Nota a Cass. pen., Sez. VI, ord. 8 aprile 2020 (dep. 30 dicembre 2020), n. 37796, Pres. Fidelbo, Rel. Giordano

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Abstract. Il provvedimento in commento offre numerosi spunti di riflessione circa la compatibilità della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici ex art. 317 bis cod. pen., nella versione precedente alle novità apportate dalla legge n. 3 del 2019, con i principi costituzionali. La durata fissa e perpetua della misura, unitamente alla sua applicazione automatica, è considerata in contrasto con la finalità rieducativa della pena e con la necessaria individualizzazione del trattamento sanzionatorio. L’esiguità di pena principale cui essa segue in via automatica (tre anni) e la diversità di situazioni in cui viene irrogata rendono l’interdizione perpetua manifestamente sproporzionata alla gravità dei fatti delittuosi commessi. Il presente contributo, dopo aver ripercorso i passaggi argomentativi sviluppati dalla Corte di cassazione nell’ordinanza di rimessione, propone alcune ulteriori considerazioni sulla misura in esame e si interroga sulle conseguenze che l’eventuale decisione di accoglimento potrebbe produrre sull’attuale tessuto normativo.

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Il caso all’origine dell’ordinanza di rimessione. – 3. La decisione della Cassazione di rimettere la questione alla Corte costituzionale. – 4. Luci ed ombre della questione di legittimità costituzionale. – 4.1. La parziale valorizzazione dell’applicazione automatica della pena accessoria. – 4.2. Le cursorie considerazioni sul contenuto dell’interdizione perpetua. – 4.3. Le censure relative alla durata della pena accessoria. – 4.4. Le possibili modifiche al quadro normativo. – 5. Guardando oltre: quali conseguenze per il “nuovo” art. 317 bis cod. pen.?

* Il contributo è stato sottoposto in forma anonima, con esito favorevole, alla valutazione di un revisore esperto.