1. L’emergenza epidemiologica da Covid-19 ha allungato la sua ombra anche sulla cooperazione giudiziaria in materia penale. Poiché le misure adottate dagli Stati membri per contrastare la diffusione del “coronavirus” stavano provocando significative ricadute, fin dal mese di marzo 2020 il Consiglio ha sottoposto ai suddetti Stati (nonché all’Islanda e alla Norvegia)[1] un questionario sul punto. In parallelo, Eurojust e la Rete giudiziaria europea hanno assunto informazioni e, dato il rapido evolversi della situazione pandemica, hanno periodicamente rivolto nuove domande agli Stati membri, all’Islanda e alla Norvegia; nel mese di aprile 2020 hanno ricevuto dal Consiglio l’incarico di approntare una raccolta delle informazioni ottenute, da aggiornare costantemente in modo da assistere con continuità i professionisti e gli operatori nell’uso degli strumenti di cooperazione giudiziaria in materia penale.
Sul sito della Rete giudiziaria europea[2] sono reperibili una tabella riassuntiva[3], aggiornata al 12 maggio 2020, che contiene le risposte fornite dai venti Stati membri che hanno partecipato al questionario (Austria, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia), e un documento di sintesi[4] delle informazioni trasmesse, aggiornato al 12 giugno 2020.
2. Gli strumenti di cooperazione giudiziaria in materia penale oggetto del questionario sono la decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato di arresto europeo (MAE); l’estradizione da e verso Paesi terzi; la direttiva 2014/41/UE sull’ordine europeo di indagine penale (OEI); la mutua assistenza legale in materia penale (MLA); la decisione quadro 2008/909/GAI sul trasferimento dei condannati; la decisione quadro 2003/577/GAI sui provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio; la decisione quadro 2006/783/GAI sulle decisioni di confisca e la decisione 2002/465/GAI sulle squadre investigative comuni.
Agli Stati membri sono state rivolte le seguenti domande: 1) sono possibili le consegne e i transiti di persone in base alla decisione quadro sul MAE? 2) sono possibili i trasferimenti dei condannati in base alla decisione quadro 2008/909/GAI? 3) le richieste di un OEI e di altri strumenti di MLA sono possibili solo in casi di emergenza?
Come risulta dal sopra citato documento di sintesi, il tema focale è costituito dalla procedura di consegna in base al MAE, sia per le dirette ripercussioni sulla libertà personale della persona ricercata o, perlomeno, sulla restrizione della sua libertà di movimento, sia perché il meccanismo dell’euro-mandato si caratterizza, in tutte le sue fasi, quale urgente, visti i termini assai contenuti fissati dall’art. 17 della relativa decisione quadro. L’emergenza epidemiologica ha prodotto riflessi tanto sull’emissione quanto sull’esecuzione del MAE.
Sul versante dell’emissione, la maggioranza degli Stati membri ha continuato regolarmente a emettere i MAE, sebbene alcuni Stati abbiano introdotto dei criteri di priorità, o seguendo le specifiche linee-guida impartite dagli uffici del pubblico ministero (quando quest’ultimo è l’autorità giudiziaria emittente) o circoscrivendo l’emissione ai soli casi urgenti o più gravi o, ancora, per le generali limitazioni dell’attività giudiziaria durante la pandemia.
Più variegate le problematiche sul versante dell’esecuzione: mentre i procedimenti per l’esecuzione dei MAE si sono svolti regolarmente, le misure stabilite per fronteggiare l’emergenza epidemiologica hanno reso difficoltosa l’ultima fase del procedimento, cioè la consegna del ricercato, una volta che la decisione in tal senso sia divenuta definitiva. In particolari casi, infatti, poteva diventare impossibile effettuare la consegna a causa delle misure presenti a livello nazionale (quali, ad esempio, le limitazioni dei viaggi, la cancellazione dei voli, le restrizioni a viaggiare all’estero per gli agenti di scorta), impedendo così all’autorità giudiziaria emittente di prendere in consegna il ricercato. La valutazione è stata allora effettuata caso per caso, con la conseguenza che la consegna via terra (tra paesi vicini) ha sortito maggiori probabilità di successo rispetto a quella via aria. Analogamente, spesso non è stato possibile il transito delle persone ricercate attraverso il territorio di alcuni Stati membri, specie nell’ipotesi di cancellazione dei voli. Tuttavia, dall’inizio del mese di giugno la situazione si è andata a mano a mano normalizzando, grazie alla graduale riapertura delle frontiere e alla ripresa dei voli.
Quando la consegna ha luogo, la maggioranza degli Stati membri ha adottato ulteriori misure precauzionali per tutelare la salute della persona da consegnare e degli agenti di scorta (obbligo di mascherina, guanti, distanziamento fisico). In molti Stati, la persona è posta in quarantena dopo l’arrivo; in parecchi Stati è richiesto anche un test negativo al Covid-19 per la persona da consegnare, in altri no. In pochi Stati le misure precauzionali aggiuntive potrebbero venire utilizzate mediante una valutazione caso per caso[5].
Comunque, quando la consegna non è possibile a causa delle misure anti Covid-19, solitamente l’autorità giudiziaria dell’esecuzione decide di posticipare la consegna stessa ai sensi dell’art. 23 della decisione quadro sul MAE. Per quanto attiene, però, alle ragioni che giustificano un simile differimento, non si rinviene un approccio unitario: infatti, mentre molti Stati membri invocano le «cause di forza maggiore» richiamate dall’art. 23 § 3, altri, sia pure in numero minore, considerando che la durata della pandemia è imprevedibile, preferiscono rifarsi ai «gravi motivi umanitari» indicati nel § 4 dello stesso articolo; infine, parecchi Stati applicano l’uno o l’altro paragrafo, a seconda delle circostanze concrete. Qualunque sia la scelta operativa, è necessario che lo Stato membro di esecuzione e quello di emissione si consultino per concordare una nuova data di consegna, ma si riscontrano alcune differenze. Se si impiega l’art. 23 § 3, le due autorità giudiziarie «si contattano immediatamente e concordano una nuova data per la consegna», che, a parere del documento di sintesi, dovrebbe essere necessariamente rapportata alla fine dello stato di emergenza o delle misure di confinamento impiegate negli Stati membri coinvolti[6]. Se ci si avvale dell’art. 23 § 4, invece, le due autorità giudiziarie non sono tenute a contattarsi immediatamente, poiché il MAE viene eseguito non appena i «gravi motivi umanitari» cessano di sussistere: solo a quel punto, infatti, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione «ne informa immediatamente l’autorità giudiziaria emittente e concorda una nuova data per la consegna». In ogni caso, la situazione emergenziale ha fatto sì che le autorità giudiziarie siano indotte a ricorrere a misure alternative alla consegna, come l’emissione di un OEI per sentire la persona ricercata in videoconferenza, con il suo consenso, in modo da evitare il rinvio del processo.
Allorché la consegna venga differita, le autorità giudiziarie dell’esecuzione sono tenute a riesaminare il prolungamento dell’arresto del ricercato finché non ne diverrà possibile la consegna. Parecchi Stati hanno addotto esempi in cui il prolungamento dell’arresto sarebbe stato in contrasto con il principio di proporzionalità: pertanto, la persona interessata è stata rimessa in libertà, ai sensi dell’art. 12 della decisione quadro sul MAE, adottando nel contempo le misure idonee a evitarne la fuga (quali l’obbligo di presentarsi alla polizia, il divieto di viaggiare, la libertà vigilata, la cauzione, gli arresti domiciliari). Quanto poi alla data dell’effettiva consegna, sebbene talora le nuove date fossero state già concordate, non si poteva escludere un ulteriore differimento, che, per la maggioranza degli Stati, dipendeva in primo luogo dalle cancellazioni dei voli.
Quanto alle richieste di estradizione provenienti da Paesi terzi, le misure per far fronte all’emergenza epidemiologica hanno condotto in parecchi Stati al differimento della consegna sino alla fine della crisi pandemica; il che, peraltro, non rappresenta un problema rilevante nel contesto dell’estradizione, dove è normalmente consentito prolungare i termini fissati per la consegna.
3. Passando alle richieste di OEI e di MLA, il documento di sintesi osserva che i contraccolpi delle misure emergenziali si sono verificati specialmente con riguardo alla fase esecutiva di questri strumenti di cooperazione. Dall’angolo visuale dell’emissione, viceversa, alcuni Stati membri hanno comunicato che essa continua ad avvenire regolarmente, mentre altri Stati hanno riferito un decremento nell’emissione o l’uso di criteri di priorità. In alcuni di questi Stati gli OEI sono emessi e tradotti, ma il loro invio allo Stato membro di esecuzione è sospeso o differito, tranne che nei casi urgenti. Nella maggior parte degli Stati, specie laddove sono state attuate misure di sospensione dei termini e delle udienze nel corso dell’emergenza sanitaria, le esecuzioni delle richieste di OEI e di MLA sono state ristrette ai casi urgenti o posticipate. Per stabilire l’urgenza, i principali criteri utilizzati sono, ad esempio, la gravità del reato, il fatto che l’interessato si trovi in stato di custodia cautelare, il rischio di perdita delle prove e la fase del procedimento in cui le prove devono essere raccolte. Inoltre, anche negli Stati che non applicano criteri di priorità possono verificarsi ritardi nell’esecuzione dovuti alle generali misure di contenimento che limitano l’attività giudiziaria, come il “remote working” di giudici e pubblici ministeri: perciò, in parecchi Stati membri le misure che richiedono un contatto fisico (ad esempio, perquisizioni domiciliari, audizioni di persone) sono state posticipate oppure si è fatto ricorso a modalità alternative, come, ad esempio, l’audizione di persone mediante videoconferenza o conferenza telefonica[7].
Quanto alle modalità di trasmissione, la maggioranza degli Stati membri raccomanda la trasmissione via email: in genere si incoraggia la trasmissione diretta alle competenti autorità di esecuzione, mentre alcuni Stati esortano a spedire le richieste a un indirizzo email centralizzato, poiché le predette autorità potrebbero non essere direttamente raggiungibili nelle odierne circostanze. Eurojust e la Rete giudiziaria europea possono fornire assistenza, facilitando lo scambio di informazioni e l’individuazione della competente autorità di esecuzione.
4. Circa il trasferimento dei condannati, per ora la grande maggioranza degli Stati lo ha sospeso. In quegli Stati dove il trasferimento è ancora possibile, è stata compiuta una valutazione caso per caso, dando la priorità alle situazioni urgenti. In tali eventualità si è altresì sottolineato come sia improbabile che venga rispettato il termine di trenta giorni stabilito dall’art. 15 della decisione quadro 2008/909/GAI per eseguire il trasferimento[8].
5. In ordine ai provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio e alle decisioni di confisca, parecchi Stati membri hanno usato una scala di priorità, emettendo il relativo certificato solo nei casi urgenti. La scelta è sovente un effetto indiretto della generale limitazione che investe le attività giudiziarie; ma di solito la priorità non viene applicata all’ordine di blocco dei beni, considerato di regola come urgente per il rischio di perdita dei beni medesimi.
Quanto, infine, alle squadre investigative comuni, esse continuano a operare regolarmente nella maggior parte degli Stati membri; ovviamente, i viaggi e gli incontri in presenza sono stati sostituiti da comunicazioni elettroniche.
Il documento di sintesi si sofferma poi su un’altra misura che produce un impatto di rilievo sulla cooperazione giudiziaria in materia penale, vale a dire il “remote working”[9]. Poiché la maggior parte dei giudici e dei pubblici ministeri lavora da casa, le attività dei tribunali e degli uffici della pubblica accusa sono ridotte e unicamente i giudici e i pubblici ministeri che sono in servizio 24 ore su 24 possono trattare le richieste più urgenti.
6. Qualche considerazione sulla realtà italiana. Dalle risposte fornite al questionario[10] risulta che la consegna delle persone destinatarie del MAE è possibile, anche se si sono verificati alcuni ostacoli pratici sia nella procedura attiva sia nella procedura passiva. Non è richiesto un test negativo al Covid-19 per le persone da consegnare: peraltro, i detenuti, in entrata e in uscita, devono sottoporsi a uno screening accurato, secondo i protocolli medici specificamente adottati per la pandemia dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il test non è necessario neppure per gli agenti di scorta, potendolo diventare, caso per caso, in rapporto alle loro specifiche condizioni di salute (ad esempio, una temperatura corporea superiore a 37,5 gradi). Analoghe le risposte ai quesiti per il transito, pur non essendo intervenute richieste di questo tipo dall’inizio dell’emergenza pandemica, e per il trasferimento delle persone condannate.
Quanto alle richieste di OEI e di MLA, quelle urgenti sono trattate con immediatezza, quelle ordinarie nei tempi usuali, tenendo però conto che attualmente la “forza lavoro” è assai ridotta. La richiesta di un OEI all’Italia va spedita via email oppure, se necessario, al Ministro della giustizia, come autorità centrale.
Per completezza, va ricordato che l’art. 83 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con l. 24 aprile 2020, n. 27 (c.d. decreto cura Italia)[11] contempla, al comma 3 lett. b, nell’ambito dei procedimenti sottratti al rinvio di ufficio e alla sospensione dei termini (previsti, rispettivamente, dai commi 1 e 2), i «procedimenti per la consegna di un imputato o di un condannato all’estero» ai sensi della l. 22 aprile 2005, n. 69 (attuativa della decisione quadro sul MAE) e i «procedimenti di estradizione per l’estero di cui al capo I del titolo II del libro XI del codice di procedura penale». Le due ipotesi appena menzionate sono state inserite in sede di conversione[12] e, come posto in luce nella Relazione n. 46/20 dell’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione[13], l’ampliamento dei «casi in cui si deve procedere a trattazione necessaria potrebbe comportare problemi applicativi lì dove il procedimento fosse già stato rinviato, sulla base dell’originaria previsione del d.l. n. 18 del 2020»[14]. Secondo la Relazione, gli aspetti nevralgici riguardano proprio le procedure relative al MAE e all’estradizione che pendono davanti alle corti di appello o alla corte di cassazione, profilandosi il quesito se le udienze, prima rinviate di ufficio, debbano venire nuovamente fissate in via anticipata, essendo caduta, nei loro riguardi, la previsione che imponeva tale rinvio: quesito al quale dovrebbe fornirsi risposta negativa, dato che il rinvio era stato disposto in base al principio tempus regit actum e non si potrebbe attribuire «una portata retroattiva alla norma processuale, introdotta solo in sede di conversione, che ha sottratto i procedimenti in questione alla regola generale del rinvio d’ufficio»[15]. La Relazione si sofferma, però, su un profilo connesso, concernente la sospensione del termine di prescrizione collegata al rinvio di ufficio, profilo che acquista tipico risalto nei procedimenti de quibus, in quanto la prescrizione del reato per cui si procede rappresenta un motivo di rifiuto della consegna del ricercato: dunque, una volta caducato l’effetto sospensivo – quantomeno dall’entrata in vigore della legge di conversione – «occorrerà verificare nuovamente il termine di prescrizione»[16].
7. In conclusione, come emerge dal documento di sintesi, va detto che gli effetti della pandemia sulla cooperazione giudiziaria in materia penale sono destinati a un graduale riassorbimento, dovuto, da un canto, alla riapertura delle frontiere e al ripristino dei voli, e, dall’altro, alla parziale ripresa delle attività giudiziarie. Ci si avvia, pure su questo fronte, a un progressivo ritorno alla normalità.
[1] L’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Islanda e il Regno di Norvegia relativo alla procedura di consegna tra gli Stati membri dell’Unione europea e l’Islanda e la Norvegia, firmato a Vienna il 28 giugno 2006, è entrato in vigore, a norma del suo art. 38 § 4, il 1° novembre 2019 (cfr. il relativo avviso in G.U.U.E., 6 settembre 2019, L 230). L’entrata in vigore ha fatto seguito al deposito delle notifiche e delle dichiarazioni da parte dell’Italia il 29 agosto 2019: in argomento, per maggiori ragguagli, con riguardo all’art. 8 l. 3 maggio 2019, n. 37 (legge europea 2018), v. M. Bargis, L’attuazione della direttiva (UE)2016/1919 nei procedimenti di esecuzione del mandato di arresto europeo fra scelte positive e lacune strutturali, in questa Rivista, fasc. 11/2019, p. 80-82.
[2] All’indirizzo https://ejn-crimjust.europa.eu.
[3] Cfr. COVID-19 summary table of measures. V. inoltre, consultabile sempre sul sito della Rete giudiziaria europea, EJN Videoconference on Covid-19 measures on Judicial Cooperation in Criminal Matters, che contiene un resoconto sintetico della videoconferenza tenutasi il 7 maggio 2020, sotto la Presidenza croata del Consiglio dell’Unione europea, per discutere sull’impatto della pandemia (in specie v. p. 7 s., quanto alle «best practices» seguite durante la crisi pandemica, e p. 9, per il ruolo ricoperto in questo difficile frangente dalla Rete giudiziaria europea).
[4] Cfr. Executive summary.
[5] Nell’Executive summary, cit., p. 4, si aggiunge che parecchi Stati «would welcome further guidance on such additional measures (e.g. a list of the measures necessary in each country to execute a surrender or common non-binding guidelines at EU level)».
[6] V. ancora Executive summary, cit., p. 4.
[7] Per altri dettagli v. Executive summary, cit., p. 6.
[8] Sulle questioni pratiche affrontate dalle autorità nazionali v. Executive summary, cit., p. 6.
[9] Cfr. Executive summary, cit., p. 7.
[10] Sulle quali v. COVID-19 summary table of measures, cit., p. 22-24.
[11] Per un quadro delle novità introdotte in sede di conversione v. Emergenza Covid e processo penale ‘da remoto’. In G.U. la legge di conversione del D.L. n. 18/2020 (“cura Italia), in questa Rivista, 30 aprile 2020. Per rilievi di carattere generale, cfr. E. Amodio, E.M. Catalano, La resa del processo penale nella bufera del contagio, in questa Rivista, 20 maggio 2020; C. Di Bugno, L’amministrazione della giustizia alla prova della pandemia. Brevi riflessioni sul (difficile) rapporto tra misure a tutela della salute e processo penale, in www.lalegislazionepenale.eu, 17 maggio 2020; S. Lorusso, Il cigno nero del processo penale, in questa Rivista, 11 maggio 2020; L.G. Velani, Gestione dell’emergenza Covid-19 e processo penale: un prodotto discutibile destinato ad imporsi stabilmente?, in www.lalegislazionepenale.eu, 7 maggio 2020; nonché, nelle more della conversione del decreto legge, G. Santalucia, La tecnica al servizio della giustizia penale. Attività giudiziaria a distanza nella conversione del decreto”cura Italia”, in www.giustiziainsieme.it, 10 aprile 2020. Come si sa, dopo la conversione del d.l. n. 18 del 2020 sono intervenuti il d.l. 30 aprile 2020, n. 28 e il d.l. 10 maggio 2020, n. 29, attualmente in fase di conversione. Il 17 giugno 2020 l’Assemblea del Senato, avendo il Governo posto la questione di fiducia il giorno precedente, ha licenziato un testo dove sono state introdotte modificazioni al d.l. n. 28 del 2020 e nel quale è stato riversato, con talune modifiche, il contenuto del d.l. n. 29 del 2020: quest’ultimo decreto legge è stato quindi abrogato, restando validi gli atti e i provvedimenti adottati e fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla sua base. Il provvedimento è passato all’esame della Camera e la Commissione giustizia ha iniziato i suoi lavori nello stesso pomeriggio del 17 giugno 2020.
[12] Insieme all’ipotesi dei procedimenti relativi all’ordine di «allontanamento immediato dalla casa familiare» (art. 282-bis c.p.p.)
[13] Leggibile in questa Rivista, 11 maggio 2020.
[14] Cfr. Ufficio del Massimario e del Ruolo, Ufficio penale, Rel. 46/20, p. 5.
[15] Per questa conclusione v. Ufficio del Massimario e del Ruolo, Ufficio penale, Rel. 46/20, cit., p. 5.
[16] Cfr. Ufficio del Massimario e del Ruolo, Ufficio penale, Rel. 46/20, cit., p. 5, secondo cui si «potrà discutere se la sospensione del termine possa operare quanto meno per il periodo di vigenza del solo decreto legge (soluzione non agevolmente percorribile, data la natura sostanziale della prescrizione)». Per i procedimenti pendenti davanti alla corte di cassazione va poi ricordato il comma 3-bis dell’art. 83 d.l. n. 18 del 2020 (anch’esso inserito in sede di conversione), là dove prevede il regime di sospensione della prescrizione: in proposito v. Ufficio del Massimario e del Ruolo, Ufficio penale, Rel. 46/20, cit., p. 5 s. e 10 ss.