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30 Giugno 2022


‘Diritti cautelari’ e restrizione della libertà personale nella logica della proporzionalità


*Testo rielaborato della lezione sul tema ‘Misure cautelari e libertà personale’, tenuta nell'ambito del Corso di perfezionamento in diritto penale “Giorgio Marinucci” – II Modulo “Questioni controverse di diritto e procedura penale”, Università degli Studi di Milano (10 giugno 2022).

 

 

Introdurre il tema della libertà personale nel processo penale significa in primo luogo richiamare i principi fondamentali, costituzionali e convenzionali, in cui si enunciano i diritti inviolabili della persona. Alla fissazione delle coordinate di base sulla riserva di legge nell’art. 13. 1 Cost., si affianca la presunzione di non colpevolezza dell’art. 27.2 Cost.[1], con un rilancio a livello delle fonti superiori in cui la tutela della libertà personale di cui all’art. 5 Cedu trova riscontro nella presunzione di innocenza dell’art. 6.2 Cedu e nell’art. 48.1 Carta dei diritti UE[2].

Si tratta dunque di verificare se questi principi trovino attuazione nel codice ovvero se ai principi fondamentali corrispondano le regole ovvero, ancora, se alla inevitabile fluidità dei principi si possa sostituire la logica rigida delle regole[3]. Come scriveva venti anni fa il presidente emerito della Corte costituzionale, Paolo Grossi, ad una idea di ‘legalità formale’ dovrebbe sostituirsi “una legalità che tenga conto dei due piani di legalità in cui si articolano i moderni ordinamenti, quello codicistico e quello costituzionale che esprime la società nei suoi valori portanti[4]. Inquadrare la libertà personale nel processo significa allora collocarla in un ‘giusto processo’ che, come tale, deve tuttavia anche porsi in termini di efficienza, raggiungendo l’obiettivo dell’accertamento senza sacrificare i diritti della persona. Da qui l’inevitabile conflitto tra esigenze diverse che si può sintetizzare nel rapporto tra ‘individuo e autorità nella disciplina della libertà personale’, come bene intitolava la monografia dell’attuale presidente della Consulta, pubblicata negli anni Sessanta[5]. La contrapposizione trovava del resto una indicativa sintesi nella definizione di ‘necessaria ingiustizia’ che Carrara conferiva alla custodia cautelare in uno scritto non a caso intitolato la ’immoralità del carcere preventivo[6].

La necessità di calibrare gli interventi coercitivi si è dunque misurata sulle emergenze di politica criminale dettate da fenomeni particolari di criminalità, il terrorismo degli anni settanta o i reati di sistema degli anni novanta, che hanno portato ad un irrigidimento delle regole - ad esempio sui termini di durata della custodia, destinati a prolungarsi a seconda delle necessità o alla adozione più ampia di misure coercitive [7] – cui si è tuttavia contrapposta per reazione una apertura garantista tale da determinare l’inserimento del principio per cui il pericolo di ‘inquinamento probatorio’ non può essere desunto dal rifiuto di rendere dichiarazioni o dalla mancata ammissione degli addebiti da parte della persona sottoposta alle indagini (art. 274 lett. a) c.p.p.) [8]. Il diritto al silenzio è così entrato a far parte dei ‘diritti cautelari’, continuando tra l’altro il suo percorso con la nuova e recente previsione di cui all’art. 314 c.p.p. in ambito di procedimento per la riparazione da ingiusta detenzione secondo cui “l’esercizio da parte dell’imputato della facoltà di cui all’art. 64 comma 3 lett. c) c.p.p. non incide sul diritto alla riparazione[9]. Si è dunque operato un ampliamento delle garanzie, riconosciuto subito dalla giurisprudenza che, alla luce della nuova disposizione, ha ritenuto definitivamente superato il precedente orientamento relativo al rilievo del comportamento silenzioso o mendace, del soggetto ingiustamente sottoposto alla misura coercitiva, ai fini della riparazione[10]. Il che si inserisce nell’ambito della attuazione codicistica del principio della presunzione di innocenza con il nuovo art. 115 bis c.p.p.[11] che ha trasposto la direttiva 2016/343 UE sul rafforzamento del principio e in qualche misura, pur sottolineando prioritariamente i limiti alla esposizione della posizione processuale dei soggetti sottoposti a procedimento penale[12], incide sul tema della libertà personale là dove tocca l’aspetto della informazione di dati relativi alle misure cautelari, così da spingere alcune Procure a determinare con specifiche circolari i limiti alla informazione dei nomi e dei provvedimenti, da rendere noti solo per ragioni di interesse pubblico e solo per garantire effettiva completezza dell’informazione[13]. La contrapposizione delle diverse esigenze ritorna peraltro quando le tendenze securitarie muovono verso la necessità di strumenti particolari, come dimostra la assegnazione del taser alle forze di polizia[14], già in uso da qualche mese presso varie sedi, a fini di pronto intervento, quale nuova modalità esecutiva di privazione della libertà, se pure temporanea, in assenza di particolari regole che sarebbero peraltro richieste da organismi internazionali[15].

Il difficile rapporto tra ‘autorità e libertà’ ovvero tra potere e diritti è stato peraltro costantemente monitorato dalla Corte costituzionale che con numerosi interventi ha sancito il principio del ‘minimo sacrificio necessario’ ovvero della ‘coercizione cautelare minima’[16], ribadito nella recente sentenza sulla ammissibilità del referendum in tema di giustizia in ordine al quesito del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie (art. 274  lett. c) c.p.p.), dove la Corte, richiamando una precedente pronuncia, ha sottolineato che lo strumento penale costituisce ”un’ extrema ratio, cui il legislatore ricorre quando, nel suo discrezionale apprezzamento, lo ritenga necessario per l’assenza o l’inadeguatezza di altri mezzi di tutela”. Il principio enunciato, secondo la Corte, “non può non riverberarsi anche sulle misure cautelari personali, soprattutto quelle privative della libertà personale, approntate dal legislatore in vista del conseguimento delle finalità proprie del processo penale e per fronteggiare imprescindibili esigenze di tutela della collettività ancor prima dell’accertamento della responsabilità penale”[17]. L’equilibrio richiesto trova dunque il suo fondamento nel principio di proporzionalità che, sancito dalle fonti europee nel combinato disposto degli artt. 6, 49.3, 52 Carta dei diritti UE e art. 5 Cedu, come interpretato dalla Corte Edu[18], si fonda, come è noto, sui criteri della idoneità, della necessità e della proporzionalità in senso stretto, così da consentire la coercizione solo a fronte di misure adeguate all’obiettivo, miti per quanto possibile, non eccessive e tollerabili[19]. Una sintesi bene espressa nella definizione coniata dalla dottrina tedesca nel secolo scorso, secondo cui “la polizia non deve sparare ai passeri con i cannoni”[20].

Il principio sembra avere trovato affermazione sul piano dei criteri per l’adozione delle misure, ponendo così le basi per una discrezionalità vincolata del giudice nell’esercizio del potere cautelare. Ad una prima pregiudiziale valutazione della ‘gravità in astratto’ delineata dalle tre categorie di reati per i quali, a seconda della pena edittale, non si può disporre nessuna misura oppure si possono adottare alcune misure e non altre (art. 280 c.p.p.), e oltre alla valutazione della ‘gravità in concreto’ in relazione alla presenza di cause di giustificazione, non punibilità, estinzione del reato o della pena (art. 273 comma 2 c.p.p.), la verifica deve riguardare la sussistenza dei gravi indizi alla stregua del richiamo ad alcune regole in materia probatoria tra le quali la necessità di riscontri della chiamata in correità di cui all’art. 192 commi 3 e 4 c.p.p., richiamate espressamente dall’art. 273 comma 1 bis c.p.p. [21]. Sul punto la giurisprudenza si è peraltro espressa in modo difforme, talvolta ritenendo che debba essere applicato anche l’art. 192 comma 2 c.p.p. sulla sussistenza degli indizi gravi, precisi e concordanti, “non potendo esercitarsi la discrezionalità del giudice in assenza della pluralità e concordanza[22]. In altre occasioni si è ritenuto al contrario sufficiente un quantum di elevata probabilità in ordine alla responsabilità[23] o qualunque elemento probatorio idoneo a un giudizio di qualificata probabilità, in quanto i gravi indizi non corrispondono agli indizi quali elementi probatori e non vanno valutati secondo i criteri del giudizio di merito[24]. Il che andrebbe coordinato con quanto affermato dalla Corte costituzionale circa il fatto che la valutazione dei gravi indizi equivale a giudizio di responsabilità, se pure in chiave prognostica e allo stato degli atti[25].

Il punto coinvolge necessariamente il tema del rapporto tra giudizio cautelare e giudizio di merito che, oltre a riflettersi sul potere di riqualificazione giuridica del fatto, se pure non vincolante, ad opera del Gip[26], e a riguardare, tra l’altro, la conoscibilità da parte del giudice del dibattimento dell’ordinanza cautelare, se ancora in esecuzione (art. 432 c.p.p.)[27], ha indotto a dubitare della legittimità del giudizio immediato cautelare (art. 453 comma 1 bis c.p.p.) a fronte di una azione penale fondata soltanto sulla attualità della detenzione preventiva[28]. Evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità come il requisito della evidenza probatoria debba comunque essere valutato anche nella particolare fattispecie di giudizio custodiale[29], la questione è stata trattata sul piano della costituzionalità in relazione all’eventuale profilo di incompatibilità tra giudice cautelare e giudice che dispone il giudizio. L’affermazione della infondatezza della questione ex art. 34 comma 2 bis c.p.p. lascia aperto il dubbio a fronte della motivazione secondo cui il decreto che dispone sulla richiesta del pubblico ministero non comporterebbe valutazioni, essendo quest’ultima vincolante per il giudice[30].

 

2. Il principio di proporzionalità permea di sé anche i criteri di scelta circa la idoneità (art. 275 comma 1 c.p.p.), la adeguatezza (art. 275 comma 3 c.p.p.) e la stessa proporzionalità della misura (art. 275 comma 2 c.p.p.) che meglio si esprime là dove si prevede che né la custodia cautelare né gli arresti domiciliari, possano essere disposti se con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena (art. 275 comma 2 bis c.p.p.) o dove si stabilisce che la custodia cautelare non sia applicabile se il giudice ritiene che la pena prevedibile non sia superiore a tre anni, salvo che per particolari reati (art. 275 comma 2 bis c.p.p.). Su questo fronte è sorto il quesito se e in quale misura possa influire, sulla custodia in corso di esecuzione, una sentenza anche non definitiva, che applichi una pena non superiore a tre anni. L’intervento della giurisprudenza, nell’escludere la caducazione automatica della misura, ha bene reso in concreto il potenziale del principio di proporzionalità là dove ha ammesso che la pronuncia della sentenza obblighi ad un vaglio della necessità di sostituire la misura con una meno grave, nella logica di una verifica di proporzionalità non limitata alla fase genetica, ma estesa a quella dinamica[31] . La natura del giudizio cautelare rebus sic stantibus implica d’altra parte un costante controllo della legittimità della misura in atto[32].

Se il limite di pena applicata può incidere sulla stessa gravità della misura, ci si è chiesti come possa influenzare il quadro normativo la sentenza con cui la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità dell’art. 656 comma 5 c.p.p. ove prevede che la sospensione dell’ordine di esecuzione avvenga in relazione alla condanna a tre anni e non a quattro, nella logica del possibile accesso alle misure alternative[33]. Al riguardo, non essendo il legislatore intervenuto a correggere materialmente la disposizione che, per quanto è dato sapere, sembra rimanere invariata anche nella prossima riforma, nonostante la prassi sia già stata nel senso di sospendere in sede di esecuzione l’ordine di sospensione a condanna a quattro anni[34], il quesito riguarda il permanere in concreto della esecuzione cautelare secondo cui la misura non debba essere disposta in prospettiva di pena a tre anni[35]. Un profilo di incostituzionalità, a fronte della pronuncia della Corte, dell’art. 275 comma 2 bis c.p.p. ‘ove esclude l’applicabilità della custodia cautelare in previsione di pena non superiore a tre anziché a quattro’, è stato peraltro escluso dalla giurisprudenza che ha ritenuto non irragionevole la differente previsione alla luce della differente finalità della norma sulla custodia (art. 275 comma 2 bis c.p.p.) rispetto allo scopo della tutela della risocializzazione propria della fase esecutiva cui è preposto l’art. 656 comma 5 c.p.p.[36]. Il che non toglie il dubbio sulla incongruità delle previsioni e spinge verso la necessità del coordinamento normativo se si ritiene necessaria una proporzionalità coordinata ai mutamenti di sistema.

D’altra parte, il principio ha inciso nel tempo anche sui presupposti inerenti le esigenze cautelari così da estendere il requisito della attualità del pericolo a tutti i casi (art. 274 lett. a), b) e c) c.p.p.) e da escludere quale criterio, quanto meno in relazione al rischio di fuga e di reiterazione, la gravità del titolo del reato per cui si procede (art. 274 lett. b) e c) c.p.p.).

L’esercizio del potere cautelare opera dunque su una valutazione complessiva, secondo la logica della pluralità graduata delle misure, adattando peraltro i nuovi criteri secondo i differenti casi. La giurisprudenza tende in effetti a distinguere intanto l’attualità del pericolo di reiterazione dal criterio del ‘tempo trascorso dal reato’, di cui l’ordinanza cautelare deve dare conto nella motivazione (art. 292 comma 2 lett. c) c.p.p.), ritenendo non rilevante talvolta il fattore cronologico per determinate fattispecie associative [37] o al contrario desumendo il pericolo di reiterazione dalla vicinanza dei fatti per casi di violenza [38]. Con riguardo poi alla attualità del periculum, il quadro interpretativo fa capo sostanzialmente al concetto di occasione, non specifica, ma valutata in via prognostica sul piano di eventuali condotte reiterative desunte da modalità della condotta, personalità del soggetto e contesto ambientale[39]. L’occasionalità della condotta non esclude peraltro la propensione alla violenza e conferma il pericolo concreto di fatti analoghi[40].

La distinzione tra fattispecie diverse sembra presente anche in relazione al pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie (art. 274 lett. c) c.p.p.), sul quale si è confrontato il recente referendum non raggiunto dal quorum. Se la reiterazione viene considerata talvolta in relazione a reati in astratto della stessa specie [41] o con riguardo a reati che offendono lo stesso bene giuridico[42], in altre sentenze ci si riferisce ad esempio a un pericolo desunto dal precedente patteggiamento per lo stesso reato[43] oppure, per reati contro la pubblica amministrazione, si valuta la reiterazione anche a fronte delle dimissioni o della sospensione del pubblico ufficiale[44]. Una giurisprudenza più rigorosa ha conferito inoltre rilievo alle iscrizioni ex art. 335 c.p.p., rinviando ai criteri di cui all’art. 133 c.p., che prevede la valutazione dei ‘precedenti penali e giudiziari’ ai fini della pena, nonostante l’art. 274 lett. c) c.p.p. si riferisca soltanto ai precedenti penali[45].

Anche da qui si evidenzia il delicato percorso normativo e giurisprudenziale, in cui la proporzionalità ‘legale’ è soggetta alla fisiologica sottoposizione alla proporzionalità ‘giudiziale’. In ogni caso, se l’originaria ‘ingiustizia necessaria’ è divenuta dunque ‘ingiustizia proporzionata’, ci si chiede se il principio guida, quale regola oppure criterio applicativo, potrà operare nella ‘ingiustizia futuribile’, fondata su algoritmi informatici predittivi finalizzati a stabilire il tasso di rischio di qualsiasi pericolo[46] oppure collocata nella realtà virtuale o metaverso di cui ancora non è certa la definizione[47], ma di cui si discute in ordine alla tipologia di condotte e illeciti che vi possono essere commessi e da quali soggetti virtuali[48]. Quale che sia il nuovo spazio cautelare, meta-criteri e meta-misure non potranno tuttavia sottrarsi alla legalità dei diritti.

 

 

 

 

[1] G. Illuminati, La presunzione d’innocenza dell’imputato, Bologna, 1979, passim; P. Ferrua, Presunzione di non colpevolezza e definitività della condanna, in Id., Studi sul processo penale, vol. II, Anamorfosi del processo accusatorio, Torino, 1992, p. 123; P.P. Paulesu, La presunzione di non colpevolezza dell’imputato, Torino, 2009, passim.

[2] Sul principio di cui all’art. 48 Carta dei diritti UE, Corte Giust. UE, 5 settembre 2019, C-377/18., 40-42, su cui B. Lavarini, La Corte costituzionale ridisegna l’art. 578 c.p.p. in adeguamento alla presunzione di innocenza europea, in Riv. it. dir. proc. pen., 2021, n. 4, p. 1587.

[3] M. Daniele, Il diritto alla libertà personale e le manipolazioni dell’habeas corpus, in AA.VV., Nei limiti della Costituzione. Il codice repubblicano e il processo penale contemporaneo, a cura di D. Negri e L. Zilletti, Padova, 2020, p.229; Id., Habeas corpus. Manipolazioni di una garanzia, Torino, 2017.

[4] P. Grossi, Mitologie giuridiche della modernità, Milano, 2001, p. 80.

[5] G. Amato, Individuo e autorità nella disciplina della libertà personale, Milano, 1967.

[6] F. Carrara, Immoralità del carcere preventivo, in Opuscoli di diritto criminale, vol. IV, Lucca, 1874, 300.

[7] F. Cordero, Procedura penale, Milano, 2012, 469; G. Illuminati, I riflessi della stagione di ‘mani pulite’ sulla procedura penale degli anni novanta, in AA.VV., Diritti individuali e processo penale nell’Italia repubblicana, Milano, 2011, p.279; E. Amodio, Mille e una toga. Il penalista tra cronaca e favola, Milano, 2010, p. 154.

[8] La modifica è stata portata dalla l. 8 agosto 1995 n. 332.

[9] La disposizione è stata inserita dall’art.4, comma 1, lett. b), d.lgs. 8 novembre 2021, n. 188, a decorrere dal 14 dicembre 2021.

[10] Cass., Sez. IV, 15 marzo 2022 n. 8816, su cui, L. Tavassi, La riparazione per l’ingiusta detenzione fra diritto al silenzio e onere di difendersi collaborando, in Arch. pen. web, 2022, n. 2. V., inoltre. G. Fiorucci, Il diritto di esercitare il diritto, in Arch. pen. web, 2022, n. 2. In giurisprudenza, Cass., Sez. III, 4 maggio 2022 n. 23656, in dirittoegiustizia.it, 20 giugno 2022.

[11] Art.4, comma 1, lett. a), d.lgs. 8 novembre 2021, n. 188 su cui G.M. Baccari, Le nuove norme sul rafforzamento della presunzione di innocenza dell’imputato, in Dir. pen. e proc., 2022, n. 2, p. 159.

[12] G. Caneschi, Processo penale mediatico e presunzione di innocenza: verso un’estensione della garanzia? , in Arch. pen. web, 2021, n. 3.

[13] Procura della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, 1 giugno 2022; Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, 8 febbraio 2022.

[14] V. art. 8 comma 1-bis d. l. n.114/2019 conv. in l. 149/2014. V., inoltre, art. 19 d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in l. 1 dicembre 2018, n. 132.

[15] Il Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite aveva già evidenziato nel 2007 che il taser è una forma di tortura (Committee against Torture Concludes Thirty-Ninth Session, press release, United Nations Office at Geneva, November 23, 2007).

[16] D. Negri, Tecniche di riduzione della custodia in carcere ad extrema ratio, in AA. VV., Le misure cautelari personali nella strategia del ‘minimo sacrificio necessario’, a cura di D Chinnici, Dike ed., Roma, 2015, p. 39.

[17] Corte cost., 16 febbraio 2022, n. 57, dove si richiama C. Cost. n. 8/2002.

[18] F. Zacché, La libertà personale tra diritti della persona e nuove sfide del processo penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2018, p. 2003. V., inoltre, M. Caianiello, Il principio di proporzionalità nel procedimento penale, in Diritto penale contemporaneo, Riv. trimestrale, 2014, 3-4, p. 151.

[19] Per una approfondita analisi, F. Zacché, Criterio di necessità e misure cautelari personali, Milano, 2018, p. 43 ss.

[20] F. Fleiner, Institutionen des Deutschen Verwaltungsrechts, Tübingen, 1912, 354.

[21] Circa la valenza dei ‘gravi indizi’ in sede cautelare, G. Tabasco, Principio di proporzionalità e misure cautelari, Padova, 2017, p. 53.

[22] Cass., Sez. V, 26 novembre 2018 n. 55410.

[23] Cass., Sez. IV, 13 febbraio 2017 n. 6660; Cass. II, 8 marzo 2017 n. 22968.

[24] Cass., Sez. IV, 8 aprile 2021 n. 16158.

[25] Corte cost., 21 giugno 2012, n. 153.

[26] Cass., Sez. VI, 7 giugno 2018, n. 299088; Cass., Sez. VI, 28 aprile 2021, n. 16202, in dirittoegiustizia.it., 29 aprile 2021.

[27] Cass., Sez.VI, 22 giugno 2001 n. 29821, ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 432 c.p.p. nella parte in cui prevede la allegazione al fascicolo per il dibattimento dell’ordinanza applicativa della misura. Circa l’ammissibilità della trasmissione dell’ordinanza anche se non più in esecuzione, Trib. Milano, Sez. IV, ord. 17.10.2018.

[28] Cfr., volendo, E. Amodio –  N. Galantini, Sulla illegittimità costituzionale del giudizio immediato custodiale, in Diritto penale contemporaneo, 12 luglio 2013.

[29] Circa il fatto che l’evidenza probatoria non si esaurisca nella gravità indiziaria, Cass., Sez. II, 27 marzo 2014, n. 19666. V. inoltre, Sez. Un., 26 giugno 2014, n. 42979, in Giurisprudenza penale web, 19 ottobre 2014.

[30] Cass., Sez. II, 1 ottobre 2019 n. 48591.

[31] Cass., Sez. V, 20 gennaio 2021 n. 4948.

[32] Cass., Sez. IV, 13.2.2019 n. 202.

[33] Corte cost., 2 marzo 2018, n. 41 con cui ha dichiarato l’art. 656, comma 5, c.p.p. costituzionalmente illegittimo nella parte in cui si prevede che il pubblico ministero sospenda l’esecuzione della pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non superiore a tre anni, anziché a quattro anni.

[34] Circa le decisioni precedenti la pronuncia della Corte, V. Alberta, Sospensione delle pene sino a 4 anni di reclusione e affidamento ‘allargato’. Il Tribunale di Milano adotta l’interpretazione costituzionalmente orientata, in Giurisprudenza penale web, 2017, 4. V., inoltre, per le diverse opzioni giurisprudenziali di legittimità, S. Tocci, L’ordine di esecuzione dopo la sentenza della Consulta n. 41/2018, in giustiziainsieme.it. 24.12.2018

[35] M. Cherubini - A. Mingione, Incostituzionalità dell’art. 656 c. 5 c.p.p. e ricadute in materia cautelare: liberi (quasi) tutti dopo la sentenza n. 41/2018 della Corte costituzionale?, in Giurisprudenza penale web, 2018, 3.

[36] Cass., Sez. I, 28 febbraio 2019, n.18891.

[37] Cass., Sez III, 12 luglio 2016, n. 4635. Circa la rilevanza della dissociazione dal sodalizio criminale, Cass., Sez. V, 14 giugno 2018 n. 45840 e Cass., Sez. III, 16 gennaio 2019, n. 6284, o la persistenza di interessi comuni con il sodalizio, Cass., Sez. VI, 13 aprile 2018, n. 18015.

[38] Cass., Sez. I, 22 gennaio 2020, n. 14840; Cass., Sez. II, 25 gennaio 2022, n. 6593.

[39] Cass., Sez. V, 20 gennaio 2022, n. 12869; Cass., Sez. III, 15 febbraio 2022, n. 9041. In tema, L. Giordano, Sulla attualità del pericolo di recidiva a tre anni dalla riforma del rito cautelare, in Dir. pen. contemporaneo, 31 gennaio 2019; L. Giuliani, Sulla attualità del pericolo di reiterazione del reato, in Cass. pen., 2019, p. 1935.

[40] Cass., Sez. II, 25 febbraio 2022, n. 18398.

[41] Cass., Sez. V, 24 settembre 2019, n. 70.

[42] Cass., Sez. VI, 25 settembre 2019, n. 47887.

[43] Cass., Sez. V, 5 gennaio 2022, n. 131.

[44] Cass., Sez. VI, 8 novembre 2018, n. 55113; Cass., Sez. V, 7 febbraio 2022, n. 4313

[45] Cass., Sez. II, 15 settembre 2021, n. 34312 su cui G. Lorenzi, La rilevanza delle iscrizioni ex art. 335 c.p.p. ai fini del giudizio prognostico sul pericolo di reiteratio criminis, in Giurisprudenza penale web, 2021, 12.

[46] M. Daniele, Il diritto alla libertà personale, cit. p. 221. In relazione alla giurisprudenza statunitense, per la valutazione del rischio di recidiva nel post-trial sentencing, R. Orlandi, Procedimento di prevenzione e presunzione di innocenza, in AA.VV., Nei limiti della Costituzione, cit., p. 98, nt. 26.

[47] A.D. Signorelli, Il metaverso non esiste, in wired.it, 10 giugno 2022.

[48] Anche in relazione alla notizia di una molestia sessuale nello spazio virtuale, A. Continiello, Le nuove frontiere del diritto penale nel Metaverso. Elucubrazioni metagiuridiche o problematica reale? in Giurisprudenza penale web, 2022, 5; M. Martorana, Il Metaverso e il reato di molestie sessuali nella realtà virtuale, in altalex.com, 23 febbraio 2022; M. Borgobello, Molestia sessuale nel metaverso, in cfnews.it, 16 aprile 2022.