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  Nota a sentenza  
27 Luglio 2020


Rifiuto di accertamento etilometrico ex art. 186 comma 7 cod. str. ed avviso all’indagato della facoltà di nominare un difensore ex art. 114 disp. att. c.p.p.

Cass., Sez. IV, sent. 16 gennaio 2020 (dep. 5 febbraio 2020), n. 4896, Pres. Ciampi, Rel. Pezzella



1. La non necessità del previo avviso all’indagato in caso di rifiuto. Nel rigettare il ricorso della difesa, la sentenza della Cassazione qui annotata ha stabilito che in caso di rifiuto (da parte dell’allora indagato) di sottoporsi all’alcooltest – così integrando il reato di cui all’art. 186 comma 7 cod. str. – non è necessario l’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore al compimento dell’atto, quale è prescritto dall’art. 114 disp. att. c.p.p.[1], in relazione agli atti di p.g. “garantiti” dall’assistenza difensiva ex art. 356 c.p.p.[2], tra i quali rientrano anche gli accertamenti etilometrici, come species degli accertamenti urgenti ex art. 354 cpv. c.p.p.[3].

La motivazione sul punto è piuttosto chiara e ben articolata, inserendosi così in un vasto filone giurisprudenziale (cfr. infra par. 3), volto appunto a sostenere la non necessità del previo avviso in caso di rifiuto, pur trattandosi di un orientamento per nulla consolidato (cfr. infra par. 4). Ciò che costituisce, però, il punto di forza ed il tratto distintivo di questa sentenza, rispetto alle altre conformi, è il rigoroso iter motivazionale, che merita qui di essere ripercorso nei suoi passaggi principali.

Occorre premettere che, nella fattispecie concreta, l’imputato non aveva appunto ricevuto dalla p.g. operante il previo avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. e che la sua condotta si era caratterizzata sin dall’inizio, subito dopo l’alt dei carabinieri, per una precipitosa fuga in auto, tanto da portare la Procura ad ipotizzare nel decreto di citazione diretta a giudizio – oltre alla contravvenzione ex art. 186 comma 7 cod. str. – anche il delitto di resistenza a p.u. ex art. 337 c.p., per il quale il prevenuto verrà poi assolto dal Tribunale di Busto Arsizio.

Ciò posto, la Cassazione innanzitutto sostiene – in modo condivisibile e così come era già stato prospettato dalla difesa ricorrente – che l’eccezione circa il mancato avviso era sì stata proposta dal difensore tempestivamente (a norma degli artt. 180 e 182 comma 2 parte seconda c.p.p.), sin dal giudizio di primo grado, senza che potesse ritenersi in alcun modo sanata[4], ma che comunque tale eccezione in concreto – come già ritenuto dal Tribunale – sia infondata, perché l’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. «è funzionale alla facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia durante il compimento dell’atto, in quanto atto a sorpresa e non ripetibile, [e]…poiché, in ipotesi di rifiuto di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico, detto atto non può essere coattivamente eseguito, perde di rilievo l’assistenza del difensore e, a monte, l’avvertimento», tanto più che l’avviso de quo non è invece certamente finalizzato ad avvertire l’indagato a non commettere il reato di rifiuto, a cui osta il principio generale espresso dall’art. 5 c.p.

Pertanto, il momento qualificante l’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. è sempre e solo quello in cui gli operanti di p.g. sono in procinto di compiere l’accertamento etilometrico, cioè in funzione di questo atto irripetibile garantito ex artt. 354 cpv. e 356 c.p.p., da effettuarsi con le modalità tecniche della doppia prova con apposito strumento regolarmente tarato, così come previsto dall’art. 379 reg. esec. cod. str.[5]. In tutte le altre situazioni[6] – sembra potersi desumere dalla sentenza – l’avviso o non deve essere dato, perché l’indagato già prima dell’accertamento, come in caso di fuga immediata, pone in essere una condotta sostanziale di rifiuto (ancorché poi non coperta dall’art. 186 comma 7 cod. str., che richiama solo le forme tipizzate di rifiuto degli accertamenti di cui ai commi 3-4-5 del medesimo articolo), oppure gli è già stato dato, appunto in funzione dell’accertamento, ma poi il suo rifiuto si è manifestato successivamente, come nel caso di interruzione delle prove etilometriche in corso.

Per giungere ad individuare – per così dire – il “momento funzionale” in cui scatta l’obbligatorietà dell’avviso, la Cassazione, nella sentenza in commento, evidenzia come il fatto contestato all’imputato non sia nel caso concreto la guida in stato di ebbrezza ex art. 186 comma 2 cod. str., ma l’essersi rifiutato di sottoporsi ad accertamento etilometrico ex art. 186 comma 7 cod. str. Ne consegue, da un lato, che l’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. è funzionale ad accertare lo stato di ebbrezza e, dall’altro lato, che la presenza eventuale del difensore, a sua volta, è finalizzata a garantire che il compimento di quest’atto, a sorpresa ed irripetibile, non leda i diritti fondamentali dell’indagato.

 

2. Il momento del rifiuto. Invero, secondo la Corte, a caratterizzare e giustificare l’avviso sono il momento in cui viene dato e la sua finalità: cioè in funzione di un atto di indagine irripetibile, che potrebbe ledere i diritti dell’indagato se questi non fosse messo nella condizione di far assistere un difensore all’espletando accertamento irripetibile. Prima di quel momento (l’inizio dell’accertamento) e al di là di quella finalità non vi è alcun avviso da dare[7]: infatti, «“nel procedere al compimento degli atti” indica chiaramente che ci si accinge a compiere l’atto […] ma se ci si sta apprestando a compiere l’atto significa che l’interessato vi acconsente. Il rifiuto eventuale viene prima. […] L’avviso ex art. 114 disp. att. presume la riscontrata volontà dell’interessato di sottoporsi al controllo».

Qui emerge l’unico passaggio non del tutto condivisibile della sentenza de qua e cioè quello per cui “essere in procinto di compiere l’atto” significa necessariamente consenso da parte dell’interessato, di talché l’eventuale rifiuto opererebbe soltanto prima (e non potrebbe configurarsi dopo, quindi): può essere come no, vero che sino a tale momento di inizio dell’accertamento non vi è stato rifiuto, ma vero altresì che questo può palesarsi anche dopo, perché – schematizzando – possono darsi le seguenti modalità concrete di “rifiuto”, in senso lato, dell’accertamento (peraltro, non tutte penalmente rilevanti):

a) Soggetto a cui (per le modalità di guida o per un controllo a campione) venga intimato l’alt, ma che si dia alla fuga; in tal caso siamo fuori dalla sfera di operatività della contravvenzione ex art. 186 comma 7 cod. str., poiché questa implica tassativamente il rifiuto degli accertamenti nei casi di cui ai commi 3-4-5 del medesimo articolo;

b) Soggetto che, nell’ambito di un controllo a campione, venga fermato dalla p.g. e, invitato a sottoporsi al c.d. “pre test”, cioè ad accertamenti preliminari a mezzo di precursore etilometrico, lo rifiuti; in tal caso, il reato – per effetto del richiamo che il comma 7 fa al comma 3 – è integrato;

c) Soggetto che, fermato ed effettuato (se richiesto) il “pre test” con esito positivo, si allontani immediatamente dopo, senza neppure attendere gli ulteriori passaggi della procedura di accertamento etilometrico; anche in tal caso vi è l’operatività del reato, come detto sub b)[8];

d) Soggetto che, fermato (eventualmente anche sottoposto al “pre test”, senza allontanarsi), venga correttamente avvisato dalla p.g. procedente, ex art. 114 disp. att. c.p.p., della facoltà di farsi assistere da un difensore per l’accertamento etilometrico e che tuttavia rifiuti di sottoporsi a detto atto irripetibile, così integrando appieno il reato (art. 186 comma 7, in rel. al comma 4, cod. str.);

e) Soggetto che, fermato (eventualmente anche sottoposto al “pre test”, senza allontanarsi), venga correttamente avvisato dalla p.g. procedente, ex art. 114 disp. att. c.p.p., della facoltà di farsi assistere da un difensore per l’accertamento etilometrico e che, iniziate le operazioni, non le completi (rifiutando la seconda prova) o le effettui in modo simulato; anche in tal caso è integrato il reato di rifiuto (art. 186 comma 7, in rel. al comma 4, cod. str.);

f) Soggetto che, fermato (eventualmente anche sottoposto al “pre test”, senza allontanarsi), venga correttamente avvisato dalla p.g. procedente, ex art. 114 disp. att. c.p.p., della facoltà di farsi assistere da un difensore per l’accertamento etilometrico, da farsi – essendo gli accertatori in strada privi di apparecchiatura portatile – presso un comando di polizia, ma che rifiuti di recarsi al più vicino ufficio o comando e così rifiuti anche l’accertamento; pure in tal caso è integrato il reato di rifiuto (art. 186 comma 7, in rel. al comma 4, cod. str.);

g) Soggetto che, accompagnato o raggiunto in nosocomio dalla p.g. a seguito di incidente stradale, richiesto di sottoporsi a prelievo ematico per l’accertamento del tasso di alcolemia, rifiuti detto prelievo/accertamento, così integrando anche in questo modo il reato (art. 186 comma 7, in rel. al comma 5, cod. str.).

Questa ricostruzione dimostra che il rifiuto può certamente configurarsi anche dopo l’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. e non soltanto prima.

Detto ciò, conviene analizzare la giurisprudenza di legittimità conforme e quella contraria, al fine di comprendere se si sia in presenza di un contrasto giurisprudenziale effettivo o meramente apparente.

 

3. La giurisprudenza di legittimità conforme. Un filone giurisprudenziale, sempre della IV Sezione penale della Cassazione, nel corso degli anni, ha affermato che l’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. non deve esser dato in caso di rifiuto dell’esame. Va detto che, nello stabilire ciò lo ha fatto con argomentazioni meno ricche e convincenti rispetto alla sentenza in esame. In particolare, in una pronuncia del 2014[9] la Corte, nel rigettare - sul punto dell’omesso avviso - il ricorso della difesa, atteso il netto rifiuto all’accertamento da parte dell’allora indagato, si era limitata brevemente a constatare che l’avvertimento non fu dato perché l’imputato rifiutò l’accertamento prima che l’atto fosse compiuto (melius: iniziato) e che comunque, se anche fosse stato reperito in tempo reale un difensore, affermare – come fatto dal ricorrente – che «su consiglio [del legale] non avrebbe ricusato l’accertamento, è solo una manifesta congettura, peraltro incompatibile con il precetto di legge».

Sulla stessa linea, in una fattispecie molto simile e caratterizzata dall’omesso accertamento etilometrico a causa del rifiuto opposto dall’indagato, in una decisione del 2016, la medesima IV Sezione della Corte aveva dichiarato inammissibile il ricorso, affermando, senza svolgere ulteriori argomenti, che «l’obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per l’attuazione dell’alcoltest non ricorre se l’imputato abbia rifiutato di sottoporsi all’accertamento»[10].

Ed ancora, più di recente, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della difesa, che aveva dedotto due motivi circa l’art. 114 disp. att. c.p.p.: la violazione di legge processuale, in relazione anche all’art. 356 c.p.p., per omesso avviso all’indagato nel momento in cui è avviata la procedura di accertamento ancorché l’imputato si rifiuti di sottoporvisi e la violazione di legge processuale, in relazione anche all’art. 530 c.p.p., per invalidità derivata di tutti gli atti successivi all’omesso avviso con conseguente impossibilità – secondo la prospettazione difensiva – di utilizzare prove a carico dell’imputato. Nel dichiarare inammissibili entrambi i motivi, la Suprema Corte ha semplicemente riconfermato il principio secondo cui «l’obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per l’attuazione dell’”alcoltest” non ricorre se l’imputato abbia rifiutato di sottoporsi all’accertamento»[11].

Da ultimo, va segnalata una decisione dell’ottobre 2019 che ha reiterato il medesimo principio di diritto, di cui sopra, ma senza sviluppare alcuna considerazione ulteriore[12].

Una giurisprudenza quindi sì conforme, ma piuttosto “povera” di contenuti e di spunti che non poteva certo bastare, prima della sentenza in esame, per ritenere risolto (o quantomeno ben argomentato) il problema dell’obbligatorietà o meno dell’avviso in caso di rifiuto dell’accertamento etilometrico.

 

4. La giurisprudenza di legittimità (asseritamente) difforme. Le stesse sentenze poco sopra citate danno talvolta atto, in modo consapevole, dell’esistenza di un altro filone giurisprudenziale contrario, che sostiene invece l’obbligatorietà dell’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. al conducente che rifiuti l’accertamento e che addirittura recupera in tal senso una sentenza delle Sezioni unite del 2015[13], ritenuta fondante per detto filone.

Ciò, a prima vista, desta qualche perplessità circa la negata funzione nomofilattica della Suprema Corte nel suo più ampio Collegio che così si realizzerebbe, in quanto la stessa sentenza in esame (e buona parte di quelle ad essa conformi) è successiva alla decisione delle Sezioni unite. A ben vedere, però, come a breve si conta di dimostrare, la decisione delle Sezioni unite non concerne affatto il tema dell’obbligatorietà dell’avviso in oggetto. Un esame un poco più approfondito delle motivazioni consente infatti di ravvisare un contrasto giurisprudenziale più apparente che reale, alimentatosi nel tempo non tanto per effetto di principi di diritto contrastanti, quanto piuttosto per motivazioni talvolta frettolose e per tralatizie affermazioni, come quella sul valore appunto “fondante” delle Sezioni unite del 2015 per sostenere l’obbligatorietà dell’avviso anche in caso di rifiuto.

Vediamo quindi le sentenze – sempre della medesima IV Sezione penale – e le relative (piuttosto scarne) motivazioni sul punto, che fonderebbero la tesi dell’obbligatorietà dell’avviso per il caso di rifiuto.

In particolare, in una fattispecie in cui, peraltro, l’avviso de quo – ancorché verbalmente – era stato dato all’allora indagato, il quale, pur senza palesare un rifiuto esplicito, aveva però simulato, essendosi limitato ad inspirare ad ogni prova senza soffiare nello strumento, la Cassazione ha affermato che «tale avvertimento deve essere dato anche in caso di rifiuto alla effettuazione dell’accertamento»[14]; quindi un rifiuto che si è caratterizzato in concreto per esser stato implicito, ovvero desunto da fatti concludenti, e – ciò che più conta ai nostri fini – successivo all’avviso ed all’inizio dell’accertamento stesso.

Nel caso di specie pertanto l’avviso, funzionale al compimento dell’atto urgente ed indifferibile di accertamento etilometrico, era stato dato e, alla luce di ciò, va letto il principio di diritto sopra menzionato, che è sì “principio di diritto”, ma che trae origine dalla vicenda concreta e che poi, nella motivazione, trova più compiuta spiegazione: ritenendo infatti di dover trarre spunto dalla decisione a Sezioni unite (come se essa statuisse l’obbligo dell’avviso in caso di rifiuto) e di doversi uniformare ad essa, i giudici della IV Sezione affermano che “prima” di procedere all’accertamento mediante etilometro l’avviso deve comunque esser dato al conducente[15].

Ed allora l’affermazione per cui l’avviso è obbligatorio anche in caso di rifiuto va letta alla luce di quanto pure – correttamente – scritto in motivazione e cioè che l’avviso comunque va dato quando viene avviata la procedura di accertamento. Questo è il principio di diritto, non dissimile quindi da quanto statuito nella sentenza in commento.

Ancora, in modo quasi analogo, nel 2017 il plenum della Cassazione ha affermato che, “alla luce dell’insegnamento” espresso dalle Sezioni unite nel 2015 – che però nulla esprimono sul punto, come vedremo a breve –, il principio dell’insussistenza di un obbligo di avviso al conducente della facoltà di assistenza difensiva deve essere rivisto, nel senso di affermare tale obbligo, perché il complesso delle garanzie desumibili dal combinato disposto degli artt. 114 disp. att. e 354 c.p.p. «scatta nel momento in cui la polizia giudiziaria procede all’accertamento, per via strumentale», di talché l’avviso del diritto all’assistenza difensiva costituisce “presupposto necessario” della procedura stessa; da ciò il principio di diritto secondo cui l’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. «deve essere rivolto dagli organi di Polizia stradale al conducente del veicolo, nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell’alcolemia» e – pur con un certo salto logico – «tale avvertimento deve essere dato anche in caso di rifiuto alla effettuazione dell’accertamento»[16]. Ma siccome, nel caso concreto, l’imputato si era allontanato dal nosocomio prima che si potesse avviare la procedura di cui l’avviso costituiva presupposto, la Cassazione rigetta il ricorso, proposto dalla difesa, confermando la condanna per il reato ex art. 186 comma 7 cod. str., atteso che comunque non si sarebbe potuto procedere ad alcun accertamento né strumentale né sanitario.

Nel solco di questo “principio di diritto”, si muove nel 2018 la Cassazione secondo la quale – accogliendo questa volta il ricorso proposto dalla difesa, per l’omesso avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. in caso di rifiuto – deve essere annullata la sentenza della Corte di Appello (che aveva negato l’operatività dell’avviso), in applicazione “del più recente orientamento della Suprema Corte”[17] ed alla luce dell’“insegnamento” espresso dalle citate Sezioni unite, atteso che l’avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore deve essere rivolto al conducente «nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell’alcolemia con la richiesta di sottoporsi al relativo test, anche nel caso in cui l’interessato si rifiuti di sottoporsi all’accertamento»[18].

Ancora una volta i giudici della IV Sezione – nell’affermare l’obbligatorietà dell’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. in caso di rifiuto – lo fanno per adeguarsi all’insegnamento delle Sezioni unite (che, tuttavia, non insegnano affatto questa obbligatorietà), ripetendo ormai stancamente, in modo quasi tralatizio, di sentenza in sentenza, che il contrario orientamento va disatteso, in quanto le menzionate Sezioni unite avrebbero operato un’autentica rivisitazione del tema, insegnando appunto che l’avviso spetti anche in caso di rifiuto e comunque solo quando la p.g. si appresti ad iniziare la procedura di accertamento strumentale, atto urgente ed indifferibile, oppure quando – allorché il conducente sia rimasto coinvolto in un incidente stradale, come nella fattispecie concreta – la stessa p.g. chieda un prelievo ematico presso la struttura ospedaliera finalizzato all’accertamento del tasso di alcolemia.

Da ultimo, l’obbligatorietà dell’avviso in caso di rifiuto è stata nuovamente affermata dalla Cassazione nel 2019[19], la quale – in fattispecie abbastanza inusuale (sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. del G.i.p. di Milano, per omesso avviso di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p., a fronte di una richiesta di patteggiamento da parte dell’imputato, con conseguente ricorso della Procura Generale) – ha stabilito, sulla scorta del ritenuto insegnamento delle Sezioni unite, che l’avviso de quo spetti all’imputato anche in caso di rifiuto; più esattamente che, verificatosi il presupposto dell’accertamento etilometrico e cioè l’acquisizione di specifiche circostanze di fatto che facciano desumere il possibile stato di alcolemia[20], la p.g. «all’atto dell’avvio della procedura di controllo, prima ancora di verificare se l’interessato voglia sottoporsi o meno al test, deve dare all’indagato gli avvisi ex art. 114 disp. att. c.p.p., all’esito dei quali può aversi il comportamento disobbediente che costituisce il reato di cui all’art. 186 comma 7 cod. str.» e che l’omesso avviso costituisce nullità generale intermedia da ritenersi però sanata con la richiesta di patteggiamento, di talché la sentenza del G.i.p. ex art. 129 c.p.p. è stata annullata.

 

5. Un contrasto giurisprudenziale più apparente che reale. La sentenza delle Sezioni unite del 2015 – a cui la giurisprudenza favorevole ad estendere l’obbligo dell’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. anche al caso del rifiuto fa costante richiamo e formale adesione, come se fosse fondante di detto obbligo – invece, in una fattispecie concreta in cui era peraltro indiscusso che l’avviso fosse stato omesso, affronta e risolve il ben diverso problema del regime di sanatoria, o meglio del limite di deducibilità di questa nullità generale intermedia per omesso avviso di cui all’art. 182 comma 2 c.p.p., ma – questo è il punto – non si occupa in alcun modo, neppure come mero obiter dictum, nella motivazione, del tema che ci occupa e cioè se, anche in caso di rifiuto dell’accertamento da parte del conducente, sia dovuto o meno l’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p.

E le Sezioni unite non si occupano ex professo del tema sia perché la vera questione controversa – che meritava l’attenzione del Supremo Collegio nella sua più ampia composizione – era, come detto, quella di individuare il limite di deducibilità, e quindi il termine finale entro cui eccepire o rilevare detta nullità intermedia, ai sensi del capoverso dell’art. 182 c.p.p., sia perché prima di procedere all’accertamento etilometrico, atto indifferibile ed urgente ex art. 354 cpv. c.p.p., nei confronti dell’indagato (che è tale in quanto su di lui vi siano già indizi di reità) va comunque dato l’avviso di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p. L’eventualità del rifiuto, che è appunto tale, non viene neppure in essere nella motivazione della sentenza delle Sezioni unite.

In conclusione, si può allora affermare, da un lato, che il contrasto giurisprudenziale di cui sopra è più apparente che reale, poggiando su una lettura non corretta ed anzi fuorviante della decisione del supremo consesso, e che, dall’altro lato – ciò che costituisce il merito principale della sentenza in esame –, l’avviso è funzionalmente collegato al momento in cui la polizia giudiziaria, sulla base degli indizi di reità acquisiti, ritiene di dover procedere all’accertamento etilometrico, atto irripetibile ex art. 354 c.p.p. ed appunto “garantito” dalla possibile assistenza difensiva ex art. 356 c.p.p., per la quale è appunto dovuto l’avviso. Che poi l’indagato consenta o, a questo punto, rifiuti di sottoporsi all’accertamento, così integrando il reato ex art. 186 comma 7 cod. str., è solo un “post factum” eventuale che nulla aggiunge e nulla toglie alla precedente operatività dell’avviso; come accennato, però, l’unico punto non condivisibile della sentenza è proprio quello secondo cui – addirittura – il tema del rifiuto non rileverebbe affatto, perché se l’indagato si sottopone all’atto ciò implicherebbe che vi sia sempre il suo consenso ed il rifiuto si collocherebbe necessariamente solo prima dell’atto stesso. Come si è segnalato sopra, non è detto che sia sempre così.

Comunque, al di là di ciò, sfatato il “mito” della sentenza delle Sezioni unite, un punto di contatto significativo tra i due orientamenti (tutto sommato, poco utilmente contrapposti) è dato da un passaggio – sopra menzionato – della sentenza del 2019[21], che pure ritiene obbligatorio l’avviso anche in caso di rifiuto, laddove afferma che «all’atto dell’avvio della procedura di controllo, prima ancora di verificare se l’interessato voglia sottoporsi o meno al test, [la polizia giudiziaria] deve dare all’indagato gli avvisi ex art. 114», il che non è molto diverso nella sostanza rispetto a quanto statuisce la sentenza qui in commento laddove, nell’escludere l’obbligatorietà dell’avviso in caso di rifiuto, stabilisce che «nel momento stesso del rifiuto viene integrato il fatto reato sanzionato dall’art. 186 comma 7 cod. str. E non c’è più nessun atto da compiere per il quale vada dato l’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p., norma che si riferisce specificamente all’atto e non al procedimento». L’avviso va dato, quindi, in funzione del compimento dell’accertamento etilometrico ed il rifiuto – eventuale, anteriore o posteriore che sia (nel primo caso non si perverrà neppure all’atto e nel secondo caso l’avviso sarà già stato dato) – non rileva.

Sembrerebbe quindi un assestamento della giurisprudenza ragionevole, idoneo a contemperare i due filoni giurisprudenziali che, analizzati nelle loro motivazioni, mostrano più punti di contatto di quanto le massime lascino intendere, ma si tratta pur sempre di un assestamento non definitivo. Ed infatti occorre già dar conto di una recentissima decisione[22], con cui si è precisato – in una sentenza di annullamento senza rinvio, da ascriversi al filone che sostiene l’obbligatorietà dell’avviso anche in caso di rifiuto – che non ogni rifiuto è penalmente rilevante, in quanto «la contravvenzione di cui al comma 7 si perfeziona – è vero - con il rifiuto dell’interessato e dunque nel momento in cui l’agente ha espresso la sua indisponibilità a sottoporsi all’accertamento, ma perché il rifiuto possa integrare detta contravvenzione deve trattarsi di accertamento legittimamente richiesto in presenza di alcune delle condizioni previste dall’art. 186 commi 3, 4 e 5 cod. str.». E nei casi di cui ai commi 4 e 5 – giova precisarlo – tra le condizioni di un “accertamento legittimamente richiesto” dalla polizia giudiziaria vi è anche l’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p., di talché l’omesso avviso integra nullità generale intermedia, con la conseguente inutilizzabilità dell’accertamento etilometrico che sia stato comunque fatto ovvero – in caso di rifiuto da parte dell’indagato – con la conseguente irrilevanza penale di detto rifiuto[23]. Il tema resta dunque aperto ad ulteriori contributi.

 

[1] Sulla disposizione attuativa dell’art 114 si v.: f. la marca, Art. 114, in Commento al nuovo codice di procedura penale (coordinato da M. Chiavario), La normativa complementare, Vol. I, Norme di attuazione, Torino, 1992, p. 403.

[2] Sull’assistenza difensiva ex art. 356 c.p.p., cfr., a titolo esemplificativo: f. cordero, Codice di procedura penale, Torino, 1990, p. 406; l. d’ambrosio, Difensore e garanzie difensive nelle indagini preliminari, in Giust. pen. 1990, III, c. 403; r. sanlorenzo, Art. 356, in Commento al nuovo codice di procedura penale (coordinato da M. Chiavario), Vol. IV, Torino, 1990, p. 149.

[3] Sull’accertamento etilometrico, quale atto di indagine indifferibile e urgente della p.g., v. ad es.: T. Alesci, Le modalità di accertamento del tasso alcolemico e il rispetto delle garanzie difensive, in Giur. it. 2016, p. 2504; M. Bordieri, Sull’omesso avviso al difensore del deposito del verbale dell’alcool-test compiuto dalla polizia giudiziaria su un conducente, in Cass. pen. 2006, p. 1010; D. Curtotti, Rilievi e accertamenti tecnici, Padova, 2013, spec. p. 215-222; F. Giunchedi, Accertamenti tecnici, in Dig. Disc. Pen., Agg., Vol. V, Torino, 2010, p. 4; L. Ludovici, Alcooltest: profili processuali, ivi, Agg., Vol. IX, Torino, 2016, p. 68; A. Marandola, Rimessa alle Sezioni unite la determinazione del termine ultimo per sollevare la nullità dell’alcoltest espletato in violazione dell’art. 114 disp. att. c.p.p., in www.archiviopenale.it; D. Potetti, Incertezze della Cassazione sull’applicazione dell’art. 366 c.p.p. agli accertamenti della guida in stato di ebbrezza, in Cass. pen. 2009, p. 2558.

[4] Tanto meno – precisa la Cassazione, correggendo invece sul punto la Corte territoriale meneghina – la sanatoria poteva desumersi dall’avere il difensore, nel giudizio di primo grado, prestato il consenso all’acquisizione degli atti di indagine (sembra di capire che il consenso, nella fattispecie concreta, avesse riguardato tutti gli atti di indagine). La Suprema Corte, correttamente, esclude che il consenso all’acquisizione di un atto di indagine al fascicolo dibattimentale comporti sanatoria, per accettazione dell’atto originariamente nullo, ex art. 183 comma 1 lett. a) c.p.p., atteso che - a differenza di quanto accade con la richiesta di rito abbreviato – il consenso all’allegazione al fascicolo ex art. 431 c.p.p. non fa venire meno i vizi originari dell’atto e, soprattutto, non fa venire meno il diritto della difesa di eccepire l’inutilizzabilità dell’atto stesso.

[5] Ove si precisa che «nel procedere ai predetti accertamenti, ovvero quando si provveda a documentare il rifiuto opposto dall’interessato, resta fermo in ogni caso il compito dei verbalizzanti di indicare nella notizia di reato, ai sensi dell’art. 347 c.p.p., le circostanze sintomatiche dell’esistenza dello stato di ebbrezza, desumibili in particolare dallo stato del soggetto e dalla condotta di guida».

[6] Ad. es.: accertamenti propedeutici (il c.d. “pre-test”), indagato che si dia alla fuga, che si allontani dall’ospedale senza dare il consenso al prelievo ematico su richiesta della p.g., che simuli di soffiare nell’apposita apparecchiatura, che non completi le due prove, che revochi il consenso inizialmente dato all’accertamento.

[7] «Nel momento stesso del rifiuto viene integrato il fatto reato sanzionato dall’art. 186 comma 7 cod. str. E non c’è più nessun atto da compiere per il quale vada dato l’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p., norma che si riferisce specificamente all’atto e non al procedimento».

[8] Rimane possibile, comunque, nei casi a) – b) – c), per la p.g. procedente la possibilità di contestare, sulla base di precisi elementi sintomatici (modalità di guida, alito vinoso, occhi lucidi, eloquio, pre test), il reato di guida in stato di ebbrezza ex art. 186 comma 2 cod. str., salvo il problema per l’accusa di riuscire a dimostrare – senza accertamento etilometrico – che il tasso alcolemico sia superiore a 0,80 grammi per litro e quindi penalmente rilevante, anziché di rilevanza amministrativa nella fascia 0,50-0,80 grammi per litro.

[9] Così: Cass., Sez. IV, 21 ottobre 2014, n. 43845, inedita; prima ancora, cfr. Cass., Sez. IV, 26 gennaio 2011, n. 16553, Pasolini, in CED 250310.

[10] Cass., Sez. IV, 5 agosto 2016, n. 34470, ivi 267877.

[11] Cass., Sez. IV, 4 luglio 2019, n. 29275, ivi 278547-01.

[12] Cass., Sez. IV, 2 ottobre 2019, n. 40275, ivi 278548-03.

[13] Cass., Sez. un., 29 gennaio 2015, Bianchi, in Dir. pen. proc. 2015, p. 844, con nota di M. Jelovcic, Guida in stato di ebbrezza: le Sezioni unite sul termine per eccepire la nullità per mancata informazione dei diritti difensivi.

[14] Cass., Sez. IV, 21 novembre 2016, in Guida dir. 2017, f. 1, p. 27.

[15] «Altrimenti detto, il diritto all’avvertimento dell’assistenza difensiva sorge nel momento in cui i verbalizzanti decidono di procedere all’accertamento strumentale ed invitano il conducente a sottoporsi alle due prove spirometriche, secondo le modalità indicate dall’art. 379 reg. esec. cod. str.».

[16] Cass., Sez. IV, 13 luglio 2017, n. 34383, in CED 270526.

[17] Orientamento rappresentato dall’appena citata sentenza Cass., Sez. IV, 13 luglio 2017.

[18] Cass., Sez. IV, 9 febbraio 2018, n. 6526, inedita.

[19] Cass., Sez. IV, 7 marzo 2019, n. 10081, in CED 275274-01.

[20] Indipendentemente dal “pre test” ed in conformità del resto a quanto prevede l’art. 220 disp. coord. c.p.p.

[21] Cfr. Cass., Sez. IV, 7 marzo 2019, cit.

[22] Cass., Sez. IV, 30 aprile 2020, n. 13493, in www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com.

[23] Così anche Cass., Sez. IV, 14 marzo 2012, n. 21192, Bellencin, in CED 252736.