Cass., Sez. III, ord. 15 maggio 2019 (dep. 2 ottobre 2019), n. 40380, Pres. Lapalorcia, Rel. Rosi, Ric. Perroni
1. Con l’ordinanza che qui si commenta, la Terza sezione penale rimette alle Sezioni unite la seguente questione: “Se, in caso di declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, sia consentito l’annullamento con rinvio limitatamente alla statuizione sulla confisca ai fini della valutazione da parte del giudice di rinvio della proporzionalità della misura, secondo il principio indicato dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’uomo 28 giugno 2018, G.I.E.M. s.r.l. e altri c. Italia”.
Come è noto, infatti, poco più di un anno fa la Corte europea dei diritti dell’uomo si pronunciava nuovamente, nella sua più prestigiosa composizione[1], sulla confisca c.d. urbanistica – disciplinata dall’art. 44 T.U. Edilizia e già oggetto dell’attenzione della Corte Edu nelle sentenze Sud Fondi[2] e Varvara[3] – segnalandone le persistenti criticità. Tra di esse, e per quel che qui principalmente interessa, i giudici di Strasburgo evidenziavano la natura sproporzionata della confisca in questione – misura obbligatoria e scarsamente flessibile – in grado di ingerirsi pesantemente nel diritto di proprietà del (presunto) autore della lottizzazione abusiva, senza che tale ingerenza fosse necessariamente giustificata dall’esigenza di tutelare i contro-interessi dell’ambiente e della potestà pubblica nella pianificazione urbanistica.
Proprio sulle concrete modalità che consentirebbero di procedere a una valutazione circa la proporzionalità della misura – valutazione che sarebbe ora imposta dall’interpretazione convenzionalmente conforme dell’art. 44 T.U. Edilizia – si interroga l’ordinanza in commento, segnalando la necessità di un intervento chiarificatore delle Sezioni unite. Ciò: tanto in relazione alla possibilità di rinviare al giudice del merito questo ormai ineludibile compito, anche a prescrizione sopravvenuta; quanto con riguardo allo strumento processuale che possa consentire un simile rinvio.
Su entrambe le questioni, dunque, ci soffermeremo, dopo avere brevemente introdotto il caso di specie e ricostruito il quadro giurisprudenziale dal quale i giudici della Terza sezione prendono le mosse.
2. La fattispecie concreta da cui la vicenda in commento trae origine è presto riassunta.
P.I., in qualità di legale rappresentante della ditta Kallipoli srl, veniva condannato – nel luglio del 2012 – dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno e mesi due di arresto e di 60.000 euro di ammenda, in relazione ad alcuni immobili costruiti in assenza del necessario titolo abilitativo, in violazione del piano di lottizzazione da lui presentato e, più in generale, degli standard urbanistici vigenti. Contestualmente alla condanna veniva disposta, dal Tribunale, la confisca dell’aerea e dei fabbricati abusivamente realizzati.
La Corte d’Appello di Messina – nel giugno del 2013 – confermava la condanna e l’imputato ricorreva in Cassazione lamentando, tra l’altro, che la confisca insisteva su beni in larga parte non di sua proprietà, bensì di proprietà di soggetti terzi rispetto alla vicenda processuale e in buona fede circa la genuinità dell’autorizzazione a costruire.
La trattazione del ricorso, originariamente fissata per il luglio 2014, veniva più volte rinviata in attesa della pronuncia della Corte Edu sul punto e veniva, infine, fissata al ruolo nell’udienza del 15 maggio 2019. In tale udienza, i giudici della Terza sezione non possono che rilevare il decorso dei termini di prescrizione del reato ascritto all’imputato, prescrizione maturata già pochi mesi dopo la pronuncia in grado d’appello e, precisamente, nell’ottobre del 2013. Tuttavia, l’esame delle doglianze dell’imputato relative alla confisca da lui subita – misura destinata a permanere nonostante la prescrizione del reato da cui dipende – sembra ai giudici ineludibile; l’imputato lamenta infatti – sostiene la Suprema Corte – proprio quella sproporzione della misura che la Corte Edu ha censurato ed in relazione alla quale può paventarsi la lesione del diritto di proprietà dell’imputato, come tutelato dall’art. 1 Prot. 1 Cedu.
3. Per meglio comprendere quale sia il problema di cui la Terza sezione si fa carico, non sarà ora superfluo ricordare brevemente a quali approdi è pervenuta la Corte Edu nella sentenza G.i.e.m, espressamente evocata dall’ordinanza di rimessione, con riguardo – innanzi tutto – alla necessaria proporzione di tale misura ablatoria.
Com’è noto, il diritto di proprietà è, in ambito convenzionale, oggetto delle garanzie approntate dall’art. 1 Prot. Add., il quale prescrive che “ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale”. Tale norma – che non è, lo ricordiamo, tra quelle che presidiano unicamente la matière pénale e dunque si applica a limitazioni del diritto di proprietà di qualunque natura (civili, penali, amministrative) – richiede che l’interferenza statale nel diritto di proprietà sia caratterizzata, oltre che da un’appropriata base legale, dalla ragionevole proporzione rispetto all’interesse pubblico perseguito. In altri termini, non è sufficiente che la limitazione al diritto di proprietà del singolo sia prevista dalla legge o, comunque, prevedibile alla luce di consolidata giurisprudenza; è necessario che tale ingerenza dei pubblici poteri nel pacifico godimento del diritto di proprietà sia improntata – altresì – al minimo sacrificio necessario del diritto individuale rispetto al preminente interesse pubblico di carattere super-individuale[4].
Ebbene, la C. Edu ha sempre – fin dalla sentenza Sud Fondi, poi in Varvara e, da ultimo, in G.i.e.m. – ritenuto che la confisca urbanistica italiana si ponga in contrasto con l’art. 1, Prot. Add., CEDU. Sebbene nelle prime due pronunce la riscontrata violazione del nullum crimen sine lege abbia contribuito a tale statuizione – riverberandosi negativamente sul requisito della prevedibilità della sanzione –, la misura è stata costantemente ritenuta dalla Corte (anche) sproporzionata, perché carente di quel ragionevole bilanciamento (fair balance) fra interesse pubblico e privato che si realizza solo quando i mezzi adoperati dai pubblici poteri non eccedono le finalità per le quali la misura è imposta.
L’art. 44 T.U. Edilizia infatti – per come attualmente ‘vive’ nell’ordinamento giuridico italiano – configura una confisca: i) obbligatoria, poiché discende automaticamente dalla sentenza di condanna; ii) rigida e piuttosto rigorosa, poiché investe tanto le opere abusivamente costruite, quanto i terreni abusivamente lottizzati. Ciò comporta che il giudice che accerti la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato di lottizzazione abusiva disponga automaticamente la confisca urbanistica, senza in alcun modo modularla sulla base delle specificità del caso concreto (rinunciando, ad esempio, alla confisca dei terreni su cui le opere insistono).
Difetta insomma – questo il nodo della questione – un meccanismo che consenta a chi giudica di selezionare, nel novero delle contromisure in grado di salvaguardare il contro-interesse pubblico, quella che meno sacrifica il diritto di proprietà del ricorrente, dovendo invece il giudice procedere all’indiscriminata confisca di tutte le opere e i terreni oggetto della lottizzazione. Una considerazione rafforzata dal fatto che gli indici di sproporzione cui la sentenza G.i.e.m. fa riferimento, nello specifico caso della confisca urbanistica italiana, sono rappresentati[5]: a) dalla (im)possibilità di adottare misure meno restrittive, quali la demolizione di opere non conformi alle disposizioni pertinenti o l’annullamento del progetto di lottizzazione; b) dalla ‘natura illimitata’ della sanzione, che colpisce tanto le aree edificate quanto quelle non edificate, anche appartenenti a terzi; c) dal grado di colpa o di negligenza dei ricorrenti o, al limite, il rapporto sussistente fra le condotte tenute e il reato in questione.
4. Soffermiamoci ancora qualche attimo sulla recente giurisprudenza della C. Edu in materia di proporzionalità della confisca urbanistica, sottolineandone alcuni passaggi forse non scontati.
Innanzi tutto, lo schema interferenza (nel diritto di proprietà) /giustificazione (preminente interesse pubblico) e la logica del minimo sacrificio necessario devono caratterizzare – perché la garanzia convenzionale venga rispettata – ogni genere di ingerenza del potere pubblico nel libero godimento dei propri beni da parte del privato, non solo quelle aventi natura penale.
In altri termini, il necessario accertamento della (sussistenza di una base legale appropriata e della) proporzionalità della misura non dipende dal fatto che la confisca urbanistica sia stata a più riprese ritenuta dalla C. Edu una sanzione sostanzialmente penale. È chiaro, però, che fra la violazione delle disposizioni convenzionali più strettamente legate alla materia penale e quella del diritto di proprietà possono esistere alcune reciproche interferenze.
In primo luogo, la violazione di altre norme convenzionali le cui garanzie si applicano solo alle sanzioni penali – il nullum crimen sine lege (art. 7 Cedu) e la presunzione di non colpevolezza (art. 6§2 Cedu) – può riverberarsi negativamente sulla qualità del provvedimento ablatorio e determinare la correlativa violazione dell’art. 1 Prot. Add. Cedu. Ciò accade, segnatamente, perché la radicale imprevedibilità dell’inflizione di una sanzione penale – in violazione dell’art. 7 Cedu – non può non ripercuotersi anche sul necessario requisito di una base legale appropriata per procedere alla limitazione del diritto di proprietà; o, ancora, perché se la sanzione penale è stata inflitta, ad esempio, contestualmente al proscioglimento dell’imputato per prescrizione a seguito di un’udienza non pubblica o in assenza di contraddittorio – in violazione dell’art. 6(§2) Cedu – una tale ingerenza nel diritto di proprietà del singolo sarà necessariamente ritenuta arbitraria e dunque sproporzionata[6].
Insomma: dalla violazione delle garanzie sostanziali o procedurali che assistono la materia penale può discendere una violazione del diritto di proprietà; anche in ambito non penale, tuttavia, o in assenza di qualsivoglia violazione degli artt. 6 e 7 Cedu, la limitazione del diritto di proprietà dovrà soggiacere al requisito della proporzionalità fra interesse e contro-interesse tutelato.
In secondo luogo, la sproporzione dell’ingerenza statale nel diritto di proprietà del singolo – quel surplus di interferenza che non è giustificato dalla finalità di tutelare il contro-interesse e che dunque eccede tale scopo preventivo/ripristinatorio – contribuisce grandemente ad attrarre la misura sproporzionata nell’alveo della matière pénale e a determinare l’applicabilità alla confisca in questione delle garanzie di cui agli artt. 7 e 6§2 Cedu. La vicenda della confisca urbanistica è, in questo, esemplare: la Corte Edu – oltre a rilevare come tale misura sia la direttamente collegata al compimento di un fatto di reato e inserita in un capo rubricato ‘sanzioni penali’ – ha sempre desunto la natura punitiva della confisca in questione, innanzi tutto, dal suo abbattersi sull’intera area oggetto della lottizzazione, anche in assenza di manufatti abusivi (nel caso Sud Fondi addirittura l’85% dei terreni confiscati era non edificato).
5. Breve: fra le garanzie attinenti la materia penale e quella relativa al diritto di proprietà vi sono una serie di punti di tangenza ed influenze reciproche, che tuttavia non devono disorientare l’interprete.
In particolar modo, il requisito della proporzionalità dalla confisca urbanistica/ingerenza nel diritto di proprietà va sempre tenuto ben distinto da quello della proporzione della confisca urbanistica/sanzione penale. Il primo giudizio esprime il rapporto che deve sussistere fra la limitazione della proprietà privata dell’imputato e la tutela dei contro-interessi confliggenti dell’ambiente, del paesaggio e della potestà pianificatoria pubblica in queste materie; ciò che occorrerà verificare è che il diritto del privato sia stato sacrificato dai pubblici poteri solo nella misura strettamente necessaria imposta dal soddisfacimento delle prevalenti esigenze pubbliche. Un’analisi di tal genere – è evidente – non ha nulla a che vedere con il diverso rapporto che deve intercorrere fra la sanzione complessivamente inflitta per il reato di lottizzazione abusiva e il reato stesso, considerato nelle sue componenti oggettive e soggettive; giudizio in relazione al quale, pure, una confisca sproporzionata può giocare un ruolo: una misura ablatoria pesantemente sproporzionata, di cui sia riconosciuta la natura penale, nel suo ‘sommarsi’ alle pene edittali per il reato da cui dipende può determinare la complessiva sproporzione dell’arsenale sanzionatorio rispetto alla colpevolezza dell’imputato[7].
Sia ben chiaro, però, che il giudizio di proporzionalità della confisca urbanistica cui si riferisce l’odierna ordinanza non ha niente a che fare con la complessiva proporzione della pena inflitta per il reato di lottizzazione abusiva; né tantomeno potrebbe, versandosi nel caso di specie – come abbiamo avuto modo di sottolineare – in un’ipotesi di reato estinto per prescrizione, cui sopravvive, appunto, la sola misura ablatoria. Proprio in casi come questi tuttavia – casi nei quali una sanzione qualificata come sostanzialmente penale (anche) perché sproporzionata e dunque molto afflittiva è inflitta in assenza di un provvedimento formale di condanna – la questione dell’incidenza della sproporzione sul complessivo assetto delle garanzie applicabili alla misura de qua non è di poco conto e deve far riflettere.
6. Svolte queste, forse non superflue, precisazioni in ordine alla confisca senza condanna e chiarito in cosa consista il giudizio di proporzionalità della confisca urbanistica che la Corte Edu considera necessario – pena la violazione del diritto di proprietà dell’imputato – ben si comprende quale sia il dilemma di fronte al quale si trova la Corte di cassazione. Da un lato, il giudizio di congruità fra la misura ablatoria effettivamente posta in essere e la salvaguardia del concorrente e preminente interesse pubblico è imposta da un’interpretazione convenzionalmente orientata dell’art. 44 T.U. Edilizia; dall’altro, un tale giudizio, per come già più volte descritto, necessita – afferma condivisibilmente la Suprema corte – di una valutazione di merito, in relazione alla quale possono rendersi necessari accertamenti di fatto.
È possibile dunque – si chiedono i giudici della Terza sezione – all’esito della declaratoria di prescrizione del reato, e quindi di annullamento senza rinvio della sentenza di condanna (ex art. 620 c.1 l. a) c.p.p.), un giudizio di rinvio limitato alla valutazione della proporzionalità della confisca urbanistica inflitta? Ed, eventualmente, con l’ausilio di quale norma processuale?
7. Per rispondere a queste domande, la Terza sezione svolge un’attenta analisi della giurisprudenza di legittimità in materia, con particolare riguardo alle sentenze successive alla già ricordata sentenza G.i.e.m.
Il quadro emergente da tale disamina – pur con alcune sfumature sulle quali ci soffermeremo – descrive una Suprema Corte certamente orientata verso la possibilità di procedere ad un giudizio di rinvio limitato alla confisca urbanistica. Ciò: motivatamente[8] o immotivatamente[9] evocando quale strumento processuale il nuovo art. 578 bis c.p.p. (sulla cui gestazione e interpretazione torneremo, poiché su di esse l’ordinanza in commento si sofferma diffusamente); o ritenendo l’art. 578 bis inapplicabile e fondando la possibilità di rinviare sull’ analogia con tipi diversi di confisca, in relazione ai quali il rinvio è consentito[10].
Se infatti, in una occasione (sentenza Pintore[11]), la Cassazione non ha esitato ad affermare che proprio l’introduzione dell’art. 578 bis c.p.p., più ancora che la giurisprudenza della Corte Edu, consente l’annullamento con rinvio – e, addirittura, impone al giudice del dibattimento di effettuare l’accertamento di responsabilità dell’imputato nonostante la prescrizione del reato, al solo fine di statuire sulla confisca –, in altro successivo arresto (sentenza Grieco[12]) la Suprema corte si è orientata nel senso di ritenere tale articolo inapplicabile e ha reputato di poter individuare altrove il fondamento giuridico della possibilità di un rinvio relativo alla sola confisca urbanistica.
Più in particolare, in quell’occasione la Suprema Corte ha: passato in rassegna una serie di casi da reputarsi – a suo giudizio – analoghi a quello della confisca urbanistica, in relazione ai quali il rinvio è possibile (ipotesi di confisca per illiceità intrinseca della res e pronuncia sulla falsità dei documenti); tenuto conto del trend legislativo che ha condotto all’introduzione dell’art. 578 bis c.p.p.; fatto mostra di condividere altro orientamento espresso in precedenza dalla Cassazione (sentenza Martino[13]), a mente del quale l’art. 44 T.U. Edilizia rappresenterebbe una deroga all’obbligo della immediata declaratoria delle cause estintive del reato (ex art. 129 c. 2 c.p.p.) e consentirebbe la prosecuzione del processo penale anche in primo grado e a prescrizione sopravvenuta.
Ebbene, proprio nei confronti dell’ultimo degli orientamenti giurisprudenziali ora menzionati (sentenza Grieco) l’odierna ordinanza si pone in potenziale contrasto. I giudici della Terza sezione, infatti, non solo ritengono che alla confisca urbanistica non sia applicabile l’art. 578 bis c.p.p., ma anche che – allo stato delle legislazione – nessuna norma del codice di procedura penale consenta alla Cassazione di annullare con rinvio, limitatamente alla statuizione sulla confisca urbanistica, qualora debba dichiararsi la prescrizione del reato di lottizzazione abusiva.
In particolar modo, le ragioni dell’inapplicabilità dell’art. 578 bis all’art. 44 T.U. Edilizia sarebbero da ricercarsi – afferma la Corte – nell’iter legislativo che ha condotto all’introduzione di tale, recente norma all’interno del codice di rito. La norma in questione – introdotta nel 2018, ad opera del decreto legislativo attuativo della riserva di codice[14] che contestualmente introduceva il nuovo art. 240 bis c.p. in materia di confisca allargata[15]. – riproduce la disposizione dell’abrogato art. 12 sexies c. 4 septies del Codice antimafia[16], pur con alcune significative variazioni L’art. 578 bis, rubricato ‘confisca in casi particolari nel caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione’, recita: “quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell’articolo 240-bis del codice penale e da altre disposizioni di legge o la confisca prevista dall'articolo 322-ter del codice penale[17], il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato”.
Ebbene, la disposizione in questione – che com’è noto riproduce un principio di diritto già affermatosi nella giurisprudenza di legittimità[18] – tralascia di menzionare, come invece faceva l’abrogato art. 12 sexies Codice antimafia gli artt. 295 c. 2 T.U. Doganale[19] e 73 T.U. Stupefacenti[20]. In conformità, infatti, a quanto disposto dal nuovo art. 3 bis c.p. proprio in materia di riserva di codice, le disposizione relative alla confisca allargata per tali fattispecie di reato trovano ora posto nei rispettivi testi unici, come del resto avrebbe dovuto provvedere a fare il legislatore in relazione al T.U. Edilizia, se avesse ritenuto applicabile alla confisca urbanistica il disposto dell’art. 578 bis c.p.p. Per tale ragione – oltreché per l’utilizzo della congiunzione ‘o’ nel testo dell’art. 578 bis, che rimarcherebbe la voluntas legis di limitare tassativamente alle confische menzionate l’applicabilità della norma processuale – la Terza sezione ritiene tale norma inapplicabile alla confisca disciplinata dall’art. 44 T.U. Edilizia.
La confisca urbanistica poi – continua la Cassazione – ha caratteristiche strutturali molto diverse non solo dalla confisca allargata di cui all’art. 240 bis c.p. e da quella per equivalente di cui all’art. 322 ter c.p., ma anche rispetto alle ulteriori e diverse tipologie di confisca in relazione alle quali pure è consentito il rinvio al giudice del merito anche una volta decorso il termine prescrizionale, la cui disciplina è stata – erroneamente, sostiene l’ordinanza in commento – analogicamente applicata alla confisca urbanistica dalla sentenza Grieco. La possibilità di proseguire nel processo, infatti, è consentita: in casi nei quali la confisca ha natura di misura di sicurezza e non di sanzione penale (confisca della res illicita ex art. 240 c.p. o confisca obbligatoria del prezzo e profitto del reato e dei beni strumentali alla sua consumazione); o, comunque, per fini diversi dall’inflizione di una misura ablatoria avente carattere penale (prosecuzione del giudizio ai soli effetti della responsabilità civile ai sensi dell’art. 578 c.p.p.). Anche qualora, poi, l’art. 578 bis c.p.p. dovesse ritenersi applicabile al caso di specie – soggiungono i giudici – non potrebbero ignorarsi i seri dubbi di legittimità costituzionale che tale norma presenterebbe, per contrasto con l’art. 76 della Costituzione. A fronte di una delega a intervenire sul codice penale, infatti, il legislatore delegato avrebbe non solo apportato modifiche anche al codice di rito, ma addirittura inserito all’interno di quest’ultimo una norma che non si limita a riprodurre pedissequamente la disposizione del Codice antimafia, ma che deve ritenersi innovativa in un senso niente affatto ricompreso fra quelli espressi dai principi e criteri direttivi della legge delega.
Insomma – seppure tutte le ricordate eccezioni all’obbligo di immediata declaratoria di estinzione del reato facciano ritenere non del tutto anomalo che il giudice del merito possa procedere ad ulteriori accertamenti concernenti la confisca, anche a prescrizione sopravvenuta[21] – il Collegio conclude per l’inapplicabilità dell’art. 178 bis c.p.p. al caso di specie e per l’assenza di una disposizione processuale che consenta materialmente una tale operazione; di talché la statuizione di annullamento con rinvio limitato alla confisca urbanistica sarebbe viziata da eccesso di giurisdizione, non risultando applicabile al caso nessuna norma del codice di procedura penale o di leggi speciali.
Potendo, però, tale statuizione dar luogo a un contrasto di giurisprudenza (con la già più volte menzionata sentenza Grieco) la Terza sezione ritiene necessario rimettere la questione alle Sezioni Unite.
* * *
8. La palla passa allora alle Sezioni Unite, cui spetterà dirimere il contrasto potenziale appena evocato, introducendo qualche elemento di chiarezza in relazione all’an ed, eventualmente, al quomodo del rinvio al giudice del merito – limitatamente alle questioni concernenti la proporzionalità della confisca urbanistica – anche in relazione a fattispecie concrete che vedano l’imputato prosciolto per prescrizione del reato.
Un compito delicato, per le ripercussioni che la pronuncia della Suprema Corte certamente avrà su una materia quanto mai sensibile.
Abbiamo già sottolineato come il giudizio di proporzionalità della misura sia fondamentale ai fini del rispetto della garanzia convenzionale di cui all’art. 1 Prot. Add. e si riverberi notevolmente anche sul complessivo assetto delle garanzie che assistono questa particolare tipologia di confisca. La minimizzazione del sacrificio imposto a colui che, prosciolto, si veda infliggere una confisca ‘senza condanna’ passa anche e soprattutto da una rigorosa valutazione del minimo sacrificio necessario del suo diritto di proprietà; una considerazione tanto più imperativa quando, addirittura, la confisca sia stata disposta durante il giudizio di primo grado.
Va ricordato infatti – seppure in estrema sintesi – che un altro degli approdi fondamentali della sentenza G.i.e.m. è quello di consentire che la confisca urbanistica sia disposta anche nei confronti di fabbricati e terreni di proprietà di soggetti prosciolti per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva e, quindi, in assenza di una sentenza definitiva di condanna[22]. Ciò che è necessario e sufficiente per procedere alla confisca – afferma la Corte Edu – è che provvedimento sia: a) in grado di contenere un pieno accertamento, oltre ogni ragionevole dubbio, in ordine alla sussistenza del reato di lottizzazione abusiva, tanto nella sua componente oggettiva quanto in quella soggettiva; b) emesso dal giudice a seguito di un procedimento che abbia rispettato in maniera rigorosa i requisiti del giusto processo come enunciati dall’art. 6 CEDU.
Ed, in effetti, la giurisprudenza della Cassazione successiva alla presa di posizione della Corte Edu rinviene proprio nel necessario rispetto dei principi del giusto processo il vero e proprio discrimine fra una confisca legittima – perché disposta a seguito di un accertamento avente le caratteristiche di una condanna in senso ‘sostanziale’ – e una confisca illegittima, perché carente dei requisiti minimi per poter pervenire a un accertamento di responsabilità, seppur contenuto in un provvedimento diverso da una condanna in senso ‘formale’. Così, ad esempio, la Suprema corte afferma che è illegittima la confisca urbanistica disposta contestualmente al proscioglimento per prescrizione dell’imputato, senza l’istaurazione del contraddittorio e senza l’esame delle doglianze proposte con gli atti d’appello, avvenuta in sede predibattimentale[23] o prima che l’istruzione dibattimentale sia conclusa[24].
Tuttavia, non si può fare a meno di osservare come la nozione di condanna in senso ‘sostanziale’ prescelta dai giudici di Strasburgo e emergente dalla sentenza G.i.e.m. sia alquanto differente (e meno garantistica) rispetto a quella già adottata dalle giurisdizioni nazionali[25] in relazione alle altre ipotesi di confisca ‘senza condanna’ presenti nel nostro ordinamento. Ci si riferisce proprio al principio di diritto dapprima espresso dalle Sezioni Unite Lucci[26] e in seguito recepito dal legislatore all’interno dell’art. 578 bis c.p.p.
Anche nei casi di confisca ‘senza condanna’ disciplinati dall’articolo 578 bis c.p.p., infatti, la confisca può essere disposta contestualmente al proscioglimento dell’imputato per avvenuta prescrizione. Tuttavia, l’accertamento avente natura di condanna ‘sostanziale’ cui si riferisce l’art. 578 bis c.p.p. deve avere assunto – quantomeno – la forma di una sentenza di condanna formale in primo (e/o) secondo grado, come è evidente dal fatto che tale norma che si rivolga solo al giudice di secondo grado o di Cassazione.
Appare evidente, allora, che l’estensione del principio di diritto di cui all’art. 578 bis c.p.p. alla confisca urbanistica consentirebbe un innalzamento delle garanzie in questa materia, perché impedirebbe – cosa che, a stretto rigore, la giurisprudenza Edu non fa – che tale misura sia disposta, ad esempio, all’esito dell’istruttoria dibattimentale e prima della pronuncia della condanna in primo grado; con ciò mettendo fine ad una potenziale disparità di trattamento rispetto alle altre confische ‘senza condanna’ presenti nel nostro ordinamento difficile da giustificare, sol che si rifletta sulla sua, ormai più volte affermata, natura sostanzialmente penale.
Anche in assenza di un allineamento dello standard delle garanzie fra la confisca urbanistica e le altre confische senza condanna e – in particolar modo – nei casi in cui la misura sia disposta nel primo grado di giudizio, il rispetto della necessaria proporzionalità della misura pare un requisito irrinunciabile; l’unico requisito, a ben vedere, che possa in qualche modo intervenire a controbilanciare l’evidente flessione delle garanzie processuali che ormai caratterizza la materia.
[1] C. Edu, Grande Camera, sent. 28 giugno 2018, G.i.e.m. e altri c. Italia. Sulla pronuncia, fra molti: cfr. Bignami, Da Strasburgo via libera alla confisca urbanistica senza condanna, in Questione Giustizia, 10 luglio 2018; Repetto, La Grande Camera della Corte Edu si pronuncia sulla confisca a seguito di lottizzazione abusiva e si riduce il divario con la Corte Costituzionale, in Diritti Comparati, 28 giugno 2018; Civello, La sentenza G.i.e.m. s.r.l. e altri c. Italia: un passo indietro rispetto alla sentenza “Varvara”? Ancora sui rapporti tra prescrizione e confisca urbanistica, in Archivio Penale, 3, 2018; Quattrocchi, Lottizzazione abusiva e confisca urbanistica: la discussa compatibilità convenzionale davanti alla Grande Camera della Corte Edu, in Dir. pen. proc., 2018, 1505 ss.; Ranaldi, Confisca urbanistica senza condanna e prescrizione del reato: interrogativi sui rimedi processuali azionabili, dopo che la Grande Camera ha delineato un ‘equilibrio’ possibile, in Archivio penale, 3, 2018. Volendo anche Galluccio, Confisca senza condanna, principio di colpevolezza, partecipazione dell’ente al processo: l’attesa sentenza della Corte EDU, Grande Camera, in materia urbanistica, in Dir. pen. cont., 7/8, 2018, 226 ss.; Id., Giurisprudenza europea e confisca senza condanna, voce per Il Libro dell’anno del Diritto, 2019, Istituto dell’enciclopedia Treccani.
[2] C. Edu, sez. II, sent. 30 agosto 2007, Sud Fondi c. Italia. Sulla pronucia cfr. Balsamo, La speciale confisca contro la lottizzazione abusiva davanti alla Corte europea, in Cass. Pen., 2008, 3508 ss.
[3] C. Edu, sez. II, sent. 29 ottobre 2013, Varvara c. Italia. Sulla pronuncia cfr. Fr. Mazzacuva, La confisca disposta in assenza di condanna viola l’art. 7 Cedu, in Dir. pen. cont., 5 novembre 2013; Balsamo, La Corte europea e la ‘confisca senza condanna’ per la lottizzazione abusiva, in Cass. pen., 2014, 1395 ss.
[4] Cfr. Finocchiaro, sub art. 1 Prot. Add., Cedu, in AA.VV., Corte di Strasburgo e giustizia penale, a cura di Ubertis-Viganò, Giappichelli, 2016, 325 ss.
[5] C. Edu, Grande Camera, sent. 28 giugno 2018, G.i.e.m., cit., §301.
[6] Nell’alveo della proporzione vengono generalmente ricomprese le garanzie procedurali, cfr. ancora Finocchiaro, sub art. 1 Prot. Add., 331 s.; Id., La confisca civile dei proventi da reato. Misura di prevenzione e civil forfeiture: verso un nuovo modello di non-conviction based confiscation, ed. Criminal Justice Network, 2018, 270.
[7] Cfr. C.edu, sez. I, sent. 6 novembre 2008, Ismayilov c. Russia; C.edu, sez. I, sent. 26 febbraio 2009, Grifhorst c. Francia; C.edu, sez. I, sent. 9 luglio 2009, Moon c. Francia; C.edu, sez. I, sent. 13 maggio 2014, Paulet c. Regno Unito.
[8] Cass., sent. 11 aprile 2019, n. 22034, Pintore.
[9] Cass., sent. 8 novembre 2018, n. 5936, Basile; Cass., sent. 4 dicembre 2018, n.14005, PM c. Bogni; Cass., sent. 20 febbraio 2019, n. 14743, Amodio.
[10] Cass., sent. 27 marzo 2019, n. 31282, Grieco e a.
[11] Cass., sent. 11 aprile 2019, n. 22034, Pintore, cit.
[12] Cass., sent. 27 marzo 2019, n. 31282, Grieco e a., cit.
[13] Cass., sent. 17 luglio 2017, n. 53692, Martino.
[14] D.lgs. 1 marzo 2018, n. 21.
[15] Per una ricostruzione delle modifiche intervenute sulla confisca allargata di cui all’art. 240 bis e sull’introduzione dell’ art. 578 bis c.p.p., si veda, tra gli altri, Barazzetta, sub art. 240 bis c.p., in Codice delle confische, a cura di Epidendio – Varraso, Milano, 2018, p. 1001 ss.
[16] D.l. 8 giugno 1992, n. 306.
[17] Il riferimento alla confisca di cui all’art. 322 ter c.p. è stato inserito dalla l. 9 gennaio 2019, n. 3. Tale legge, tra l’altro, potrebbe comportare l’ “abrogazione ‘differita’ (quasi completa) dell’art. 578 bis c.p.p.” come osserva Varraso, La decisione sugli effetti civili e la confisca senza condanna in sede di impugnazione. La legge n. 3 del 2019 (c.d. ‘spazzacorrotti’) trasforma gli artt. 578 e 578 bis c.p.p. in una disciplina a termine, in Dir. pen. cont., 4 febbraio 2019.
[18] Ci si riferisce in particolar modo a Cass., S.U., 26 giugno 2015, n. 31617, Lucci e a C. Cost., sent. n. 49 del 2015.
[19] D.P.r. 23 gennaio 1973, n. 43.
[20] D.P.r. 9 ottobre 1990, n. 309.
[21] Così, del resto, esplicitamente Cass., S.U., sent. 15 ottobre 2008, De Maio.
[22] Cfr., fra molti, F. Viganò, La Consulta e la tela di Penelope, in Dir. pen. cont. – Riv. Trim., 2/2015, 333 ss.; V. Manes, La ‘confisca senza condanna’ al crocevia tra Roma e Strasburgo: il nodo della presunzione di innocenza, in Dir. pen. cont., 13 aprile 2015.
[23] Cass., sent. 8 novembre 2018, n. 5936, Basile, cit.
[24] Cass., sent. 4 dicembre 2018, n.14005, PM c. Bogni, cit.
[25] Segnala questo profilo, in particolar modo, Pulvirenti, Il difficile connubio dell’art. 578 bis c.p.p. con la ‘sentenza Giem’ della Corte europea tra arretramenti ermeneutici e ipotesi di innalzamento del livello (interno) di tutela, in Archivio Penale, 2, 2019, 15.
[26] Cass., S.U., sent. Lucci, cit.