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07 Febbraio 2023


Immediatamente applicabile la nuova disciplina sull’impugnazione ai soli effetti civili? Si delinea un contrasto in Cassazione

Cass., Sez. IV, ord. 24 gennaio 2023, n. 2854 e Cass., Sez. V., sent. 31 gennaio 2023, n. 3990



1. La Suprema Corte, con le due decisioni in esame, ha affrontato il tema dell’applicabilità della previsione di cui all’art. 573, c. 1-bis, c.p.p., introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, alle impugnazioni presentate avverso provvedimenti emessi prima del 30 dicembre 2022 (momento di entrata in vigore della riforma).

La disposizione, da poco entrata in vigore, prevede che, quando l’impugnazione sia presentata ai soli effetti civili, il giudice di appello o la Cassazione, una volta accertata l’ammissibilità della medesima, rinviino per la trattazione al giudice o alla sezione civile competente, che decidono sulla base delle prove raccolte nel processo penale e di quelle eventualmente acquisite dinanzi a sé[1]. Occorre sottolineare che, rispetto a tale previsione, né il d.lgs. n. 150 né la l. 30 dicembre 2022, n. 199, di conversione del decreto-legge n. 162 hanno introdotto alcuna norma transitoria.

A fronte di ciò, si pone dunque il problema dell’immediata applicabilità della nuova disciplina ai procedimenti in corso. In particolare, è possibile chiedersi se, per stabilire se l’art. 573, c. 1-bis sia applicabile al giudizio in svolgimento, si debba avere riguardo al momento dell’emissione del provvedimento impugnato, a quello della presentazione dell’impugnazione, o a quello della celebrazione giudizio di impugnazione.

Sul punto si è formato, in breve tempo, un contrasto giurisprudenziale.

Infatti, la Quarta Sezione, ritenuta l’immediata applicabilità al giudizio in corso della disciplina novellata, ha rimesso gli atti, previa verifica dell’ammissibilità del ricorso, al primo Presidente della Corte di cassazione, affinché valutasse l’assegnazione del procedimento alle Sezioni civili della medesima Corte.

La Quinta Sezione, al contrario, ha escluso che la “nuova” disciplina possa applicarsi ai giudizi di impugnazione relativi a sentenze depositate prima dell’entrata in vigore della modifica normativa; di conseguenza, ha deciso il ricorso, annullando il provvedimento impugnato limitatamente agli effetti civili, con rinvio alla corte d’appello civile competente.

Merita segnalare che la questione è stata affrontata, oltre che nelle due decisioni in esame, in un altro procedimento. È opportuno richiamare, a tal proposito, la notizia di decisione n. 2 del 12 gennaio 2023, della Terza Sezione. Con tale avviso la Corte anticipa di aver concluso nel senso dell’applicabilità della nuova disciplina anche nei giudizi di impugnazione «introdotti prima o relativi a sentenze precedenti alla sua entrata in vigore».

 

2. In entrambe le pronunce in commento la Corte ha riconosciuto che la soluzione della questione controversa dipende dalla corretta applicazione del principio tempus regit actum - ricavabile dall’art. 11 delle preleggi - alla stregua del quale ciascun atto processuale, in assenza di una disciplina intertemporale speciale o transitoria, è regolato dalla legge in vigore al momento del suo compimento[2].

Al fine di comprendere meglio i termini del contrasto oggetto di analisi, è doveroso ricordare quanto statuito dalle Sezioni Unite Lista[3], vero e proprio leading case in materia di diritto intertemporale e impugnazioni.

Come noto, in tale importante arresto il massimo collegio ha aderito all’indirizzo interpretativo che individua l’actum da prendere in considerazione, in caso di successione di leggi del tempo in tema di rimedi impugnatori, nella sentenza da impugnare. Ciò in ragione del fatto che «il potere di impugnazione trova la sua genesi proprio nella sentenza», dovendosi fare riferimento a tale provvedimento (e al tempus del suo perfezionamento) per valutare «la facoltà di impugnazione, la sua estensione, i modi e i termini per esercitarla»[4].

Come ricordato da autorevole dottrina, il principio tempus regit actum può essere inteso secondo due distinte accezioni, l’una definita di carattere “logico” o “tecnico-pratico”, strettamente aderente alla regola dell’efficacia immediata di cui all’art. 11 delle disposizioni preliminari; l’altra incline a un’interpretazione costituzionalmente orientata, che non trascuri le esigenze garantiste sottese alla materia trattata[5]. Il Supremo Collegio mostra di aderire alla seconda linea interpretativa prospettata.

Sottolineano, infatti, le Sezioni Unite che la soluzione letterale condurrebbe ad esiti irragionevoli, come dimostrato dall’emblematico esempio di una riforma che escluda il diritto ad impugnare un provvedimento: di due impugnazioni presentate in momenti diversi da soggetti in identica posizione processuale, solo quella presentata prima dell’entrata in vigore della novella sarebbe ammissibile, con un’evidente disparità di trattamento. Un simile esito risulta precluso alla stregua dei principi affermati dalla Corte costituzionale[6], secondo cui il fenomeno della successione di norme del tempo non può pregiudicare l’autonomia di azione e il diritto di difesa della parte interessata.

 

3. Fatta questa premessa, si può ora procedere all’esame delle due decisioni in commento. Nella vicenda sulla quale è intervenuta la Quarta Sezione, con l’ordinanza n. 2854 del 2023, due imputati erano stati prosciolti, a vario titolo, dalla Corte di Appello di Torino, per tutti i fatti contestati. Erano state invece confermate le statuizioni civili, limitatamente ad alcune fattispecie di reato, per le quali era stata pronunciata sentenza di non doversi procedere in ragione dell’estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione la sola parte civile, deducendo un vizio di motivazione in relazione alla ritenuta insussistenza dell’elemento soggettivo del reato di furto.

Investita della questione, la Corte ha, in prima battuta, vagliato l’ammissibilità del ricorso. Tale vaglio ha avuto esito positivo, ritenendo il Collegio che il ricorrente abbia «adeguatamente introdotto il tema generale della difformità delle sentenze di merito, nello specifico in senso favorevole all’imputato, e della portata dell’obbligo del giudice di appello di fornire una motivazione puntuale e adeguata».

La Corte ha proceduto, in secondo luogo, ad affrontare la questione dell’applicabilità del nuovo art. 573, comma 1-bis, c.p.p.

Onde risolvere il quesito, la Quarta Sezione ha anzitutto compiuto alcune precisazioni di ordine generale con riguardo al criterio del tempus regit actum. Citando due precedenti decisioni di legittimità, la Corte ha affermato che, in applicazione del richiamato principio, «la validità degli atti è regolata dalla legge vigente al momento della loro formazione»[7], e non da quella in vigore nel momento dell’instaurazione del giudizio[8]. In proposito, si è precisato, altresì, che fondamentale in materia è la distinzione tra atti già perfezionatisi, che al momento dell’entrata in vigore della riforma abbiano già prodotto i propri effetti, e rapporti processuali che si protraggano nel tempo e si articolino in una pluralità di atti, ancora in itinere al momento della novella. Nel primo caso, l’atto rimane indifferente all’introduzione della nuova disciplina (secondo il criterio del c.d. “fatto esaurito”), mentre nel secondo la disciplina applicabile è, in linea di principio, quella novellata (alla stregua principio tempus regit actum). Ritiene, pertanto, il collegio che il giudizio di impugnazione sia senz’altro riconducibile alla seconda categoria richiamata: l’atto che si inserisce in tale peculiare rapporto processuale deve essere regolato dalla disciplina vigente al momento del suo compimento.

La Corte, nella prospettiva di rafforzare la tesi dell’immediata applicazione della nuova previsione, ha affiancato a tali considerazioni anche argomenti di carattere teleologico e sistematico.

Si è, in particolare, valorizzato il fatto che l’introduzione della norma di cui all’art. 573, c. 1-bis, c.p.p. è ispirata a ragioni di efficienza processuale, mirando anche a determinare un risparmio di spesa[9], e non è diretta a comprimere o ad estendere le facoltà in possesso della parte.

Per di più, l’ordinanza in esame ha anche sottolineato come tale soluzione esegetica risulti coerente con la giurisprudenza della Corte costituzionale[10], che ha affermato la necessità di limitare, in ossequio alla presunzione di innocenza, l’accertamento giudiziale al solo diritto del danneggiato al risarcimento del danno. Il giudice civile non potrà, infatti, pronunciarsi neppure incidentalmente sul tema, già definito, della responsabilità penale dell’imputato[11].

Infine, la Corte ha avuto la cura di compiere un preciso distinguishing rispetto alle Sezioni Unite Lista. In proposito, si è in particolare rilevato che, mentre nel caso deciso dal massimo Collegio era in gioco il potere della parte civile di proporre, eccezionalmente, impugnazione agli effetti penali nei casi di ingiuria e diffamazione, la questione si pone in termini diversi con riguardo all’art. 573, c. 1-bis. Esso non incide, infatti, sul potere di impugnare: come in precedenza, l’impugnazione va presentata al giudice penale, il quale effettua un vaglio sull’ammissibilità e, in caso di esito positivo, in conformità alla nuova disciplina, rinvia per la prosecuzione al giudice civile competente. Sul passaggio da ultimo menzionato (e sul successivo svolgimento del giudizio di impugnazione) incide la modifica normativa di cui si tratta. Di tali atti si dovrebbe tener conto, dunque, nel valutare la portata applicativa, nel caso di specie, del principio tempus regit actum.

Sulla base delle considerazioni richiamate, come già anticipato, il Collegio ha deciso di rimettere gli atti al Primo Presidente in vista del rinvio per la prosecuzione dinanzi ad una delle Sezioni civili della Cassazione.

 

4. La sentenza n. 3990 del 2023, della Quinta Sezione, trae origine, invece, da fatti di diffamazione, per i quali è stata pronunciata sentenza di assoluzione in appello. La Corte ha ritenuto fondato e assorbente il motivo presentato dalla parte civile, con il quale si lamentava una violazione di legge processuale, per avere la Corte territoriale celebrato l’udienza di discussione in presenza omettendo l’avviso al difensore di tale parte, che sarebbe stato doveroso ai sensi dell’allora vigente disciplina emergenziale.

Nell’affrontare la questione successoria, la Sezione Quinta ha, a differenza della Quarta, ritenuto pienamente applicabile al caso de quo il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite Lista. Al riguardo, il Collegio ha, in particolare, affermato che solo apparentemente la novella non inciderebbe sui modi di esercizio dell’impugnazione. Infatti, nonostante le modifiche normative riguardino, formalmente, un passaggio procedimentale successivo all’atto di impugnazione, esse avrebbero rilevanti effetti sulla trattazione del conseguente giudizio. Infatti, il giudice civile dovrebbe applicare le regole del codice di procedura civile, il che implicherebbe alcune criticità soprattutto in relazione al ricorso per cassazione. Il riferimento è, in particolare, alla disciplina dettata dagli artt. 360 c.p.c. (motivi di ricorso) e 360-bis c.p.c. (casi di inammissibilità).

Se la disciplina novellata fosse immediatamente operativa, il ricorrente si troverebbe quindi ad affrontare un giudizio regolato, secondo la Corte, da norme processuali in parte diverse rispetto a quelle applicabili nel giudizio dinanzi al giudice inizialmente adito. La parte civile, che fa affidamento su un giudizio dinanzi al giudice penale, avrebbe interesse a sapere se la controversia risarcitoria verrà invece trattata dal giudice civile, anche nell’ottica di adattare il ricorso alle eventuali norme differenti che potrebbero trovare applicazione. Tali considerazioni inducono, pertanto, la Cassazione a ritenere che l’atto cui si dovrebbe fare riferimento sia la pronuncia della sentenza da impugnare, cristallizzandosi in quel momento le regole applicabili al giudizio di impugnazione.

Esclusa la necessità di attuare il meccanismo di cui all’art. 573, c. 1-bis, c.p.p., la Corte ha, quindi, accolto il ricorso, annullando la decisione limitatamente agli effetti civili e rinviando per la decisione nel merito al giudice civile di appello competente per valore.

 

5. Come si è visto, la questione controversa concerne la corretta applicazione dei principi che disciplinano la successione di leggi processuali nel tempo. Nessuno dei due contrapposti orientamenti in esame nega che la questione intertemporale relativa all’introduzione della nuova disposizione debba essere regolata dal principio tempus regit actum. Il contrasto sorge in merito all’individuazione dell’actum cui fare riferimento e, di conseguenza, ai criteri da adottare a tale scopo[12].

Essenziale è dunque l’attenta analisi della disciplina di nuova introduzione, al fine per l’appunto di individuare l’atto, o l’insieme di atti, sui quale essa incide, e verificare quale fosse la norma in vigore al momento del compimento dei medesimi.

Onde risolvere il quesito, pare dirimente il fatto che, non solo la nuova previsione non incide sul diritto della parte ad impugnare, ma, a ben vedere, neppure sulle modalità di presentazione dell’atto di impugnazione, che rimangono invariate. Ciò che cambia è la sede in cui viene trattata la controversia risarcitoria. Una coerente applicazione del principio di cui all’art. 11 delle preleggi sembrerebbe, pertanto, condurre alle conclusioni cui è pervenuta la Quarta Sezione nell’ordinanza in commento. Gli atti processuali su cui incide la riforma paiono connotati da autonomia rispetto alla pronuncia della sentenza e alla presentazione dell’impugnazione: actus rilevante sarebbe dunque il vaglio di ammissibilità svolto dal giudice penale, con rinvio per la prosecuzione al giudice civile. Di conseguenza, dopo il 30 dicembre 2022, essi dovrebbero essere regolati dal nuovo art. 573, c. 1-bis.

5.1. Peraltro, l’adesione alla tesi in discorso non può prescindere da una valutazione circa la tenuta costituzionale degli esiti cui si perverrebbe per tale via. Occorre, in particolare, prendere in considerazione le istanze di uguaglianza-ragionevolezza e di affidamento[13] valorizzate dalle Sezioni Unite Lista e ritenute sussistenti anche nel caso di specie dalla Quinta Sezione. Tale valutazione dipende dall’individuazione, nella fattispecie di cui si tratta, di un eventuale pregiudizio per la parte.

Da un lato, si potrebbe valorizzare il fatto che – come osservato dalla Quarta Sezione – la pretesa civilistica non muta il suo oggetto, e viene decisa utilizzando le prove raccolte nel giudizio penale, in aggiunta a quelle eventualmente prodotte dinanzi al giudice civile (non venendo dunque in considerazione, nel caso di specie, le istanze di garanzia evidenziate dalle Sezioni Unite).

Dall’altro lato, potrebbe però richiamarsi l’attenzione – come fatto dalla Quinta Sezione – sull’eventualità che, nel giudizio dinanzi al giudice civile (in particolare di legittimità) trovino applicazione regole processuali diverse rispetto a quelle di cui ha tenuto conto la difesa nel redigere l’impugnazione, con evidente pregiudizio di quest’ultima.

Il punto è assai controverso: alcuni aspetti paiono essere uniformi (ad esempio, la regola di giudizio dovrebbe rimanere immutata[14]), mentre rispetto ad altri risvolti processuali potrebbe sorgere qualche dubbio (si pensi a una eventuale diversa valutazione, da parte della Suprema Corte, di un motivo di ricorso in cui si censuri un vizio di motivazione, a seconda che il parametro sia l’art. 606, c. 1, lett. e, c.p.p., o l’art. 360, c.1, n. 5, c.p.c.).

Su un altro versante, non va poi tralasciato che l’applicazione ai giudizi in corso della nuova normativa potrebbe condurre a un allungamento dei tempi del procedimento, poiché il giudizio, che secondo il ragionevole affidamento dell’impugnante avrebbe dovuto concludersi con una decisione sul ricorso, si arresterebbe nel momento successivo al vaglio di ammissibilità per essere proseguito dinanzi ad un altro giudice. Ciò potrebbe, insomma, incidere negativamente sul principio di ragionevole durata del processo.

Se si ritenessero sussistenti, in caso di immediata operatività della disciplina in discorso, le descritte conseguenze pregiudizievoli per la parte impugnante (incertezza sulla disciplina applicabile al ricorso e allungamento dei tempi del processo), e queste si reputassero incidenti su garanzie di rango costituzionale, di certo occorrerebbe adottare una soluzione alternativa rispetto alla piana applicazione del tempus regit actum. Ciò significherebbe tentare una ricostruzione costituzionalmente orientata di tale principio (il tema sarebbe probabilmente l’interpretazione del concetto di “atto”), arrivando a una soluzione analoga a quella della Quinta Sezione.

 

6. La questione illustrata risulta dunque alquanto articolata, come dimostrato dal contrasto giurisprudenziale già sorto sul punto. Meglio avrebbe fatto dunque il Parlamento, in sede di conversione del decreto-legge n. 162, a introdurre una disciplina ad hoc anche con riguardo alla previsione in esame, allo scopo di evitare alla radice la prevedibile controversia applicativa nell’ambito della quale si inscrivono le decisioni in commento.

 

 

[1] In argomento, v. M. Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto, guida alla lettura della riforma Cartabia, in questa Rivista, 2022, p. 74 s.; E. N. La Rocca, Improcedibilità, impugnazione per gli interessi risarcitori e rinvio al giudice civile, in G. Spangher (a cura di), La riforma Cartabia, Pisa, 2022, p. 571 ss. Cfr. anche la Relazione dell’Ufficio del Massimario, 5 gennaio 2023, n. 2, p. 160 s., consultabile in questa Rivista.

[2] Sul tema v., per tutti, O. Mazza, La norma processuale penale nel tempo, Milano, 1999, p. 104 ss.

[3] Cass., Sez. Unite, 29 marzo 2007, n. 27614.

[4] V., ancora, Cass., Sez. Unite, 29 marzo 2007, n. 27614, cit., par. 4b.

[5] Cfr., ancora, O. Mazza, La norma processuale penale nel tempo, cit., p. 104 s.

[6] Corte cost., 6 dicembre 2001, n. 381

[7] In questo senso Cass., Sez. V, 16 aprile 2021, n. 15666.

[8] Cfr. Cass., Sez. VI, 14 febbraio 2019, n. 10260.

[9] Così M. Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto, cit., loc. ult. cit., il quale osserva, peraltro, che il risparmio prefigurabile è modesto, atteso non sono particolarmente frequenti, a livello statistico, i gravami attivati ai soli effetti civili; cfr. altresì la Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, p. 164, consultabile in questa Rivista.

[10] V. Corte cost., 30 luglio 2021, n. 182; Corte cost., 12 luglio 2019, n. 176; cfr. M. Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto, cit., loc. ult. cit., il quale ritiene che possano ragionevolmente escludersi dubbi di legittimità costituzionale sulla disciplina in esame.

[11] Relazione illustrativa, cit., loc. ult. cit.

[12] Si segnala che un analogo contrasto giurisprudenziale si era verificato in merito all’immediata applicazione di alcune disposizioni introdotte dalla l. n. 103 del 2017 (c.d. riforma Orlando). Mentre un indirizzo interpretativo si è uniformato al dictum delle Sezioni Unite Lista, un secondo indirizzo ha ritenuto invece immediatamente applicabile la disciplina novellata ai giudizi in corso. In tali occasioni il Collegio aveva ritenuto che, nei casi in cui la legge sopravvenuta non incide sul diritto ad impugnare, bensì soltanto sulle modalità del suo esercizio, questa sia immediatamente operativa e idonea a regolare i giudizi in corso. Cfr., sul tema, M. Gialuz, A. Cabiale, J. Della Torre, Riforma Orlando: le modifiche attinenti al processo penale, tra codificazione della giurisprudenza, riforme attese da tempo e confuse innovazioni, in Dir. pen. cont., 3/2017, p. 186 s.; in giurisprudenza, v. per tutte, Cass., Sez. VI, 21 marzo 2018, n. 40146 (per il primo orientamento) e Sez. V., 22 novembre 2017, n. 53203; Cass., Sez. V., 25 maggio 2018, n. 23631 (per il secondo).

[13] Sul principio di affidamento cfr. O. Mazza, La norma processuale penale nel tempo, cit., p. 232 s. Come evidenziato dall’Autore, si tratta di un principio, teorizzato dalla dottrina, che trova fondamento nell’esigenza di assicurare un trattamento intertemporale differenziato, in relazione a peculiari tipologie di atti, al fine di cristallizzare talune garanzie processuali,

[14] Cfr. Cass., Sez. II, 30 marzo 2022, n. 11808, secondo cui il giudice penale, nel decidere la questione risarcitoria, deve attenersi allo standard della “probabilità prevalente”, e non a quello del “oltre ogni ragionevole dubbio”. A tal proposito cfr. anche la Relazione dell’Ufficio del Massimario, cit., p. 161.