D.l. 15 settembre 2023, conv. con modif. in l. 13 novembre 2023, n. 159 (G.U. n. 266 del 14 novembre 2023, Serie Generale)
*Contributo pubblicato nel fascicolo 11/2023.
1. Segnaliamo ai lettori che, nella giornata di ieri, è stato infine pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (n. 266 del 14.11.2023, Serie Generale) il testo della legge 13 novembre 2023, n. 159, con cui si è disposta la “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, recante misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale”. La legge di conversione era stata licenziata in prima lettura dal Senato lo scorso 27 ottobre e approvata in via definitiva dalla Camera in data 8 novembre, dopo che sulla medesima il Governo aveva posto questione di fiducia.
Le novità di rilievo penale introdotte dal d.l. n. 123/2023 sono numerose, come già abbiamo avuto modo di sottolineare in occasione della pubblicazione del Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 49 del 7 settembre 2023; novità il cui impianto viene sostanzialmente preservato dalla legge di conversione, che, anzi, a sua volta conferma la volontà di fare ampio uso del diritto penale nel delicato settore di intervento. Nello specifico, al fine di rafforzare gli strumenti di contrasto ai fenomeni del disagio giovanile, della povertà educativa e della criminalità minorile, il “decreto Caivano” – che significativamente prende il nome da una recente e tristemente nota vicenda di cronaca, da cui il Governo ha tratto l’impulso per intervenire in via d’urgenza – presenta un’ossatura portante costituita da una serie diversificata di misure a contenuto preventivo e sanzionatorio, che si affiancano a interventi di carattere più strettamente socio-economico ed educativo, in gran parte dedicati al Comune di Caivano o alle istituzioni scolastiche del Mezzogiorno, nonché ad alcune disposizioni in tema di tutela dei minori nello spazio virtuale.
Vale pertanto la pena concentrarsi su quei punti dell’articolato normativo che si rivelano d’interesse per il penalista, proponendone un’analisi sintetica che dia atto delle significative modifiche introdotte in sede di conversione, le quali saranno a tal fine evidenziate mediante il ricorso al carattere corsivo.
2. La prima disposizione da prendere in considerazione ai nostri fini è l’art. 3 del citato d.l., rubricato “Disposizioni in materia di misure di prevenzione a tutela della sicurezza pubblica e della sicurezza delle città”, che nel testo originariamente predisposto dal Governo risulta composto da due commi.
Il primo comma introduce modifiche al d.l. 20 febbraio 2017, n. 14, conv. con modif. in l. 18 aprile 2017, n. 48 (“Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”), c.d. decreto Minniti, noto per aver coniato l’istituto del divieto di accesso alle aree urbane (DACUR, conosciuto anche come “DASPO urbano”) a fini di tutela del decoro e della sicurezza della città[1]. In particolare:
Il secondo comma dell’art. 3, invece, innova la disciplina dello strumento del foglio di via obbligatorio di cui all’art. 2 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (c.d. cod. antimafia). La struttura della norma viene integralmente ridelineata, precisando i presupposti applicativi della misura disposta dal Questore (presenza di un soggetto pericoloso ai sensi dell’art. 1 cod. antimafia in un comune diverso dai luoghi di residenza o di dimora abituale) e definendone maggiormente il contenuto (si introduce un termine massimo di 48 ore entro il quale il destinatario della misura deve lasciare il territorio comunale; ai destinatari della misura viene inibito di rientrare, senza preventiva autorizzazione, nel comune dal quale sono stati allontanati per un termine non inferiore a sei mesi e non superiore a 4 anni; viene reso autonomamente operante il divieto di ritorno anche nei casi in cui, al momento della notifica, il soggetto abbia già abbandonato il territorio comunale).
Viene inoltre aggravata la sanzione penale prevista dall’art. 76 c. 3 in caso di violazione della misura di prevenzione in oggetto (fissata nella reclusione da sei a diciotto mesi e nella multa fino a 10.000 euro), eliminando al contempo l’obbligo di traduzione del condannato al luogo del rimpatrio al termine dell’esecuzione della pena.
Va segnalato che la legge di conversione integra tale impianto mediante la previsione di due commi ulteriori (2-bis e 2-ter), con cui si prevedono obblighi di comunicazione ai servizi di emergenza sanitaria in capo alle guardie giurate private e si aggrava la sanzione amministrativa stabilita dall’art. 7 c. 2-bis t.u.imm.
È poi disposto l’inserimento dopo l’art. 3 di due nuovi articoli, l’uno (art. 3-bis) volto a istituire presso il Ministero dell’Interno un Osservatorio sulle periferie, l’altro (art. 3-ter) dedicato a misure di carattere economico, tra cui l’incremento dei fondi statali per l’installazione di sistemi di videosorveglianza da parte dei Comuni.
3. L’art. 4 del d.l. in esame, rubricato “Disposizioni per il contrasto dei reati in materia di armi od oggetti atti ad offendere, nonché di sostanze stupefacenti”, è interessato da vaste modifiche a opera della legge di conversione, che agli iniziali tre commi presenti nella disposizione ne aggiungere altri sette (cc. 1-bis, da 2-bis a 2-sexies, 3-bis).
La norma, nella sua versione originaria, interviene su tre diversi fronti:
Tale impianto, come si anticipava, viene ulteriormente innovato dalla legge di conversione, che nel testo già approvato da Camera e Senato introduce significative novità:
4. L’art. 5 reca “Disposizioni in materia di prevenzione della violenza giovanile”, espressamente volte a contrastare il fenomeno delle c.d. baby gang, come si legge nella relazione tecnica. Tale obiettivo viene perseguito estendendo ai minorenni l’applicazione della misura di prevenzione personale dell’avviso orale di cui all’art. 3 cod. antimafia, nonché della procedura di ammonimento del questore disciplinata dall’art. 8 cc. 1-2 d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, conv., con modif. in l. 23 aprile 2009, n. 38 (applicabile nei confronti del presunto autore di atti persecutori).
Più nel dettaglio, il nuovo c. 3-bis del citato art. 3 cod. antimafia prevede che l’avviso orale possa essere rivolto anche ai minori ultraquattordicenni, a seguito di convocazione del minore, da parte del questore, unitamente ad almeno un genitore o altro esercente la responsabilità genitoriale; il questore potrà imporre al minore anche le ulteriori prescrizioni di cui al c. 4 del medesimo articolo. Gli effetti dell’avviso orale sono comunque destinati a cessare al momento del raggiungimento della maggiore età da parte del destinatario. Rispetto a tale misura, la legge di conversione si limita a formulare due precisazioni, disponendo la comunicazione del provvedimento al Procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo di residenza del minore e chiarendo la sua opponibilità, in caso di destinatario minorenne, davanti al tribunale per i minorenni.
A mente del nuovo c. 6-bis, poi, il destinatario di avviso orale – tanto maggiorenne quanto minorenne – che risulti condannato, anche in via non definitiva, per uno o più delitti contro la persona, contro il patrimonio ovvero in materia di armi o sostanze stupefacenti potrà essere sottoposto, per un massimo di due anni, al divieto di utilizzare, in tutto o in parte, piattaforme o servizi informatici e telematici specificamente indicati, nonché di possedere o di utilizzare telefoni cellulari o altri dispositivi di comunicazione quando l’uso di tali strumenti sia servito per la realizzazione delle condotte che hanno determinato l’applicazione della misura di prevenzione, previa indicazione di modalità applicative compatibili con le sue esigenze di salute, famiglia, lavoro o studio. La violazione di tale divieto viene peraltro inclusa tra i presupposti del reato di cui all’art. 76 c. 2 del medesimo cod. antimafia.
La procedura di ammonimento può invece essere disposta, ai sensi del comma 2 dell’articolo in esame, nei confronti del minore ultraquattordicenne “fino a quando non è proposta querela o non è presentata denuncia per taluno dei reati di cui agli articoli 581, 582, 610, 612 e 635 del codice penale”, nonché, ai sensi del comma 5, nei confronti del minore di età compresa tra i dodici e i quattordici anni – non imputabile ai fini penali – quando il fatto da lui commesso sia previsto dalla legge come delitto punito con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Solo in questo secondo caso, come precisato dalla legge di conversione, a carico del soggetto che era tenuto alla sorveglianza del minore o all’assolvimento degli obblighi educativi nei suoi confronti viene prevista, a mente del successivo comma 8, l’applicazione da parte del Prefetto di una sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 1.000 euro, salvo che questi provi di non aver potuto impedire il fatto. In entrambi i casi, la misura viene disposta dal questore convocando il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la responsabilità genitoriale, e cessa comunque i suoi effetti con il compimento della maggiore età da parte del destinatario; anche per tale ipotesi la legge di conversione stabilisce in via ulteriore la comunicazione del provvedimento in questione al Procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo di residenza del minore.
5. Gli articoli 6 (rubricato “Disposizioni in materia di contrasto dei reati commessi dai minori”) e 8 (in materia di “custodia cautelare e percorso di rieducazione del minore”) del decreto-legge in esame intervengono, invece, sulla disciplina del processo penale a carico di imputati minorenni. Le principali novità introdotte nel testo del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (codice del processo penale minorile) fin dallo scorso 16 settembre riguardano:
Ulteriori modifiche della disciplina del processo minorile fanno seguito alla conclusione della procedura di conversione in legge:
6. L’art. 7 (“Misure anticipate relative a minorenni coinvolti in reati di particolare allarme sociale”) stabilisce in capo al pubblico ministero specifici obblighi di comunicazione al Procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minorenni – finalizzati a consentirgli di valutare eventuali azioni nell’interesse del minore ai sensi dell’art. 336 cod. civ. – quando nel corso di indagini relative ai reati di cui agli artt. 416-bis cod. pen. e 74 t.u. stup. emerga una situazione di pregiudizio per un minore.
Le legge di conversione prevede altresì una sottile modifica all’interno del testo dell’art. 609-decies cod. pen. (rubricato “Comunicazione al tribunale per i minorenni”), precisando che destinatario delle comunicazioni ivi contemplate è parimenti il Procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minorenni e non, genericamente, il tribunale per i minorenni.
7. Ancora, l’art. 9 contempla significative “Disposizioni in materia di sicurezza degli istituti penali per minorenni”: nello specifico, il d.l. in vigore dallo scorso 16 settembre ha inserito un nuovo c. 3-bis all’interno dell’art. 10 d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 121, ma la legge di conversione opera uno spostamento di tale disciplina all’interno di un originale art. 10-bis, rubricato “Trasferimento presso un istituto penitenziario per adulti”.
Le rilevanti novità su questo fronte concernono la possibilità per il magistrato di sorveglianza di consentire, su istanza del direttore dell’istituto penale per i minorenni, al trasferimento presso un istituto per adulti del detenuto che abbia compiuto ventuno anni, in espiazione di pena per reati commessi durante la minore età, il quale, alternativamente a) con i suoi comportamenti comprometta la sicurezza ovvero turbi l’ordine dell’istituto, ovvero b) con violenza o minaccia impedisca le attività degli altri detenuti, o ancora c) nella vita penitenziaria si avvalga dello stato di soggezione da lui indotto negli altri detenuti. Il detenuto che realizzi tutte e tre tali condotte cumulativamente, peraltro, può essere sottoposto al trasferimento fin da quando abbia compiuto diciotto anni; si prevede, inoltre, che in presenza di siffatte condizioni il magistrato di sorveglianza possa negare il trasferimento solo per ragioni di sicurezza, anche del detenuto stesso.
8. Da ultimo, sempre limitandoci ai profili di più stretto interesse penalistico, l’art. 12 del decreto-legge, nell’ambito di alcune “Disposizioni per il rafforzamento del rispetto dell’obbligo scolastico”, introduce all’interno del codice penale un nuovo art. 570-ter, rubricato “Inosservanza dell’obbligo dell’istruzione dei minori”, che in larga parte riproduce – pur con alcune differenze di non poco rilievo – il testo dell’art. 731 cod. pen., contestualmente abrogato, che sanzionava a titolo di contravvenzione l’“inosservanza dell’obbligo di istruzione elementare dei minori”.
Il primo effetto della novella, pertanto, è quello di trasformare in delitto la precedente contravvenzione, al contempo inasprendo significativamente la pena edittale: dalla mera – e onestamente risibile – ammenda fino a 30 euro prevista dall’art. 731 alla reclusione fino a due anni. La fattispecie penale è inoltre oggetto di ampiamento, giacché, se la precedente contravvenzione puniva il responsabile del minore che, senza giusto motivo, omettesse di impartirgli l’istruzione elementare, la nuova figura delittuosa vuole reprimere la mancata istruzione del minore durante tutto il periodo di istruzione obbligatoria (dai sei ai sedici anni di età), individuando come soggetto attivo “il responsabile dell’adempimento dell’obbligo scolastico” e come presupposto della condotta il precedente ammonimento del sindaco nella sua funzione di vigilanza sul rispetto dell’obbligo scolastico. All’ipotesi di dispersione scolastica assoluta, inoltre, viene affiancata una fattispecie originale – contemplata al secondo comma dell’art. 570-ter – di abbandono scolastico, destinata ad applicarsi nei casi in cui le assenze ingiustificate del minore durante il corso dell’anno scolastico siano tali da costituire elusione dell’obbligo scolastico, punita con la più lieve pena della reclusione fino a un anno.
Anche per queste ipotesi di reato si prescrive espressamente che il p.m. informi il Procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni per le eventuali iniziative di competenza ai sensi dell’articolo 336 cod. civ. Inoltre, quale ulteriore misura afflittiva, viene disposta l’esclusione del nucleo familiare per i cui componenti minorenni non sia documentata la regolare frequenza della scuola dell’obbligo dal c.d. assegno di inclusione disciplinato dal d.l. 4 maggio 2023, n. 48.
Il disposto dell’art. 570-ter cod. pen. subisce peraltro alcune modifiche a seguito dell’approvazione della legge di conversione, la quale procede altresì a un riordino della disciplina in materia di vigilanza sull’adempimento dell’obbligo di istruzione di cui all’art. 114 d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), ridefinendo i compiti del sindaco e del dirigente scolastico.
Per praticità, non potendo qui entrare eccessivamente nel merito della normativa extrapenale, riportiamo di seguito il testo dell’articolo in esame, indicando tra parentesi quadre il testo finora vigente e in corsivo le modifiche conseguenti all’approvazione in via definitiva della legge di conversione:
Art. 570-ter (Inosservanza dell’obbligo dell’istruzione dei minori).
Il responsabile dell’adempimento dell’obbligo [scolastico] di istruzione che, ammonito ai sensi dell’articolo 114, [comma 4 del decreto legislativo] comma 1 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, non prova di procurare altrimenti l’istruzione del minore o non giustifica con motivi di salute, o con altri impedimenti gravi, [l’assenza del minore dalla scuola] la mancata iscrizione del minore presso una scuola del sistema nazionale di istruzione, o non ve lo presenta entro una settimana dall’ammonizione, è punito con la reclusione fino a due anni.
Il responsabile dell’adempimento dell’obbligo [scolastico] di istruzione che, ammonito ai sensi dell’articolo 114, [comma 5, secondo periodo, del decreto legislativo] comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 per assenze ingiustificate del minore durante il corso dell’anno scolastico tali da costituire elusione dell’obbligo [scolastico] di istruzione, non prova di procurare altrimenti l’istruzione del minore o non giustifica con motivi di salute, o con altri impedimenti gravi, l’assenza del minore dalla scuola, o non ve lo presenta entro una settimana dall’ammonizione, è punito con la reclusione fino a un anno.
[1] Sul tema può rimandarsi a C. Forte, Il decreto Minniti: sicurezza integrata e "D.A.SPO. urbano", in Dir. pen. cont., 22 maggio 2017.
[2] L’art. 13-bis d.l. 20 febbraio 2017 n. 14, conv. con modif. in l. 18 aprile 2017, n. 48, rubricato “Disposizioni per la prevenzione di disordini negli esercizi pubblici e nei locali di pubblico trattenimento”, è stato introdotto a opera del d.l. 4 ottobre 2018, n. 113 (intervenuto in tema di sicurezza e immigrazione, noto come “decreto Salvini”) e poi significativamente modificato dal d.l. 21 ottobre 2020, n. 130, all’esito di un altro grave fatto di cronaca: sul punto può rimandarsi a G. Mentasti, L’ennesimo ‘decreto immigrazione-sicurezza’ (d.l. 21 ottobre 2020, n. 130): modifiche al codice penale e altre novità, in questa Rivista, 23 ottobre 2020.