Cass., Sez. VI, sent. 1 marzo 2022 (dep. 17 marzo 2022), n. 9204, Pres. Di Stefano, est. Aprile, ric. Cannata e altri — Cass., Sez. III, sent. 31 gennaio 2022 (dep. 1 aprile 2022), n. 11991, Pres. Marini, est. Andreazza, ric. Novellino
1. Segnaliamo ai lettori due sentenze – una della terza e una della sesta sezione della Corte di cassazione – con cui i giudici di legittimità si sono soffermati sulla disposizione transitoria di cui al comma 1-bis dell’art. 1 d.l. n. 132/2021, convertito con modificazioni dalla l. n. 178/2021, relativa alla nuova disciplina sull’acquisizione dei tabulati telefonici nel processo penale, ritenendola conforme al diritto unionale e alla Costituzione. Accomunati dalla positiva valutazione della soluzione adottata dal legislatore, i due provvedimenti si differenziano per aver seguito percorsi argomentativi in parte differenti, che meritano di essere sinteticamente illustrati. Prima, però, si rende opportuna una brevissima ricognizione del quadro normativo di riferimento.
2. In materia di data retention – espressione con cui si allude alla conservazione, finalizzata all’accertamento dei reati, dei c.d. dati esterni delle conversazioni telefoniche (come, ad esempio, il numero del chiamante o del chiamato, l’orario e la durata della conversazione, la cella telefonica agganciata) –, il nostro ordinamento si è a lungo caratterizzato per un certo «atteggiamento di “resistenza” […] nei confronti delle novità normative o giurisprudenziali provenienti dall’Unione europea»[1]. Per anni la giurisprudenza ha infatti ritenuto che la vecchia formulazione dell’art. 132 del d.lgs. n. 196/2003 fosse compatibile con gli artt. 7, 8 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, per come interpretati dalla Corte di Giustizia, e ciò nonostante le diverse censure dottrinali, legate in particolare alla mancata individuazione di una soglia di gravità dei reati in relazione ai quali ammettere l’acquisizione dei tabulati, da un lato, e al riconoscimento della legittimazione all’acquisizione in capo al pubblico ministero[2].
La materia in esame è stata tuttavia recentemente attraversata dalle forti scosse telluriche generate dalla nota sentenza del 2 marzo 2021, H.K., C-746/18, della Grande Sezione della Corte di giustizia dell’Unione europea[3]. Con tale arresto, i giudici europei, nel rispondere a un rinvio pregiudiziale sollevato dalla Corte suprema estone, hanno affermato che l’art. 15 della direttiva 2002/58/UE esige, da un lato, che l’acquisizione dei “dati esterni” delle conversazioni sia ammesso solo in relazione «a procedure aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica», e, dall’altro lato, che la competenza ad acquisire i tabulati sia riconosciuta a un soggetto terzo, e non al pubblico ministero.
A fronte di questa chiara presa di posizione della Corte di giustizia dell’Unione europea, la giurisprudenza nazionale ha dovuto prendere atto dell’evidente disallineamento tra la vecchia formulazione dell’art. 132 d.lgs. 196/2003 e il diritto unionale. A questa consapevolezza si è tuttavia affiancato, nell’immediato, un certo disorientamento circa le soluzioni da adottare[4]: se alcuni giudici avevano optato per la diretta applicazione della regula juris europea, attraverso un’estensione analogica della disciplina in materia di intercettazioni[5], altri avevano escluso la percorribilità di tale sentiero, a causa dell’indeterminatezza delle espressioni utilizzate dalla Corte di giustizia[6].
Conscio dell’imprescindibilità del proprio intervento, il legislatore si è fatto attendere solo pochi mesi, e con il d.l. n. 132/2021 è intervenuto sull’art. 132 d.lgs. 196/2006 proprio al fine – dichiarato nel preambolo – di adeguare la disciplina nazionale ai principi enunciati dalla Corte di giustizia.
Rinviando ad altra sede per una più attenta analisi della nuova disciplina[7], basti qui ricordare le due più significative novità recate dalla nuova formulazione dell’art. 132 del c.d. codice privacy. Da un lato, quanto alla delimitazione delle fattispecie incriminatrici legittimanti l’accesso alle informazioni di traffico, si è utilizzato sia un criterio qualitativo, sia un criterio quantitativo, facendosi riferimento ai «reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell’articolo 4 del codice di procedura penale, e [ai] reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia e il disturbo sono gravi». Dall’altro lato, quanto alla fase dinamica della disciplina, è oggi previsto che «i dati sono acquisiti previa autorizzazione rilasciata dal giudice con decreto motivato, su richiesta del pubblico ministero o su istanza del difensore dell’imputato, della persona sottoposta a indagini, della persona offesa e delle altre parti private».
3. Nella sua formulazione originaria, il d.l. n. 132 del 2021 non contemplava alcuna disciplina intertemporale che regolasse le sorti dei tabulati già acquisiti nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto. Invero, «nel testo “in entrata” al Consiglio dei ministri del 29 settembre 2021»[8] una previsione sul punto – peraltro subito etichettata come «problematica»[9] e «discutibile»[10] dalla dottrina – era stata introdotta, salvo poi essere stralciata dalla versione definitiva del decreto pubblicata in Gazzetta ufficiale. Nell’assenza di coordinate normative, erano state ipotizzate diverse soluzioni[11], fra le quali era sembrata prevalere quella che faceva salva l’utilizzabilità dei tabulati già acquisiti nei procedimenti in corso invocando il principio tempus regit actum[12]. La lacuna è stata tuttavia colmata in sede di conversione del d.l. n. 132/2021. La l. n. 178/2021 ha infatti aggiunto un comma 1-bis all’art. 1 d.l. n. 132/2021, il quale pone una duplice condizione all’utilizzabilità dei «dati relativi al traffico telefonico, al traffico telematico e alle chiamate senza risposta, acquisiti nei procedimenti penali in data precedente alla data di entrata in vigore» del decreto stesso. Da un lato, si prevede che tali dati possano essere utilizzati unicamente per l’accertamento dei medesimi reati per i quali oggi si ammette l’acquisizione dei tabulati su autorizzazione del giudice; dall’altro lato si è precisato che gli stessi dati possano essere valutati a carico dell’imputato soltanto «unitamente ad altri elementi di prova», vale a dire in presenza dei c.d. riscontri. In presenza di tali condizioni, si finisce dunque per tollerare ancora – sia pure solo in via transitoria – l’utilizzo di tabulati acquisiti dal pubblico ministero, senza l’autorizzazione del giudice.
4. Quest’ultimo profilo ha fatto sorgere qualche dubbio sulla legittimità della suddetta disciplina transitoria al metro delle coordinate tracciate dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. Dubbi che sono giunti fino ai giudici di legittimità, e che tuttavia sono stati da questi ultimi velocemente dissipati con le due sentenze in epigrafe.
5. Nella sentenza n. 9204/2022 si osserva anzitutto che, laddove si ravvisasse un contrasto tra la disposizione transitoria in questione e il diritto unionale, sarebbe necessario sollevare questione di legittimità costituzionale, in quanto la disapplicazione della normativa interna da parte del giudice può ammettersi solo in presenza di una disciplina unionale avente efficacia diretta nell’ordinamento interno[13], carattere di cui è però sprovvisto l’art. 15 della direttiva 2002/58/UE, oggetto di interpretazione da parte della Corte di giustizia. Ciò premesso, la Corte di cassazione ritiene che una questione di legittimità costituzionale avente a oggetto l’art. 1, co. 1-bis, d.l. n. 132/2021 risulterebbe manifestamente infondata, trattandosi di una disposizione volta a «favorire una graduale applicazione nel tempo della nuova disciplina processuale» e improntata a criteri di ragionevolezza[14]. A questo proposito, viene richiamata la giurisprudenza della Corte costituzionale secondo cui l’esigenza di «calibrare il passaggio tra due modelli processuale […] difformi» legittima l’adozione di soluzioni finalizzate a non vanificare «totalmente l’attività probatoria già espletata»[15]. Del resto, la stessa Corte di giustizia tollera che gli effetti dichiarativi delle proprie sentenze siano oggetto di limitazione da parte dei legislatori nazionali tutte le volte in cui una rigida applicazione delle stesse dovesse «mettere in crisi il principio generale di certezza del diritto ovvero provocare gravi turbamenti»[16].
6. Anche la sentenza n. 11991/2022 difende con decisione la compatibilità della disposizione transitoria de qua con il diritto europeo. In questa pronuncia, i giudici di legittimità richiamano l’attenzione direttamente su alcuni passaggi motivazionali della sentenza H.K. della Grande Sezione della Corte di giustizia dell’Unione europea. Si tratta, segnatamente, del §43 e del §44, in cui gli stessi giudici europei avevano già riconosciuto che l’obiettivo «di evitare che informazioni ed elementi di prova ottenuti in modo illegittimo arrechino indebitamente pregiudizio a una persona sospettata di avere commesso dei reati» può essere raggiunto dai legislatori nazionali «non solo mediante un divieto di utilizzare informazioni ed elementi di prova siffatti, ma anche mediante norme e prassi nazionali che disciplinino la valutazione e la ponderazione delle informazioni e degli elementi di prova, o addirittura tenendo conto del loro carattere illegittimo in sede di determinazione della pena». Quale esempio di limite invalicabile rispetto all’utilizzazione di elementi acquisiti illegittimamente, i giudici europei avevano in particolare indicato il necessario rispetto del contraddittorio.
Alla luce di tali coordinate, i giudici di legittimità ritengono che la scelta operata dal legislatore possa dirsi in linea con il “principio di effettività”, per come inteso dalla Corte di giustizia. L’assenza di un provvedimento autorizzativo del giudice è stata infatti compensata dalla delimitazione delle fattispecie incriminatrici per le quali i dati già acquisiti risultano utilizzabili, nonché dalla necessità di valutare gli stessi alla luce di ‘altri elementi di prova’[17].
[1] Così L. Lupária, Data retention e processo penale. Un’occasione mancata per prendere i diritti davvero sul serio, in Dir. di internet, 4/2019, p. 758.
[2] Per un recente contributo sul punto cfr. I. Neroni Rezende, Dati esterni alle comunicazioni e processo penale: questioni ancora aperte in tema di data retention, in questa Rivista, n. 5/2020, pp. 183 ss., cui si rinvia anche per i riferimenti bibliografici.
[3] Cfr. C.G. UE, 2 marzo 2021, causa C-746/18, Prokuratuur (Conditions d’accès aux données relatives aux communications électroniques), ECLI:EU:C:2021:152, nota anche come sentenza “H.K.”. Per un commento cfr. E. Andolina, La sentenza della Corte di giustizia UE nel caso H.K. c. Prokuratuur: un punto di non ritorno nella lunga querelle in materia di data retention?, in Proc. pen. giust., n. 5/2021, pp. 1204 ss.; nonché L. Filippi, La disciplina italiana dei tabulati telefonici e telematici contrasta con il diritto U.E., in Diritto di difesa (web), 20 marzo 2021.
[4] Sul punto cfr. l’analisi di G. Leo, Le indagini sulle comunicazioni e sugli spostamenti delle persone: prime riflessioni riguardo alla recente giurisprudenza europea su geolocalizzazioni e tabulati telefonici, in questa Rivista, 31 maggio 2021, pp. 18 ss.
[5] Cfr. G.i.p. Roma, decreto 25 aprile 2021, giud. Sabatini, in questa Rivista, 29 aprile 2021, con nota di J. Della Torre, L’acquisizione dei tabulati telefonici nel processo penale dopo la sentenza della Grande Camera della Corte di Giustizia UE: la svolta garantista in un primo provvedimento del g.i.p. di Roma.
[6] Cfr. G.i.p. Roma, giud. Savio, in questa Rivista, 5 maggio 2021, con nota di A. Malacarne, Ancora sulle ricadute interne della sentenza della Corte di Giustizia in materia di acquisizione di tabulati telefonici: il G.i.p. di Roma dichiara il “non luogo a provvedere” sulla richiesta del p.m.
[7] Per un commento alla nuova normativa cfr. A. Malacarne, La decretazione d’urgenza del Governo in materia di tabulati telefonici: breve commento a prima lettura del d.l. 30 settembre 2021, n. 132, 8 ottobre 2021.
[8] Sul punto cfr. la Relazione del Massimario sulle novità introdotte dal d.l. 132/2021 in tema di acquisizione di tabulati telefonici e telematici, in questa Rivista, 18 ottobre 2021, pp. 30 ss.
[9] Cfr. C. Parodi, Il regime transitorio dei tabulati telefonici: le prime indicazioni della Cassazione, in ilPenalista, 28 marzo 2022.
[10] Cfr. G. Pestelli, D.l. 132/2021: un discutibile e inutile aggravio di procedura per tabulati telefonici e telematici, in Altalex (web), 4 ottobre 2021.
[11] Per una panoramica cfr. la Relazione del Massimario…, cit., pp. 30 ss.
[12] In questo senso cfr. Cass. pen. Sez. V, 6 ottobre 2021 (dep. 13 gennaio 2022), §1.2.2 del “considerato in diritto”.
[13] Sul punto cfr. Corte cost., 21 giugno 2010 (dep. 24 giugno 2010), n. 227.
[14] Cfr. p. 30 della sentenza in esame, da cui è tratta la citazione nel testo.
[15] Cfr. Corte cost., 12 marzo 2003 (dep. 14 marzo 2003), n. 64; v. anche Corte cost., 22 novembre 2001 (dep. 6 dicembre 2001), n. 381.
[16] Cfr. p. 29 della sentenza in esame, cui si rinvia per i riferimenti alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.
[17] Cfr. p. 8 della sentenza in esame.