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03 Novembre 2022


La festa è finita. Prime osservazioni sulla fattispecie che incrimina i “rave party” (e molto altro)


1. A otto giorni dal suo insediamento, e in occasione del primo Consiglio dei Ministri, il nuovo Governo ha approvato, il 31 ottobre 2022, il decreto-legge n. 162, in vigore dal giorno successivo, che subito i mass media hanno battezzato “sui rave party”.

In effetti, come precisato in conferenza stampa dal Presidente del Consiglio e dal Ministro degli Interni, le ragioni di necessità e urgenza consisterebbero nel contrasto ai rave party come quello (illegale) in programma a Modena in quegli stessi giorni.

Le intenzioni del Governo sono state espresse con chiarezza dal premier Meloni: “Con la norma sui rave…ci aspettiamo di non essere diversi da altre Nazioni d’Europa. Quando ci fu il famoso rave di Viterbo, mi colpì che migliaia di persone arrivate in Italia a devastare, provenivano da tutta Europa, perché l’impressione che in questi anni ha dato l’Italia è stata di lassismo sul rispetto delle regole. Ora l’Italia non è più la Nazione in cui si può venire a delinquere, ci sono le norme e vengono fatte rispettare. Vedremo se con l’applicazione della norma accadrà ancora o se si dovrà migliorare. Questo però può essere un deterrente per proibire di venire qui a devastare[1].

 

2. Tuttavia, come vedremo subito, il testo del nuovo delitto trascende l’ambito delle feste illegali con danzatori più o meno deliranti[2], essendo incentrato sulla nozione assai più ampia – e vaga – di raduno potenzialmente pericoloso per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica.

Il nuovo reato, strutturato come delitto doloso, si biforca in una fattispecie di “organizzazione e promozione” di invasione finalizzata a raduni pericolosi (co. 2), punita con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da 1.000 a 10.000 euro, e in una di partecipazione, punita con la pena citata, diminuita fino ad un terzo (co. 3).

 

3. Il primo comma, curiosamente, non descrive il divieto, ma offre la definizione di invasione per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica, requisito contenuto nel co. 2, dove appunto si incrimina “Chiunque organizza o promuove l’invasione di cui al primo comma”.

La definizione del co. 1 è piuttosto analitica: “L’ invasione per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.

La condotta richiama quella descritta nell’art. 633 c.p. – “invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati” – cui aggiunge vari elementi specializzanti: il dolo specifico “di organizzare un raduno” dal quale possa derivare pericolo per l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica o la salute pubblica, in luogo del dolo specifico di occupazione o di profitto tipizzato nella norma-madre; il numero di almeno cinquantuno persone necessario per integrare la soglia della invasione penalmente rilevante.

Quanto alla identica formula ereditata dall’art. 633 c.p., può sinteticamente ricordarsi che “arbitrariamente” equivale a contra ius, ovvero senza legittimo titolo di accesso ai terreni o edifici altrui[3], e che la durata dell’invasione deve essere apprezzabile nel tempo.

Maggiore attenzione meritano i nuovi requisiti.

Per raduno deve intendersi una riunione programmata, aperta ad un numero indeterminato di persone in un determinato luogo[4].

 

4. Lo “scopo di organizzare un raduno” esprime il dolo specifico che deve animare da subito gli “invasori”; tuttavia, ragionando a contrario, un gruppo di 51 o più persone che si danno appuntamento in un luogo, occupandolo arbitrariamente, non costituisce ancora un raduno penalmente rilevante, ma solo, come visto, una invasione penalmente tipica.

Sicché, parrebbe, il raduno, come oggetto di dolo specifico distinto dalla invasione, deve significare qualcosa di più: una sorta di appuntamento aperto a un numero indefinito di soggetti, come, tipicamente avviene nei rave party o nelle manifestazioni di piazza, o in qualsivoglia raduno, dove il tam-tam porta un flusso non predeterminabile di persone che si aggregano progressivamente aderendo all’invito degli organizzatori o al passa parola di altri partecipanti.

 

5. Il requisito più delicato è quello espresso con la formula “quando dallo stesso [raduno] può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”.

Tale requisito disvela i beni giuridici alternativamente tutelati: tre beni collettivi, di notevole vaghezza, specialmente il primo; un bene giuridico uno e trino, che volendo sintetizzare potremmo ricondurre alla sicurezza pubblica.

Il legislatore sembra considerare prioritariamente l’incolumità pubblica, almeno stando alla collocazione topografica del nuovo delitto nel titolo VI del libro II del c.p., appunto intitolato ai delitti contro l’incolumità pubblica.

Collocazione non scevra di importanti conseguenze applicative, posto che, come vedremo oltre, consente l’arresto obbligatorio in flagranza, previsto dall’art. 380, co. 2 lett. c) del c.p.p. per i delitti contro l’incolumità pubblica

A ben vedere l’accostamento al disastro innominato è di esemplare coerenza: nel caso di specie è stata configurato un altrettanto vago delitto di raduno sedizioso innominato, nel senso che qualunque raduno di qualsiasi natura in luoghi/edifici arbitrariamente occupati è idoneo ad integrare la fattispecie, se dal fatto, come visto, possa derivare pericolo per l’ordine pubblico, incolumità o salute pubblica.

Da questo punto di vista (cioè dell’ordine pubblico e della tranquillità pubblica) fa una certa impressione sottolineare come la radunata sediziosa (art. 655 c.p.), reato per certi versi assonante, è qualificata come blanda contravvenzione dal legislatore fascista (del 1930), punita con l’arresto fino ad un anno, o con l’arresto non inferiore a sei mesi per il partecipante armato, ovvero pena assai più mite rispetto a quella prevista dall’art 434-bis c.p.

A differenza della invasione, il raduno, in base alla lettera della legge, non deve di per sé essere caratterizzato da note di illiceità; e ci mancherebbe, si potrebbe osservare, visto che l’art. 17 della Costituzione garantisce il diritto di riunione, con il solo limite del preavviso per quelle previste in luogo pubblico, vietabili per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

È però evidente che, agli occhi del legislatore, la precedente invasione arbitraria finisce per colorare di illiceità anche il futuro raduno (oggetto di dolo specifico), che a quel punto sarà parimenti arbitrario, non foss’altro perché destinato a tenersi in luoghi o edifici altrui senza che i partecipanti abbiano diritto di accedervi.

La formula impiegata per descrivere il pericolo (“quando dallo stesso può derivare un pericolo…”) sembra esigere in capo al giudice una verifica caso per caso, a seconda degli elementi di contesto, circa l’effettivo pericolo o meno corso dal bene tutelato a seguito della invasione finalizzata al raduno.

Tale interpretazione è sicuramente preferibile, per compensare almeno in parte i molti aspetti critici della disposizione in commento; tuttavia, l’inusuale formula “può derivare” – anziché “se dal fatto deriva pericolo”, o “in modo pericoloso per” – rischia di essere interpretata diversamente, come pericolo (solo) potenziale, in qualche misura astratto.

Si può aggiungere che l’indicazione della Corte costituzionale, nei reati di pericolo contro l’ordine pubblico[5] che interferiscono con l’esercizio di diritti costituzionali, è nel senso di privilegiare il pericolo concreto; così anche la Corte di Cassazione rispetto al non dissimile reato di radunata sediziosa (art. 655 c.p.)[6].

Non è chiaro se la pericolosità debba essere interpretata in modo puramente oggettivo, come conseguenza della condotta (e dunque condizione obbiettiva di punibilità), o se vada riferita al dolo specifico che deve animare l’invasore, o se vada letta come evento di pericolo in cui si incarna l’offesa;

A nostro parere va scartata la tesi della condizione obbiettiva di punibilità: il fulcro del (l’impalpabile) disvalore (di evento) è tutto polarizzato sul pericolo per ordine pubblico, incolumità o salute pubblica; in assenza di tale evento la condotta è al più offensiva del patrimonio immobiliare altrui, come dimostra l’art. 633 c.p.

D’altra parte, sul piano letterale, la formula “quando dallo stesso può derivare pericolo…”, preceduta dalla virgola, sembra indicare un elemento ulteriore ed autonomo rispetto al dolo specifico.

Ne consegue che l’invasore, oltre al dolo specifico di raduno, deve rappresentarsi e volere anche che dal fatto possa derivare pericolo per taluno dei beni collettivi menzionati nella norma.

La questione non è puramente teorica, perché è ben plausibile che il partecipante al rave party non voglia offendere l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica, o comunque rappresentarsi e volere che dal fatto della partecipazione possa derivare un pericolo per l’ordine pubblico, ma solo divertirsi; o che il partecipante ad una manifestazione non autorizzata voglia esprimere il suo dissenso o rivendicare alcune idee, senza necessariamente attribuirvi carattere pericoloso per i beni tutelati dalla fattispecie penale in esame.

 

6. Il co. 2 dell’art. 434 bis c.p. incrimina le condotte di organizzazione e promozione dell’invasione finalizza al raduno illegale.

La formula riecheggia quella dell’associazione per delinquere e della banda armata, rispetto alle quali, però, si rilevano alcune peculiarità, non foss’altro perché nel caso di specie le condotte non accedono ad una organizzazione stabile destinata a durare nel tempo.

Organizzatore sarà chi programma la logistica dell’evento, o individua il luogo del raduno, o chi contatta persone e/o predispone mezzi per l’invasione arbitraria o per la futura fruizione dei luoghi occupati; la condotta di promozione, nell’era dei social e delle chat, rischia di essere notevolmente amplia: si pensi a chi condivida un post su Facebook o su Instagram dando notizia del raduno a tutti i suoi contatti, o che inoltri la medesima notizia in una chat di Whatsapp.

La pena prevista (da tre a sei anni di reclusione più multa) è decisamente eccessiva ed irragionevole anche rispetto a tertia comparationis non miti come quelli della associazione per delinquere (punita con pena da tre a sette anni di reclusione), nel cui programma possono esservi delitti anche gravi, e che si caratterizza per ben altra stabilità e durata nel tempo rispetto a contingenti invasioni di terreni o edifici finalizzate a raduni illegali. Inoltre, il promotore/organizzatore di una associazione per delinquere si associa allo scopo di commettere taluni delitti; viceversa, il soggetto attivo del delitto in esame organizza un raduno, preceduto da un’invasione arbitraria il cui scopo non è in sé per nulla delittuoso (ballare, protestare, rivendicare ecc.), ma che, a certe condizioni potrebbe rivelarsi potenzialmente pericoloso per beni vaghi, rispetto a condotte tra l’altro non sempre da lui dominabili.

 

7. Il co. 3 incrimina la condotta di partecipazione alla invasione arbitraria finalizzata al raduno pericoloso, prevedendo una diminuzione di pena non quantificata (e dunque, parrebbe, ex art. 65 c.p., da un giorno ad 1/3 della pena prevista per la condotta di promozione e costituzione). La cornice edittale, ricostruita per relationem, oscilla da un minimo di due anni ad un massimo di 5 anni, 11 mesi e 29 giorni.

Sul piano concettuale e strutturale si tratta di una fattispecie autonoma, nel senso che la condotta in esame non è speciale rispetto a quella incriminata dal co. 2.

E del resto le fattispecie sorelle di partecipazione ad associazione per delinquere e a banda armata sono pacificamente considerate fattispecie autonome rispetto a quelle di organizzazione/promozione.

Tuttavia, in tali due ultimi casi, la condotta di partecipazione è punita con autonoma (e ben differenziata) cornice edittale.

Qui, sciaguratamente, la pena è costruita chiaramente come attenuante (“la pena è diminuita”), sicché la voluntas legis sembrerebbe orientata a qualificare la figura in commento come circostanza attenuante[7].

L’inquadramento come attenuante o fattispecie autonoma è foriero di importanti conseguenze: in particolare se la partecipazione è intesa come circostanza attenuante si potrà arrestare in flagranza di reato il ballerino delirante o lo studente occupante la scuola, perché ai fini del calcolo della pena per l’arresto obbligatorio (come per le misure cautelari) non si tiene conto delle circostanze, salvo quelle ad effetto speciale (artt. 379 e 278 c.p.p.).

Anche per questa ipotesi la pena è draconiana e sproporzionata per eccesso, sia in sé, sia rispetto alla più grave ipotesi del co. 2, sia rispetto ai citati tertia comparationis di partecipazione ad associazione per delinquere e banda armata (art. 416 co. 2 c.p.; art. 306 co. 2 c.p.), i quali prevedono cornici edittali ben più differenziate rispetto alla ipotesi della promozione/organizzazione.

Per partecipazione deve intendersi il prendere parte all’invasione con la finalità di raduno pericoloso, senza avere avuto ruoli organizzativi o di promozione.

 

8. Il massimo edittale di 6 anni, superiore a 5 anni, sia per l’ipotesi del co. 2 che del co. 3, consente intercettazioni telefoniche e ambientali, ex art. 266 c.p.p., così come la misura della custodia cautelare in carcere e, dato l’inserimento del nuovo delitto nel titolo VI del libro II del c.p., perfino l’arresto obbligatorio in flagranza (l’ipotesi rientra nell’art. 380, co. 2 lett. c) del c.p.p.).

Sul piano politico criminale il reato di partecipazione, rispetto a raduni cui possono partecipare migliaia di persone, finirà col creare, se preso sul serio, un intasamento formidabile dei ruoli, specie in Tribunali piccoli (come possono essere quelli di Viterbo e Modena, per stare a casi noti), così come, in linea teorica, arresti obbligatori di massa, qualora la condotta di partecipazione venisse intesa come circostanza attenuante, secondo la discutibile formula legislativa.

Non sono invece previste intercettazioni preventive, diversamente da quanto contenuto nel d.d.l. 2444[8], sempre sul contrasto ai rave party (e ai raduni illegali), primo firmatario il Sen. Salvini.

Alle severe pene principali si aggiungono, secondo un trend politico-criminale ormai consueto, misure ablatorie e misure di prevenzione.

L’art. 434 bis c.p. prevede, al co. 4, la confisca obbligatoria delle “delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma nonché di quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalità dell’occupazione”.

Il rinvio è chiaramente erroneo, posto che al primo comma non si menziona alcun reato, ma solo la definizione di “invasione” penalmente rilevante; i reati, rispettivamente di promozione/organizzazione e di partecipazione, sono come visto previsti dai commi 2 e 3.

“Cose che servirono o furono destinate a commettere il reato” è formula ampia, che nel caso di specie potrebbe abbracciare dispositivi elettronici utilizzati per organizzare/aderire al raduno, automezzi per trasportare materiale o per raggiungere i luoghi/edifici.

V’è da chiedersi se tale esito ablatorio sia proporzionato alla gravità dei fatti, che in non pochi casi può essere nulla o quasi: si pensi a chi davvero va a ballare ad un rave senza altri fini, o partecipa ad un corteo non autorizzato o occupi arbitrariamente un edificio dove altri, in ipotesi, tengano condotte vagamente pericolose per l’ordine pubblico.

Non è chiaro cosa si intenda con l’autonomo riferimento alle “finalità dell’occupazione” che, stando alla lettera della legge, rilevano nel senso del dolo specifico di raduno potenzialmente pericoloso, e come tali sembrano già rientrare nelle cose che “servirono o furono destinate a commettere il reato”.

 

9. Last but non least, quasi per un riflesso pavloviano che negli ultimi tempi colpisce di frequente il legislatore, si estende agli indiziati di avere commesso il reato previsto dall’art. 434 bis l’applicabilità delle misure di prevenzione[9] .

Si tratta forse della disposizione più irragionevolmente severa dell’intero pacchetto legislativo: al partecipante (o all’organizzatore) di un raduno, preceduto da una occupazione arbitraria, si potrà applicare la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con eventuali obblighi/divieti di soggiorno in determinati Comuni, al pari di quanto previsto per indiziati di reati di mafia, di terrorismo e – per la verità – di indiziati per altri reati pur sempre piuttosto gravi.

È evidente che l’intero armamentario della riforma in commento (nuove figure di reato a fumoso dolo specifico e a offensività nebulosa, assistite da pene draconiane; confisca obbligatoria; misure di prevenzione) per fatti che potenzialmente interferiscono con diritti costituzionali (di riunione, associazione, manifestazione del pensiero e di sciopero) appare fortemente discutibile sul piano politico-criminale, e in vari punti, come visto, suscita seri dubbi di costituzionalità.

 

10. In particolare, non convince l’incriminazione, al di là dello specifico fenomeno del rave party, di qualsivoglia raduno, sol perché preceduto da un’occupazione arbitraria, che di per sé, storicamente e ancora oggi, esprime un modesto disvalore contro il patrimonio immobiliare; valuterà il lettore se l’aggiunta a tale condotta base di un dolo specifico di per sé neutro (allo scopo di organizzare un raduno) e, soprattutto, la vaghissima attitudine del fatto di raduno a causare potenziale pericolo per un bene onnivoro come l’ordine pubblico, renda meritevoli di autonoma incriminazione, e per di più assai severa, fatti che il legislatore ha tipizzato maldestramente e che sicuramente si prestano a applicazioni poliziesche di prevenzione e repressione del dissenso e della devianza.

 

11. La vaghezza della disposizione, a bene vedere, non è verosimilmente un difetto agli occhi del legislatore: consente ampi spazi di manovra alle forze dell’ordine, che potranno intervenire in via anticipata senza troppo dover dimostrare in termini di prognosi di pericolosità del raduno.

Si tratta di una fattispecie coerente con una logica di polizia[10], nel senso che fornisce alle forze dell’ordine strumenti tempestivi ed adeguati (il sequestro di mezzi finalizzato alla confisca; l’arresto in flagranza) ad evitare che persone reputate pericolose (gli organizzatori di rave party e i primi aspiranti danzatori ma, a certe condizioni, anche operai licenziati, o studenti arrabbiati, o ultrà smaniosi, o nostalgici galvanizzati da recenti accadimenti) possano riunirsi più numerosamente e rappresentare un ulteriore pericolo per l’ordine pubblico.

Qualche esempio, si spera di fantasia: si pensi ad un concerto di musica punk in un centro sociale okkupato dove verosimilmente si consumeranno e magari spacceranno stupefacenti; o a un raduno di casa Pound in un palazzo occupato, dove non è da escludersi si inneggerà al fascismo; e che dire di 51 ultrà che scavalcano i cancelli di uno stadio e si radunano in uno spicchio di curva, pronti a insultare e all’occasione di menare le mani? O di 60 no vax che si radunano per manifestare in tempo di pandemia senza rispettare le regole sanitarie? O di 70 operai licenziati che occupano autostrade o binari ferroviari minacciando Governo e “padroni”? O di numerosi partecipanti ad un Gay Pride non autorizzato che agitino cartelli o immagini blasfeme? O di numerosi attivisti pro life che occupino un ospedale minacciando medici abortisti, o viceversa attivisti pro aborto che occupino un ospedale minacciando medici obbiettori?

Si dirà che la fantasia di questo commentatore non troverà riscontro nella realtà,– ciò che è possibile e sperabile –, ma certo la fattispecie si presta, anche per la sua vaghezza, a impieghi più che discutibili, specie per l’interferenza con diritti costituzionalmente protetti (riunione, manifestazione del pensiero, sciopero ecc.). D’altra parte, eventuali argomenti a favore della non applicazione della nuova fattispecie ai casi sopra enumerati, (ad es. in termini di prova del dolo, di attitudine pericolosa del raduno, di altruità di alcuni luoghi, ecc.) che pure possono individuarsi e sostenersi in sede giurisdizionale, non escludono efficacia a operazioni di polizia che comunque avranno l’effetto di interrompere il raduno e dunque interferire con preziosi diritti costituzionali, a prescindere dai successivi epiloghi processuali.

Probabilmente con la disposizione in commento non avremmo avuto Woodstock – certo la musica lì era decisamente migliore –, e forse sono a rischio perfino le adunate degli alpini, almeno stando alle – ad oggi non riscontrate – denunce di alcuni collettivi femministi circa condotte moleste tenute da alcuni di loro[11].

 

12. Il nuovo reato, peraltro, non è criticabile solo per la vaghezza dei requisiti e per l’interferenza con l’esercizio di diritti costituzionali, ma anche e paradossalmente per una certa potenziale inefficacia.

La soglia di rilevanza penale dell’invasione tipica ex art. 434 bis c.p. è infatti attestata sul curioso numero di 51 persone; sicché non basterà individuare 20 o 30 organizzatori già occupanti arbitrariamente un terreno od edificio, con tanto di predisposizione di mezzi (sound system, nel caso del rave party); occorrerà in tal caso aspettare l’afflusso di altre persone, potendosi procedere, fino a quel momento, solo per l’ipotesi tentata, o per il diverso reato consumato previsto dall’art. 633 c.p.

A ben vedere, se davvero si fosse voluto contrastare il non sempre edificante fenomeno dei rave party ben si sarebbe potuto più efficacemente operare con strumenti amministrativi di sequestro, come previsto da un d.d.l. del 2008[12] che non contemplava autonome sanzioni penali, o con la fattispecie tradizionale dell’art. 633 c.p.; del resto il famigerato rave party di Modena è stato neutralizzato dalla forze dell’ordine sulla base del quadro normativo antecedente all’odierno, con sequestro dei mezzi e senza alcun arresto o disordine[13].

D’altra parte, nell’ottica di incriminare raduni pericolosi per l’incolumità pubblica non si comprende perché siano reputati solo quelli preceduti da occupazione arbitraria.

Il rave o raduno è meno pericoloso se si tiene con il consenso di un ricco proprietario terriero o di palazzi che offre gratis et amore il proprio patrimonio immobiliare? o che dire dell’astuto organizzatore che stipuli un contratto di affitto con un privato per pochi denari, o convinca un pubblico amministratore ad autorizzare un raduno che poi si rivelerà pericoloso, o magari già lo era negli intendimenti del nostro organizzatore?

In conclusione, la fattispecie in commento presenta numerose criticità e una latitudine applicativa che irragionevolmente travalica l’asserita occasio legis, ovvero il fenomeno, statisticamente modesto, del rave party, per investire il cuore della vita democratica e del pubblico confronto, che si articola anche sulle riunioni e sui raduni, quand’anche potenzialmente molesti per un (non meglio precisato e storicamente scivoloso) concetto di ordine pubblico.

 

13. Al di là dello specifico intervento legislativo, le parole del Premier e del Ministro degli Interni in conferenza stampa, riportate all’inizio, fanno trasparire un messaggio chiaro: la festa è finita per devianti e disobbedienti vari.

Vista la tecnica normativa utilizzata, non è detto che l’obbiettivo verrà realizzato; il rischio è che la festa la si faccia al diritto penale liberale.

 

 

 

 

[2] La traduzione in italiano di rave party è festa del delirio. Non si tratta, in linea di massima, di un delirio mistico come quello dei dervisci rotanti.

[3] Cfr. per tutti Baccaredda Boy – Lalomia – Dova, in Dolcini-Gatta (diretto da), Codice penale commentato, tomo III, Milano, V ed. 2021, sub art. 633, 2472, anche per la giurisprudenza relativa.

[4] Si veda ad esempio la definizione contenuta nel dizionario Garzanti: “riunione di molte persone convenute da più parti in uno stesso luogo per partecipare a una manifestazione, a una competizione sportiva ecc.: il raduno nazionale degli alpini…”.

[5] Esemplare in tal senso Corte cost.  n. 65/1970, secondo cui l’apologia punibile ai sensi dell’art. 414, ult. co. c.p. “…non è la manifestazione di pensiero pura e semplice, ma quella che per le sue modalità integri un comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti”.

[6] Cass. 9.12.2012, Todisco, CED 254890.

[7] In generale, sulla natura di circostanza desumibile da formule quali “la pena è diminuita”, v. Marinucci-Dolcini-Gatta, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, XI ed., 2022, 658.

[8] D.d.l. n. 2444 presentato il 10 novembre 2021 al Senato, nella diciottesima legislatura, primo firmatario Senatore Salvini, il cui art. 5 recita: “All 'articolo 226, comma 1, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo le parole: « comma 3-bis, del codice, » sono inserite le seguenti: « del delitto di cui all'articolo 633-bis del codice penale, ».

[9] L’art. 5, co. 2 del decreto in commento, stabilisce che all'articolo 4, comma 1, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dopo la  lettera  i-ter),  è  aggiunta  la  seguente: «i-quater) ai soggetti indiziati  del  delitto  di  cui  all'articolo 434-bis del codice penale.».

[10] Del resto l’attuale Ministro degli Interni, il quale già in passato, nelle vesti di Prefetto, è stato il pioniere di ordinanze che si segnalavano per l’uso, in chiave di prevenzione di polizia, di fattispecie più tradizionali, cfr. C. Ruga Riva, Il Prefetto, il brutto e il cattivo, in Questione Giustizia, 13.5.2019, è  considerato dalla stampa uno degli autori della riforma (cfr. qui), e nella citata conferenza stampa il Premier ne ha riconosciuto il ruolo: “Lo Stato c'è e non si fa mettere i piedi in testa. Voglio ringraziare il ministro Piantedosi per la sua celerità, ha dato il segnale di uno Stato che non ha voluto mostrarsi inerte di fronte all'illegalità e che vuole rispondere immediatamente. Ci aspettiamo che questa norma uniformi l'Italia alle altre nazioni”,

[12] Ddl n. 1478 presentato nella XVI legislatura alla Camera dei Deputati dall’Onorevole Merlo, il 10 luglio 2008, in tema di svolgimento di raduni a carattere musicale in spazi non attrezzati, il quale prevedeva la regolamentazione dei raduni musicali in spazi non attrezzati, con sanzioni amministrative del sequestro provvisorio di strumenti e impianti musicali e attrezzatura finalizzata allo svolgimento del raduno.

[13] Il Resto del Carlino: Modena, 1° novembre 2022 – “La lunga coda del rave di Modena che per fortuna non ha visto scontri, ma si è pacificamente grazie alla mediazione delle forze dell'ordine. La polizia di Modena ha sequestrato il sistema audio utilizzato nel capannone dove si è tenuto il Rave Party 'Witchtek', concluso ieri con l'esecuzione pacifica dello sgombero. Sono stati individuati, mentre se ne stavano andando e scortati in Questura 14 autocarri con strumenti musicali, mixer e casse. Il sequestro ha riguardato oltre 100 pezzi per un valore stimato di almeno 150.000 euro”.