«Il tema del quesito referendario relativo alla parziale abrogazione dell’art. 579 c.p. è decisamente delicato. Il quadro assiologico – qui quantomai invasivo – e quello normativo – in parte contraddittorio, sicuramente caliginoso – rendono infatti il cammino molto insidioso. La pregnanza dell’uno e l’incertezza dell’altro rischiano infatti, ancor più che altrove, di condurre l’interprete a un’inopportuna generalizzazione del proprio, personale, quadro di valori, assumendone non soltanto la correttezza assoluta (immanente o trascendente, a seconda dei punti di vista), ma anche la piena conformità a ius. Nel contempo, l’eventuale pretesa neo-tecnicistica di deideologizzare un tema dalle valenze decisamente politiche – perché niente è più politico dei diritti e delle libertà – sconterebbe l’insostenibilità di un evidente ossimoro malamente camuffato dietro un’ipocrita, e per nulla autentica, neutralità. In effetti, mi viene da pensare che se incentrassimo il discorso sul piano dei valori non ne usciremmo, perché troppo identitaria è la posta in gioco e nessuna conclusione, in realtà pre-data, sarebbe negoziabile. Altra cosa è parlare di principi e di sistema, che è quello, a ben vedere, che plausibilmente ci compete: con Creonte si può discutere, in fondo, con Antigone temo non sia possibile».
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