ISSN 2704-8098
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  Recensione  
22 Febbraio 2022


G.L. Gatta, V. Mitsilegas, S. Zirulia (eds.), Controlling Immigration Through Criminal Law. European and Comparative Perspectives on ‘Crimmigration’, Hart Publishing, Oxford, 2021


Crimmigration — crasi tra le parole anglosassoni crime e migration — è l’efficace espressione con cui da ormai quasi un ventennio si indica un fenomeno di intersezione o sovrapposizione tra diritto dell’immigrazione e diritto penale. La permeabilità del confine tra questi due settori del diritto, sia a livello nazionale che europeo, ha quale effetto l’adozione di misure di tipo securitario e repressivo nella gestione del fenomeno migratorio che si traducono a loro volta in un restringimento delle vie legali d’accesso in Europa, nel rafforzamento delle attività di sorveglianza dei confini nazionali ed europei e, non da ultimo, nella criminalizzazione dei migranti, dei richiedenti asilo e di coloro che, pur prestando solamente aiuto o soccorso ai migranti, rischiano di incappare nelle strette maglie dei delitti di favoreggiamento.

Le molteplici modalità con cui si estrinseca oggi la criminalizzazione del fenomeno migratorio in Europa sono sotto lo sguardo di molti studiosi e gli effetti di queste scelte non sono trascurabili poiché, in nome della protezione dei confini, si rinuncia a garantire diritti fondamentali affermati e tutelati nei Trattati e nelle Costituzioni europee.

Ma perché ricorrere al diritto penale? A questa domanda si propone di dare risposta un volume edito nel 2021 da Gian Luigi Gatta, Valsamis Mitsilegas e Stefano Zirulia che, sotto il titolo « Controlling Immigration Through Criminal Law. European and Comparative Perspectives on ‘Crimmigration’ », raccoglie dodici accurati saggi di giuristi, criminologi ed esperti di diritti umani che toccano a uno a uno i nervi scoperti della materia, offrendo spunti per un dibattito di cui, oggi più che mai, si sente il bisogno. L’opera raccoglie gli interventi, aggiornati, ampliati e corredati dei necessari riferimenti bibliografici, del Convegno internazionale tenutosi il 3 e 4 dicembre 2018 presso l’Università degli Studi di Milano e ad essi affianca contributi originali di altri autorevoli studiosi della materia. L’approccio interdisciplinare a un tema già di per sé ai confini del diritto penale garantisce una vista a tutto tondo sul progressivo e capillare dilagare della crimmigration in Europa, facendo luce, oltre che sui molteplici punti di intersezione tra criminal justice e immigration control, anche sulle conseguenti violazioni dei diritti fondamentali e, soprattutto, sui possibili rimedi a questa situazione.

Venendo alla struttura del libro, il volume è suddiviso in tre parti, ciascuna dedicata a un tema che viene approfondito dai singoli contributi, tutti accomunati da uno stile ricco di rimandi alla normativa europea e internazionale. I contributi raccolti nella prima parte (The Criminalisation of Migration: Framing the Debate) tracciano i contorni essenziali del campo di indagine. Il volume si apre con le stimolanti riflessioni di E. Guild (Cap. 1 — Assessing Migration Management and the Role of Criminal Law) che approfondiscono il ruolo del Protocolli di Palermo del 2000 e del Global Compact on Migration del 2018 nel processo di criminalizzazione del settore immigrazione, nonché le connessioni tra l’assenza di tutela dei diritti fondamentali dei migranti e la nascita del business model per i trafficanti. Valsamis Mitsilegas (Cap. 2 — The Criminalisation of Migration in the Law of the European Union: Challenging the Preventive Paradigm) porta l’attenzione sul piano prettamente europeo riconoscendo nel fenomeno di criminalizzazione delle migrazioni un esempio di strategia preventiva: i migranti e chi ne agevola l’ingresso vengono penalmente sanzionati al fine di porre un freno ai flussi in ingresso. Riconosciuta l’esistenza di questa ‘preventive dimension’, l’Autore si interroga sui limiti entro i quali il diritto europeo consente il ricorso a strumenti di puro diritto penale (sia nella lotta ai trafficanti che nella incriminazione dell’ingresso illegale) e sui rischi di over-criminalisation anche livello nazionale dove, sempre più spesso, i legislatori, col malcelato intento di creare un ambiente ostile a chi presta assistenza ai migranti, incriminano condotte umanitarie di cittadini e ONG. Segue nel volume il saggio di Gian Luigi Gatta (Cap. 3 — Global Trends in ‘Crimmigration’ Policies: From the EU to the USA), incentrato sulla comparazione del processo di crimmigration in Europa (in particolare in Italia) e negli Stati Uniti: nonostante alcune ineliminabili differenze, l’analisi restituisce alcune caratteristiche comuni, come la quasi totale assenza di garanzie per lo straniero e un percorso tripartito (cd. tre direttrici o strategie) lungo il quale i processi di crimmigration risultano osservabili: la previsione di conseguenze di diritto penale per la violazione di disposizioni di diritto dell’immigrazione; le conseguenze sullo status di migrante derivanti dalla commissione di reati comuni da parte dello straniero; l’utilizzo di strumenti e procedure tipicamente penali per il raggiungimento di finalità di diritto dell’immigrazione. Dario Melossi (Cap. 4 — The Connections between Migration, Crime and Punishment: Historical and Sociological Questions), con uno sguardo storico-sociologico, affronta il tema dello straniero criminale ripercorrendo gli effetti che questo discusso ma assai diffuso binomio ha avuto sui processi migratori. Chiude la prima parte il contributo di Maria Giovanna Manieri (Cap. 5 — Current Trends, Numbers and Routes in EU Migrations: Is Existing Legislation Creating More Irregularity?) con una profonda riflessione sulle politiche europee in materia di immigrazione — regolare e irregolare — e asilo e sul loro possibile irriflesso contributo alla precarizzazione dello status di migrante, sempre più pericolosamente proteso verso l’irregolarità.

Nella seconda parte (The Criminalisation Of Migration: National, European and Comparative Perspectives), in un’ideale comparazione, si condensano le esperienze dei principali Paesi europei in punto di crimmigration. Si rinviene, innanzitutto, l’esperienza della Spagna, riportata da José A. Brandariz (Cap. 6 — Crimmigration in Spain), sul tema del cd. ‘deportation gap’, ossia la pressoché ineliminabile difficoltà per molti Stati ad eseguire tutti gli ordini di espulsione emanati e sulla sua possibile correlazione con il ‘crimmigration turn’, ovvero la progressiva espansione del numero di espulsioni conseguenti alla commissione di un reato. Nel capitolo successivo Maartje van de Woude (Cap. 7 — Ethnicity Based Immigration Checks: Crimmigration and the How of Immigration and Border Control) si interroga sulla reale ‘apertura’ dei confini interni dell’Unione richiamando l’art. 23 del Codice frontiere Schengen e riportando i risultati di una ricerca condotta dall’Autrice nei Paesi Bassi dalla quale emerge una vasta discrezionalità degli ufficiali di frontiera nella scelta dei veicoli e delle persone da fermare e controllare; una discrezionalità quasi unicamente orientata da stereotipi e fattori quali la nazionalità della targa e il colore della pelle del conducente e dei passeggeri. Con riferimento alla Grecia, Nikolas Chatzinikolaou (Cap. 8 — Crimmigration in Greece: A Story of Exceptional Derogations from the Rule of Law within a Permanent Situation of Emergency) ripercorre gli anni del passaggio della Grecia da Paese di emigrazione a meta di flussi migratori analizzando la graduale ‘svolta penale’ nella gestione del fenomeno migratorio e, in particolare, le molte interferenze con i diritti fondamentali dei migranti (quali l’habeas corpus) giustificate da una ‘situazione d’emergenza’ che si potrae da oltre tre decenni. L’analisi della crimmigration in Italia è affidata al contributo di Francesca Cancellaro (Cap. 9 — Immigration Detention between Law and Practice in Italy: Managing the Border Through Arbitrary Detention) che si sofferma, nello specifico, sul tema del trattenimento amministrativo e sulle molte prassi illegali che lo caratterizzano. L’Autrice, in particolare, concentra la sua attenzione su due pratiche di trattenimento de facto — quello negli hotspot e quello a bordo delle navi, praticato in ossequio alla cd. politica dei porti chiusi tra il 2018 e il 2019 — rilevandone l’illegalità, il persistente contrasto con i principi sanciti dalla sentenza Khlaifia c. Italia della Corte EDU, nonché la riconducibilità di queste forme di privazione della libertà in assenza di reato alle maglie della crimmigration. Conclude la seconda parte del volume il capitolo di Justine N. Stefanelli (Cap. 10 — Detention as a Tool of Immigration and Asylum Enforcement in the EU) in cui l’Autrice esamina l’impatto sulle normative nazionali delle indicazioni dell’Unione europea in materia di trattenimento amministrativo degli stranieri e dei richiedenti asilo, con particolare attenzione al case law della Corte di Giustizia europea e alle recenti proposte di riforma della Direttiva rimpatri.

Nella terza ed ultima parte (Who is to Blame? Smuggling, Humanitarian Assistance and Human Rights Violation in the Mediterranean Area) si collocano due ampi contributi che si interrogano sulle conseguenze della criminalizzazione dei soccorsi umanitari e sulle potenziali responsabilità di tipo penale per le autorità statali. Il primo, firmato da Stefano Zirulia (Cap. 11 — Is that a Smuggler? The Blurring Line between Facilitating Illegal Immigration and Providing Humanitarian Assistance at the European Borders) contiene una puntuale disamina degli obblighi di incriminazione delle condotte di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare contenuti nel cd. Facilitators package del 2002 e del suo fondamentale contributo alla over-criminalisation che oggi interessa coloro che prestano soccorso — per fini meramente umanitari e senza profitto — ai migranti nel Mediterraneo. In particolare, prendendo in rassegna i principali casi di incriminazione di condotte di ONG (dal caso della Cap Anamur a quello della Sea Watch 3), l’Autore mette in luce l’insostenibilità (nonché, sotto certi aspetti, l’illegittimità) dell’attuale regolamentazione dello smuggling, tracciando i contorni di una possibile riforma che dovrebbe interessare tanto le regole europee quanto quelle nazionali. Infine, nel contributo che chiude il volume, Luca Masera (Cap. 12 — Reversing the Perspective: Criminal Responsibility of Italian Authorities for Human Rights Violations in Libya?) si cimenta in una sorta di inversione di prospettiva volta a restituire al diritto penale — sino ad ora interpretato quale strumento meramente repressivo del fenomeno migratorio — un ruolo di garanza per i migranti stessi, vittime di atroci violenze nel loro percorso migratorio verso l’Italia e l’Europa. Masera, in particolare, pur consapevole della assai improbabile apertura di simili procedimenti, ipotizza e argomenta i possibili reati contestabili alle autorità italiane ed europee per il supporto e il finanziamento delle operazioni della Guardia costiera libica — alla quale è stato sostanzialmente delegato il compito di ‘proteggere’ le frontiere europee — nonostante l’ormai diffusa consapevolezza delle atrocità commesse nei centri dove la stessa Guardia libica raccoglie e detiene i migranti intercettati nel Mediterraneo.

Nel complesso, l’opera costituisce un tassello essenziale per la ricerca contemporanea in materia di controllo dell’immigrazione con mezzi coercitivi e dei suoi riflessi giuridici, politici e  sociali. Nonostante un approccio corale, la pluralità di stili e l’afferenza a diverse discipline degli Autori, l’attenta ripartizione e organizzazione dei contributi conferisce al volume un senso unitario, di cui sin da subito risultano chiari gli obiettivi di ricerca e il filo rosso che unisce i diversi contributi. Controlling Immigration Through Criminal Law assicura al lettore un’esaustiva panoramica di una materia sfaccettata e normalmente trattata in contributi settoriali, consentendo di comprende a pieno la profonda permeabilità di un settore di confine che, proprio in quanto tale, richiede un approccio interdisciplinare e ricco di intersezioni. Il volume qui recensito, dunque, oltre a mappare in maniera completa il settore della crimmigration ha il pregio, non secondario, di suscitare l’attenzione del penalista (e non solo) su un tema attuale, carico di ricadute in termini di principi di diritto e diritti umani, nonché sul senso stesso del concetto di Stato democratico oggi diffuso in Europa e nel mondo.