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18 Gennaio 2024


La proposta di legge Matone sulla responsabilità sanitaria e le conseguenze della sua approvazione

AC n. 1327 del 24 luglio 2023



1. Il testo della proposta. Con Atto Camera n. 1327 del 24 luglio 2023 è stata presentata dall’On. Matone e altri una proposta di legge ordinaria dal titolo: «Modifica dell’articolo 590-sexies e introduzione dell’articolo 590-septies del codice penale in materia di responsabilità colposa e di decorrenza del termine di prescrizione per morte o lesioni personali in ambito sanitario». Il 22 novembre 2023 la proposta è stata assegnata alla II Commissione Giustizia in sede Referente.

Questo il testo:

Art. 1.

1. L’articolo 590-sexies del Codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 590-sexies. – (Responsabilità colposa per morte o lesioni in ambito sanitario) – Quando dallo svolgimento dell'attività sanitaria derivi per colpa una lesione o il decesso del paziente anche come più grave conseguenza delle lesioni riportate, si applicano le pene della reclusione da tre mesi a cinque anni, salvo quanto disposto dal secondo comma.

L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve.

La determinazione del grado della colpa è definita dai parametri di cui all’articolo 2236 del codice civile».

 

Art. 2.

1. Dopo l'articolo 590-sexies del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 590-septies. – (Decorrenza del termine della prescrizione per il reato di responsabilità per morte o lesioni in ambito sanitario) – Il termine di prescrizione del reato di cui all'articolo 590-sexies del codice penale decorre dal giorno della commissione della condotta causativa dell'evento».

 

Art. 3 (Disposizioni transitorie).

1. Le disposizioni di cui agli articoli 590-sexies e 590-septies del codice penale, introdotte dagli articoli 1 e 2 della presente legge, si applicano anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

2. Dalla causa di non punibilità alla fattispecie autonoma di reato. La rubrica dell’art. 590 sexies c.p. rimane sostanzialmente invariata. Quella attuale suona così: “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”. Viene eliminato solo l’aggettivo “personali riferito alle lesioni.

Il primo comma viene modificato accomunando le ipotesi di morte e di lesioni personali all’interno di una sola cornice edittale: da tre a cinque anni. L’attuale testo fa invece richiamo agli artt. 589 e 590, prevedendo che si applichino le pene ivi previste e tenendo quindi separate le relative cornici edittali.

Nella relazione alla proposta si prende atto che le Sezioni Unite hanno assegnato natura di causa di non punibilità all’attuale art. 590 sexies c.p. e si ritiene che invece vada configurata una fattispecie autonoma di reato, includente appunto omicidio colposo e lesioni personali colpose in ambito sanitario. Questa necessità è ravvisata per la possibilità che i due reati siano separatamente contestabili e punibili, in contrasto con il principio del ne bis in idem. E che quindi il professionista sanitario, imputato per il reato di lesioni colpose, può essere chiamato a rispondere, in qualsiasi momento, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, in relazione alla stessa condotta, del reato di omicidio colposo per il successivo decesso del paziente.

Queste pur comprensibili preoccupazioni sono tuttavia di fatto inesistenti, per l’estrema rarità di questione di ne bis in idem in materia. Dall’analisi di un campione di 409 sentenze di legittimità in materia dall’entrata in vigore dell’art. 590 sexies c.p. ad oggi, solo in un caso si è fatta questione (Cass. Sez. IV, 32240-22, Carsillo, est. Cirese).

Inoltre, questa modifica sarebbe una facile preda da aggredire davanti alla Corte costituzionale, per problemi di compatibilità con il principio di uguaglianza, sui quali invece la relazione tace: perché non anche per l’ipotesi di gran lunga più frequente di colpa stradale? È infatti tutt’altro che raro il caso in cui ci sia archiviazione per mancanza di querela per il reato di lesioni personali stradali (art. 590 bis co. 1 e ult. c.p.) e poi si verifichi la morte della parte offesa sempre in conseguenza del sinistro. Si tratta di ipotesi ancora più frequente per quei pubblici ministeri che chiedono l’archiviazione ancora prima che siano decorsi i tre mesi per la presentazione della querela, perché non tollerano l’accumulo di fascicoli in stanza.

Ancora, sganciare la punibilità per morte e lesioni personali dagli artt. 589 e 590 c.p., creando una fattispecie autonoma di reato rispetto a questi, non consente la contestazione dell’ultimo comma dell’art. 589 c.p. in ipotesi di morte o lesioni di più persone, qualora da una stessa condotta colposa siano derivati appunto più eventi lesivi a persone diverse. Come nel caso in cui l’inosservanza di un protocollo ospedaliero di disinfezione abbia causato morte o lesioni di più pazienti. In casi come questi occorrerebbe applicare la disciplina del concorso formale di reati, con la conseguenza di rendere non operante per la responsabilità sanitaria il massimo di pena previsto dall’art. 589 ult. co. c.p., che limita appunto gli effetti dell’art. 81 co. 1 c.p.

Infine, fallirebbe testualmente lo scopo di creare un’unica fattispecie di responsabilità sanitaria, che viene invece generosamente promesso dalla rubrica “Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario”. Infatti, il testo non include l’art. 593 bis c.p. e cioè la frequente ipotesi dell’interruzione colposa di gravidanza e lascia così fuori senza motivo le morti intrauterine.

 

3. La resurrezione della Balduzzi. L’attuale secondo comma viene sostituito da un comma che si presenta essenzialmente identico all’abrogato art. 3 co. 1 della legge Balduzzi (l. 189/2012) e che sanciva: «L'esercente le professioni sanitarie che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve». Il proposto secondo comma ne diverge solo per due dettagli: si usa al singolare la professione sanitaria, anziché al plurale le professioni sanitarie e si usa la preposizione articolata alle, anziché quella semplice a riferita a linee guida e buone pratiche. Sono dettagli all’evidenza insignificanti sulla portata normativa della disposizione, che si presenta come un sostanziale copia-incolla.

Il secondo comma proposto è quindi una disposizione ripristinatoria, che implicitamente abroga l’art. 6 co. 2 della legge Gelli (l. 24/17), che aveva appunto abrogato l’art. 3 co. 1 della Balduzzi.

In questi casi, più che tecnicamente di ripristino, nella pratica si parla di “resurrezione”, che qui riguarda una disposizione di legge della quale francamente non si sente la mancanza. Era infatti un arnese di lavoro che non si usava quasi mai, data la rarità del caso che disciplinava. Basti pensare che solo una volta dal 2012, anno della sua entrata in vigore fino ad oggi, l’art. 3 co. 1 cit. è stato applicato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. IV, 9923-15, Manzo, est. Piccialli).

Inoltre, questa disposizione ripristinatoria pone notevoli problemi di coordinamento con l’art. 5 co. 1 della legge Gelli. Infatti, prevede quali fonti di valutazione della colpa sanitaria le linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, mentre l’art. 5 co. 1 cit. prevede le linee guida pubblicate ai sensi del co. 3 dello stesso art. 5 o in mancanza le buone pratiche clinico assistenziali. L’art. 5 co. 1 della Gelli ha dato un’agognata risposta alla domanda: “Quali linee guida?”, soddisfacendo così le note esigenze di determinatezza della fattispecie di reato colposo in materia sanitaria. E si sta prestando bene allo scopo, perché nella pratica giudiziaria si privilegiano le linee guida pubblicate come per legge e in loro mancanza si suole fare riferimento ad altre buone pratiche raccomandate da linee guida accreditate presso la comunità scientifica, cioè le stesse della Balduzzi, ma solo subordinatamente a quelle pubblicate come per legge.

Approvando la proposta di legge, risorgerebbe quindi inevitabilmente anche la tormentante domanda: “Quali linee guida?”, che sarebbe ancora più complicata per la contemporanea vigenza dell’art. 5 co. 1 della Gelli e porrebbe l’ulteriore domanda: “Abrogazione implicita dell’art. 5 co. 1 cit.?”.

Verrebbe frantumato il semplice ma efficace schema operativo pratico, riassunto dalla frase fatta: “Prima le pubblicate, poi le accreditate” Uno schema che invece appare da salvaguardare, perché appunto efficace e ormai metabolizzato.

 

4. L’impalpabile grado della colpa. Viene poi introdotto un terzo comma in aggiunta rispetto ai due commi dell’attuale dell’art. 590 sexies c.p. e cioè «La determinazione del grado della colpa è definita dai parametri di cui all’articolo 2236 del codice civile».

Questa si presenta come una disposizione inservibile, perché il richiamato art. 2236 c.c. non prevede parametri per la definizione del grado della colpa, ma prevede il presupposto per l’ascrivibilità del fatto solo per colpa grave e cioè la speciale difficoltà del caso.

Ciò inoltre riproporrebbe anche il quesito: il nuovo art. 590 sexies c.p. si riferisce solo all’imperizia? È un quesito ben noto e riguardante la Balduzzi, che rinascerebbe rinvigorito dal rinvio all’art. 2236 c.c., disciplinante solo l’imperizia, secondo la risalente interpretazione che ne diede la Corte costituzionale (166/1073), ma tuttora ampiamente condivisa.

 

5. Quale il dies a quo del termine di prescrizione? L’art. 2 della proposta introduce nel codice penale l’art. 590 septies, prevedendo che il termine di prescrizione del reato di responsabilità colposa sanitaria decorra dal giorno della commissione della condotta causativa dell’evento.

Riguardo alle lesioni personali, l’introduzione è motivata con esigenze di certezza del dies a quo. Ma nella pratica giudiziaria questa innovazione finirebbe per creare più problemi di quanti ne intende risolvere: attualmente il dies a quo del termine di prescrizione per le lesioni colpose può individuarsi nel giorno della manifestazione dei sintomi della malattia o della rilevazione dei segni da parte di personale sanitario. È un accertamento non difficile, se si presta la dovuta attenzione alla documentazione sanitaria e a quanto dichiarato dalle persone informate sui fatti, che in ipotesi diventeranno poi testi. Non solo: dal momento che la quasi totalità dei casi di responsabilità sanitaria sono di condotta omissiva, in quale momento può dirsi commessa la condotta causativa della malattia evento delle lesioni personali? Già dal momento in cui, ad es., il paziente è stato visitato presentando una sintomatologia sfumata? Quando può dirsi che il corteo sintomatologico si è sufficientemente infittito o uscito dall’ombra perché possa dirsi commessa la condotta omissiva?

Complesse valutazioni di colpa verrebbero quindi imposte con l’approvazione. Senz’altro più complesse che non quelle attuali della manifestazione dei sintomi o della rilevazione di segni.

Riguardo all’omicidio colposo, l’introduzione del dies a quo dal giorno della condotta è così motivata: un medico sottoposto a processo per lesioni personali causate a un paziente può subirne un secondo ex novo se il paziente successivamente decede per quella stessa condotta e il termine di prescrizione ricomincerà a decorrere dal momento del secondo evento, ossia dal decesso. Già si è detto della estrema rarità dell’ipotesi e del non fornito perché l’introduzione non dovrebbe coinvolgere anche altri settori della colpa. Si avrebbe così fra le mani un’altra facile preda da aggredire alla prima occasione davanti alla Corte costituzionale. Ad esempio, in un caso di morti per mesotelioma pleurico, che si possono verificare anche a distanza di decenni dalla commissione della condotta colposa.

 

6. La spesso inapplicabile disciplina transitoria. L’art. 3 della proposta prevede l’applicazione della legge anche ai processi in corso alla data di entrata in vigore.

Questa disposizione risulterebbe d’impossibile applicazione tutte le volte in cui gli accertamenti di merito sono conclusi e agli atti non risultano i dati di fatto necessari per l’applicazione della legge. Ad esempio, non risultano accertati i presupposti della ripristinata legge Balduzzi. O nell’imputazione figura solo la data dell’evento, ma agli atti non risulta la data della condotta: come s’individuerebbe il dies a quo del termine di prescrizione?