Atti del I convegno annuale del Dipartimento di Scienze Giuridiche Cesare Beccaria, Milano 18-19 novembre 2019
1. Il volume merita di essere segnalato perché si distingue come un’autentica opera interdisciplinare e consente una comprensione a tutto tondo dell’istituto del whistleblowing: nello stesso si esaminano infatti sia i presupposti di ordine economico, filosofico ed etico che spiegano se e quando il singolo effettivamente si determina a denunciare la condotta illecita sia la disciplina positiva dell’istituto. L’ampiezza di prospettiva consente quindi di comprendere e di riflettere sul grado di coerenza tra la disciplina apprestata dal legislatore con i presupposti di scienze sociali che ne sono all’origine e di acquisire quindi utilissimi elementi finalizzati ad un miglioramento dell’effettività dell’istituto, sia in sede interpretativa/applicativa, o comunque ricostruttiva, sia in vista dell’ormai prossima trasposizione della direttiva comunitaria del 2019. La prospettiva interdisciplinare rispecchia ed è stata resa possibile dalla compresenza nel Dipartimento Beccaria di studiosi di discipline diverse: filosofi del diritto, studiosi di scienza dell’organizzazione, economisti, penalisti, giuslavoristi.
A ben vedere, peraltro, l’analisi svolta nell’opera collettanea spazia addirittura oltre. Nella quarta parte del volume sono contenute le relazioni di alcuni autorevoli esperti di compliance del mondo della pubblica amministrazione e di imprese quotate, descrittive di come la disciplina legale e le linee guida ANAC siano state intese e applicate all’interno delle organizzazioni. Vengono così offerti al lettore elementi molto preziosi, peraltro di non facile accesso, utilissimi come base informativa per ulteriori ricerche ma che soprattutto consentono al lettore un’immediata linea diretta di confronto tra l’esistente e ciò che è auspicato nelle analisi teoriche compiute nelle restanti parti del volume.
Non manca, naturalmente, ed anzi è dedotto a titolo di premessa, il fondamentale taglio di analisi storica dell’istituto, svolto da Nicoletta Parisi (La funzione del whistleblowing del diritto internazionale ed europeo, p. 3), che prende le forme di una ricostruzione dettagliata degli originari atti legislativi del mondo anglosassone sul tema e di come detti atti siano stati filtrati e intesi nel formante del diritto internazionale e nella sede privilegiata della legislazione comunitaria, da cui sono poi stati recepiti nei sistemi nazionali. Il profilo di storia del diritto è evidentemente essenziale ed è completato, nell’opera curata da Angela Della Bella e Silvia Zorzetto, da un’ulteriore parte del volume di taglio comparatista: si segnala a questo proposito l’ampio saggio di Umut Turksen (Whistle-blower protection in the EU: critical analysis of challenges and future prospects, p. 41 ss.), professore di diritto all’Università di Coventry, ricchissimo di informazioni e in cui si esaminano nel dettaglio tutte le legislazioni europee sul tema attraverso un’unica griglia di confronto comune, che rende immediatamente accessibili i dati e agevole il confronto tra un ordinamento e l’altro, a cui si aggiungono le due trattazioni specifiche sull’esperienze portoghese e spagnola di Nuno Brandao (O whistleblowing no ordenamento juridico portugês, p. 125) e di Ramon Ragues (Los denunciantes en el ordenamiento juridico español: una vision panoramica antes y despues de la directiva 2019/1937, p. 133).
2. Uno degli aspetti più interessanti che traspare nel dialogo interdisciplinare è il disallineamento tra la disciplina di legge e le indicazioni che provengono dai teorici del diritto in punto di azioni positive: esse non necessariamente devono essere incentrate su premi, tantomeno economici o sul singolo, ma la loro necessità appare evidente al fine di aumentare l’effettività dell’istituto.
È assai interessante, in particolare per lo studioso di diritto positivo, il contributo di Silvia Zorzetto (Costi e benefici del whistleblowing: questioni di policy e premiali, p. 457 ss.), che illumina su come una linea anche piena di salvaguardia da comportamenti ritorsivi del segnalante non sia sufficiente per elidere i disincentivi che comunque fermano il singolo dalla denuncia. È quella che nel contributo di Renato Ruffini altresì presente nel volume viene definita la “tragedia del whistleblower” e che si gioca sul piano del timore del singolo di essere espulso dal gruppo di appartenenza o di errare nell’applicazione delle norme, e di essere a sua volta punito per essere incorso in colpa grave nella denuncia. Incentivi, meccanismi premiali, azioni positive acquistano quindi, secondo l’indicazione di Zorzetto, importanza decisiva al fine di bilanciare il disincentivo individuale e consentire il funzionamento dell’istituto, che, come i penalisti suggeriscono (cfr. F. Mucciarelli, Whistleblowing e il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione: note minime tra teoria e prassi, p. 211 ss.), in fin dei conti, non è uno tra i tanti ma forse l’unico o più efficace strumento per l’emersione dei reati, in particolare quelli contro la pubblica amministrazione. Sempre nel segno di una maggiore accessibilità dell’istituto si pongono gli spunti che derivano dagli studi di organizzazione aziendale: Renato Ruffini (Come evitare il trauma del whistleblower una prospettiva organizzativa, p. 409 ss.) evidenzia come questo risultato possa essere raggiunto attraverso misure di tipo flessibile, finalizzate a metabolizzare nell’ambito dello specifico gruppo di lavoro a cui il singolo appartiene la segnalazione, come atto a provenienza non del singolo ma del gruppo. I contenuti del dilemma del singolo, nel conflitto tra l’interesse dei colleghi, dell’organizzazione di appartenenza e della comunità è peraltro noto ed indagato negli studi di filosofia morale e etica, presentati e approfonditi da Ferraro (L’etica del whistleblowing tra impresa privata e pubblica amministrazione, p. 427). Il punto saliente che si coglie nei suggerimenti dei teorici del diritto e degli studiosi dell’organizzazione è quindi nel senso dell’importanza – si tratti di riforme o si tratti di una specifica attenzione in sede interpretativa ed attuativa – di letture che sdrammatizzino la denuncia, la normalizzino e la favoriscano.
3. Incentivi e “normalizzazione” del whistleblowing, peraltro, la cui presenza o assenza nell’ordinamento e nella prassi non è di così scontata affermazione, ed anche qui si tratta di acquisizioni scientifiche per cui il volume merita di essere segnalato. Infatti, per un verso, a fronte della notoria assenza di norme incentivanti nella legislazione positiva, assistiamo ad una ricezione concreta del formante legislativo nelle aziende assai più, se non esclusivamente, concentrata sull’allestimento di canali confidenziali per la trasmissione delle denunce, e non su forme premiali o misure organizzative che riducano il timore individuale alla denuncia (cfr., nella quarta parte del volume, l’amplissima messe di informazioni contenute nei rapporti dei responsabili compliance di Regione Lombardia, Comune di Milano, Poste Italiane, Intesa Sanpaolo, Gruppo Mondadori). È pur vero però – utilissimo in ottica ricostruttiva l’approfondimento in tal senso di Manfredi Bontempelli (Il whistleblowing fra collaborazione con la giustizia e diritto di difesa, p. 227) – che già esistono misure premiali, sia pure solo nell’area dei reati di concussione, induzione indebita e corruzione, e solo nell’ambito delle imprese private: quando infatti la denuncia viene formulata e viene raccolta dall’ente e trasmessa all’autorità inquirente, questa comporta a beneficio dell’ente stesso l’applicazione di benefici sul piano del trattamento sanzionatorio, ai sensi dell’art. 25, comma 5-bis, del D. Lgs. 231/2001. L’approfondimento a più voci dell’istituto consente quindi di cogliere i punti di debolezza ma allo stesso tempo le potenzialità nascoste, annidate nel sistema, e che, se opportunamente valorizzate, possono senz’altro avere un’utilità ricostruttiva, sia teorica che pratica.
4. A margine, si osserva peraltro che il tema specifico, cui or ora si accennava, di garantire la riservatezza dell’identità del denunciante e del contenuto della segnalazione pone chiaramente questioni di informatica giuridica e il punto è assicurare che le piattaforme informatiche soddisfino questo scopo e non siano intercettabili: tutti questi profili sono con estrema compiutezza, esaminati nel saggio di Pierluigi Perri (Profili informatico giuridici degli strumenti online per le segnalazioni di illeciti o irregolarità e comunicazioni di misure ritorsive (c.d. whistleblowing), p. 491).
5. La parte centrale del volume, introdotta da un saggio introduttivo di Raffaele Cantone (Il dipendente pubblico che segnala illeciti: un primo bilancio sulla riforma del 2017, p. 187 ss.) è naturalmente dedicata all’esegesi del dato di diritto positivo e qui alternano in modo corale le analisi di diritto penale, del lavoro, e amministrativo.
L’ottica penalistica è evidentemente essenziale, atteso lo scopo dell’istituto di emersione degli illeciti e quindi di effettività della sanzione penale, mentre nel settore privato la materia è addirittura parte integrante della più ampia disciplina sulla responsabilità degli enti da reato. Come già accennato, illuminante è il contributo di Francesco Mucciarelli, da cui emerge il nesso di interdipendenza funzionale tra la struttura del reato di corruzione e il whistleblowing: l’accordo corruttivo è per definizione riservato, e entrambi i soggetti che vi partecipano hanno interesse a mantenerlo tale, sicché la denuncia da parte di altri che nell’organizzazione ne vengano a conoscenza è, se non l’unico, lo strumento principale per l’emersione degli illeciti, e questo è senz’altro un dato essenziale di cui tenere conto.
Il punto quindi è incidere sull’organizzazione, e su questo profilo si sofferma l’amplissimo studio di Marco Scoletta a proposito del rapporto tra disciplina specifica del whistleblowing e il più ampio microcosmo della responsabilità amministrativa degli enti: il bilancio non è allo stato incoraggiante e il “fischietto è silente” (Marco Scoletta, Il fischietto silente: ineffettività del whistleblowing e responsabilità da reato della corporation. Appunti e spunti per un approccio empirico alla colpa di organizzazione, p. 239). I risultati a cui Scoletta perviene convergono con le indicazioni provenienti dalla filosofia del diritto e dalle scienze dell’organizzazione di cui si è già detto e ribadiscono la decisività, perché i reati emergano, più che di previsioni legali – tantomeno quella del 2017: come Scoletta segnala, infatti, l’esistenza di canali informativi e la protezione del segnalante erano già contenuti nei modelli organizzativi anche precedenti la riforma – di misure correttive di tipo organizzativo, tali da creare una legittimazione sociale del segnalante all’interno del gruppo di appartenenza.
Ancor prima ancora che promuovere o incentivare, si pone tuttavia il tema del rapporto del segnalante con l’organizzazione di appartenenza. Di precipua importanza, affinché le denunce vengano formulate è liberare il singolo dal vincolo del segreto, materia questa oggetto di un articolato approfondimento di Antonio Gullo (L'interesse pubblico come giusta causa della rivelazione nei delitti di in materia di segreto, p. 265). Il rapporto tra il segnalante e il fatto, anche in chiave penalistica, è tuttavia più ampio e su questo si concentra il contributo, ad ampio respiro, di Angela Della Bella (Il whistleblowing nell’ordinamento italiano: quadro attuale e prospettive per il prossimo futuro, p. 157), che si sofferma non solo sul delicato punto se per il dipendente pubblico sussista o meno un obbligo di riportare l’illecito (e la conclusione è negativa) ma, più in generale, sul tema per cui il whistleblowing scrimina, perché è giusta causa, solo ai fini della rivelazione dei segreti, senza tuttavia che quella che il legislatore contempla come una facoltà possa essere trasformata né in un obbligo di agire del singolo, potenzialmente suscettibile di determinare una responsabilità per non avere impedito l’evento, né tantomeno in una causa di giustificazione che legittimi da parte del segnalante la commissione di reati funzionali alla ricerca ad opera del singolo degli illeciti.
6. L’analisi lavoristica (Alessandro Boscati, Whistleblowing tra diritto di critica obbligo di fedeltà del lavoratore, p. 357 ss.) è altrettanto fondamentale perché l’attuale disciplina si concentra essenzialmente sulla protezione del segnalante dalle potenziali ritorsioni che provengano direttamente dal datore di lavoro ovvero dall’organizzazione aziendale comunque soggetta alla sua responsabilità, sicché, nel profilo funzionale, la questione si gioca tutta all’interno delle categorie lavoristiche. Il contributo di Alessandro Boscati approfondisce non solo come concretamente si realizzi la protezione di legge, ma è da segnalarsi perché consente di rintracciare il DNA storico del whistleblowing: esso appare essere una nuova declinazione di un, già da tempo consolidato, diritto di critica del lavoratore, inteso come giustificata e legittima eccezione al dovere di fedeltà del singolo con l’organizzazione e, in tal senso, è tangibile l’assonanza tra la storia del nostro diritto del lavoro e i suoi valori e lo spirito della più recente legislazione comunitaria, l’uno e l’altra intesi a riconoscere il diritto di segnalare l’illecito più in chiave di manifestazione di un diritto di libertà della persona, piuttosto che di strumento funzionale all’emersione dell’illecito, più di ascendenza anglosassone.
7. La trattazione, davvero approfonditissima, contenuta nell’opera collettanea si completa con un’analisi critica di conformità tra il dato legislativo di cui all’art. 54 bis del D. Lgs. 165/2011 e quella era la bozza nel 2019 delle linee guida ANAC. L’analisi di Diana Urania-Galletta e Paolo Provenzano (La disciplina italiana del whistleblowing come strumento di prevenzione contro la corruzione e legalità nella pubblica amministrazione: luci e (soprattutto) ombre, p. 285) acquista oggi particolare importanza alla luce della recentissima approvazione in via definitiva delle nuove linee guida con Delibera ANAC n. 469 del 9 giugno 2021. Completa l’analisi anche l’esposizione dei contorni specifici dell’istituto nel sottosistema specifico del diritto tributario con i contributi di Giuseppe Marino (L’evoluzione del tax whistleblowing: dal contrasto all’evasione fiscale internazionale alla prevenzione delle pianificazione fiscale aggressiva, p. 311) e di Luca Corazzini (Il whistleblowing come strumento nella lotta contro l’evasione fiscale: indicazioni dall’economia comportamentale, p. 445). Il saggio di Angelo Licastro riconsidera tutto il tema dalla prospettiva del diritto canonico ed ecclesiastico affrontando un tema di estrema attualità – Il whistleblowing e la denuncia degli abusi sessuali a danno dei minori nella chiesa, p. 387 – raggiungendo l’obiettivo non solo di documentare le vicende specifiche e l’iter seguito dall’ordinamento canonico sul tema (compreso l’aspetto del rapporto tra ordinamento canonico e civile) ma, in prospettiva sistematica e di diritto comparato, evidenziando la centralità della giusta causa di rivelazione del segreto: il vincolo del segreto è stato infatti storicamente uno dei punti chiave che ha tenuto nascoste le biasimevoli vicende di cui Licastro tratta.
8. Alla luce di tutte le caratteristiche esposte, gli atti del I Convegno Annuale del Dipartimento Beccaria si distinguono quindi come raro esempio di effettiva interdisciplinarietà e, per l’estrema ricchezza delle informazioni in esso contenute, non potranno che rimanere un punto di riferimento della letteratura sul tema.