1. Segnaliamo ai lettori che il “Servizio dell’esecuzione delle sentenze” del Consiglio d’Europa ha recentemente pubblicato una scheda informativa che riepiloga l’impatto delle sentenze della Corte Edu sulle riforme costituzionali e sugli interventi delle Corti costituzionali nazionali in esecuzione di tali sentenze.
2. La scheda informativa riepiloga 117 casi o gruppi di casi relativi a 32 diversi Stati membri, dal 1968 ad oggi. La scheda illustra come le sentenze della Corte Edu abbiano condotto a importanti cambiamenti nell’interpretazione delle costituzioni da parte delle Corti costituzionali nazionali e, ove necessario, a vere e proprie riforme costituzionali e legislative in un’ampia varietà di materie tra cui il diritto a un equo processo, la libertà di espressione e la libertà di riunione e associazione.
3. La prima sezione del documento si concentra sulle riforme legislative intraprese dagli Stati membri per allineare il proprio impianto costituzionale alle pronunce della Corte Edu. Di particolare interesse il richiamo alla sentenza emessa dalla Corte Edu nel caso Craxi (No. 2) c. Italia (34896/97), in seguito alla quale il legislatore italiano ha varato la riforma costituzionale del 1999, volta a dare rango costituzionale al diritto a un equo processo, e successivamente ha emendato il Codice di Procedura Penale sancendo l’utilizzabilità processuale delle dichiarazioni predibattimentali contra alios rese dall’imputato che scelga di non sottoporsi a esame solo previo consenso delle parti interessate. Sempre in materia di diritto a un equo processo, la scheda richiama anche la sentenza emessa nel caso Barbera, Messegue e Jabardo c. Spagna (10588/83), da cui è scaturita, inter alia, la riforma del potere giudiziario nel 1985 con l’introduzione della possibilità di ricorrere per cassazione in caso di violazione di diritti costituzionali e di richiedere l’annullamento di un provvedimento giudiziario che violi il diritto a un equo processo e il diritto di difesa. In materia di libertà di espressione, la scheda menziona la sentenza resa nel caso Bladet Tromso AS e Pal Stensas c. Norvegia (21980/93), in seguito alla quale il legislatore norvegese ha emendato la Costituzione per sancire il principio secondo il quale nessuno può essere ritenuto responsabile per dichiarazioni non veritiere espresse in incolpevole buona fede. Infine, si segnala la sentenza della Corte Edu nel caso R.M.D. c. Svizzera (19800/92), menzionata nella scheda in quanto ha determinato la riforma di molteplici disposizioni della Costituzione Federale elvetica al fine di porre rimedio alla mancanza di controllo giurisdizionale in merito alla legittimità della detenzione.
4. La seconda sezione del documento analizza invece i mutamenti occorsi nella giurisprudenza costituzionale degli Stati membri in conformità alle sentenze emesse dalla Corte Edu. In particolare, la scheda richiama la sentenza resa dalla Corte Edu nel caso Bracci c. Italia (36822/02), a seguito della quale la Corte costituzionale nel 2011 ha statuito che le disposizioni del Codice di Procedura Penale in materia di revisione delle sentenze non erano sufficienti a garantire il pieno rispetto del diritto a un equo processo in quanto non consentivano la revisione di una sentenza definitiva in seguito ad una successiva pronuncia della Corte Edu. Per ovviare a tale lacuna, la Corte costituzionale ha operato un’interpretazione additiva delle disposizioni del codice di rito, giungendo alla conclusione che le stesse autorizzano la riapertura di un procedimento penale in seguito a sentenza emessa dalla Corte Edu. Un’altra pronuncia di rilievo penalistico richiamata nella scheda è quella resa dalla Corte Edu nel caso Rojas Morales c. Italia (39676/98). In questo caso, per conformarsi alla giurisprudenza della Corte Edu in materia, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’art. 34, comma 2 del Codice di Procedura Penale nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia stata comunque valutata. Si segnala inoltre la sentenza resa dalla Corte Edu nel caso Patrono, Cascini e Stefanelli c. Italia (10180/04), in seguito alla quale la Corte costituzionale ha mutato il proprio precedente orientamento in materia di immunità parlamentare nei procedimenti per diffamazione, statuendo che il privilegio parlamentare previsto dalla Costituzione non si estende a esternazioni del tutto scollegate dall’esercizio della funzione parlamentare. Infine, sempre in materia di libertà di espressione, la scheda richiama la sentenza emessa dalla Corte Edu nel caso Mamere c. Francia (12697/03), in esecuzione della quale il Consiglio Costituzionale francese nel 2011 ha sancito la contrarietà alla Costituzione della limitazione temporale della cosiddetta exceptio veritatis, che impediva ad un imputato di diffamazione di escludere la propria responsabilità penale tramite la prova della veridicità dei fatti oggetto della dichiarazione contestata se gli stessi risalivano a più di dieci anni prima.*
* The views expressed herein are those of the author and do not necessarily reflect the views of the Special Tribunal for Lebanon.