ISSN 2704-8098
logo università degli studi di Milano logo università Bocconi
Con la collaborazione scientifica di

  Notizie  
19 Gennaio 2024


'Saluto romano' e 'chiamata del presente': la decisione delle Sezioni unite sulle condizioni per la rilevanza penale (informazione provvisoria)

Cass., Sez. un., u.p. 18 gennaio 2024, Pres. Cassano, rel. Andreazza (informazione provvisoria)



Con ordinanza n. 38686 del  22 settembre 2023, (consultabile in allegato) la I Sezione della Corte di Cassazione, preso atto di un contrasto di giurisprudenza sul punto, aveva rimesso il ricorso alle Sezioni unite affinché stabilissero «Se la condotta tenuta nel corso di una pubblica manifestazione consistente nella risposta alla “chiamata del presente” e nel cd. “saluto romano”, rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista, sia sussumibile nella fattispecie incriminatrice di cui all’art. 2 del decreto-legge 26 aprile 1983, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 1993 n. 205 o in quella prevista dall’art. 5 della legge 20 giugno 1952 n. 645. Se i due reati possano concorrere oppure le relative norme incriminatrici siano in rapporto di concorso apparente».

Secondo l’informazione provvisoria diramata dalla Suprema Corte, all’esito della pubblica udienza del 18 gennaio 2024 le Sezioni unite – su conclusioni parzialmente difformi del Procuratore generale – hanno dato soluzione al quesito nel senso che «La condotta tenuta nel corso di una pubblica manifestazione consistente nella risposta alla “chiamata del presente” e nel c.d. “saluto romano”, rituali entrambi evocativi della gestualità propria del disciolto partito fascista, integra il delitto previsto dall’art. 5 della legge 20 giugno 1952 n. 645, ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione. A determinate condizioni può configurarsi anche il delitto previsto dall’art. 2 del decreto-legge 26 aprile 1983, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 1993 n. 205 che vieta il compimento di manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno, tra i propri scopi, l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Tra i due delitti non sussiste rapporto di specialità. I due delitti possono concorrere sia materialmente, sia formalmente in presenza dei presupposti di legge».

Pubblicheremo le motivazioni della decisione non appena depositate.

(G.M.)