Coordinamento scientifico: Claudia Pecorella, Elena Biaggioni, Luisa Bontempi, Elisabetta Canevini, Noemi Cardinale, Paola Di Nicola Travaglini, Massimiliano Dova, Francesca Garisto, Fabio Roia
La Cassazione torna a occuparsi di violenza economica, con riguardo al mancato pagamento delle spese straordinarie
1. La Sesta Sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 519 del 4 aprile 2025, già pubblicata in questa Rivista, ha affermato che la condotta dell’ex coniuge, separato o divorziato, che ometta il pagamento delle spese straordinarie a favore dei figli di coniugi separati o divorziati, integra il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare ex art. 570-bis c.p. La forza innovativa di questa sentenza si riscontra sia in relazione al riferimento alla giurisprudenza civile che, in questa materia più che in altre, è complementare e imprescindibile da quella penale, sia per lo sguardo verso altre forme di violenza domestica.
2. L’imputato aveva proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza di appello che confermava la condanna per il reato di cui all’art. 570-bis c.p. per essersi sottratto, per quattro anni, all’obbligo di corrispondere all’ex moglie l’assegno di mantenimento dei figli, l’assegno divorzile, nonché il 50% delle spese straordinarie. Con riguardo a queste ultime, il ricorrente lamentava una violazione del principio di irretroattività della legge penale, in quanto la sua condotta, essendosi realizzata tra il 2013 ed il 2017, avrebbe dovuto essere assoggettata alla disciplina degli artt. 12-sexies della l. n. 898 del 1970 e 3 della l. 54 del 2006 - successivamente abrogati dal d.lgs. 21 del 2018 che ha inserito nel codice penale l’art. 570-bis c.p. - che non avrebbe previsto una responsabilità penale in caso di mancato pagamento di spese diverse dall’assegno divorzile e di mantenimento.
3. Rigettato questo motivo di ricorso, in forza della già riconosciuta continuità normativa tra le disposizioni citate, in quanto l’introduzione dell’art. 570-bis costituiva una traslazione nel codice penale di norme già presenti nell’ordinamento[1], la Suprema Corte ha ricostruito il perimetro di applicabilità dell’art. 570-bis c.p., distinguendosi in maniera innovativa dalle precedenti pronunce sul tema, che riconducevamo il mancato pagamento delle spese straordinarie da parte dell’ex-coniuge alla violazione degli obblighi di assistenza familiare previsto dall’art. 570, comma 2, c.p., che punisce la condotta di chi privi il familiare di mezzi necessari alla sussistenza, cagionando così uno stato di bisogno dei beneficiari [2]. La mancata corresponsione delle spese straordinarie risultava pertanto avere rilevanza penale solo in determinate circostanze, ove tali spese riguardassero bisogni elementari della vita (quali, ad esempio, spese mediche non assicurate nella forma diretta e gratuita dagli enti di previdenza) ai quali, per effetto del mancato pagamento, il beneficiario non potesse far fronte. La limitazione della rilevanza penale del mancato pagamento delle spese straordinarie entro i confini dell’art. 570 co. 2 c.p. ha avuto importanti conseguenze sul piano pratico e processuale, in quanto incombeva sulla persona offesa l’onere di dimostrare la sussistenza di un vero e proprio stato di bisogno, ossia di un’impossibilità di far fronte alle spese basilari del vivere quotidiano. Alla luce di tale requisito ben può immaginarsi lo sforzo difensivo degli imputati di tali condotte, focalizzato a dimostrare la sussistenza di redditi sufficienti in capo alla persona offesa, scandagliando ogni aspetto della sua vita, compresa l’eventuale presenza di un nuovo partner e la sua eventuale capacità economica. Tutti aspetti, questi, che tendevano a spostare indebitamente il focus del processo sulla persona offesa che, invece di essere messa nella condizione di poter legittimamente reclamare quanto dovuto, si vedeva costretta a difendersi da attacchi e intrusioni nella sua vita privata. Nella sentenza in commento, la Cassazione ha ricordato che, all’epoca della commissione dei fatti, già costituivano reato sia il mancato pagamento dell’assegno divorzile che la violazione degli obblighi economici stabiliti con la separazione in favore dei figli, in virtù degli artt. 12 sexies della legge 898/1970 e 3 della L. 54/2006. Il riferimento all’art. 570 c.p. cui dette norme rimandavano, infatti, era da considerarsi esclusivamente quod poenam e non alla struttura del reato, con la conseguente irrilevanza di ogni accertamento riguardo allo stato di bisogno[3].
4. Dopo aver richiamato il tenore letterale dell’art. 570-bis c.p., che punisce non solo chi si sottrae alla corresponsione "di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio” ma anche chi “viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”, la Corte ha attinto alla giurisprudenza civile di legittimità per delineare la natura dell’obbligo al versamento delle spese straordinarie in favore dei figli, richiamando la nozione che tale giurisprudenza offre di “spese straordinarie” che, a differenza di quelle relative agli esborsi ordinari, certe nel loro prevedibile ripetersi, sono imprevedibili e rilevanti nel loro ammontare e come tali richiedono per la loro azionabilità di un titolo autonomo di accertamento. In merito, le spese straordinarie sono state definite quali spese caratterizzate da “rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità” e che, proprio alla luce di queste caratteristiche, non risultano quantificabili in via anticipata nell’assegno di mantenimento, che invece ricomprende gli esborsi destinati ai bisogni ordinari del figlio, “certi nel loro costante e prevedibile ripetersi”[4].
5. Il superamento dell’impostazione previgente deve quindi ritenersi positivo, in quanto utile a correggere derive processuali spesso produttive di una vittimizzazione secondaria della persona offesa e a riportare la condotta dell’imputato al centro dell’accertamento processuale. In ogni caso, la sentenza in esame rileva che l’inadempimento per avere rilievo penale dovrà essere “serio e sufficientemente protratto, o destinato a protrarsi, per un tempo tale da incidere apprezzabilmente sull’entità dei mezzi economici che il soggetto obbligato deve fornire”[5].
6. Questa netta presa di posizione in merito alla rilevanza penale della mancata corresponsione delle spese straordinarie è da ritenersi un importante passo avanti nel contrasto alla violenza di genere che, come è noto, si esprime anche attraverso la violenza economica. L’esperienza sul campo nella difesa delle donne, nonché i dati statistici[6] ci insegnano che il momento più pericoloso per chi ha vissuto una condizione di violenza domestica è proprio quello della separazione. I procedimenti per la separazione e regolamentazione dei rapporti tra gli ex-coniugi o conviventi, qualora la coppia abbia dei figli, sono spesso uno strumento utilizzato dagli uomini maltrattanti per dare continuità agli abusi e al controllo sulla vittima, quando non anche strumento di vera e propria vendetta verso la donna che ha deciso d’interrompere la relazione. La donna viene messa nella condizione di chiedere, a volte addirittura di supplicare il padre dei suoi figli di adempiere agli obblighi di natura economica e quindi viene messa nella condizione di continuare a dipendere dall’uomo da cui si è separata, che in tal modo riacquista il controllo su di lei e, talvolta, “soddisfa” anche la volontà di “punirla.
7. Questa sentenza si pone in continuità con quella della stessa sezione della Cassazione che di recente, dopo aver richiamato le norme sovranazionali vincolanti, ha riconosciuto la configurabilità del delitto di maltrattamenti ex art. 572 c.p. anche in presenza unicamente di violenza economica in ambito familiare, in quanto la stessa dà luogo a quel “sistema di potere asimmetrico” che è proprio delle relazioni maltrattanti[7]. La sentenza in commento sembra porsi in continuità con quella pronuncia e costituisce un ulteriore approdo nel contrasto della violenza economica, che non si esaurisce con la separazione, il divorzio o la cessazione della convivenza, che costituiscono momenti cruciali nella vita delle donne.
8. Privare una donna dei mezzi economici significa spesso privarla della sua libertà, limitarla nelle sue scelte, vuol dire umiliarla e costringerla alla dipendenza, ferirla nella sua dignità. Spesso gli uomini che si sottraggono agli obblighi economici, di qualsiasi natura essi siano, dopo la cessazione della relazione sono stati uomini maltrattanti durante la convivenza, anche quando il maltrattamento non è mai stato denunciato. Lo raccontano le donne che hanno cercato di liberarsi dall’assoggettamento e dalla violenza attraverso la separazione e che, ancora una volta, si trovano a fare i conti con il potere che le ha schiacciate e che le ha tenute legate. Uomini che nascondono i loro beni, che li intestano a terze persone, che trasferiscono i loro fondi e che, in alcuni casi estremi, si licenziano per privare la madre dei loro figli di un reddito da “aggredire”, per mostrarsi indigenti: è questo a cui assistiamo quotidianamente. Anche limitarsi, da parte dell’obbligato, al versamento del solo contributo al mantenimento stabilito dal giudice in misura certa e determinata, omettendo quello relativo alle spese straordinarie, corrisponde perlopiù a una strategia destinata a ‘piegare’ la beneficiaria, contando sulla difficoltà, soprattutto economica, di agire per ottenere l’accertamento della misura delle spese straordinarie esigibili. Si tratta in realtà di una azione cui raramente le donne fanno ricorso[8]. È in questo contesto che la sentenza in questione introduce un elemento di cambiamento culturale con il riconoscimento della violenza economica in una delle innumerevoli forme nelle quali si realizza e offre uno strumento in più per reagire al maltrattamento economico protratto anche dopo la cessazione della relazione.
[1] Cfr. ad es. Cass. pen. sez. VI, n. 55744/2018.
[2] Ex multis, Cass. pen. sez. VI, n. 10105/14.
[3] In questo senso, cfr. Cass. S.U. 23866/2013 che, nel dirimere la questione relativa alla pena applicabile alla violazione dell’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile previsto dall’art.12-sexies L./1970, chiariva che il rinvio che detta norma faceva all’art. 570 c.p. era da ritenersi esclusivamente in relazione al trattamento sanzionatorio e non alla struttura del reato.
[4] Cass. civ., sez. VI, n. 1562/2020. Mentre la giurisprudenza di legittimità in materia civile richiamata è quella che ha evidenziato l’importanza di definire e determinare correttamente la natura delle spese straordinarie, pena il rischio di ledere, in primis, il principio dell’adeguatezza del mantenimento alle esigenze della prole, la disciplina civilistica richiamata dalla sentenza in esame si rinviene principalmente negli artt. 147 (obbligo di contribuire al mantenimento dei figli), 155 (principio di proporzionalità del mantenimento alla disponibilità economica dei genitori) e 337-ter c.c. (principio di adeguatezza del mantenimento).
[5] In merito, la sentenza in esame richiama Cass. pen. sez. VI, n. 47158/22.
[6] Una recente pubblicazione della indagine ISTAT (ancora in corso di aggiornamento, è prevista la pubblicazione definitiva nel novembre 2025) ci informa che la violenza nelle relazioni di coppia, negli ultimi 5 anni, ha riguardato il 4,9% delle donne (1 milione 19 mila), in particolare il 3% (496 mila) delle donne attualmente con un partner e il 5% (538 mila) delle donne con un ex partner. Considerando solo le donne che hanno interrotto una relazione di coppia negli ultimi 5 anni, la violenza subìta sale al 12,5%: www.istat.it/statistiche-per-temi/focus/violenza-sulle-donne/il-fenomeno/violenza-dentro-e-fuori-la-famiglia/il-numero-delle-vittime-e-le-forme-di-violenza/.
[8] Nel giugno 2025, la Corte d’Appello di Milano di concerto con il Tribunale di Milano, il Consiglio dell’Ordine e l’Osservatorio della Giustizia Civile di Milano, al fine di limitare le ragioni di conflitto che originano al momento della “crisi familiare”, hanno pubblicato delle linee guida utili a determinare l’ammontare delle spese extra assegno di mantenimento per figli minori o maggiorenni non economicamente indipendenti o disabili.