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07 Gennaio 2021


Art. 23, comma 8, d.l. "ristori" in tema di termini per la richiesta di discussione orale dinanzi alla Cassazione: una prima pronuncia di legittimità

Cass., Sez. I, sent. 27 novembre 2020 (dep. 30 dicembre 2020), n. 37802, Pres. Di Tomassi, rel. Santalucia



1. Con la sentenza in commento, la Corte di cassazione si è soffermata sulla disciplina – contenuta all’interno dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 (c.d. “ristori”), convertito con modificazioni con l. 18 dicembre 2020, n. 176 – relativa alle modalità di trattazione delle udienze dinanzi al Giudice di legittimità fino al 31 gennaio 2021[1]. L’occasione è stata offerta da un conflitto di competenza negativo sollevato dal g.i.p. del Tribunale di Nola, al quale aveva trasmesso gli atti del procedimento il g.i.p. presso il Tribunale di Taranto, dichiaratosi incompetente nel decidere in ordine ad una richiesta di applicazione di misure cautelari, sia personali sia reali, nei confronti di una serie di soggetti indagati, tra l’altro, per frode sportiva.

Com’è noto, analogamente all’art. 83, comma 12-ter, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. “cura Italia”)[2], l’art. 23, comma 8, d.l. n. 137/2020 prevede che, per i giudizi in Cassazione da svolgere nel periodo emergenziale secondo le forme dagli artt. 127 (camera di consiglio partecipata) e 614 c.p.p. (udienza pubblica), si debba procedere «in camera di consiglio senza l’intervento del procuratore generale e dei difensori delle altre parti, salvo che una delle parti private o il procuratore generale faccia richiesta di discussione orale». L’istanza deve essere formulata «entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell'udienza».

 

Poiché l’art. 32 c.p.p. stabilisce che, nel decidere i conflitti di competenza si debbano seguire le modalità dell’art. 127 c.p.p., nel caso di specie, alla luce del decreto “ristori”, avrebbe quindi dovuto aver luogo un mero contraddittorio cartolare, a meno che le parti non avessero presentato la suddetta istanza. Tuttavia, né il p.m. né gli indagati si sono potuti avvalere di tale chance, dal momento che l’avviso dell’udienza è stato notificato (quantomeno ad uno degli indagati, sulla base di quanto si evince della sentenza) il 17 novembre 2020, cioè soltanto dieci giorni prima dello svolgimento della stessa (27 novembre 2020), come prevede, a condizioni “normali”, l’art. 127 c.p.p.

Sulla base di queste premesse, la Suprema Corte, con la pronuncia in commento, si è concentrata sul rapporto tra la normativa emergenziale, che individua un termine di venticinque giorni antecedenti all’udienza per depositare la richiesta di discussione orale, e l’art. 127 c.p.p., che ne contempla uno inferiore ai fini della notifica del decreto di fissazione dell’udienza in camera di consiglio[3].

 

2. Prima di analizzare la sentenza della Corte di cassazione, è necessario svolgere qualche breve considerazione attinente al regime transitorio previsto dall’art. 23, comma 8, d.l. “ristori” che, oltre a riconoscere alle parti la facoltà di proporre l’istanza di celebrazione della discussione orale della causa entro venticinque giorni dalla data dell’udienza, contempla altre due disposizioni di grande rilevanza ai nostri fini: per un verso, stabilisce che «le previsioni di cui al presente comma non si applicano ai procedimenti per i quali l’udienza ricade entro il termine di quindici giorni dall’entrata in vigore del presente decreto», cioè dal 29 ottobre 2020; per l’altro, prescrive che «per i procedimenti nei quali l’udienza ricade tra il sedicesimo e il trentesimo giorno dall’entrata in vigore del presente decreto la richiesta di discussione orale deve essere formulata entro dieci giorni dall’entrata in vigore del presente decreto».

In sostanza, quindi, la disposizione in oggetto individua tre periodi ai quali corrisponde una diversa procedura da osservare. In particolare, come specificato dall’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione[4]:

- per i procedimenti con udienza fissata entro quindici giorni dall’entrata in vigore del decreto, cioè entro il 12 novembre 2020, si continua a seguire il rito “ordinario”;

- per i procedimenti con udienza fissata tra il sedicesimo (13 novembre 2020) ed il trentesimo (27 novembre 2020) giorno dall’entrata in vigore del decreto, la richiesta di discussione orale deve essere presentata nel termine di dieci giorni da tale momento, ossia entro il 7 novembre 2020;

- per i procedimenti con udienza fissata dopo il 28 novembre 2020, la richiesta deve essere formulata entro i venticinque giorni liberi prima dell’udienza.

Ora, nel caso in esame l’udienza si è tenuta il 27 novembre 2020, per cui sembrerebbe rientrare nella seconda fascia temporale suddetta, con la conseguenza che l’istanza di cui all’art. 23, comma 8, d.l. “ristori” avrebbe dovuto essere formulata non oltre i dieci giorni successivi all’entrata in vigore dello stesso. Se così fosse, però, non avrebbe senso interrogarsi a proposito della mancata concessione alle parti del termine di venticinque giorni per depositare la richiesta, che ben avrebbe potuto essere presentata successivamente.

Ed in effetti, la regola applicabile tra il sedicesimo ed il trentesimo giorno dall’entrata in vigore del decreto vale soltanto per le udienze calendarizzate anteriormente all’emanazione del d.l. n. 137/2020 e non per quelle fissate in seguito, come si desume dall’analisi dell’art. 83, comma 12-ter, d.l. n. 18/2020 che, come anticipato, ricalcava l’art. 23, comma 8. Al fine di consentire alle parti di presentare la richiesta di discussione orale, era previsto il rinvio di tutte le udienze programmate in data anteriore al venticinquesimo giorno successivo all’entrata in vigore del decreto “cura Italia”. Con il decreto “ristori”, invece, si è scelto di non replicare questa soluzione disfunzionale al fine di non procrastinare la trattazione di udienze magari già pianificate da tempo, ma di introdurre alcune regole ad hoc. Allora, se questa è la ratio del regime transitorio, è evidente che esso non si applica alle udienze fissate dopo l’adozione del d.l. “ristori”.

Ebbene, visto che l’udienza del 27 novembre 2020, in cui il Giudice di legittimità ha deciso il conflitto di competenza sollevato dal g.i.p. di Nola, è stata calendarizzata posteriormente alla data di entrata in vigore del d.l. n. 137/2020, allora possiamo affermare che il caso in esame rientra nel terzo periodo cui si è fatto poc’anzi riferimento, nel quale la richiesta di discussione orale deve pervenire entro venticinque giorni prima della trattazione della causa.

 

3. Procedendo alla disamina della pronuncia, la Corte si interroga anzitutto sulle ragioni che hanno determinato il ritardo della notifica dell’avviso alle parti, le quali non si sono potute avvalere del diritto di chiedere la discussione orale. Il motivo viene individuato nel «difetto di raccordo» tra l’art. 23, comma 8, del decreto “ristori” e l’art. 127 c.p.p., dovuto al fatto che «il legislatore dell’emergenza ha assunto quale unico modello di trasformazione del contraddittorio orale in contraddittorio cartolare quello del procedimento camerale non partecipato di cui all’art. 611 cod. proc. pen., per il quale il termine ultimo di comunicazione o notificazione degli avvisi di udienza è il trentesimo giorno antecedente all’udienza»[5].

Sennonché – come osserva la Corte – il modello di cui all’art. 611 c.p.p., che deroga espressamente all’art. 127 c.p.p. in una serie tassativa di ipotesi, «è in premessa inadeguato ad atteggiarsi, senza adattamenti, a surrogato di contraddittorio c.d. cartolare». In altri termini, se è vero che il legislatore, nell’estendere i casi di giudizio in Cassazione non partecipato, ha preso spunto dall’art. 611 c.p.p., è altrettanto vero che sarebbe stato opportuno considerare le peculiarità della procedura camerale prevista dall’art. 127 c.p.p. che, come nel caso dei conflitti di competenza, contempla un termine molto più breve per lo svolgimento delle udienze.

Non è chiaro se una siffatta discrasia tra la procedura di nuovo conio e quella regolata dall’art. 127 c.p.p. sia il frutto di una svista del legislatore o di una scelta meditata. Sta di fatto che, siccome è stata predisposta una normativa unitaria, fino al 31 gennaio 2021, per garantire il rispetto del termine di venticinque giorni di cui all’art. 23, comma 8, d.l. n. 137/2020, la notifica della fissazione delle udienze regolate dall’art. 127 c.p.p. dovrà avvenire con largo anticipo rispetto a quanto previsto da quest’ultima disposizione: sotto tale profilo, infatti, la lettera del decreto-legge non lascia alcun margine di interpretazione.

 

4. Dopodiché, la Suprema Corte si domanda se l’intempestività della notifica dell’avviso di udienza sia suscettibile di dar luogo ad un vizio procedimentale. In particolare, il Giudice di legittimità si sofferma sulla possibilità che – pur in assenza della richiesta di una delle parti di procedere con la discussione orale – la mancata osservanza del termine di (almeno) venticinque giorni tra la notifica e l’udienza possa dar luogo ad una nullità di tipo generale. La risposta è negativa: la circostanza che sia stato garantito un contraddittorio di natura cartolare – a parere della Cassazione – ha rappresentato un’idonea possibilità di partecipazione all’udienza tanto a favore del pubblico ministero, quanto degli indagati. Pertanto – chiosa la Corte – soltanto qualora vi fosse stata un’istanza di discussione orale, seppur tardiva, la questione avrebbe dovuto essere affrontata e si sarebbe potuta configurare una patologia.

Tale conclusione non convince fino in fondo. Come visto, l’art. 23, comma 8, d.l. “ristori”, deroga all’art. 127 c.p.p., dettando un termine superiore a quello di dieci giorni sancito da quest’ultima previsione. Allora, poiché la normativa emergenziale contempla una disciplina speciale rispetto a quella di cui all’art. 127 c.p.p., la conseguenza dell’inottemperanza a questo termine “allungato” non può che tradursi nello stesso vizio derivante dalla violazione della norma derogata. In altre parole, se è vero che l’art. 23, comma 8, d.l. “ristori” individua un regime eccezionale rispetto a quello di cui all’art. 127 c.p.p., è altrettanto vero che, negli ambiti non direttamente regolati dalla prima disposizione, deve applicarsi la seconda, con il corollario che l’inosservanza del termine di fissazione dell’udienza determina, ai sensi del quinto comma dello stesso art. 127, una nullità.

Con riferimento alla tipologia di nullità che viene in gioco, si deve quindi fare riferimento agli effetti della violazione degli adempimenti procedurali scanditi dall’art. 127. Di fronte all’alternativa tra nullità assoluta e a regime intermedio, la dottrina si divide tra chi, valorizzando il tenore letterale dell’art. 179 c.p.p. – che, nel disciplinare la patologia più grave, parla di «omessa citazione» –, correla tale formula unicamente al dibattimento[6]; e chi, invece, ponendo l’accento sulla relazione al progetto preliminare del codice di rito, dalla quale si apprende che l’«“omessa” citazione […] va intesa come riferita non al  solo  dibattimento,  ma anche a  momenti  diversi,  come,  ad esempio, l'udienza preliminare»[7], sposa un’interpretazione più ampia[8]. Anche in giurisprudenza si registrano letture estensive dell’art. 179 c.p.p.: in più di una pronuncia, la più nota delle quali ha riguardato proprio l’udienza preliminare[9], la Corte di cassazione ha qualificato come assoluta la nullità derivante dall’omesso avviso della fissazione di un’udienza in camera di consiglio[10]. Ad ogni modo, nel caso in esame l’avviso non è stato omesso tout court, né presenta carenze tali da renderlo inidoneo ad assolvere la propria funzione[11], ma è stato semplicemente notificato in modo tardivo, con la conseguenza che la nullità deve sicuramente essere qualificata come intermedia[12].

Ne deriva che, al contrario di quanto affermato dalla Suprema Corte, ad avviso delle quale il fatto che abbia avuto luogo un contraddittorio cartolare avrebbe impedito l’insorgere della nullità, sembra preferibile affermare che il vizio, in realtà, sia stato integrato. Piuttosto, occorre domandarsi se l’omessa richiesta di discussione orale, o comunque l’assenza di qualsivoglia eccezione volta a far valere il vizio, all’interno delle memorie depositate innanzi alla Cassazione possa avere sanato la patologia, precludendo al giudice di rilevarla d’ufficio.

Da questo punto di vista, la disposizione che viene in rilievo è quella dell’art. 183 lett. a c.p.p., che prevede la sanatoria della nullità quando la parte abbia accettato gli effetti dell’atto viziato (c.d. acquiescenza tacita), con l’evidente finalità di impedire l’invalidazione dell’«atto imperfetto se colui che può ricavarne un beneficio non mostra interesse in tal senso»[13]. Ebbene, nel caso di specie sembra emergere un certo disinteresse delle parti nei confronti della celebrazione dell’udienza partecipata, posto che, da quanto si desume dalla pronuncia, esse non ne hanno fatto richiesta e non hanno nemmeno toccato la questione della nullità dell’avviso, sulla quale si è spontaneamente soffermato il decidente. Tale conclusione, tuttavia, vale a patto che ciascun indagato abbia attivamente preso parte al contraddittorio scritto, dato che «l'acquiescenza va riferita ad un comportamento della parte diverso dalla pura e semplice inerzia»[14].

 

 

[1] Sul decreto “ristori” si vedano M. Agostini – M. Petrini, Decreto legge Ristori, le disposizioni emergenziali per l’esercizio della attività giurisdizionale, in www.giustiziainsieme.it, 30 ottobre 2020; M. Gialuz – J. Della Torre, D.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e processo penale: sulla “giustizia virtuale” servono maggiore cura e consapevolezza, in Sist. pen., 9 novembre 2020; A. Marandola, Il “pacchetto giustizia” del D.L. Ristori: nuove misure per limitare gli effetti pandemici nelle aule di giustizia, in IlPenalista, 30 ottobre 2020; G. Pestelli, D.l. 137/2020 (c.d. Ristori): i nuovi interventi sulla procedura penale e l’ordinamento penitenziario, in Quot. Giur., 30 ottobre 2020.

[2] A proposito dell’art. 83 del d.l. “cura Italia” cfr., tra gli altri, E. Amodio – E.M. Catalano, La resa della giustizia penale di fronte alla bufera del contagio, in Sist. pen., 5/2020, p. 267; G. Castiglia, Udienze e termini processuali penali in regime di pandemia di Covid-19, ivi, p. 325; L. Fidelio – A. Natale, Emergenza COVID-19 e giudizio penale di merito: un catalogo (incompleto) dei problemi, in Quest. giust., 16 aprile 2020; G. Gaeta, Relazione sulle novità processuali relative alla gestione dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, in Arch. pen. (web), 2020, n. 1; G. Picaro, Il virus nel processo penale. Tutela della salute, garanzie processuali ed efficienza dell’attività giudiziaria nel d.l. n. 18 e 23 del 2020, in Sist. pen., 17 aprile 2020; G. Spangher, Covid-19: emergenza vs diritti, in ilpenalista.it, 21 aprile 2020; L.G. Velani, Gestione dell’emergenza COVID-19 e processo penale: un prodotto discutibile destinato a imporsi stabilmente?, in Leg. pen., 7 maggio 2020.

[3] V. § 9 e 10 del considerato in diritto.

[4] Cfr. Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del massimario e del ruolo, Le novità per il giudizio penale in Cassazione introdotte dal d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 in tema di emergenza epidemiologica da COVID-19, 2 novembre 2020, in Sist. pen., 12 novembre 2020, p. 10. Lo stesso schema era stato in precedenza reso noto dal Presidente aggiunto della Corte (Trattazione dei ricorsi per cassazione alla luce del decreto Ristori: la nota del Presidente Aggiunto, in Dir. giust., 5 novembre 2020).

[5] Anche l’Ufficio del massimario della Cassazione rileva una coincidenza tra le cadenze temporali indicate dall’art. 23, comma 8, d.l. “ristori” e quelle di cui all’art. 611 c.p.p. (v. Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del massimario e del ruolo, Le novità per il giudizio penale in Cassazione introdotte dal d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, cit., p. 6).

[6] In tal senso G.P. Voena, Atti, in G. Conso – V. Grevi – M. Bargis (a cura di), Compendio di procedura penale, X ed., Padova, 2020, p. 247. È dello stesso parere G. Marabotto, voce Nullità nel processo penale, in Dig. disc. pen., vol. VIII, Torino, 1994, p. 275.

[7] V. Rel. prog. prel. c.p.p., p. 57.

[8] È di questa opinione V. Cavallari, sub Art. 179 c.p.p., in M. Chiavario (coordinato da), Commento al nuovo codice di procedura penale, II, Torino, 1990, p. 324. Nello stesso senso G. Di Chiara, Le nullità, in E. Marzaduri (coordinato da), Atti del procedimento penale. Forma e struttura, Torino, 1996, p. 217.

[9] Cass., Sez. Un., 9 luglio 2003, n. 35358, in Giur. it., 2004, p. 2386, con nota di M. Anselmi, L’indefettibile ruolo dell’avviso per l’udienza preliminare.

[10] Per una panoramica della giurisprudenza in materia, P. Corvi, sub Art. 179 c.p.p., in A. Giarda – G. Spangher (a cura di), Codice di procedura penale commentato, t. I, Milano, 2017, p. 1786 ss.

[11] Sul significato da attribuire alla locuzione «omessa citazione» v., ancora, P. Corvi, sub Art. 179 c.p.p., cit., p. 1789 s.

[12] Definisce come a regime intermedio l’inosservanza del termine di cui all’art. 127 c.p.p., F. Porcu, sub Art. 127 c.p.p., in A. Giarda – G. Spangher (a cura di), Codice di procedura penale commentato, t. I, Milano, 2017, p. 1231.

[13] Così P.P. Paulesu, L’atto processuale penale. Sez. II – Patologia, in Aa.Vv., Fondamenti di procedura penale, Padova, 2019, p. 269. Per una più ampia disamina del tema delle sanatorie si veda G. Di Paolo, La sanatoria delle nullità nel processo penale, Padova, 2012, passim.

[14] Testualmente T. Rafaraci, voce Nullità, in Enc. dir., agg. II, Milano, 1998, p. 618.