1. L’esperienza della pandemia e l'art. 3-bis del d.l. n. 44 del 2021. La diffusione del virus SARS-Cov-2 ha lasciato in eredità, sul piano giuridico, l’esperienza di soluzioni normative temporanee che hanno inciso su un settore assai problematico della responsabilità colposa, quello legato all’attività sanitaria.
Come si ricorderà, la risposta normativa all’esigenza di evitare che medici e operatori sanitari, per oltre due anni impegnati nella lotta alla pandemia, fossero travolti da inchieste giudiziarie miranti a trovare colpevoli, diversi dal virus, per i decessi avvenuti durante tale periodo, si è tradotta infatti dapprima nell’art. 3 del decreto-legge 1 aprile 2021, n. 44 (recante "Misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da Covid-19, in materia di vaccinazioni anti Sars-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici"), che ha introdotto un’ipotesi di non punibilità circoscritta ai soli vaccinatori, e, quindi, nell’art. 3-bis della relativa legge di conversione (legge 28 maggio 2021, n. 76), che ha allargato il campo, prevedendo, al primo comma, che “durante lo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e successive proroghe, i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, commessi nell'esercizio di una professione sanitaria e che trovano causa nella situazione di emergenza, sono punibili solo nei casi di colpa grave” e aggiungendo, al secondo comma, che, “ai fini della valutazione del grado della colpa, il giudice tiene conto, tra i fattori che ne possono escludere la gravità, della limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate, nonché della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, oltre che del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all'emergenza”[1].
Per tale via, sono state recepite le molteplici e accorate istanze – avanzate al legislatore e al Governo dalla Federazione Nazionale dell'Ordine dei Medici (FNOMCeO) e da una parte (invero non maggioritaria) della dottrina[2] – volte a rimarcare la necessità di tenere conto sino in fondo delle difficoltà contestuali ed emergenziali che i professionisti sanitari, trovatisi a combattere una malattia sconosciuta, per la quale le evidenze scientifiche sono in continuo divenire e derivano per lo più da studi osservazionali, hanno dovuto affrontare e a far sì che la misura del rimprovero personale che può essere loro mosso sia ragionevolmente correlata all’eccezionalità e all'emergenza in cui versa il sistema sanitario.
2. I limiti dell’odierno contesto normativo e giurisprudenziale di riferimento. Cessata la fase più acuta dell’emergenza, non si può fare a meno di osservare come, in fondo, molte delle denunciate difficoltà e situazioni di disagio accompagnano da sempre lo svolgimento dell'ordinaria attività medica, al di là della specifica esigenza legata al diffondersi del Covid; così come va ricordato che i rischi penali correlati alla complessità della professione sanitaria sono da tempo all’attenzione dell'opinione pubblica e dell'agenda politica. Alla pandemia, allora, si può riconoscere il merito di avere fatto uscire allo scoperto l'indifferibilità del tema, palesando in maniera drammaticamente evidente i gravosi limiti dell'attuale disciplina penale di riferimento.
È infatti ben noto come l’art. 590-sexies c.p., introdotto nel codice penale con la legge 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco) e "rivisitato", in senso ulteriormente restrittivo, dalle Sezioni unite penali della Cassazione nella sentenza Mariotti del febbraio 2018, non solo abbia circoscritto l’esonero da responsabilità per colpa dell'operatore sanitario alle fattispecie di omicidio e lesioni colposi e lo abbia limitato alle ipotesi di imperizia non grave, riferibile all'atto esecutivo, ma lo abbia ancorato anche al rispetto di linee guida accreditate o buone pratiche clinico-assistenziali consolidate e subordinato in ogni caso a un preventivo vaglio di adeguatezza delle raccomandazioni contenute in siffatte linee guida alle specificità del caso concreto. Non a caso, l’unica certezza emersa già in sede di primo commento è stata quella che il legislatore, nonostante gli sforzi compiuti, abbia — nella sostanza — mancato l’obiettivo di offrire alla classe medica rassicurazioni sul piano penalistico, persino arretrando rispetto alle ultime acquisizioni garantiste della giurisprudenza maturate con riguardo alla legge Balduzzi; l’impressione è stata corroborata, nella richiamata e assai discussa sentenza del 2018, dalle stesse Sezioni unite, le quali, riconoscendo sul piano intertemporale la normativa previgente come più favorevole, hanno sancito expressis verbis il fallimento della riforma[3].
Sempre sul versante giurisprudenziale, peraltro, ben poco si può fare affidamento sulla potenzialità ‘salvifica’ della c.d. misura soggettiva della colpa[4]. Si tratta di una categoria certamente capace – in linea teorica – di fornire un adeguato strumento di valutazione delle emergenze ‘contestuali’ e personali, legate alle difficoltà contingenti in cui l’operatore sanitario è chiamato a svolgere la propria attività di cura e assistenza. Questo tipo di accertamento fa leva sull’applicazione, anche in sede penale, della clausola generale contenuta all’art. 2236 c.c., che, in presenza di “problemi tecnici di speciale difficoltà” della prestazione professionale, limita la responsabilità del prestatore d’opera ai soli casi di dolo e colpa grave. Tuttavia, la giurisprudenza penale in ben poche occasioni vi ha effettivamente fatto ricorso in ambito sanitario, finendo per degradare la disposizione civilistica da canone valutativo a mera clausola di stile, sotto la rassicurante – ma poco appagante sul piano della declinazione pratica – formulazione di "regola di esperienza cui il giudice può attenersi nel valutare l’addebito di imperizia quando il caso specifico sottoposto all’esame del sanitario imponga la soluzione di problemi di speciale difficoltà"[5]. Si può osservare oltretutto come quest’impostazione, quand’anche fosse accolta, sconterebbe in ogni caso il limite del riferimento alla sola imperizia, tralasciando le ipotesi riconducibili a negligenza e imprudenza.
3. Gli spunti di riflessione e le possibili direttrici per una nuova riforma. In questo scenario critico, non si può non tornare allora a riflettere a mente fredda sull'opportunità di un nuovo intervento legislativo che, facendo tesoro dei limiti applicativi emersi nella prassi, ridisegni i confini applicativi della non punibilità di cui all’art. 590-sexies c.p. oltre gli angusti margini della sola imperizia lieve nella fase esecutiva. Invero, l'esigenza di riforma è stata già avvertita e portata all'attenzione parlamentare; è infatti attualmente all'esame delle Commissioni riunite II e XII della Camera la proposta di legge A.C. 1321, rubricata "Modifiche alla legge 8 marzo 2017, n. 24, al codice di procedura civile e alle disposizioni per la sua attuazione nonché alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, in materia di responsabilità sanitaria".
Nel corpo dell'ampio progetto di riforma sono colti “gli aspetti di equivoca interpretazione e di problematica applicazione” dell'art. 590-sexies c.p., superati tuttavia, nelle intenzioni dei proponenti, mediante la sua abrogazione. L’obiettivo perseguito è quello di fare rivivere la disciplina previgente e, conseguentemente, ricondurre le condotte del personale sanitario nell’alveo delle generali ipotesi colpose di cui agli artt. 589 e 590 del codice penale. Si tratterebbe, a ben vedere, di una soluzione inappagante, che segnerebbe un evidente passo indietro rispetto alle acquisizioni maturate negli ultimi dieci anni, considerati gli effetti in malam partem rispetto alla soluzione adottata nella prima modifica legislativa, rappresentata dall’art. 3 co. 1 della legge n. 189 del 2012 (c.d. legge Balduzzi), che come si ricorderà aveva circoscritto alle sole ipotesi di colpa non lieve l’area di responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento dalla propria attività, si fosse attenuto “a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”.
Alla luce di tutto ciò, la prospettiva di intervento – da incanalare nei binari parlamentari – andrebbe diversamente calibrata.
Valorizzando il contenuto e l’esperienza dell'art. 3-bis del decreto-legge n. 44 del 2021 sarebbe preferibile circoscrivere la responsabilità penale del sanitario alle sole ipotesi di dolo e colpa grave e stabilizzare una clausola definitoria degli indici di valutazione della colpa, che richiami il rispetto delle linee guida di cui all'art. 5 della legge n. 24 del 2017 (e, se del caso, in una situazione di incertezza scientifica, pure l'osservanza di linee guida anche se non accreditate o di buone pratiche clinico-assistenziali non ancora consolidate) e tenga conto dei fattori contestuali e di eventuali profili ‘emergenziali’ e di carattere organizzativo (tra i quali, non solo il numero di pazienti contemporaneamente coinvolti e gli standard organizzativi della singola struttura in rapporto alla gestione dello specifico rischio clinico, ma anche il tempo a disposizione per assumere decisioni o agire e le peculiari condizioni di concitazione e urgenza in cui si svolgano azioni di soccorso, l'oscurità del quadro patologico o il grado di atipicità, eccezionalità o novità della situazione e dunque pure la necessità di fare ricorso a somministrazioni off label)[6].
4. La proposta: una riformulazione ragionevole dell'art. 590-sexies c.p. Approfittando del canale parlamentare richiamato, si potrebbe allora, in luogo dell’abrogazione, riformulare l’art. 590-sexies c.p. nei seguenti termini:
"Art. 590-sexies (Responsabilità colposa degli esercenti una professione sanitaria):
1. I fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, commessi nell'esercizio di una professione sanitaria, sono punibili solo nei casi di colpa grave.
2. Ai fini della valutazione del grado della colpa, il giudice tiene conto:
a) dell'esistenza di raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge, ovvero, in mancanza di queste, delle buone pratiche clinico - assistenziali;
b) dello stato delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie e sulle terapie appropriate;
c) delle concrete condizioni di lavoro e della materiale disponibilità delle risorse umane in relazione al numero dei casi da trattare;
d) del grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale impiegato per affrontare una situazione di urgenza ed emergenza;
e) del tipo di rischio da gestire e della effettiva situazione operativa;
f) di eventuali carenze strutturali e organizzative.
In coerenza con le premesse appena avanzate, le direttrici di questa proposta sono riconducibili proprio alla limitazione della responsabilità penale degli operatori sanitari alle sole ipotesi di colpa grave, di qualunque matrice colposa (oltre all’imperizia, dunque, anche condotte connotate da negligenza e imprudenza)[7], e all’elencazione orientativa di indici di valutazione della colpa, nella quale sono indicati taluni parametri in base ai quali operare l'accertamento, sottratto quindi alla assoluta discrezionalità giudiziaria. Il riferimento è, in particolare: a) alla presenza delle linee guida di cui all’art. 5 della legge Gelli-Bianco; b) allo stato delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie, la cui eventuale limitatezza potrà incidere sull'individuazione tanto dell'esatto quadro patologico quanto, e conseguentemente, delle più appropriate terapie; c) alle concrete condizioni di lavoro e alla disponibilità delle risorse umane e materiali in relazione al numero dei casi da trattare, la cui eventuale scarsità potrà poi riflettersi sull'adeguata gestione e cura dei pazienti; d) al grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale impiegato per affrontare una situazione di urgenza ed emergenza, che si riverbera sulla misura soggettiva di rimproverabilità (a titolo esemplificativo, si pensi al minor grado di esperienza e conoscenza posseduto da personale non specializzato impiegato allorché l'urgenza o l'emergenza non siano altrimenti fronteggiabili: la mancanza di adeguata specializzazione da parte del sanitario chiamato a prestare servizio in un contesto siffatto non potrà essere valutata alla stregua degli stessi indici di gravità della colpa per assunzione valevoli in contesti ordinari); e) al tipo di rischio da gestire e alla concreta situazione operativa; f) alle carenze strutturali e organizzative, che se gravi possono incidere sul grado di rimproverabilità individuale.
Proprio l’esplicitazione degli indici di valutazione del grado della colpa – momento qualificante della novità – consente una ragionevole uniformità nell'accertamento giudiziale, senza tuttavia compromettere una diversa modulazione della risposta in sede applicativa, che possa tenere conto delle peculiari circostanze del caso concreto; al contempo, permette di attenuare il timore che il passare del tempo faccia ‘dimenticare’ le situazioni specifiche in cui i medici sono nella maggior parte dei casi chiamati a operare, contribuendo meritoriamente a sterilizzare la pericolosa tendenza applicativa a valorizzare la logica del senno del poi nella valutazione delle condotte degli operatori sanitari.
Si tratterebbe, in definitiva, di un intervento in grado di svincolarsi dai ‘tradizionali’ dubbi legati a una disciplina di maggiore favore per la classe medica sul piano della compatibilità con i principi costituzionali: sotto il profilo della ragionevolezza e dell’uguaglianza declinate in senso sostanziale, un siffatto regime – diretto a calibrare la novità, l'eccezionalità e la straordinarietà dell'impegno dei medici e la caratura dei rischi (anche per la loro salute) affrontati, onde evitare di trattare in modo uguale situazioni palesemente diverse – può trovare giustificazione nella peculiarità dell’attività sanitaria, che non appare, in questa fase storica, comparabile con altre attività professionali, prive di analogo significato sociale per la salute collettiva e non implicanti così frequenti rischi e responsabilità.
[1] Nell’ambito dell’ampia bibliografia sui diversi profili di rilevanza della responsabilità sanitaria nel contesto dell’emergenza Covid-19, si segnalano, nella specifica prospettiva affrontata nel testo, i contributi di F. Palazzo, Pandemia e responsabilità colposa, in questa Rivista, 26 aprile 2020; R. Bartoli, La responsabilità colposa medica e organizzativa al tempo del coronavirus. Fra la "trincea" del personale sanitario e il "da remoto" dei vertici politico-amministrativi, ivi, fasc. 7/2020, 85 ss.; G.M. Caletti, Emergenza pandemica e responsabilità penali in ambito sanitario. Riflessioni a cavaliere tra “scelte tragiche” e colpa del medico, ivi, fasc. 5/2020, 12 ss.; M. Caputo, Logiche e modi dell’esenzione da responsabilità penale per chi decide e opera in contesti di emergenza sanitaria, in Legisl. pen., 22 giugno 2020; C. Cupelli, Emergenza Covid-19: dalla punizione degli “irresponsabili” alla tutela degli operatori sanitari, in questa Rivista, 30 marzo 2020; A. Gargani, La gestione dell’emergenza Covid-19: il "rischio penale" in ambito sanitario, in Dir. pen. proc., 2020, 887 ss.; L. Risicato, La metamorfosi della colpa medica nell’era della pandemia, in Discrimen, 25 maggio 2020; M. Pelissero, Covid-19 e diritto penale pandemico. Delitti contro la fede pubblica, epidemia e delitti contro la persona alla prova dell’emergenza sanitaria, in Riv. it. dir. proc. pen., 2020, 504 ss.; sulla novità normativa di cui all’art. 3-bis, in particolare, P. Piras, Lo scudo penale Covid-19: prevista la punibilità solo per colpa grave per i fatti commessi dai professionisti sanitari durante l’emergenza pandemica, in questa Rivista, 1 giugno 2021; C. Cupelli, Gestione dell’emergenza pandemica e rischio penale: una ragionevole soluzione di compromesso (d.l. 44/2021), ivi, 1 giugno 2021; A. Natalini, Una protezione invocata da tempo dalle associazioni di categoria, in Guida dir., n. 25/2021, 51 ss.; M. Caputo, Il puzzle della colpa medica. Emergenza pandemica e nuovi orizzonti della non punibilità per gli esercenti le professioni sanitarie, in Dir. pen. proc., 2021, 1182 ss.; M. Mattheudakis, La punibilità del sanitario per colpa grave. Argomentazioni intorno a una tesi, Roma, 2021, 157 ss.; L. Carraro, Il tanto atteso "scudo penale" per la classe medica: vera innovazione o disposizioni dal valore meramente simbolico?, in Arch. pen., 2/2021.
[2] C. Cupelli, Emergenza Covid-19: dalla punizione degli “irresponsabili” alla tutela degli operatori sanitari, cit.
[3] Sui limiti strutturali dell’art. 590-sexies c.p., sia consentito il rinvio a C. Cupelli, L’anamorfosi dell’art. 590-sexies c.p. L’interpretazione ‘costituzionalmente conforme’ e i problemi irrisolti dell’imperizia medica dopo le Sezioni unite, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2019, 1969 ss.; una completa ricostruzione del nuovo modello di responsabilità introdotto dalla legge n. 24 del 2017 in M. Caputo, Colpa penale del medico e sicurezza delle cure, Torino, 2017, 344 ss.; M. Mattheudakis, La punibilità del sanitario per colpa grave, cit., 71 ss. e D. Micheletti, Attività medica e colpa penale. Dalla prevedibilità all’esperienza, Napoli 2021, 81 ss. Per una recente disamina dello stato della responsabilità penale in ambito sanitario a cinque anni dalla legge n. 24 del 2017, con ampia illustrazione dei principali dubbi interpretativi e degli orientamenti giurisprudenziali, v. anche F. Basile - P.F. Poli, La responsabilità per "colpa medica" a cinque anni dalla legge Gelli-Bianco, in Dir. pen. cont. - Riv. trim., 1/2022, 78 ss.
[4] Nell’ambito della copiosa bibliografia sulla misura soggettiva, ci si può in questa sede limitare a segnalare i contributi di A. Canepa, L’imputazione soggettiva della colpa. Il reato colposo come punto cruciale nel rapporto tra illecito e colpevolezza, Torino, 2011, 19 ss.; D. Castronuovo, La colpa "penale". Misura soggettiva e colpa grave, in Reato colposo e modelli di responsabilità, a cura di M. Donini e R. Orlandi, Bologna, 2013, 183 ss. e M. Donini, L’elemento soggettivo della colpa. Garanzie e sistematica, ivi, 231 ss.; di recente, anche C. Piergallini, voce Colpa (diritto penale), in Enc. dir., Annali. X, Milano, 2017, 243 ss. e M. Caputo, Misura e grado della colpa, in Discrimen, 16 dicembre 2021 (con opportuni riferimenti, al § 8, all'art. 3-bis del d.l. 44/2021).
[5] Per tutti, Cass., Sez. un., 21 dicembre 2017 (dep. 22 febbraio 2018), n. 8770, Mariotti, § 10.2; un recente (ma ancora isolato) esito innovativo, in tema di individualizzazione del giudizio di colpa nel settore della sicurezza del lavoro, in Cass., sez. I, 8 ottobre 2020 (dep. 13 gennaio 2021), n. 1096, V.F., in Giur. it., 2021, con nota di D. Castronuovo, Misura soggettiva, esigibilità e colpevolezza colposa: passi avanti della giurisprudenza di legittimità in tema di individualizzazione del giudizio di colpa.
[6] In questa direzione si muove anche un’interessante proposta di riforma avanzata dal Sottogruppo di lavoro sulla riforma dei reati contro la persona (e in particolare dei reati colposi contro la vita e l’incolumità fisica) dell’Associazione dei professori di diritto penale, che ha rimodulato una iniziale prospettazione proprio tenendo conto dell’esempio dell’art. 3-bis d.l. 44/2021, aggiungendo alla definizione della colpa grave (comma 2) una serie di indici sintomatici, non esaustivi, suscettibili di aiutare il giudice nella valutazione del grado della colpa (comma 3). In particolare, si legge al nuovo terzo comma della proposta di riforma del regime di responsabilità per colpa degli esercenti le professioni sanitarie che "ai fini della valutazione del grado della colpa, il giudice tiene conto, tra i fattori che ne possono escludere la gravità, della speciale difficoltà dei problemi affrontati, delle condizioni di lavoro e delle risorse disponibili, del tipo di rischio da gestire e della concreta situazione operativa, del livello di esperienza e di conoscenze tecnico- scientifiche possedute, delle motivazioni della condotta, delle gravi carenze organizzative".
[7] Da ultimo, per una accurata riflessione su definizione, ruolo e potenzialità della colpa grave nel diritto penale si rinvia a P.F. Poli, La colpa grave. I gradi della colpa tra esigenze di extrema ratio ed effettività della tutela penale, Milano, 2022.