Scheda  
23 Luglio 2025


La Cassazione ribadisce l’applicabilità della liberazione anticipata al lavoro di pubblica utilità sostitutivo e la competenza del magistrato di sorveglianza (nel persistente “disagio” di quest’ultimo)


Davide Bianchi

Cass., Sez. I, 7 marzo 2025 (dep. 17 giugno 2025), n. 22662, Pres. G. De Marzo, Rel. G. Tona


1. Con la sentenza annotata la Corte regolatrice conferma la doppia soluzione interpretativa fornita nel precedente di pochi mesi prima (Cass., Sez. I, 10 gennaio 2025, n. 10302, in questa Rivista., 19 maggio 2025): i) la liberazione anticipata ex art. 54 o.p. è applicabile anche alla pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità introdotta dal d.lgs. n. 150/2022; ii) la competenza ad applicarla spetta al magistrato di sorveglianza in forza dell’art. 69-bis o.p.

Quanto al primo aspetto (quello sostanziale), la Suprema Corte fonda il proprio decisum sui seguenti argomenti.

In primo luogo, da un punto di vista testuale, viene rilevato come l’art. 57, comma 1, l. n. 689/1981 equipari, «Per ogni effetto giuridico, la semilibertà sostitutiva, la detenzione domiciliare sostitutiva e il lavoro di pubblica utilità sostitutivo» alla «pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena sostituita»; con ciò, secondo la Corte, si avrebbe già una prima base legale «per ritenere tale sanzione sostitutiva [il lavoro di pubblica utilità] compatibile con tutti benefici previsti in relazione all’espiazione delle pene detentive»[1].

In secondo luogo, viene richiamato l’art. 76 l. n. 689/1981, il quale, nel rinviare, inter alia, all’art. 47, comma 12-bis, o.p., estende alle pene sostitutive «la detrazione di pena di cui all’articolo 54». Né, ad avviso della Corte, la clausola di compatibilità presente nell’art. 76 cit. varrebbe ad impedire l’estensione della liberazione anticipata alla pena-lavoro[2].

Infatti, passando al piano strutturale e teleologico, i due istituti in gioco risulterebbero perfettamente compatibili.

Per un verso, a livello strutturale, viene evidenziato il distacco della liberazione anticipata dall’“ambiente carcerario”: da tempo lo status detentionis non è più ritenuto presupposto indispensabile, sia a livello legislativo – con l’espressa ricomprensione dell’affidato in prova al servizio sociale (ai sensi del già citato comma 12-bis dell’art. 47 o.p.) – sia a livello giurisprudenziale – con l’estensione in via interpretativa a chi fruisca della liberazione condizionale. Quel che conta ai fini dell’applicazione dell’art. 54 o.p. non è dunque la costanza dell’effettiva esecuzione carceraria, «essendo piuttosto preteso il mancato esaurimento del rapporto di esecuzione penale in corso, sulla cui protrazione temporale l’istituto vada ad incidere in senso favorevole al condannato, anticipandone la cessazione»[3].

Per altro verso, a livello teleologico, viene valorizzata la funzionalità del meccanismo della liberazione anticipata rispetto alla finalità rieducativa: «il profilo più caratterizzante dell’espianda pena ai fini della compatibilità con tale beneficio è la sua proiezione verso la risocializzazione»[4]. Ciò posto, la Corte evidenzia la «spiccata attitudine rieducativa e risocializzante» del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, la sua «finalità di reinserimento sociale» e la sua natura di «pena-programma»; tratti che lo renderebbero prossimo all’affidamento in prova, in un quadro più generale di avvicinamento delle sanzioni sostitutive alle misure alternative penitenziarie, così da risultare la piena compatibilità con la liberazione anticipata: «l’applicazione dell’istituto in parola ai lavori di pubblica utilità sostitutivi è conforme alla ratio cui si ispira l’intera disciplina delle pene sostitutive, ossia la più ampia e possibile equiparazione tra condannati in espiazione di pena sostitutive e condannati in espiazione di pena detentiva attraverso misure alternative alla detenzione»[5].

Pare dunque da ritenere che questo “cambio di passo” impresso dalla Riforma Cartabia alle pene sostitutive, in chiave risocializzante e “isotopica” rispetto alle misure alternative, abbia portato la Corte di legittimità a superare la propria precedente impostazione – ante-riforma – per cui la liberazione anticipata era applicabile alla sola sanzione sostitutiva della semidetenzione, con esclusione non solo – come ovvio – della pena pecuniaria ma anche della libertà controllata (priva di «componente detentiva» al pari del lavoro di pubblica utilità)[6].

La soluzione estensiva ribadita dalla Corte con la sentenza in commento, peraltro, risulta conforme all’intenzione del legislatore storico per come espressa nella Relazione illustrativa al d.lgs. n. 150/2022 (p. 235 s.) e parrebbe in qualche modo “anticipata” nella Relazione su novità normativa: La “Riforma Cartabia”, Roma, 5 gennaio 2023, a cura dell’Ufficio del Massimario, dove non si distingue tra diverse pene sostitutive[7].

Quanto all’aspetto procedurale, la Suprema Corte riconosce la maggiore linearità in astratto dell’attribuzione della competenza al giudice dell’esecuzione ex artt. 63, 64 e 66 l. n. 689/1981 (ossia allo stesso organo giurisdizionale che ha irrogato la pena-lavoro), tuttavia ritiene insuperabile il dato positivo costituito dagli artt. 69 e 69-bis o.p., i quali univocamente affidano al magistrato di sorveglianza l’applicazione della liberazione anticipata. Pertanto, le «esigenze sistematiche che avrebbero consigliato una concentrazione della competenza, anche in relazione alla concessione della liberazione anticipata, in capo al Giudice dell’esecuzione, non possono che recedere innanzi ad un dato testuale ed inequivoco, capace di resistere a qualsivoglia ricostruzione interpretativa in senso contrario»[8].

 

2. Nonostante la chiara linea adottata dalla Corte di Cassazione, i giudici di merito continuano a manifestare un significativo “disagio” nell’innestare la liberazione anticipata nella fase esecutiva del lavoro di pubblica utilità sostitutivo. In particolare, è tra i giudici di sorveglianza che è sorto tale “disagio”: pochi mesi fa era stato il Magistrato di sorveglianza cosentino a dichiarare la propria incompetenza e a trasmettere gli atti al giudice della cognizione (il G.U.P. del Tribunale di Cosenza), il quale ha poi proposto conflitto di competenza avanti alla Suprema Corte[9]; pochi giorni prima del deposito delle motivazioni della sentenza in commento, è stato direttamente il Magistrato di sorveglianza di Firenze a rimettere gli atti alla Corte, rilevando un’ipotesi di conflitto (negativo) di competenza[10].

Entrambi i giudici di sorveglianza si ritengono privi degli strumenti necessari a condurre la valutazione della «partecipazione all’opera di rieducazione», che, ai sensi dell’art. 54 o.p., costituisce il principale presupposto applicativo della liberazione anticipata assieme a quello cronologico (il passaggio del semestre): dato che il gestore dell’intera esecuzione del lavoro di pubblica utilità sostitutivo è il giudice che l’ha inflitto e che, coerentemente, l’U.E.P.E. «riferisce periodicamente al giudice che ha applicato la pena sulla condotta del condannato e sul percorso di reinserimento sociale» (art. 63, comma 3, l. n. 689/1981), l’intervento del magistrato di sorveglianza appare del tutto estemporaneo e, quantomeno, pone il “rischio di indesiderabili duplicazioni dell’attività degli uffici e degli organi coinvolti, in contraddizione con le istanze di celerità e semplificazione sottese alla riforma”[11].

Il magistrato fiorentino rileva una difficoltà ulteriore: il nuovo comma 2 dell’art. 69-bis o.p. (previsto dal d.l. n. 92/2024, conv. l. n. 112/2024) impone di accertare ex officio, nel «termine di novanta giorni antecedente al maturare del termine di conclusione della pena da espiare», la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della liberazione anticipata in relazione ai semestri che non sono già stati oggetto di valutazione; ciò risulta estremamente difficoltoso per il magistrato di sorveglianza, che non ha contezza dell’avvio della pena sostitutiva de qua, né del suo perdurare né del suo termine finale.

Il giudice fiorentino, peraltro, dubita della stessa compatibilità tra liberazione anticipata e lavoro di pubblica utilità sostitutivo.

 

3. In effetti, qualche dubbio potrebbe esservi nell’estensione della liberazione anticipata all’unica, tra le pene sostitutive diverse dalla pecuniaria, totalmente priva di componente detentiva.

Al di là del fatto che, come osservato anche nella citata ordinanza medicea, l’art. 76 l. n. 689/1989 non connette in via diretta l’art. 54 o.p. e la disciplina sul lavoro di pubblica utilità sostitutivo, delle perplessità possono sorgere nel considerare l’effettiva compatibilità tra i due istituti. Infatti, il profilo contenutistico e teleologico valorizzato dalla Corte di Cassazione nell’operazione interpretativa estensiva, ossia la «spiccata attitudine rieducativa e risocializzante» delle prestazioni lavorative gratuite socialmente utili di cui consta la pena sostitutiva in discorso, forse potrebbe essere letto in senso esattamente contrario: poiché il contenuto essenziale ed indefettibile della pena in questione presenta una intrinseca vocazione risocializzativa (ed è totalmente privo del rischio di desocializzazione tipico della detenzione), potrebbe dubitarsi dell’utilità di un istituto quale la liberazione anticipata, che nell’incentivo alla partecipazione al programma riabilitativo trova la sua funzione prioritaria e caratterizzante. In altri termini, se, in rapporto al lavoro di pubblica utilità sostitutivo, l’«opera di rieducazione» è intrinseca all’esecuzione della stessa pena sostitutiva e come tale è presidiata dai meccanismi normativi volti a garantire l’effettività dello stesso trattamento sanzionatorio (in primis il congegno revocatorio ex artt. 66 e 72 l. 689/1981 e il nuovo reato d’inesecuzione previsto dallo stesso art. 72 cit.)[12], non si comprende bene perché l’ordinamento dovrebbe apprestare anche un istituto premiale finalizzato all’incentivazione della partecipazione del condannato al percorso risocializzativo.

Resta però vero che, da un lato, è lo stesso ordinamento che esplicitamente combina la liberazione anticipata ad un’altra misura composta di elementi specialpreventivi (negativi e positivi) e “in libertà” quale l’affidamento in prova e che, dall’altro, l’esclusione della liberazione anticipata per le pene sostitutive (diverse da quella monetaria), come rilevato nella Relazione illustrativa, «avrebbe effetti negativi sulle potenzialità deflative delle pene stesse, anche in relazione ai riti alternativi e alla previsione della inappellabilità delle sentenze di condanna al LPU»[13].

Inoltre, a ben vedere, la liberazione anticipata potrebbe avere un ruolo incentivante per così dire “intrinseco” all’esecuzione della pena-lavoro (non solo “estrinseco”, rispetto all’espressione del consenso ex ante), laddove – come pare più corretto – si interpreti l’aggiunta di contenuti riabilitativi “atipici” e ulteriori alla prestazione lavorativa d’utilità sociale medesima non solo come eventuale (dipendendo da un bisogno risocializzativo specifico e concreto) ma anche come totalmente e permanentemente consensuale (contenuti siffatti sono previsti come vincolanti dal legislatore solo in relazione alle pene sostitutive di natura detentiva[14]). Se il condannato a lavoro di pubblica utilità sostitutivo resta sempre libero di rifiutare tali contenuti risocializzativi aggiuntivi (ad es. la partecipazione ad un percorso psicologico oppure formativo, estranea agli elementi “tipici” di tale pena sostitutiva), non potendo subire nessuna forma di sanzionamento in caso di rifiuto (nemmeno la revoca della pena sostitutiva), potrebbe però sostenersi che la detrazione di pena ex art. 54 o.p. – “sanzione positiva” e non negativa[15] – spetti solo a chi, volontariamente, abbia aderito a questi contenuti risocializzativi ulteriori, non diversamente da quanto accade per il condannato a pena detentiva (che certo non può esser forzato al percorso di recupero sociale ma appunto può esser a ciò incentivato)[16].

Al di là della quaestio iuris specifica, va comunque evitata un’omogeneizzazione in via interpretativa di misure alternative penitenziarie e pene sostitutive: se è vero che il riformatore del 2021-2022 ha avvicinato le seconde alle prime nella prospettiva della prevenzione speciale (anzitutto positiva), non vanno però obliterate le differenze strutturali e funzionali. Le pene sostitutive rimangono vere e proprie sanzioni punitive, che hanno un grado di dipendenza dalla pena carceraria inferiore rispetto alle misure alternative e che proprio la Riforma Cartabia ha voluto valorizzare come risposta sanzionatoria “concorrenziale” rispetto alla carcerazione, ossia come forma di punizione distinta e relativamente autonoma nel perseguimento di finalità di fondo comuni (la prevenzione generale e speciale dei reati)[17].

Infine, sotto l’aspetto procedurale, appare effettivamente disfunzionale il riconoscimento della competenza in capo al Magistrato di sorveglianza. Se, nemmeno facendo leva sulla generale competenza del giudice dell’esecuzione ex artt. 63 ss. l. n. 689/1981, si riesce a superare il dato testuale rappresentato dalle disposizioni dell’ordinamento penitenziario (comma 12-bis dell’art. 47 incluso, che rinvia espressamente agli artt. 69, comma 8, e 69-bis), non si può che auspicare un intervento risolutivo del legislatore.

 

 

 

 

[1] Punto 2 del Considerato in diritto.

[2] Ibidem.

[3] Punto 3 del Considerato in diritto.

[4] Punto 4 del Considerato in diritto.

[5] Sempre punto 4 del Considerato in diritto (grassetto dello scrivente).

[6] Come esempio di tale indirizzo pregresso v. Cass., Sez. I, 15 novembre 2018, n. 2895, in www.italgiure.giustizia.it.

Ritiene invece che la soluzione raggiunta dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla libertà controllata debba riproporsi in ordine al lavoro di pubblica utilità G. Biondi, L’applicazione delle pene sostitutive di pene detentive brevi nella fase di cognizione del processo penale, in Sist. pen., 14 febbraio 2024, nota 13, il quale trae un argomento anche dalla inestensibilità dell’affidamento in prova alla nuova pena sostitutiva non detentiva (come d’altronde già per la libertà controllata), a differenza che per semilibertà e detenzione domiciliare sostitutive.

[7] Lo rileva G. Biondi, op. loc. cit.; si noti tuttavia come la presa di posizione della Relazione illustrativa sia assai più netta ed esplicita, oltre ad essere argomentata.

[8] Punto 5 del Considerato in diritto.

[9] Ordinanza del 7 aprile 2025, in Sist. pen., 19 maggio 2025, con nota di L. Parodi, Lavoro di pubblica utilità sostitutivo e liberazione anticipata: ancora incertezze in tema di competenza.

[10] Ordinanza del 9 giugno 2025, allegata unitamente alla pronuncia di legittimità che si annota.

[11] Così L. Parodi, op. cit., par. 4.

[12] Sia consentito il rinvio a D. Bianchi, Le pene sostitutive. Sistematica, disciplina e prospettive di riforma, Giappichelli, 2024, p. 198 ss. e p. 256 ss.

[13] Relazione illustrativa, cit., p. 236.

[14] Pur essendo subordinata al consenso del condannato anche l’irrogazione della semilibertà e della detenzione domiciliare sostitutive e intendendosi qui la vincolatività dei contenuti riabilitativi nel senso che le pene sostitutive di natura detentiva devono essere accompagnate da un programma trattamentale individualizzato, la cui violazione può anche comportare il ripristino della pena carceraria. Sul – delicato – profilo della obbligatorietà o meno dei contenuti riabilitativi, sia consentito ancora il rinvio a D. Bianchi, op. cit., p. 193 ss. e p. 245 ss.

[15] V. M.G. Coppetta, Art. 54, in F. Della Casa-G. Giostra (a cura di), Ordinamento penitenziario commentato, Cedam-WK, 2019, p. 774.

[16] Fermo restando che, se si ammette l’applicabilità della liberazione anticipata, quest’ultima deve rimanere fruibile anche nelle ipotesi in cui i contenuti riabilitativi “atipici” non vengano concretamente disposti dal giudice.

[17] Cfr., volendo, D. Bianchi, op. cit., passim e in particolare p. 140 ss., p. 251 ss. e p. 267 ss.