Cass., Sez. un., c.c. 27 maggio 2021, Pres. Cassano, Rel. Pellegrino, ric. Modaffari
Con ordinanza n. 5071/2021, la I Sezione della Corte di cassazione aveva rimesso il ricorso alle Sezioni unite affinché chiarissero «se la mera affiliazione ad un’associazione di stampo mafioso (nella specie ‘ndrangheta), effettuata secondo il rituale previsto dall’associazione stessa, costituisca fatto idoneo a fondare un giudizio di responsabilità in ordine alla condotta di partecipazione, tenuto conto della formulazione dell’art. 416-bis cod. pen. e della struttura del reato».
Secondo quanto si apprende dall’informazione provvisoria diramata dalla Suprema Corte, le Sezioni unite hanno dato al quesito la seguente soluzione.
«La condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si sostanzia nello stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa della associazione. Tale inserimento deve dimostrarsi idoneo, per le caratteristiche assunte nel caso concreto, a dare luogo alla “messa a disposizione” del sodalizio stesso, per il perseguimento dei comuni fini criminosi.
Nel rispetto del principio di materialità ed offensività della condotta, l’affiliazione rituale può costituire indizio grave della condotta di partecipazione al sodalizio, ove risulti – sulla base di consolidate e comprovate massime di esperienza – alla luce degli elementi di contesto che ne comprovino la serietà ed effettività, l’espressione non di una mera manifestazione di volontà, bensì di un patto reciprocamente vincolante e produttivo di un’offerta di contribuzione permanente tra affiliato e associazione».
In attesa del deposito della motivazione, può leggersi in questa Rivista un commento all’ordinanza di rimessione a firma di Vincenzo Maiello.
(F.L.)