Cass., Sez. III, ord. 28 novembre 2019 (dep. 13 dicembre 2019), n. 50429, Pres. Izzo, Rel. Semeraro, Ric. Speranza
1. Il 13 dicembre 2019 la terza sezione della Cassazione ha depositato l'ordinanza con la quale ha investito le Sezioni Unite del seguente quesito: "se la notifica del decreto di giudizio immediato all'imputato detenuto che abbia eletto domicilio presso il difensore di fiducia debba essere effettuata ex art. 156 comma 1 cod. proc. pen. o presso il domicilio eletto".
Nel caso di specie il decreto di giudizio era stato notificato in cancelleria “a mani” all’avvocato di fiducia presso il quale l'imputato – in stato di detenzione per i fatti di cui era a processo – aveva confermato l'elezione di domicilio anche al momento dell'esecuzione dell'ordinanza di applicazione della custodia cautelare in carcere.
L’eccezione della difesa circa la violazione dell’art. 156 c. 1 c.p.p. con conseguente nullità assoluta ed insanabile della vocatio in ius da ritenersi mai perfezionata era stata rigettata sia dal tribunale di primo grado sia dalla corte d’appello, che avevano ritenuto valida la notificazione effettuata al domicilio eletto.
Il Tribunale di primo grado, tra l'altro, aveva rilevato che la notifica non avrebbe potuto in ogni caso essere ritenuta omessa e quindi non avrebbe mai dato luogo ad una nullità assoluta ed insanabile; al più avrebbe potuto ritenersi eseguita in forme diverse da quelle previste, sicché la nullità avrebbe dovuto ritenersi sanata ex art. 184 c.p.p. essendo l'imputato ed i difensori comparsi alla prima udienza senza nulla eccepire. La Corte di Appello, in particolare, aveva ritenuto legittima la notifica perché effettuata presso il domicilio eletto prima della sua carcerazione, poiché l'imputato aveva diritto di eleggere domicilio presso il difensore anche in caso di detenzione; l'affermazione era stata supportata dal richiamo della recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 20532/2018) secondo cui, in questi casi, le notificazioni vanno effettuate al difensore e non più all'imputato.
2. Secondo la ricostruzione compiuta nell'ordinanza di rimessione, sul punto si contrappongono due orientamenti.
2.1. Per un primo orientamento, affermatosi a proposito della notifica dell'avviso di conclusione ex art. 415 bis c.p.p., sarebbe da considerarsi nulla la notificazione effettuata presso il domicilio dichiarato o eletto dall'imputato detenuto, il cui sopravvenuto stato di detenzione sia noto al giudice procedente (Così Cass. sez VI n. 18628/2015, El Cherquoi, e, in precedenza, Cass. Sez. I, n. 13609/2013, Rammeh,). La notifica (in questo altro caso del decreto di citazione) all'imputato detenuto a norma dell'art. 156 c.p.p. dovrebbe avvenire nel luogo di detenzione anche quando la causa di restrizione sia diversa dal procedimento in corso cui si riferisce la notifica e vi sia stata una precedente elezione di domicilio mai revocata (Sez. V, n. 37135/2003, Bevilacqua, richiamata dalla pronuncia El Cherquoi).
2.2. Per un secondo più recente orientamento (Cass. sez. VI, n. 20532/2018, A.), sarebbe invece da ritenersi valida la notifica eseguita presso il domicilio eletto dall'imputato detenuto e non presso il luogo di detenzione noto all'autorità procedente, atteso che anche l'imputato detenuto ha facoltà di dichiarare o eleggere domicilio ai sensi dell'art. 161 c. 1 c.p.p. Secondo tale indirizzo, l'elezione di domicilio, che ha natura di dichiarazione di volontà a carattere negozial-processuale, per la cui validità è necessario il rispetto di particolari formalità, può essere revocata solo in forza di un atto formale e non a seguito di meri elementi fattuali (Cass. sez. II, n. 15102/2017, Gulizzi). Tale tesi troverebbe conferma anche in quelle pronunce (ad esempio, Cass. sez. VI, n. 42306/2008), secondo le quali l'art. 156 c. 1 c.p.p., ai sensi del quale le notificazioni all'imputato detenuto debbono essere eseguite nel luogo di detenzione – non costituirebbe una deroga rispetto alla disciplina generale in tema di notificazioni, e ciò anche qualora l'imputato sia detenuto anche per altra causa (come espresso in Cass. sez. III, n. 42223/2015, N.). Nello stesso senso recente giurisprudenza (Cass. sez. II, n. 21787/2018, Casali) ha affermato che è valida la notifica eseguito presso il domicilio eletto dall'imputato detenuto e non presso il luogo di detenzione noto all'autorità procedente, atteso che, lo si ripete, anche l'imputato detenuto ha facoltà di eleggere domicilio ai sensi dell'art. 161 comma 1 c.p.p. (cfr. anche Cass. sez. III n. 42223/2015, in una fattispecie relativa alla notifica del decreto di rinvio a giudizio eseguita presso il difensore di ufficio domiciliatario, in cui è stato precisato che anche in tale ipotesi si può ritenere che si sia instaurato un legame di affidamento tra l'indagato e il difensore).
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3. Diverse ragioni militano, secondo quanto sembra emergere nelle conclusioni dell'ordinanza, per il primo orientamento: l'applicabilità dell'art. 161 c.p.p. solo all'imputato o indagato libero; il contenuto e la funzione del decreto di giudizio immediato, che avvisa l'imputato della sua facoltà di chiedere i riti alternativi e dalla cui notificazione "a mani proprie" all'imputato detenuto decorrono i termini per la proposizione della relativa richiesta; la previsione dell'art. 457 c.p.p., ai sensi del quale solo dopo il decorso di tali termini può procedersi alla formazione del fascicolo per il dibattimento ed alla sua trasmissione per la prosecuzione del giudizio. Oltretutto, ove l'imputato, come nel caso di specie, sia detenuto nel procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione, lo stato di detenzione risulta ex actis e non può essere ignorato. Non vi è dubbio che in caso di inosservanza dell’art. 156 c.1 c.p.p. la notificazione dovrebbe ritenersi omessa, con tutte le conseguenze del caso.
Secondo la Corte – sulla base di una lettura combinata degli artt. 156, 157 e 161 c.p.p. – in conclusione, "lo stato di detenzione nel processo non costituisce un volontario mutamento di domicilio o di residenza rispetto a quello dichiarato o eletto da cui può derivare l'effetto latu sensu sanzionatorio ex art. 161 c.p.p. collegato all'omessa comunicazione del mutamento". Anche nel caso in esame, "lo stato di detenzione è l'effetto legale dell'esecuzione del provvedimento dell'autorità giudiziaria e determina di conseguenza l'applicazione dell'art. 156 c.p.p. in relazione al luogo certo in cui si trova l'indagato o l'imputato, al fine di procedere alla notifica a mani proprie. Non può essere pertanto considerato un elemento fattuale, ma l'effetto legale dell'esecuzione dell'ordinanza emessa dall'autorità giudiziaria, né lo stato di detenzione nel processo può essere assimilato al comportamento di chi viola l'obbligo di collaborazione con l'autorità giudiziaria assunto con la dichiarazione o elezione di domicilio ex art. 161 c.p.p.".
Un ulteriore argomento a sostegno di tale tesi si ritroverebbe nell'art. 161 c. 3 c.p.p. che prevede, fra l'altro, che l'imputato o l'indagato detenuto che deve essere scarcerato per causa diversa dal proscioglimento definitivo, all'atto della scarcerazione ha l'obbligo di fare la dichiarazione di domicilio; ragionando logicamente, se l'elezione di domicilio precedente allo stato di detenzione avesse ancora effetto, tale disposizione non avrebbe alcun senso.
Sul punto le Sezioni Unite (S.U. n. 41280/2006) avevano già ribadito il principio secondo cui in tema di notificazioni la dichiarazione di domicilio prevale su una precedente elezione di domicilio pur non espressamente revocata (fattispecie in cui l'indagato, al momento della scarcerazione per applicazione degli arresti domiciliari, aveva dichiarato il domicilio nel luogo di abitazione senza revocare la precedente elezione di domicilio presso il difensore). Secondo il ragionamento contenuto nell'ordinanza ciò confermerebbe che la detenzione, anche se sopravvenuta, renderebbe applicabile esclusivamente l'art. 156 c.p.p.