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13 Aprile 2023


Reati tributari: la “nuova” causa di non punibilità introdotta dal d.l. 30 marzo 2023, n. 34


1. Le fattispecie di reato coperte dalla causa di non punibilità. – L’art. 23 d.l. 30 marzo 2023, n. 34 ha introdotto una causa speciale di non punibilità per le fattispecie previste dagli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, D.Lgs. 74/2000[1].

Preme, pertanto, sin da subito evidenziare come tale disposizione non abbia una portata completamente innovativa del sistema penal-tributario, il quale, all’art. 13, comma 1, D.Lgs. 74/2000, prevedeva già (e prevede tutt’ora) una causa di non punibilità per le medesime fattispecie di reato[2]. In particolare, si tratta dei reati connotati da minor disvalore tra quelli puniti dal D.Lgs. 74/2000, ossia le fattispecie di omesso versamento e indebita compensazione di crediti non spettanti[3].

La novella causa speciale di non punibilità non copre invece le fattispecie dichiarative di cui al Capo I del Titolo II del D.Lgs. 74/2000, né le fattispecie punite più severamente dal Capo II, quali i reati di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8), occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10), indebita compensazione di crediti inesistenti (art. 10-quater, comma 2) e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11).

Nel presente commento si procederà pertanto ad analizzare la “nuova” causa di non punibilità, delineandone la portata applicativa e segnalando le principali differenze con la disciplina generale prevista dall’art. 13 D.Lgs. 74/2000.

 

2. Le procedure tributarie dalla cui definizione discende l’applicazione della causa di non punibilità. – In primo luogo, preme sottolineare come la causa speciale di non punibilità operi esclusivamente a condizione che “le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti dall'articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”.

In altre parole, il legislatore collega il beneficio della non punibilità alla corretta definizione delle violazioni tributarie mediante il ricorso ad una delle procedure previste dalla legge di bilancio (l. n. 197 del 2023), ai commi da 153 a 158 e da 166 a 252 dell’art. 1.

Si tratta di numerose procedure volte a prevenire le liti e la definizione di vertenze tra il Fisco e contribuente che, considerate complessivamente (la speciale causa di non punibilità richiama infatti la totalità delle stesse), permettono al contribuente inadempiente di estinguere il debito tributario e beneficiare della causa di non punibilità in ogni fase del procedimento tributario (sui limiti temporali connessi al procedimento penale si dirà più avanti).

Invero, si vuole sin da subito sottolineare come la tecnica normativa utilizzata per la scrittura della disposizione in esame possa prestare il fianco ad alcune criticità. Nello specifico, considerato che la norma in esame consta di un richiamo ad una serie di ulteriori disposizioni mediante il rinvio a svariati commi dell’art. 1 l. n. 197/2022, attenta dottrina ha sin da subito censurato la tecnica normativa utilizzata dal legislatore, evidenziando la sussistenza del rischio di violazione del c.d. principio di precisione, corollario del principio di legalità, volto ad imporre al legislatore la formulazione di precetti intellegibili, scritti in maniera precisa e completa[4]. Ad ulteriore sostegno di tale censura preme evidenziare come il legislatore, nell’operare un rinvio alle procedure previste dalla legge di bilancio, abbia richiamato anche delle procedure che si ritiene non possano avere neppure in astratto alcuna rilevanza ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità, in quanto non direttamente collegate alla potenziale commissione dei reati di omesso versamento e indebita compensazione. In particolare, il riferimento va alla procedura di regolarizzazione di irregolarità formali, prevista dai commi 166-173, la quale consente di sanare le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti non rilevanti né sulla determinazione della base imponibile delle imposte dirette, dell’IVA, dell’IRAP, né sul pagamento di tali tributi.

Ciò detto, preme evidenziare come il complesso rinvio alle varie disposizioni della legge di bilancio porti comunque ad un risultato del tutto analogo a quello previsto dall’art. 13, comma 1, il quale subordina il beneficio della non punibilità all’estinzione del debito tributario “anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso[5]. Il generico richiamo operato dall’art. 13 alle procedure conciliative e di adesione previste dalle norme tributarie[6] fa ragionevolmente ritenere che anche le nuove procedure previste dalla legge di bilancio possano esservi sussunte. Si ritiene, pertanto, che – anche sul piano delle procedure tributarie esperibili per estinguere il debito tributario al fine di beneficiare di una causa di non punibilità – vi sia sostanziale allineamento tra la causa speciale e quella “ordinaria” di non punibilità di cui all’art. 13.

In relazione al rapporto tra la speciale causa di non punibilità e quella “generale” prevista dall’art. 13 D.Lgs. 74/2000, preme infine evidenziare come la prima non vada a sostituirsi alla seconda, integrandosi in via definitiva al sistema penal-tributario disciplinato dal D.Lgs. 74/2000[7], bensì sia destinata ad operare – questa volta sì in sostituzione dell’art. 13 – per un lasso di tempo limitato coincidente con il termine tributario previsto dalla legge di bilancio per poter usufruire di una delle speciali procedure di conciliazione[8].

Data tale premessa, si ritiene utile descrivere brevemente le varie procedure previste dalla legge di bilancio e richiamate dall’art. 23 d.l. 30 marzo 2023, n. 34.

Come anticipato, l’art. 23 richiama anzitutto i commi da 153 a 158, i quali disciplinano la definizione agevolata delle somme dovute a seguito di controllo automatizzato delle dichiarazioni. Si tratta, dunque, della possibilità di definire gli atti emessi a seguito di “avviso bonario” ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 54-bis D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e relativi alle dichiarazioni per i periodi d’imposta 2019, 2020, 2021, per i quali il termine di pagamento non sia ancora scaduto al 1° gennaio 2023. La procedura permette inoltre di definire anche gli avvisi bonari in corso di rateazione al 1° gennaio 2023.

Ulteriore procedura richiamata dall’art. 23 è il ravvedimento speciale delle violazioni tributarie di cui ai commi da 174 a 178, la quale – alternativa all’ordinaria disciplina del ravvedimento operoso – permette di regolarizzare violazioni sostanziali connessi a dichiarazioni validamente presentate e relative ai periodi di imposta 2021 e precedenti[9].

È poi possibile beneficiare della causa di non punibilità se si è correttamente definita la propria posizione mediante la definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento (commi da 179 a 185), la quale disciplina la definizione delle controversie in caso di accertamenti con adesione relativi a processi verbali di constatazione e inviti a comparire notificati sino al 31 marzo 2023 nonché gli avvisi di accertamento, atti rettifica e liquidazione e atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili al 1° gennaio 2023 o notificati entro il 31 marzo 2023[10].

I commi da 186 a 205 disciplinano la definizione delle liti pendenti. Si tratta di disposizioni di carattere generale che permettono di definire tutte le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria (ad eccezione dei giudizi riguardanti le risorse tradizionali dell’Unione Europea e le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato) pendenti in ogni stato e grado del giudizio.

Ulteriori procedure rilevanti sono la conciliazione giudiziale agevolata (commi 206-212) – la quale riguarda le controversie tributarie aventi ad oggetto gli atti impositivi dell’Agenzia delle Entrate, pendenti in primo e secondo grado di giudizio il 1° gennaio 2023 – nonché la rinuncia agevolata in Cassazione (commi 213-218) – riguardante le controversie, relative ad atti impositivi, pendenti in Cassazione al 1° gennaio 2023.

I commi 219-221 prevedono, invece, la regolarizzazione degli omessi pagamenti per le rate da istituti deflattivi del contenzioso, ossia la possibilità di estinguere il debito tributario qualora si sia omesso di versare le rate dovute al Fisco a seguito di accertamento con adesione o di acquiescenza agli avvisi di accertamento.

Infine, la causa di non punibilità viene ancorata anche all’estinzione del debito nella fase della riscossione mediante la procedura di rottamazione dei ruoli (commi 231-252), ossia il pagamento dei carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, nonché a seguito dello stralcio dei ruoli sino a 1.000 euro, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 (commi 222-230). In merito a quest’ultima disciplina, preme evidenziare la singolarità della scelta del legislatore di far discendere la non punibilità da un fatto non direttamente riconducibile alla volontà del debitore, ossia l’annullamento automatico dei debiti tributari inferiori a 1.000 euro.

Dopo aver richiamato rapidamente le varie procedure previste dalla legge di bilancio, è possibile concludere che, sebbene l’art. 23 ancori la speciale causa di non punibilità al perfezionamento di tali specifiche procedure, la portata della causa di non punibilità è comunque decisamente ampia, tanto da poter ricomprendere potenzialmente tutti i periodi di imposta e ogni fase del contenzioso tributario e della riscossione.

 

3. Il limite temporale del processo penale. – Una prima differenza significativa tra la causa speciale di non punibilità e quella di carattere generale prevista dall’art. 13 D.Lgs. 74/2000 concerne il limite temporale entro il quale deve essere estinto il debito tributario per poter beneficiare della causa di non punibilità.

L’art. 13 D.Lgs. 74/2000 prevede infatti che la causa di non punibilità operi se il debito è estinto mediante integrale pagamento di imposte, interessi e sanzioni prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.

La causa speciale di non punibilità fissa, invece, come termine ultimo quello della sentenza pronunciata in grado di appello.

Se con riferimento all’art. 13, la scelta di ancorare il beneficio della non punibilità all’estinzione del debito tributario prima della dichiarazione di apertura del dibattimento può trovare una piena giustificazione nell’esigenza di deflazione del processo penale, permettendo infatti di evitare che il processo abbia inizio, la medesima valutazione non pare altrettanto giustificabile con riferimento al termine della sentenza di appello, momento in cui il processo penale ha oramai visto concludersi le sue fasi e gradi più dispendiosi. Se l’intenzione del legislatore è, invece, quella di incentivare la definizione di tutte le vertenze tributarie, rinunciando a sanzionare penalmente le condotte delittuose di cui agli art. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, D.Lgs. 74/2000, sarebbe forse stato più ragionevole non prevedere alcun termine (se non quello ultimo del passaggio in giudicato della sentenza).

Dall’altro lato, pare altresì discutibile la scelta di permettere all’imputato di rimandare – sebbene nei limiti temporali previsti dalle procedure fiscali – la decisione circa l’estinzione del debito tributario sino alla conclusione del giudizio di appello, attribuendo allo stesso la facoltà di ancorare la propria decisione a ragioni di mera opportunità, legate ad esempio all’andamento del giudizio di appello e alla prognosi di una eventuale conferma della condanna.

Inoltre, l’individuazione della pronuncia della sentenza in appello quale termine ultimo per beneficiare della causa di non punibilità di cui trattasi (in luogo della dichiarazione di apertura del dibattimento, previsto come termine dall’art. 13 D.Lgs. 74/2000) fa sorgere un ulteriore profilo di criticità in relazione all’art. 3 della Costituzione. Difatti, tale disallineamento potrebbe comportare un’evidente ingiustificata disparità di trattamento tra gli imputati che estingueranno il debito secondo le procedure speciali prima della sentenza di appello, beneficiando così della nuova causa di non punibilità, e coloro che, invece, avendo già estinto il debito tributario prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio e successivamente alla dichiarazione di apertura del dibattimento, secondo gli ordinari strumenti di definizione delle controversie fiscali, non potranno beneficiare né della nuova causa di non punibilità né di quella ordinaria prevista dall’art. 13 D.lgs. 74/2000[11]. Sul punto, si vedrebbe, pertanto, con favore uno specifico intervento del legislatore che introduca la speciale causa di non punibilità anche per gli imputati che abbiano già estinto il debito tributario. Diversamente, nella misura in cui la causa speciale di non punibilità venga ritenuta tale in senso stretto e caratterizzata da eccezionalità (in quanto introdotta per ragioni di opportunità politica), sorgerebbe un ostacolo alla possibilità di estenderne l’applicazione per analogia[12]. Una possibile soluzione ermeneutica, costituzionalmente orientata, per legittimare l’estensione analogica della disposizione agli imputati che abbiano già estinto il debito tributario, è quella di affermare la natura generale (e non eccezionale) della causa di non punibilità, proprio sul presupposto che il sistema penal-tributario prevede già istituti premiali per coloro che estinguono il debito tributario e, in particolare, una specifica esimente dei reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, primo comma, D.Lgs. 74/2000, per coloro che abbiano estinto il debito tributario, anche dopo aver avuto l’effettiva conoscenza di una indagine fiscale nei loro confronti (differenziandosi – come visto – dalla causa speciale di non punibilità esclusivamente per il termine entro il quale deve essere estinto il debito tributario, ossia la dichiarazione di apertura del dibattimento). In tal modo, sarebbe possibile dare una lettura costituzionalmente orientata della disposizione e superare la problematica appena rappresentata.

 

4. La disciplina processuale. – L’art. 23 prevede in capo al debitore l’onere di comunicare, da un lato all’Autorità Giudiziaria procedente dell’intervenuta estinzione del debito tributario o, in caso di pagamento rateale, il versamento della prima rata, dall’altro lato, di informare l’Agenzia delle Entrate di aver comunicato il pagamento all’Autorità Giudiziaria con l’indicazione dei riferimenti del relativo procedimento penale[13].

Il legislatore, al comma 3, fa poi discendere dalla comunicazione all’Autorità Giudiziaria, l’automatica sospensione del procedimento penale: sospensione che opera senza specifici limiti temporali, sino alla comunicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate della corretta definizione della procedura e dell’integrale versamento delle somme, oppure della mancata definizione della procedura o della decadenza del contribuente dal beneficio della rateazione.

La disciplina della sospensione del processo penale di cui all’art. 23 è significativamente differente da quella prevista dall’art. 13 D.Lgs. 74/2000. Quest’ultimo, infatti, al comma 3, prevede che, in caso di rateizzazione del debito tributario, il Giudice, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, possa sospendere il processo, concedendo un termine di tre mesiprorogabile una sola volta per ulteriori tre mesi – per il pagamento del debito residuo[14]. Tale disposizione presenta un’evidente criticità dovuta al disallineamento tra il termine di sospensione previsto per il processo penale e le tempistiche per l’estinzione del debito a seguito di rateizzazione stabilite dalla disciplina tributaria (le quali possono essere ben più lunghe del termine massimo di sei mesi previsto dall’art. 13). Questa problematica è stata pure sottoposta al vaglio della Corte costituzionale per i seguenti profili di asserita incostituzionalità[15]. In primo luogo, sono stati rilevati aspetti di incoerenza sistematica, nella misura in cui l’art. 13 prevede una sospensione massima del processo penale di sei mesi, del tutto incompatibile con la disciplina tributaria, la quale concede al contribuente la possibilità di optare per piani di rateizzazione ben più lunghi. In secondo luogo, tale disciplina finisce inevitabilmente per favorire coloro che hanno possibilità economiche di estinguere il debito tributario nel breve lasso di tempo previsto dalla disciplina processul-penale, rispetto a coloro che – sebbene volenterosi di regolarizzare la propria posizione con il fisco – non hanno le disponibilità economiche per estinguere il debito nell’immediato.

Le criticità appena evidenziate non si riscontrano, invece, nella causa speciale di non punibilità dell’art. 23, la quale non prevede alcun termine massimo alla sospensione del processo penale, che rimarrà dunque sospeso fintanto che il piano rateale previsto dalle speciali procedure tributarie non è giunto a conclusione. Sul punto, preme evidenziare come la disciplina delle procedure sopra descritte preveda tempistiche ben più lunghe dei sei mesi (sospensione massima prevista dall’art. 13 D.Lgs. 74/2000). A titolo di esempio, basti, infatti, richiamare la disciplina della definizione degli atti del procedimento di accertamento (commi 179-185), la quale permette la dilazione del pagamento in 20 rate trimestrali.

Sul piano della disciplina della sospensione del processo penale, si vede pertanto con favore l’art. 23, il quale – a differenza dell’art. 13 D.Lgs. 74/2000 – assicura un perfetto allineamento tra procedimento tributario e penale e garantisce una parità di trattamento per tutti i contribuenti.

Anche la disciplina della sospensione del processo penale prevista dall’art. 23 non può tuttavia andare esente da critiche. Una problematicità della nuova disposizione brillantemente evidenziata dalla dottrina[16] concerne, infatti, la potenziale eccessiva durata del processo di appello quale conseguenza della sospensione del processo (fino a cinque anni) a seguito della rateizzazione del debito tributario. Una previsione di questo tenore, infatti, appare del tutto antitetica rispetto agli obiettivi del PNRR, ossia la riduzione entro il 2026 del 25% dei tempi medi dei processi penali.

Dopo aver brevemente esposto la disciplina della sospensione del processo penale, pare opportuno svolgere alcune considerazioni in merito alla sospensione della prescrizione. Difatti, se, da un lato, l’art. 13 D.Lgs. 74/2000 prevede espressamente che, nella vigenza della sospensione del processo, anche la prescrizione sia sospesa, dall’altro lato, l’art. 23 d.l. 30 marzo 2023, n. 34 non contiene una espressa previsione in ordine alla sospensione della prescrizione. Tuttavia, si ritiene che – anche con riferimento alla sospensione del processo ai sensi dell’art. 23 - possa operare la sospensione della prescrizione di carattere generale prevista dall’art. 159 c.p., nonché – per la fase di appello - la sospensione del termine di due anni dal quale discende la causa di improcedibilità dell’azione penale, ai sensi dell’art. 344-bis, comma 6, c.p.p.

Infine, un ultimo aspetto processuale da evidenziare concerne la previsione dell’ultimo comma dell’art. 23, il quale stabilisce che, durante la sospensione del processo, è sempre possibile procedere all’assunzione di prove nei casi previsti dall’art. 392 c.p.p., ossia i casi in cui è ammesso l’incidente probatorio[17]. La ratio della norma è quella di assicurare l’assunzione di prove rilevanti ai fini della decisione di merito nell’eventualità in cui la procedura fiscale non si perfezioni e, conseguentemente, la speciale causa di non punibilità non possa trovare applicazione. Sul punto, si ritiene che – qualora venga assunta ai sensi dell’art. 392 c.p.p. – una prova che risulti evidente della non sussistenza del fatto, della circostanza che lo stesso sia stato commesso dall’imputato o della colpevolezza di quest’ultimo, il giudice potrà certamente assolvere l’imputato ai sensi dell’art. 129, comma 1, c.p.p. Diversamente, qualora la prova assunta non risulti evidente, e la procedura fiscale si sia successivamente perfezionata, si ritiene che il giudice non possa assolvere l’imputato con formula più favorevole bensì debba inevitabilmente rilevare l’intervenuta speciale causa di non punibilità[18].

 

 

 

[1]1. I reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, non sono punibili quando le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti dall'articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, purché le relative procedure siano definite prima della pronuncia della sentenza di appello.

2. Il contribuente dà immediata comunicazione, all'Autorità giudiziaria che procede, dell'avvenuto versamento delle somme dovute o, in caso di pagamento rateale, del versamento della prima rata e, contestualmente, informa l'Agenzia delle entrate dell'invio della predetta comunicazione, indicando i   riferimenti   del   relativo procedimento penale.

3. Il processo di merito è sospeso dalla ricezione   delle comunicazioni di cui al comma 2, sino al momento in cui il giudice è informato dall'Agenzia delle entrate della corretta definizione della procedura e dell'integrale versamento delle somme dovute ovvero della mancata definizione della   procedura   o   della   decadenza   del contribuente dal beneficio della rateazione.

4. Durante il periodo di cui al comma 3 possono essere assunte le prove nei casi previsti dall'articolo 392 del codice di procedura penale”.

[2]1. I reati di cui agli articoli 10 bis, 10 ter e 10 quater, comma 1, non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso.”

[3] Nel caso dei reati di omesso versamento, il legislatore del 2015 ha congegnato una causa di non punibilità condizionata alla mera estinzione del debito tributario, senza pretendere la spontaneità di tale iniziativa da parte del contribuente. Il minor disvalore della condotta è dovuto alla circostanza che l’inadempimento non è preceduto da una falsità dichiarativa: il contribuente ha infatti correttamente indicato in dichiarazione gli elementi attivi e passivi ed è divenuto inadempiente soltanto nella fase successiva. In tal senso si veda Relazione governativa al d.lgs. n. 158/2015, p. 11.

[4] Come evidenziato dal Prof. G.L. Gatta in sede di Audizione innanzi alle Commissioni Riunite Finanza e Affari Sociali in data 11 aprile 2023. Per un approfondimento sul principio di precisione si veda Marinucci-Dolcini-Gatta, Manuale di Diritto Penale (Parte Generale), Milano, 2022, pp. 79 e ss.

[5] La Cassazione ha chiarito che al fine di poter godere della causa di non punibilità è necessaria l’effettiva estinzione del debito tributario a seguito del pagamento e non anche il mero accordo con il Fisco (Cass., Sez. III, 13 luglio 2018, n. 48375.

[6] Il legislatore ha fatto ricorso ad una formula volutamente ampia, tale da poter ragionevolmente ritenere che siano in essa ricomprese tutte le tipologie di definizione dei rapporti tributari. In tal senso si veda Colaianni-Monza, Commento agli artt. 13 e 13-bis del D.Lgs. 74/2000 Mod. D.Lgs. 158/2015, in I nuovi reati tributari, Milano, 2016, pp. 308-309.

[7] In tal senso si è espresso anche il Sostituto Procuratore presso il Tribunale di Milano S. Civardi in occasione della Audizione presso le Commissioni Riunite Finanza e Affari Sociali in data 11 aprile 2023.

[8] Gli originari termini previsti dalla legge di bilancio sono stati prorogati dagli artt. 19 e 20 del d.l. n. 34/2023.

[9] Ai sensi del d.l. n. 34/2023 art 21, commi 1 e 2, “1. all'articolo 1, comma 174, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, le parole «le violazioni diverse da quelle definibili ai sensi dei commi da 153 a 159 e da 166 a 173, riguardanti le dichiarazioni validamente presentate relative al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2021 e a periodi d'imposta precedenti» si interpretano nel senso che:

a) sono escluse dalla regolarizzazione le violazioni rilevabili ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, nonché le violazioni di natura formale definibili ai sensi dell'articolo 1, commi da 166 a 173, della legge 29 dicembre 2022, 197; b) sono ricomprese nella regolarizzazione tutte le violazioni che possono essere oggetto di ravvedimento ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, commesse relativamente al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2021 e a periodi d'imposta precedenti, purché la dichiarazione del relativo periodo d'imposta sia stata validamente presentata 2. La disposizione di cui all'articolo 1, comma 176, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, si interpreta nel senso che: a) sono escluse dalla regolarizzazione le violazioni degli obblighi di monitoraggio fiscale di cui all'articolo 4, del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227; b) sono ricomprese nella regolarizzazione le violazioni relative ai redditi di fonte estera, all'imposta sul valore delle attività finanziarie estere e all'imposta sul valore degli immobili situati all'estero di cui all'articolo 19, commi da 13 a 17 e da 18 a 22, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, non rilevabili ai sensi dell'articolo 36-bis del decreto del presidente della repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nonostante la violazione dei predetti obblighi di monitoraggio.

[10] Ai sensi del d.l. n. 34/2023 art 21, comma 3 “Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 179, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, con riferimento ai processi verbali di constatazione consegnati entro il 31 marzo 2023, si interpretano nel senso che la definizione agevolata ivi prevista si applica anche all'accertamento con adesione relativo agli avvisi di accertamento notificati successivamente a tale data sulla base delle risultanze dei predetti processi verbali”.

[11] In tal senso si è espresso il Prof. T. Di Tanno in occasione della Audizione presso le Commissioni Riunite Finanza e Affari Sociali in data 11 aprile 2023.

[12] In relazione all’art. 384 c.p., le Sezioni Unite hanno ritenuto applicabile la causa di non punibilità per analogia alle convivenze more uxorio nella misura in cui hanno qualificato la causa di non punibilità quale causa di esclusione della colpevolezza, ossia una “scusante” soggettiva che incide sulla “situazione esistenziale psicologica dell’agente”. Diversamente, le Sezioni Unite hanno implicitamente confermato il divieto di analogia per le cause di non punibilità in senso stretto, stante la natura “eccezionale” di tali disposizioni (26 novembre 2020, n. 10381).

[13] Per quanto concerne la produzione della prova dell’intervenuta estinzione del debito tributario, preme evidenziare come la stessa possa essere prodotta, nel corso del processo, (i) durante l’istruttoria dibattimentale di primo grado, (ii) nel corso della discussione di primo grado ai sensi dell’art. 507 c.p.p., a seguito di interruzione ex art. 523, comma 6, c.p.p.; (iii) in appello, senza necessità di rinnovazione dell’istruttoria, in quanto prova rilevante e decisiva (si veda Cass., 23 giugno 2015, n. 37879) con richiesta di acquisizione contenuta nell’atto di appello o nei motivi nuovi nonché nel corso della discussione in appello ai sensi del combinato disposto degli artt. 598 c.p.p. (il quale prevede l’estensione delle norme sul giudizio di primo grado) e 523, comma 6, c.p.p.

[14]3. Qualora, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il debito tributario sia in fase di estinzione mediante rateizzazione, anche ai fini dell'applicabilità dell'articolo 13 bis, è dato un termine di tre mesi per il pagamento del debito residuo. In tal caso la prescrizione è sospesa. Il Giudice ha facoltà di prorogare tale termine una sola volta per non oltre tre mesi, qualora lo ritenga necessario, ferma restando la sospensione della prescrizione”.

[15] In particolare, si fa riferimento alle tre ordinanze di rimessione dei Tribunali di Treviso e Asti, con le quali si è evidenziata l’opportunità di prorogare il termine di sospensione del processo penale, allineandolo a quello previsto dalla disciplina tributaria. Le questioni sono state dichiarate inammissibili dalla Corte costituzionale sul presupposto che una modifica della norma nel senso suggerito dai Tribunali remittenti si sarebbe tradotta in una forma di discrezionalità di appannaggio del solo legislatore. Si vedano Corte cost., 8 novembre 2017, n. 256; Corte cost., 20 febbraio 2019, n. 126; Corte cost., 13 dicembre 2019, n. 15218.

[16] In tal senso si è pronunciato il Prof. G.L. Gatta in occasione della Audizione presso le Commissioni Riunite Finanza e Affari Sociali in data 11 aprile 2023.

[17] A) assunzione della testimonianza di una persona quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento; B) assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso; C) esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri; D) esame delle persone indicate nell’art. 219 e all’esame dei testimoni di giustizia; E) confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al pubblico ministero hanno reso dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste dalle lett. a) e b); F) perizia o esperimento giudiziale, se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile; G) ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l’atto al dibattimento.

[18] In tal senso, si veda Cass., Sez. Un., 28 maggio 2009, 35490 e Sez. IV, 11 aprile 2018, n. 20568.