GIP Trib. Siena ud. 21 novembre 2023, giud. Spina
1. Con l’ordinanza di cui si dà notizia, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Siena ha disposto la formulazione dell’imputazione da parte del pubblico ministero, ai sensi dell’art. 409 comma 5 c.p.p.
Dal canto suo, il pubblico ministero aveva presentato al giudice la richiesta di archiviazione in virtù di un’affermata «ragionevole previsione di prescrizione», che sarebbe maturata successivamente, in ragione dei «tempi fisiologici del procedimento»[1].
Come si sa, infatti, a seguito della c.d. riforma Cartabia è mutato il criterio in base al quale esercitare o meno l’azione penale. Essa, oggi, non è da esercitare quando dagli «elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari» non sia possibile «formulare una ragionevole previsione di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca»: art. 408 comma 1 c.p.p., come modificato dal d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Contestualmente, è stato abrogato l’art. 125 disp. att. c.p.p., che letto insieme alla versione previgente dell’art. 408 c.p.p. disponeva l’inazione per infondatezza della notizia di reato derivante dall’inidoneità degli elementi raccolti in fase investigativa «a sostenere l’accusa in giudizio».
È altrettanto noto come la necessità della medesima prognosi di condanna venga in rilievo pure in sede di udienza preliminare, ai fini dell’emissione della sentenza di non luogo a procedere da parte del giudice dell’udienza preliminare, ex art. 425 comma 3 c.p.p.[2]. Nonché, a seguito di citazione diretta a giudizio, ai fini della sentenza di non luogo a procedere da parte del tribunale in composizione monocratica, ex art. 554-ter comma 1 c.p.p.[3].
2. Delineata la cornice normativa di riferimento, nel caso che ci occupa il giudice per le indagini preliminari ha disposto la c.d. imputazione coatta argomentando prioritariamente dal principio di obbligatorietà dell’azione penale, sancito dall’art. 112 Cost.
A tal fine, sono state anzitutto rammentate in più punti le pronunce della Corte costituzionale sul fondamento[4], la ratio e la portata[5] della suddetta obbligatorietà. Per venire a concludere che gli elementi raccolti nel corso della fase investigativa, in base ai quali desumere la ragionevole futura dichiarazione di responsabilità penale dell’indagato, si devono ritenere riferiti solo al piano del merito dell’ipotesi accusatoria. La piattaforma del materiale conoscitivo da esaminare al fine dell’eventuale richiesta di rinvio a giudizio, cioè, deve detenere una «forza induttiva e» una «utilità probante tali da addurre plurime e coerenti conferme rispetto ad una ricostruzione dei fatti rispondente ad una astratta fattispecie di reato», nell’assenza di una valida «spiegazione alternativa» degli stessi fatti[6].
Di talché, almeno così parrebbe, nell’economia dei rilievi del giudice una simile lettura dell’art. 408 comma 1 c.p.p. risulta l’unica compatibile con l’art. 112 Cost., non potendovi essere spazio per effettuare valutazioni di altro genere, per esempio in termini di ragionevole previsione di prescrizione, al fine di giustificare l’inazione dell’organo di accusa. Come se, appunto, contemplare l’incidenza della prescrizione nella formulazione della prognosi equivalesse a un esercizio discrezionale, se non sfociante in logiche di opportunità, dell’esercizio dell’azione da parte del pubblico ministero.
3. Al di là delle valutazioni concernenti il caso di specie, l’ordinanza in commento offre il destro di riflettere sui termini della questione a un livello più generale.
Occorre cioè domandarsi se, ai fini delle determinazioni del pubblico ministero e del relativo controllo da parte del giudice per le indagini preliminari[7], la formulazione di una ragionevole previsione di condanna debba o meno contemplare la seria probabilità della successiva maturazione della prescrizione del reato.
È infatti nei suddetti termini che va posizionato il problema, rimanendo indubbio – se si risponde affermativamente all’interrogativo – che la prognosi[8] del giudice per le indagini preliminari prevale su quella del pubblico ministero, potendo il primo per esempio escludere la seria probabilità di prescrizione e dunque disporre la c.d. imputazione coatta. Ciò, del resto, è quanto avvenuto nella vicenda in esame, considerando come il giudice non abbia totalmente chiuso a un’ipotetica decisione diversa qualora la prescrizione fosse risultata «di prossima e imminente scadenza»[9].
3.1. Facendo appunto un passo indietro, a parere di chi scrive sembra che – non solo in pratica ma pure in teoria – ai fini della ragionevole previsione di condanna l’incidenza della prescrizione debba essere contemplata[10].
Al riguardo, un punto fermo dal quale muovere dovrebbe essere riconosciuto nella manifesta irragionevolezza, per come quest’ultima dev’essere intesa ai sensi dell’art. 408 comma 1 c.p.p., della scelta di mandare avanti un procedimento per un reato che certamente si prescriverà. Siamo consapevoli, è doveroso precisare, dell’elevato tasso di complessità, elasticità e relativa variabilità caratterizzante le nozioni di “ragionevolezza”, “previsione” e naturalmente “efficienza”. Ragionando però sul nucleo minimo dei rispettivi significati, appare veramente difficile mettere in discussione il punto fermo appena considerato. Se ci trovassimo alla vigilia della prescrizione, come faremmo ad affermare la ragionevole previsione di condanna e dunque a optare per l’esercizio dell’azione penale, anche alla luce della logica sottesa alle modifiche apportate con la riforma Cartabia?
3.2. Volendosi ammettere questo – che, giova ripeterlo, non sembrerebbe aprioristicamente escluso neppure dal giudice dell’ordinanza in commento –, se ne deve necessariamente verificare la plausibilità sul piano interpretativo.
E in proposito non si può trascurare, come osservato nel provvedimento in esame, che la lettera della legge àncora la prognosi della futura condanna a ciò che può desumersi dagli «elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari»[11].
Ora, è evidente che il suddetto ancoraggio valorizzi anzitutto la «idoneità dimostrativa»[12] degli elementi conoscitivi in parola, attorno alla quale lo stesso G.i.p. di Siena ha argomentato. Ma proprio sulla scorta dei medesimi elementi acquisiti nel corso delle indagini si potrebbero effettuare, sebbene residualmente, pure valutazioni estranee rispetto al merito dell’accusa, per esempio con riguardo alla successiva maturazione della prescrizione. In fondo sono sempre gli elementi raccolti dal pubblico ministero a consentire di ipotizzare un tempus commissi delicti, e dunque di prospettare l’intervento di una simile causa di estinzione del reato. A ciò si aggiunga che, nei casi dubbi di cui a breve si dirà, è proprio come si presenta la piattaforma degli elementi raccolti a consentire al pubblico ministero una stima sui tempi del dibattimento, e dunque su quanto sia probabile la successiva maturazione della prescrizione.
Parrebbe sussistere, insomma, un rapporto di pertinenza tra elementi raccolti, valutazioni in punto di prescrizione e ragionevole previsione di condanna, se si rifiuta la petizione di principio per la quale gli elementi raccolti valgono solo a formulare prognosi inerenti al merito dell’accusa.
Peraltro, la scelta del pubblico ministero di optare per l’inazione quando il reato sia di prossima prescrizione, risulta pienamente rispondente all’esigenza di evitare l’instaurazione di processi oggettivamente superflui, per riprendere il menzionato arresto della Corte costituzionale n. 88/1991. Una scelta, inoltre, per vero estranea a logiche di opportunità nell’esercizio dell’azione penale incompatibili con l’art. 112 Cost. Prevedere la prescrizione significa infatti prevedere la maturazione di una causa estintiva del reato che comunque precluderebbe al giudice di decidere l’accusa nel merito: non verrebbero dunque in rilievo logiche di opportunità, bensì logiche aderenti alla realtà normativa del sistema; non derogandosi sostanzialmente al principio di obbligatorietà dell’azione, ma debitamente considerando il principio di efficienza anche alla luce delle intenzioni del legislatore.
In definitiva, nei termini appena rappresentati, si potrebbe adottare un’interpretazione estensiva della disposizione d’interesse. Per il cui tramite si giustificherebbe, allora, il potere e il dovere, anche in virtù di un principio di efficienza processuale[13], di considerare in via sistematica l’incidenza della prescrizione, ai fini della previsione di condanna.
3.3. Ebbene, se ammettiamo che la prescrizione (certa) rientri nell’ambito di applicazione della norma discendente dall’art. 408 comma 1 c.p.p., in quanto s’interpretino in un determinato modo estensivo gli «elementi acquisiti», a rigore si dovrebbe conseguentemente concludere che pure in tutti gli altri casi di ipotetica incidenza della prescrizione (più dubbia), vi possa essere teoricamente spazio per una richiesta di archiviazione. Perché, in presenza di un grave dubbio di successiva verificazione della causa estintiva del reato, una ragionevole previsione di condanna non può logicamente essere formulata[14].
Certo, come chiarito più sopra, il giudice per le indagini preliminari potrà sempre ritenere la probabilità di prescrizione non abbastanza seria, trattandosi di valutazioni irrimediabilmente soggettive ed avendo il giudice l’ultima parola sulle determinazioni dell’organo di accusa.
Ci si dovrebbe piuttosto domandare, allora, quale possa essere un parametro sufficientemente condiviso alla stregua del quale valutare la probabilità in discorso.
In proposito, bisognerebbe probabilmente evitare di fondare l’inazione, e il conseguente vaglio giurisdizionale, sui «tempi fisiologici del procedimento» come ha proposto il pubblico ministero nella vicenda in esame. Oltreché per la ineliminabile vaghezza semantica della locuzione, anche perché la fisiologia dei tempi del procedimento è destinata a mutare[15], come è auspicabile a seguito di una buona interpretazione e applicazione della riforma Cartabia.
Per contro, non si dovrebbe nemmeno puntare costi quel che costi sulla certezza applicativa del meccanismo. Non si dovrebbe cioè assumere come parametro un dato numerico fisso, per esempio quello della durata media del giudizio di primo grado[16], dovendosi piuttosto effettuare una valutazione aderente alle caratteristiche del singolo procedimento d’interesse. È sin troppo ovvio da esplicitare, ma la seria probabilità di prescrizione dovrebbe essere sempre valutata in concreto; giammai in astratto.
Il principio di efficienza non si può difatti spingere a legittimare una tendenza alla standardizzazione valutativa, e cioè all’insensibilità rispetto alle circostanze del caso concreto, ben potendo risultare «ragionevole» prevedere che – nel caso concreto, per l’appunto – i tempi di un dato procedimento si collocheranno al di qua o al di là del relativo valore medio di durata.
4. All’ipotesi dell’interpretazione estensiva dell’art. 408 comma 1 c.p.p., si potrebbe nondimeno ritenere di ostacolo il tenore letterale dell’art. 411 c.p.p.
Questo, nell’elencare gli «altri casi di archiviazione», fa in effetti espresso riferimento al reato (già) estinto, e dunque pure a quello già prescritto, come sostiene l’opinione prevalente. Se ne potrebbe allora desumere che ove la legge ha voluto attribuire rilevanza alla prescrizione nell’ambito delle cause di archiviazione, lo ha fatto espressamente. Escludendo, di conseguenza, lo spazio per una valutazione concernente la (futura) prescrizione ai sensi di una disposizione diversa, sulla scorta del criterio esegetico compendiato nel brocardo “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”.
Il punto è suscettibile di essere discusso, potendosi osservare come l’art. 411 c.p.p. – nella parte qui d’interesse – abbia solo la funzione di chiarire il dovere di inazione, in virtù della obiettiva inutilità dell’instaurazione di un processo, quando la causa estintiva risulti già intervenuta al momento della richiesta del pubblico ministero. E dunque che la disposizione in discorso detenga un’area di operatività logicamente alternativa rispetto a quella dell’art. 408 comma 1 c.p.p.; ma non per questo escludente rispetto ad altre possibili valutazioni in tema di prescrizione. Valutazioni appunto diverse perché attinenti a una probabile prescrizione futura, e non ancora maturata, così fuoriuscendo dall’ambito applicativo dell’art. 411 c.p.p. e rientrando in quello dell’art. 408 comma 1 c.p.p.
4.1. Sia come sia, a volere ritenere insuperabile l’obiezione fondata sull’art. 411 c.p.p., e volendo nel contempo attribuire rilevanza a prognosi di inutilità del processo in virtù di una prognosi di futura prescrizione, potrebbe essere percorsa un’altra strada.
In particolare convince la proposta, avanzata da autorevole dottrina, ruotante attorno alla valorizzazione dei c.d. criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale. Il d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, conformemente alla l. 27 settembre 2021, n. 134, ha infatti inserito all’interno delle disposizioni di attuazione del codice di rito l’art. 3-bis, a mente del quale «(n)ella trattazione delle notizie di reato e nell’esercizio dell’azione penale il pubblico ministero si conforma ai criteri di priorità contenuti nel progetto organizzativo dell’ufficio».
Ebbene, nell’ambito dei suddetti criteri dovrebbe esserne contemplato uno «fondamentale», per cui, all’esito della fase delle indagini, le notitiae criminis relative a un’ipotesi di reato ragionevolmente destinato a prescriversi debbono essere «postergate», e non fatte sfociare nell’esercizio dell’azione[17], pur se ritenute astrattamente fondate nel merito. In effetti, a fronte della scarsità delle risorse giudiziarie disponibili sembra difficile mettere in discussione la priorità dell’accertamento di ipotesi accusatorie potenzialmente concrete, rispetto all’accertamento di ipotesi accusatorie per le quali la successiva preclusione a un esame nel merito appaia seriamente probabile.
Ne conseguirebbe giocoforza la ripetuta postergazione della notizia di reato, da parte del pubblico ministero, sino all’effettivo maturare del decorso del tempo necessario a prescrivere. Così, verificatasi quest’ultima evenienza, l’organo di accusa si risolverebbe senz’altro a presentare la richiesta di archiviazione ai sensi dell’art. 411 c.p.p., evitando di promuovere una lettura estensiva dell’art. 408 comma 1 c.p.p., che come si è detto potrebbe incontrare qualche obiezione.
Certo, facendo leva sui criteri di priorità verrebbe naturalmente a mancare un controllo giurisdizionale diretto sulle determinazioni del pubblico ministero: quando la futura prescrizione non fosse cioè sicura, ma seriamente probabile a parere di quest’ultimo, il giudice per le indagini preliminari non potrebbe sostituire la valutazione del magistrato requirente con la propria.
Nondimeno, bisognerebbe anzitutto considerare l’opportunità di prevedere in capo al pubblico ministero un potere di discostamento dai criteri di priorità, sempre in virtù di adeguata motivazione[18]. Per tale via, infatti, si garantirebbe la possibilità di operare la scelta sull’azione o l’inazione in ragione delle caratteristiche della vicenda concreta eventualmente meritevoli di valutazioni diverse da quelle standard, per dir così, alla base dell’elencazione dei criteri di priorità e dunque valide per la generalità dei casi.
Inoltre, e soprattutto, bisognerebbe considerare che a compensazione del difetto di controllo giurisdizionale diretto vi sarebbe l’intervento a monte dello stesso legislatore, chiamato a predisporre la cornice dei suddetti criteri, sì da garantirne la legittimazione democratica. Diversamente, per esplicitare l’ovvio, lasciando al solo giudice per le indagini preliminari il compito di sindacare sulle condizioni dell’inazione, una tale legittimazione senz’altro mancherebbe.
[1] La ragione della richiesta è riportata nell’ordinanza in commento: G.i.p. Siena, 21 novembre 2023, p. 1.
[2] Sul criterio in parola, per come attualmente formulato e nell’ambito dell’udienza preliminare, v. tra i molti E. Amodio, Filtro “intraneo” e filtro “estraneo” nella nuova disciplina del controllo per il rinvio a giudizio, in Cass. pen., 2022, pp. 14 ss.; A. Cabiale-S. Quattrocolo, Un filtro più potente precede un bivio più netto: nuove possibili prospettive di equilibrio tra udienza preliminare, riti speciali e giudizio nel quadro della riforma Cartabia, in Giust. ins., 9 gennaio 2023, § 2.3.; A. Capone, I ritocchi in tema di udienza preliminare, in Giur. it., 2023, p. 1196; M. Cecchi, Osservazioni intorno alla “ragionevole previsione di condanna”, in Arch. pen., 2022, 2, pp. 7; M. Daniele, La riforma Cartabia del processo penale: pretese algoritmiche ed entropia sistemica, in questa Rivista, 2023, 7-8, pp. 21-23; G. Della Monica, Il filtro della ragionevole previsione di condanna, in Arch. pen., 2023, 2, pp. 1 ss.; A. Gaito-R. Landi, L’altare e le (forse inevitabili) vittime. Osservazioni sul processo penale à la Cartabia, in Arch. pen., 2022, 2, pp. 10 ss.; G. Illuminati, Alla ricerca di un processo penale efficiente, in Riv. dir. proc., 2022, pp. 1159-1160; S. Lonati, L’udienza preliminare, in D. Castronuovo-M. Donini-E.M. Mancuso-G. Varraso (a cura di), Riforma Cartabia. La nuova giustizia penale, Wolters Kluwer-Cedam, 2023, pp. 708 ss.; E. Marzaduri, La riforma Cartabia e la ricerca di efficaci filtri predibattimentali: effetti deflativi e riflessi sugli equilibri complessivi del processo penale, in Leg. pen., 25 gennaio 2022, pp. 12 ss.; O. Mazza, Il processo che verrà: dal cognitivismo garantista al decisionismo efficientista, in Arch. pen., 2022, 2, “Speciale Riforma Cartabia”, pp. 12-13; F. Morelli, Osservazioni critiche sulla funzione dell’indagine alla luce della nuova udienza preliminare, in questa Rivista, 2023, 5, pp. 28 ss.; C. Naimoli, Considerazioni sulla “ragionevole previsione di condanna” per l’archiviazione e per la sentenza di non luogo a procedere, in Dir. pen. proc., 2022, p. 831; T. Rafaraci, Archiviazione e udienza preliminare nella riforma Cartabia, in Dir. pen. e proc., 2023, 1, pp. 161 ss.; C. Santoriello, Le nuove regole di giudizio della Riforma Cartabia, tra una positiva sinergia e una possibile eterogenesi dei fini, in Arch. pen., 2022, 2, pp. 1 ss.; F. Siracusano, La prevedibilità dell’esito del giudizio quale antidoto all’azzardo imputativo?, in Proc. pen. e giust., 2023, pp. 543 ss.; F. Tondin, La nuova regola di giudizio della ragionevole previsione di condanna, in Cass. pen., 2022, pp. 404 ss.
[3] Per alcune osservazioni con specifico riguardo all’udienza predibattimentale, a seguito di citazione diretta a giudizio, v. S. Quattrocolo, Citazione diretta a giudizio: rivoluzioni che potrebbero portare frutto, in Giur. it., 2023, p. 1209.
[4] C. cost., 12 luglio 1979, n. 84.
[5] C. cost., 28 gennaio 1991, n. 88.
[6] G.i.p. Siena, 21 novembre 2023, §§ 1.10-1.11. Adesivamente, si è espresso A. Natale, Ragionevole previsione di condanna e ragionevole prognosi di prescrizione: un’ordinanza del GIP di Siena, in Quest. giust., 30 novembre 2023.
[7] Ma lo stesso, come si sa, oggi vale pure in sede di udienza preliminare, ai fini della sentenza di non luogo a procedere da parte del giudice dell’udienza preliminare ex art. 425 comma 3 c.p.p.; nonché, a seguito di citazione diretta a giudizio, ai fini della sentenza di non luogo a procedere da parte del tribunale in composizione monocratica ex art. 554-ter comma 1 c.p.p.
[8] Se è vero che nel criterio di recente conio, per un verso, si rinviene una eco di quello posto a fondamento dell’art. 533 comma 1 c.p.p.; è anche da considerare, per altro verso, che prima della celebrazione del dibattimento avrà necessariamente luogo una valutazione almeno in prevalenza prognostica, e non diagnostica, come invece avverrebbe per sciogliere l’alternativa tra proscioglimento e condanna all’esito del giudizio. La ineludibile distinzione tra prognosi e diagnosi, in questo ambito, è contemplata, tra gli altri, da M. Bontempelli, Udienza preliminare ed efficienza giudiziaria, in Dir. pen. proc., 2021, pp. 1151 ss.; A. Cabiale-S. Quattrocolo, op. cit., § 2.3.; M. Daniele, op. cit., p. 22, il quale evidenzia, altresì, la differente formulazione del progetto preliminare alla riforma predisposto dalla Commissione Lattanzi (Relazione finale e proposte di emendamenti al d.d.l. a.c.-2435), in questa Rivista, 25 Maggio 2021, pp. 18 ss., con la quale si sarebbe introdotto un giudizio probabilmente più orientato verso un’operazione di natura diagnostica; nonché da A. De Caro, Riflessioni sulle recenti modifiche, cit., p. 24; F. Siracusano, op. cit., p. 545. Argomenta, invece, nel senso del valore diagnostico del criterio in discorso, A. Capone, op. cit., p. 1196, adesivamente a R. Bricchetti, sub art. 425, in A. Giarda-G. Spangher (a cura di), Codice di procedura penale, cit., t. II, pp. 3138-3139. Nel senso che a seguito della c.d. riforma Cartabia lo standard dell’oltre ogni ragionevole dubbio si presta ad assurgere a criterio probatorio e decisorio già in sede di udienza preliminare, R.G. Bricchetti, sub art. 425, in A. Giarda-G. Spangher (a cura di), Codice di procedura penale, cit., t. II, p. 3138; M. Busetto, Nuova regola di giudizio e integrazioni conoscitive del giudice dell’udienza preliminare: qualche spunto di riflessione, in Arch. pen., 2023, 1, pp. 1 ss.; A. De Caro, Riflessioni sulle recenti modifiche della fase investigativa e della regola di giudizio: un percorso complesso tra criticità e nuove prospettive, in Arch. pen., 2022, 3, p. 24; G. Della Monica, op. cit., p. 15; G. Garuti, L’efficienza del processo tra riduzione dei tempi di indagine, rimedi giurisdizionali e “nuova” regola di giudizio, in Arch. pen., 2022, 3, p. 14; M. Menna, L’inquadramento della regola di giudizio del non luogo a procedere tra passato e presente dell’udienza preliminare, in Arch. pen., 2022, 3, p. 1058; F. Morelli, op. cit., p. 30; F. Tondin, op. cit., p. 412, in cui l’A. fa rinvio alle osservazioni svolte in precedenza – quella d’interesse è a p. 410 –, a proposito del medesimo criterio previsto ai fini della richiesta di archiviazione ex art. 408 comma 1 c.p.p.; nella medesima direzione, parrebbe, E. Amodio, op. cit., p. 18.
[9] G.i.p. Siena, 21 novembre 2023, § 2.6.
[10] Nello stesso senso, G. Garuti, L’efficienza del processo tra riduzione dei tempi di indagine, rimedi giurisdizionali e “nuova” regola di giudizio, in Arch. pen., 2022, 3, pp. 13 ss.; G. Della Monica, op. cit., pp. 19 s., il quale direttamente tratta dell’analogo criterio di giudizio ai fini della sentenza di non luogo a procedere, pur potendosi desumere il medesimo orientamento in relazione alla prognosi del pubblico ministero ai sensi dell’art. 408 comma 1 c.p.p.; S. De Flammineis, La valutazione dei fatti ai fini dell’archiviazione o dell'esercizio dell’azione penale: poteri e responsabilità del pubblico ministero, in questa Rivista, 23 maggio 2023, p. 16; R. Belvederi, Artt. 408 e 425 c.p.p.: il nuovo criterio applicabile all’archiviazione delle notizie di reato e alle sentenze di non luogo a procedere, in Dir. giust. e cost., 10 gennaio 2023.
[11] Su di una significativa criticità derivante dal criterio di recente conio, ossia l’implicito corollario di ritenere «la verità “investigativa” molto probabilmente» coincidente con «la “verità” dimostrata all’esito del processo»: A. De Caro, Riflessioni sulle recenti modifiche, cit., p. 23, sulla scia di P. Ferrua, Appunti critici sulla riforma del processo penale secondo la Commissione Lattanzi, in Discrimen, 12 luglio 2021, p. 2.
[12] F. Alvino, Il controllo giudiziale dell’azione penale: appunti a margine della “Riforma Cartabia”, in questa Rivista, 2022, 3, p. 32, per il quale è appunto solo la suddetta idoneità dimostrativa, e dunque solo la fondatezza dell’accusa nel merito, a rilevare ai fini della prognosi di condanna. Nella medesima direzione, a proposito del criterio di cui all’art. 425 comma 3 c.p.p., A. Cabiale-S. Quattrocolo, op. cit., § 2.3.
[13] Far progredire un procedimento il cui esito necessitato è il proscioglimento per prescrizione risulta senz’altro un fattore causativo del patologico numero complessivo di proscioglimenti dibattimentali: cfr., per tutti, M. Gialuz-J. Della Torre, Giustizia per nessuno. L’inefficienza del sistema penale italiano tra crisi cronica e riforma Cartabia, Giappichelli, 2022, pp. 141 ss.
[14] Beninteso: per chiedere l’archiviazione non si deve poter formulare una ragionevole previsione di condanna, appunto. Ciò a rigore logicamente implica che, nel considerare l’incidenza della prescrizione, non sia necessario giungere alla ragionevole previsione di quest’ultima. La legge, cioè, descrive l’oggetto della previsione riferendosi a uno dei possibili esiti del procedimento; e non all’assenza di una delle possibili cause impeditive di quell’esito. Ecco perché, nel corso del presente scritto, al fine di evitare disallineamenti concettuali ci si esprime in termini di «seria probabilità di prescrizione».
[15] Cfr. A. Natale, op. cit., § 5.
[16] Un tale parametro, invece, è stato evocato da G.i.p. Patti, sent. 27 gennaio 2023, § 1, p. 8, in Giur. pen., consultabile al seguente link: https://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2023/03/gup-patti-sentenza.pdf.
[17] M. Gialuz-J. Della Torre, op. cit., p. 345.
[18] Così, su di un piano generale, ancora M. Gialuz-J. Della Torre, op. cit., p. 345.