1. Il 30 dicembre il Parlamento ha convertito con legge n. 199 il controverso d.l. 31 ottobre 2022, n. 162.
Come noto il d.l. n. 162/2022, nella parte in cui aveva previsto il nuovo delitto di “invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica” (art. 434-bis c.p.), aveva attirato un quasi unanime coro di critiche[1].
In estrema sintesi, l’originaria fattispecie, lungi dal punire i soli rave party, incriminava, con pene severe destinate anche ai meri partecipi, qualsiasi occupazione arbitraria, da parte di almeno 51 persone, finalizzata ad organizzare raduni di qualsiasi genere. Il delitto interferiva irragionevolmente con l’esercizio di diritti costituzionali (di riunione, manifestazione del pensiero, sciopero ecc.), ponendosi come pericolosa fattispecie di contrasto al dissenso, ben oltre gli angusti confini del ballo delirante.
Aspre critiche sono state inoltre rivolte alla vaghezza della norma, il cui disvalore era in gran parte focalizzato su di un impalpabile dolo di raduno pericoloso per beni assai poco afferrabili (ordine pubblico, salute pubblica e incolumità pubblica).
Altre critiche riguardavano l’eccessiva severità delle pene, specie per i semplici partecipanti al raduno, potenzialmente destinatari di intercettazioni e misure cautelari; sproporzionata ed irragionevole appariva anche l’applicabilità agli indagati di misure di prevenzione antimafia.
Ebbene, ad un primo sguardo può dirsi che il Parlamento ha tenuto conto in larga misura delle critiche sopra riportate, veicolate in Commissione dagli esperti auditi, licenziando un testo sicuramente meglio scritto e meno squilibrato rispetto alla originaria versione governativa[2].
A voler essere ottimisti la storia della conversione in legge è una storia edificante: la maggioranza ha ascoltato gli esperti e forse addirittura la dottrina; ha dialogato con la minoranza; ha in particolare tenuto conto dei rilievi della componente interna più critica (Forza Italia)[3], e alla fine ha presentato in aula un prodotto legislativo molto migliore di quello partorito inizialmente.
A voler essere critici, la breve storia che stiamo ripercorrendo segnala la pericolosità della decretazione d’urgenza in materia penale.
Un tema assai delicato è stato trattato frettolosamente preso in carico sull’onda di fatti che si erano ripresentati in quei giorni (il famigerato rave party di Modena); in sede di primo Consiglio dei ministri si è voluto dare un segnale forte all’opinione pubblica di intransigenza rispetto all’illegalità; si è imbastita una fattispecie poliziesca tutta sbilanciata (dalla scelta delle pene alle misure “antimafia”) su esigenze di prevenzione.
Insomma, una norma-bandiera, identitaria, che voleva far capire ai disobbedienti che la festa era finita, o che la musica era cambiata.
Il risultato, anche agli occhi degli estensori, non deve essere stato granché soddisfacente, tanto che in sede di conversione il testo della norma è stato radicalmente modificato.
Vediamolo.
2. In primo luogo, cambiano i soggetti attivi: il nuovo art. 633-bis c.p. incrimina solamente promotori e organizzatori, in qualsiasi numero; i partecipanti, ricorrendone i requisiti, continueranno ad essere punibili in base all’art. 633 c.p.
Si tratta di una scelta condivisibile, che stempera la portata vorace della fattispecie originaria, la quale in linea teorica consentiva l’arresto e la misura cautelare in carcere per migliaia di meri partecipanti ai raduni illegali.
Oggi solo i promotori e organizzatori potranno essere intercettati e attinti da misure restrittive della libertà personale in fase di indagini, non consentite ex art. 633 c.p. per i meri partecipanti.
Resta però delicata la figura del promotore, cioè di colui che promuove la partecipazione altrui al raduno musicale o di intrattenimento; colui che condivide la notizia del raduno su di un social può considerarsi promotore? E colui che accompagna in auto una o più persone nel luogo stabilito?
Al di là degli organizzatori (coloro che individuano/attrezzano il luogo, predispongono i mezzi/strumenti ecc.) e di coloro che reclutano in modo sistematico (ad es. curando campagne social), vi è la figura fluida di colui che, volendo partecipare di persona, si limita a condividere la notizia ai suoi contatti e/o a proporre la partecipazione a pochi amici; tale figura, almeno in fase di indagini, si presta, nella logica poliziesca, ad essere “iscritta” come promotore[4].
Ad evitare eccessi sarebbe auspicabile una interpretazione restrittiva della figura del promotore, circoscritta a chi sollecita un numero indeterminato di persone alla partecipazione, non limitandosi a invitare (o ad accompagnare) pochi determinati soggetti.
Superfluo specificare che l’art. 633-bis c.p. configura una fattispecie autonoma, e non una circostanza aggravante dell’art. 633 c.p.: a sostegno di questa soluzione militano la collocazione in autonomo articolo; la previsione di una pena costruita autonomamente e non in relazione a quella stabilita dall’art. 633 c.p.; la chiara intenzione del legislatore di costruire una nuova fattispecie ad hoc.
In secondo luogo, il disvalore del fatto è incentrato sull’invasione qualificata da alcuni indici, che nelle intenzioni del legislatore illuminano il concreto pericolo per la salute o l’incolumità pubblica.
Una condivisibile, radicale novità rispetto alla fattispecie contenuta nel decreto-legge n. 162/2022, il cui focus era tutto incentrato sul dolo di raduno pericoloso.
Ora il pericolo, espressamente qualificato come concreto, è collegato alla invasione arbitraria, e non al futuribile raduno musicale.
Il concreto pericolo (per la salute pubblica o per l’incolumità pubblica, e non più per l’ordine pubblico) va accertato dal giudice in ragione della eventuale inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti (detenzione finalizzata allo spaccio, spaccio ecc.), ovvero in materia di sicurezza o igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento (ponteggi non a norma, mancanza di bagni chimici, di segnaletica per uscita di sicurezza ecc.), “anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi”.
Sembrerebbe trattarsi di un pericolo concreto (per la salute pubblica[5] o per l’incolumità pubblica) causato dalla inosservanza delle sole discipline ivi menzionate, e non di altre pur idonee allo scopo; non commetterebbe il reato l’invasore che violasse le normative in materia di somministrazione di alcool a minorenni o di vendita di sigarette di contrabbando.
D’altra parte, la violazione delle discipline menzionate nell’art. 633-bis c.p. non è di per sé sufficiente ad integrare il pericolo concreto, che per definizione dovrà essere valutato volta per volta alla luce dei singoli fattori di contesto (ad es. quantitativo di sostanza stupefacente detenuta per lo spaccio in rapporto al numero di partecipanti presenti o attesi).
Si tratta di un reato di pericolo concreto “a causa vincolata”, dipendente dalle sole note modali descritte nel tipo, e dunque sottratto al più pieno accertamento del giudice, che non sarà libero di verificare elementi ulteriori e diversi che pure potrebbero concretizzare il pericolo per i beni tutelati.
La descrizione analitica del tipo si riverbera insomma sulla perimetrazione del pericolo appunto tipico, espressione l’una e l’altra di una tecnica normativa improntata a frammentarietà.
La formula “anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi” sembrerebbe configurare un doppio indice probatorio, meramente esemplificativo, alla cui luce leggere il pericolo qualificato dalla inosservanza delle discipline in materia di stupefacenti, di sicurezza od igiene degli spettacoli, e non dunque un autonomo elemento costitutivo di fattispecie.
Maggiore sarà il numero di invasori, e più fragile o più pregiato ambientalmente il luogo invaso, più agevole sarà la prova del pericolo concreto, laddove si riscontrino violazioni delle normative menzionate nell’art. 633-bis c.p.
Essendo il disvalore del fatto incentrato sul pericolo concreto di offesa alla salute/incolumità pubblica, la collocazione del nuovo delitto nel titolo dedicato ai reati contro il patrimonio non sembra del tutto pertinente; si tratta evidentemente di un omaggio alla tradizione della norma-madre rappresentata dal delitto di invasione di terreni e edifici, qui rivisto in salsa musicale.
In terzo luogo, l’invasione tipica è solo quella finalizzata all’organizzazione di un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento.
La selezione degli eventi è stata chiaramente rimodellata sui rave party; si è specificato ciò che prima non era assolutamente indicato nel testo del decreto-legge.
Il nuovo dolo specifico esclude rilevanza alle invasioni arbitrarie a scopo non ludico-musicale (ad es. occupazioni scolastiche, manifestazioni non autorizzate di protesta, azioni sindacali arbitrarie ecc.).
La scelta del legislatore di circoscrivere l’ambito del penalmente rilevante ai soli raduni musicali o di intrattenimento non appare manifestamente irragionevole o arbitraria: nel bilanciamento tra diritti costituzionali (di riunione, manifestazione del pensiero, sciopero) il contro-interesse del “diritto a divertirsi” (in modo illegittimo) non assume lo stesso peso del diritto di riunirsi (pur illegalmente) a fini di protesta per ragioni politiche o sindacali.
La nuova formulazione è chiara quando si riferisce ai raduni musicali; rimane un poco vaga rispetto agli altri scopi di intrattenimento: teatro-danza? Reading di letture psichedeliche? Un raduno di Harley- Davidson e annessi uomini borchiati?
In linea generale si tratta di raduni volti a intrattenere un numero ampio e non predeterminato di persone.
I casi più complessi riguardano eventi “misti”, in cui gli spettacoli si affiancano a momenti di critica politica, sindacale ecc.
Si pensi alle occupazioni scolastiche nel cui ambito si tengano concerti o altri spettacoli di intrattenimento.
In questi casi occorrerà verificare se il raduno musicale o altro evento di intrattenimento costituisce lo scopo prevalente dell’occupazione, nel qual caso si applicherà l’art. 633-bis, c.p.p., ovvero se costituisce un evento collaterale, nel qual ultimo caso, ricorrendone i requisiti, sembra ragionevole applicare (anche a promotori e organizzatori) il più mite art. 633 c.p.
Il delitto si consuma con l’invasione cui segua l’accertamento del pericolo concreto per la salute/incolumità pubblica, in ragione delle violazioni (in tema di stupefacenti, sicurezza o igiene degli spettacoli) che lo sostanziano; il raduno, viceversa, è oggetto di dolo specifico, e come tale non deve essere necessariamente realizzato.
Fin tanto che i promotori/organizzatori non abbiano ancora invaso i terreni/edifici saranno eventualmente punibili per tentativo di raduno musicale illegale, qualora siano provati atti idonei diretti in modo non equivoco all’invasione pericolosa finalizzata al raduno musicale.
Laddove l’invasione sia già avvenuta, ma il pericolo non sia ancora sorto (ad es. perché non vi è droga nel luogo deputato al raduno), i promotori ed organizzatori dovrebbero ugualmente rispondere di tentativo del nuovo delitto, quand’anche quei fatti, a tutta prima, potrebbero configurare anche il delitto (consumato) previsto dall’art. 633 c.p. A ben vedere, infatti, il dolo di raduno musicale, elemento specializzante dell’art. 633-bis c.p., esclude in radice l’applicabilità dell’art. 633 c.p., il quale esige un più generico dolo di occupazione o di profitto.
Il nuovo delitto pone problemi di interferenza con talune fattispecie (ad es. spaccio di stupefacenti) che, come visto, connotano il pericolo concreto[6]. In taluni casi sarà ipotizzabile l’assorbimento di alcune fattispecie punite meno severamente (ad. es art. 73, co. 5 DPR n. 309/1990; spaccio di droghe c.d. “leggere”) nel più grave delitto in esame; in altri casi (spaccio di “droghe pesanti”, punito più severamente rispetto all’art. 633-bis c.p.) sembrerebbe valere il concorso di reati, nella misura in cui il delitto punito con pene più elevate non assorbe per intero il disvalore del fatto di invasione.
L’art. 633-bis, co. 2, prevede la confisca obbligatoria delle cose “che servirono o furono destinate a commettere il reato” (furgoni, impianti stereo, casse ecc.), di quelle “utilizzate per realizzare le finalità dell’occupazione” (telefonini, pc, recinzioni, cartelli segnaletici, frigoriferi ecc.) e di “quelle che ne sono (sic) il prodotto o il profitto” (denaro incassato). La confisca riguarda il delitto di promozione e organizzazione di raduno musicale illegale, e dunque non si applicherà a cose appartenenti ai meri partecipanti (si pensi alle autovetture impiegate da questi per raggiungere il luogo del raduno).
Infine, la legge di conversione in commento integra l’art. 634 c.p. (Turbativa violenta del possesso di cose immobili) aggiungendovi, nella clausola di riserva, il riferimento all’art. 633-bis c.p.
3. La montagna ha partorito un topolino.
Della incontinente fattispecie originaria è rimasto ben poco.
Oggi il nuovo delitto appare come una variante dell’art. 633 c.p., circoscritta a promotori/organizzatori di invasioni finalizzate a raduni musicali: se si confronta l’art. 633 ultimo co. c.p. con il nuovo art. 633-bis c.p. si scorgono differenze tutto sommato di scarso momento: il dolo di raduno musicale/evento di intrattenimento; il pericolo concreto caratterizzato dalla violazione di discipline specifiche; last but non least il lieve aumento di pena, quanto basta per consentire intercettazioni e misure cautelari personali nei confronti di promotori e organizzatori, secondo i desiderata delle forze di polizia, che per bocca del Ministro degli Interni lamentavano l’inadeguatezza dei mezzi di contrasto al fenomeno dei rave party.
Aumento di pena a rigore non necessitato, nella misura in cui il legislatore avrebbe potuto integrare l’art. 266 c.p. che già ora contempla singoli reati puniti con pena inferiore nel massimo a cinque anni di reclusione (v. lett. f); analogamente, rispetto alla applicabilità della misura cautelare in carcere, il legislatore avrebbe potuto integrare l’art. 280 c.p.p[7].
In conclusione, il Parlamento ha fatto il suo mestiere, migliorando in molti punti cruciali un testo governativo originariamente mal pensato e peggio scritto.
Sul piano “dogmatico” l’anno nuovo ci offre una non frequente figura di reato di pericolo concreto vincolato a precise note modali[8] (l’inosservanza di discipline in materia di stupefacenti e di sicurezza o igiene degli spettacoli), le sole che il giudice dovrà verificare in sede di accertamento.
[1] A. Cavaliere, L’art. 5 D.L. 31 ottobre 2022, n.162: tolleranza zero contro le “folle pericolose” degli invasori di terreni ed edifici, in rivistacriticadeldiritto.it., 2.11.2022; F. Forzati, Gli equilibrismi del nuovo art. 434 bis c.p. fra reato che non c’è, reato che già c’è e pena che c’è sempre, in Arch. pen., 3/2022; V. Manes, Decreto rave, il giurista: “Pene alte e riferimenti generici: provvedimento scritto male”, intervista a G. Rossi, quotidiano.net, 2.11.2022; E. Marini, Rave party e non solo. Considerazioni sparse sul nuovo art. 434-bis c.p., rgaonline.it, 1.12.2022; T. Padovani, intervista a E. Antonucci, La norma anti-rave? Un caso di analfabetismo legislativo. Parla Tullio Padovani, Il Foglio, 1.11.2021; C. Ruga Riva, La festa è finita. Prima osservazioni sulla fattispecie che incrimina i “rave party” (e molto altro), in Sist. pen., 3 novembre 2022. L. Siracusa, La spada penale trafigge i rave party. Osservazioni attorno al nuovo reato di “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi (art. 434 bis c.p.)”, Giustizia insieme, 6.12.2022; per una difesa del testo contenuto nel d.l. v. però M. Ronco, Rave party e risposta penale, in centrostudilivatino.it, 2.11.2022.
[2] Segnala il ruolo del Parlamento nel miglioramento del testo C. Cupelli Il Decreto Rave? Not so bad, Il Foglio, 17.12.2022.
[3] Si veda sul punto l’intervento del senatore Zanettin, resoconto stenografico 12.12.2022, 16 Seduta Assemblea, XIX Legislatura Senato della Repubblica, p. 12: “Va riconosciuto che, quando il decreto che stiamo discutendo è stato varato, effettivamente sussisteva qualche criticità di natura costituzionale, Forza Italia è stata tra i primi a sollevare perplessità e riserve sulla sua stesura. Il testo tradiva probabilmente la fretta con la quale era stato varato; peraltro, qualche attenuante per questa fretta al Governo davvero dobbiamo riconoscerla: si era insediato da pochi giorni, i gabinetti dei Ministri non erano del tutto rodati e incombeva, in particolare, la scadenza imposta dalla Corte costituzionale sull'ergastolo ostativo.
La necessità di operare in tutta urgenza si è notata nella prima stesura dell'articolato: in particolare, il reato di rave difettava evidentemente del requisito della tassatività.
Ma, se qualche criticità c'era - e lo abbiamo riconosciuto - va detto che oggi è stata decisamente superata. Va riconosciuto che stavolta il Parlamento e soprattutto il Senato hanno fatto appieno il loro dovere. Il testo del decreto, dopo il lavoro svolto in Commissione giustizia, è stato ampiamente emendato, raccogliendo i suggerimenti degli operatori del settore (avvocati, accademici e magistrati) che abbiamo audito in Commissione giustizia. Come Forza Italia avevamo proposto che i raduni oggetto della norma incriminatrice fossero solo quelli musicali, che fossero caratterizzati dallo spaccio di sostanze stupefacenti e che fossero distinte le posizioni dei semplici partecipanti da quelle dei promotori e organizzatori dei rave. Tutti questi nostri emendamenti sono stati effettivamente trasfusi nel testo votato dalla Commissione.
Merita di essere sottolineato, in particolare, che dal testo del decreto è stato cancellato, proprio su nostra richiesta, il riferimento all'ordine pubblico. Credo sia noto a tutti in quest'Assemblea che non a caso il pericolo per l'ordine pubblico non venne inserito dai Padri costituenti nel testo dell'articolo 17 della Costituzione a fianco del pericolo per la sicurezza e per l'incolumità pubblica. Era un termine che, se vogliamo, evocava lo Stato di polizia. Era un riferimento troppo vago e discrezionale per giustificare una regola alla fondamentale libertà di riunione e tantomeno sarebbe stato congruo e opportuno inserire ora il termine «pericolo per l'ordine pubblico» per vietare i rave. Ci tengo molto a sottolineare questo rilievo, per giustificare il rigetto della pregiudiziale di costituzionalità. Va precisato che il Gruppo Forza Italia non è mai stato contrario a punire con norma incriminatrice il fenomeno del rave, una fattispecie astratta nuova, frutto della moda del momento, uno spazio di illegalità dove tutto è consentito, in particolare lo spaccio di droga. Il testo del vigente articolo 633 del codice penale era effettivamente inadeguato a reprimere questo nuovo fenomeno. Abbiamo preteso tuttavia che la nuova disciplina fosse varata con equilibrio costituzionale. Abbiamo chiesto che fossero eliminate le misure di prevenzione, presenti nel testo originario - troppo ardito appariva parificare i ragazzi che organizzano i rave ai mafiosi - e così è stato”.
[4] Sottolinea come le figure del promotore e del partecipante siano distinguibili solo alla fine delle indagini e non all’inizio, V. Manes, Decreto Rave, cit.
[5] Il venir meno del riferimento all’ordine pubblico rappresenta verosimilmente un elemento a sostegno della tesi che individua il bene giuridico protetto dalla legislazione sugli stupefacenti nella sola salute pubblica.
[6] Sul tema v. L. Siracusa, La spada, cit., 16.
[7] L’art. 280, co. 2 c.p.p. oltre al generale limite della pena non inferiore nel massimo a cinque anni di reclusione, contempla già oggi il reato di finanziamento illecito dei partiti, punito con pena da sei mesi a quattro anni di reclusione.
[8] Tra i non frequentissimi precedenti si veda l’art. 679 c.p., il quale punisce chiunque omette di denunciare all’Autorità la detenzione di “materie esplodenti di qualsiasi specie, ovvero materie infiammabili, pericolose per la loro qualità o quantità”, e non per altri fattori (luogo e modalità di custodia, temperature di conservazione ecc.); oppure all’art. 452-quinquies co. 2 c.p., ove il solo pericolo di inquinamento (o disastro ambientale) rilevante è quello realizzato in violazioni di determinate normative (“abusivamente”), rimanendo controverso, in dottrina, se l’abusività riguardi il contrasto con sole normative (o prescrizioni) strettamente ambientali o anche afferenti ad altri campi di materia: sul punto si rinvia per una rassegna a C. Ruga Riva, in E. Dolcini-G.L. Gatta (diretto da), Codice penale commentato, V ed., Milano, 2021, Tomo III, sub art. 452-bis, 6 ss.; per la tesi restrittiva v tra i molti C. Melzi d’Eril, L’inquinamento ambientale a tre anni dall’entrata in vigore, DPC n. 7/2018, 42 s.