Trib. Milano, Sez. Misure di prevenzione, decreto 13 novembre 2019
1. Con il provvedimento che può leggersi in allegato, la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha rigettato la proposta di applicazione – nei confronti di L.B., milanese, esponente del movimento Forza Nuova – della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di anni due. Il provvedimento, cui anche la stampa ha conferito un certo rilievo[1], si caratterizza per un’applicazione rigorosa:
a) tanto della sussistenza di precisi elementi di fatto e della dedizione al compimento di reati, requisiti atti a fondare il giudizio di pericolosità sociale del proposto nella categoria di pericolosità c.d. ‘generica’ (ex art. 1 l. c) D.lgs. 159 del 2011);
b) quanto del requisito della ‘obiettiva progressione criminosa’ con riferimento alla categoria – disciplinata dall’art. 4 l. f) del medesimo decreto – di “coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 645 del 1952, in particolare con l’esaltazione o la pratica della violenza”.
2. Più precisamente, gli elementi alla base della proposta – ai sensi degli artt. 4 l. c) e l. f), nonché dell’art. 6 c. 3 D.lgs. 159 del 2011 – possono essere così compendiati.
Il proposto ha sin da giovanissimo ricoperto ruoli di rilievo all’interno, dapprima, del movimento giovanile ‘lotta studentesca’ e, in seguito, dell’organizzazione politica denominata Forza Nuova. Nell’ambito della sua militanza nelle suddette organizzazioni, L.B. si è reso più volte protagonista di episodi che hanno causato disordini al regolare svolgimento di manifestazioni politiche e che hanno messo in pericolo l’ordine pubblico, episodi in cui la figura del proposto si caratterizzava per un’indole aggressiva e prevaricatrice, travalicata anche – di recente – in vere e proprie aggressioni.
A riprova di ciò, correda la proposta l’elenco dei precedenti giudiziari e di polizia di L.B., che – fra il 2014 e il 2018 – comprende: una serie di episodi di affissione abusiva di manifesti; l’imbrattamento dei muri di un istituto scolastico con slogan fascisti e croci celtiche (da cui è stato assolto per particolare tenuità del fatto); la partecipazione ad una serie di manifestazioni caratterizzate da disordini e violenze; un episodio di resistenza a pubblico ufficiale e propalazione di slogan fascisti e saluti romani in occasione della commemorazione di Sergio Ramelli, militante di estrema destra vittima di un efferato omicidio ad opera di estremisti di sinistra nella Milano degli anni ’70.
Sono invece più recenti (2019) e preoccupanti due episodi di vera e propria aggressione fisica, seppur maturata in un contesto ideologicamente caratterizzato: in ben due occasioni, infatti, L.B. aggrediva verbalmente e fisicamente alcuni passanti che gli chiedevano ragione dell’affissione abusiva di alcuni manifesti che, assieme ad alcuni compagni, stava attaccando in giro per Milano. I due episodi, che vedevano coinvolti anche i compagni del proposto, seppure da lui istigati, si traducevano in altrettante denunce per i delitti di percosse e, in un caso, di rapina (perché L.B. si impadroniva del cellulare di una delle vittime e si rifiutava di restituirlo), tuttora pendenti presso la Procura del Tribunale di Milano, nella fase delle indagini preliminari.
Proprio sui più recenti episodi di aggressione la proposta si concentra particolarmente. Evidenziando – sul versante della pericolosità ‘generica’ (ex art. 1 l. c) D.lgs. 159 del 2011) – l’escalation di comportamenti antisociali, sintomatici tanto di un pericolo per l’ordine pubblico quanto di mettere a repentaglio la sicurezza pubblica dei cittadini, comportamenti tenuti da un soggetto la cui aggressività sembra trascendere il movente politico e rappresentare, piuttosto, una esibizione di violenza volta ad intimidire e sopraffare coloro che si percepiscono come antagonisti; e sottolineando – in relazione, invece, alla pericolosità specifica di cui all’art. 4 l. f) D.lgs. 159 del 2011 – come il proposto, nel suo ruolo carismatico di leader di un movimento che non esita a ricorrere alla violenza e allo scontro fisico per imporre il proprio disegno politico, induca anche i compagni a fare uso delle stesse pratiche intimidatorie e vessatorie per imporre alla collettività gli illeciti e i reati compiuti nelle operazioni propagandistiche da lui condotte. Pertanto – viene sostenuto – ben può ritenersi che L.B. sia riconducibile tanto alla categoria di pericolosità generica, quanto a quella di coloro che mirano alla ricostituzione del partito fascista (reato previsto e punito dall’art. 1 della l. 645 del 1952, c.d. ‘legge Scelba’) adoperando, a tale fine, l’esaltazione o la pratica della violenza.
3. Come premesso, tuttavia, la Sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano ritiene di rigettare la proposta, non riscontrando gli estremi – allo stato – né della pericolosità generica né di quella qualificata.
3.1. Quanto alla categoria di cui all’art. 1 l. c) D.lgs. 159 del 2011, consolidata giurisprudenza di legittimità sottolinea come il giudizio di pericolosità debba fondarsi sull'oggettiva valutazione di fatti – sintomatici della condotta abituale e del tenore di vita del soggetto – accertati in modo da escludere valutazioni meramente soggettive ed incontrollabili da parte dell'autorità proponente. Tale orientamento, cui deve affiancarsi la recente pronuncia della Corte costituzionale n. 25 del 2019, impone al giudice una valutazione particolarmente stringente degli elementi di fatto su cui fondare il giudizio di pericolosità. Più in particolare, il Tribunale ritiene che tale giudizio debba fondarsi su fatti certi – accertati con sentenza irrevocabile o, se ancora in corso di accertamento, dotati di gravità indiziaria[2] – che dimostrino la dedizione del soggetto al compimento delle attività delittuose cui la norma si riferisce. Non la semplice commissione di reati che offendono o mettono in pericolo la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica; ma l’assiduità del soggetto nel compimento di reati che “devono essere stati commessi in un significativo intervallo temporale della vita del proposto e con cadenze tali dall’assumere, complessivamente valutati, valenza espressiva di un carattere non occasionale o sporadico dell’attività criminosa[3]”.
Ebbene, il giudizio particolarmente rigoroso circa la consistenza fattuale degli elementi di fatto posti a fondamento del giudizio di pericolosità generica del proposto, assieme all’interpretazione ‘pregnante’ del requisito della dedizione alla commissione di reati, inducono il Collegio a ritenere che non vi siano i presupposti per l’applicazione della misura di prevenzione.
L.B. infatti, osserva il Collegio, è soggetto incensurato, privo di condanne in primo grado, non attinto da alcuna misura cautelare personale né sottoposto alla misura amministrativa dell’avviso orale. Le manifestazioni di pericolosità a corredo della proposta – seppure idonee, soprattutto con riferimento ai più recenti fatti di aggressione, a delineare un quadro che necessita il costante monitoraggio da parte degli organi di polizia – non sono sufficienti per integrare i requisiti di pericolosità generica di cui all’art. art. 1 l. c) del D.lgs. 159 del 2011, come restrittivamente interpretato dai giudici costituzionali e da quelli di legittimità. Ciò, nonostante la manifesta inclinazione a compiere atti di violenza “nel contesto di una ideologia di appartenenza praticata che richiama riferimenti storici e simbolici dotati di una forte caratterizzazione negativa perché intrinsecamente ispirati a situazioni di intolleranza sociale[4]”.
3.2. A conclusioni non dissimili giungono i giudici nel valutare la pericolosità sociale del proposto con riferimento alla categoria di pericolosità specifica di cui all’art. 4 l. f) D.lgs. 159 del 2011. Osservano infatti i giudici come la semplice appartenenza, seppur con ruoli direttivi, a Forza Nuova e la partecipazione a manifestazioni aventi caratteri che richiamano l’ideologia fascista non sia da sola sufficiente a integrare un atto preparatorio, obiettivamente rilevante, diretto alla ricostituzione del partito fascista con l’esaltazione o la pratica della violenza. Ciò, tanto in relazione alla povertà degli elementi di fatto posti a sostegno del giudizio di pericolosità, quanto con riferimento alla ‘progressione comportamentale’ che, allo stato, non consente di inferire l’effettiva organizzazione di attività preliminari alla costituzione di cellule neofasciste.
Insomma, pur caldeggiando l’opportunità di monitorare attentamente le attività del proposto, onde accertare l’eventuale futura commissione di fatti rilevanti ai sensi del giudizio di pericolosità, qualificata o meno, il Collegio ritiene la proposta carente sul piano della consistenza indiziaria-fattuale e opta per il suo rigetto.
[1] Si fa riferimento all’articolo “Misura di prevenzione? Non basta essere il capo di Forza nuova” di Luigi Ferrarella, apparso lo scorso 20 novembre sul Corriere della Sera.
[2] In questo senso, viene ricordata Cass., S.U., sent. 25 marzo 2010, n. 13426, Cagnazzo, i cui approdi sono poi ripresi, recentemente, da Cass., sez. I, sent. 14 giugno 2017, n. 36258, Celini.
[3] Cass., sez. V, sent. 19 gennaio 2018, n.15492.
[4] Cfr. p. 8.