione sistemi informatici del Ministero (art. 2 co. 8).

Per quanto riguarda i colloqui in carcere, si rammenta che la materia è stata già regolata dal d.l. 9/2020 per gli istituti ubicati in Lombardia e Veneto, con previsione anche qui del loro svolgimento a distanza (mediante telefono o collegamenti diversi) fino al 31 marzo 2020.

Il nuovo decreto (art. 2 co. 8) estende, da oggi e fino al 22 marzo, la medesima disciplina agli istituti penitenziari e agli istituti penali per minorenni sull’intero territorio nazionale: è prevista come obbligatoria la modalità da remoto «mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica» e si contemplano le possibilità di deroghe ai limiti ordinari (in punto di durata o numero dei colloqui) già individuate nel decreto del 2 marzo.

Peraltro, risulta tuttora operativa la previsione del d.l. 9/2020 (art. 10 co. 14 ultimo periodo) in base alla quale identiche regole saranno applicabili – anche dopo il 22 marzo e fino al 31 marzo – in tutti gli istituti penitenziari (e non solo in Lombardia e Veneto) «quando ai colloqui partecipino persone residenti o che esercitino la propria attività lavorativa, produttiva o funzione» nei comuni della c.d. zona rossa.

Infine, il decreto (art. 2 co. 9) offre base legale al potere della magistratura di sorveglianza di sospendere, nel periodo che va da oggi al 31 maggio 2020, la concessione dei permessi premio (art. 30-ter ord. penit.) e del regime di semilibertà (artt. 48 ord. penit. e 7 d.lgs. 121/2018). È da ritenersi che l’adozione di provvedimenti di tale tenore richieda una congrua e specifica motivazione, dal momento che la norma impone espressamente di tenere conto «delle evidenze rappresentate dall’autorità sanitaria», ragionevolmente al fine di considerare l’effettivo rischio di contagio anche per gli altri detenuti al momento del rientro.

 

 

[1] Per una prima sintesi si vedano anche G. Santalucia, La giustizia penale di fronte all’emergenza da epidemia da COVID-19 (Brevi note sul d. l. n. 11 del 2020), in Giustizia insieme, 9 marzo 2020, e G. Battarino, Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza da COVID-19, in Questione giustizia, 9 marzo 2020.