Scheda  
13 Luglio 2023


Osservatorio sulla violenza contro le donne n. 3/2023 - L’adesione dell’Unione europea alla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa


Coordinamento scientifico: Claudia PecorellaElena BiaggioniLuisa BontempiElisabetta CaneviniNoemi CardinalePaola Di Nicola TravagliniMassimiliano DovaFrancesca GaristoFabio Roia

 

L’adesione dell’Unione europea alla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa: il ruolo delle organizzazioni della società civile a tutela delle donne

di Sara De Vido

 

1. L’1 giugno 2023, l’Unione europea ha concluso, con due decisioni del Consiglio, il processo di adesione alla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa per la prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. La Convenzione era stata firmata dal Consiglio nel 2017, ma il processo di adesione aveva incontrato molteplici ostacoli, non da ultimo la necessità di attendere il parere della Corte di giustizia dell’Unione europea, reso nel 2021 su richiesta del Parlamento europeo. Come è noto, la Convenzione di Istanbul (per un commento articolo per articolo, di prossima uscita, De Vido, Frulli 2023) è stata firmata da tutti gli Stati membri dell’Unione europea, ma Bulgaria, Repubblica ceca, Ungheria, Lettonia, Lituania e Slovacchia non ne sono ancora divenute parte. La ratifica da parte dell’UE è espressamente prevista dalla Convenzione di Istanbul (art. 75) ed era tra le priorità dell’attuale Commissione von der Leyen, come emerge dalla Strategia per la parità di genere 2020-2025.  La Commissione e il Parlamento hanno promosso costantemente sia la ratifica da parte dell’UE della Convenzione sia l’adozione di uno strumento vincolante – nello specifico una direttiva – sul contrasto alla violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, la cui proposta è stata presentata l’8 marzo 2022 (un primo commento qui).

2. L’adesione dell’UE alla Convenzione di Istanbul non è solo un atto politico: dal punto di vista giuridico implica dei chiari obblighi di attuarne le disposizioni in capo all’UE e ai suoi Stati membri. L’UE dovrà adeguare, nei limiti delle competenze attribuitele dai trattati, la propria normativa alla Convenzione. La proposta di Direttiva del 2022 è certamente un esempio, ancorché non perfetto specialmente dopo l’intervento del Consiglio di maggio 2023, di attuazione della Convenzione. Può sembrare superfluo, ora che l’adesione alla Convenzione è avvenuta, spingere per l’adozione anche di una Direttiva, eppure, entrambi i passaggi sono fondamentali. Da un lato, la Convenzione guiderà l’azione legislativa UE, auspicabilmente anche nel senso di un più marcato approccio di genere al diritto europeo; dall’altro lato, la Direttiva costituirà lo strumento espansivo della Convenzione di Istanbul (rispondendo alla violenza facilitata dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ad esempio) e l’azione degli Stati membri dell’UE sarà soggetta al controllo della Commissione per il tramite della procedura di infrazione. Si deve altresì notare che l’adozione della Direttiva non può essere considerata l’unico strumento di attuazione della Convenzione. L’UE dovrà adeguare la propria normativa in materia migratoria al capitolo VII della Convenzione di Istanbul; in materia di protezione delle vittime, coperta dal capitolo IV della Convenzione, la valutazione dell’attuazione della Direttiva 2012/29 sui diritti delle vittime da reato non potrà che tenere conto per la sua revisione della Convenzione di Istanbul e della proposta di Direttiva (si veda l’analisi dell’European Parliament Research Service di luglio 2023, che enfatizza i limiti della Direttiva 2012/29, inclusa l’inadeguatezza nel prevenire la vittimizzazione secondaria). Anche con riferimento alla prevenzione, nello sradicamento degli stereotipi di genere, l’azione dell’Unione europea sarà fondamentale, ad esempio, attraverso campagne di sensibilizzazione di respiro europeo e nell’adozione di protocolli comuni per le autorità che siano sensibili al genere.

3. Per gli Stati membri dell’UE che non hanno ratificato la Convenzione di Istanbul, quest’ultima “entrerà” nel loro sistema giuridico per il tramite, e nei limiti delle competenze attribuite dai Trattati, del diritto derivato dell’Unione europea. Ciò implica che in materia di criminalizzazione, salvo altri interventi legislativi a livello UE, gli Stati che non sono parte della Convenzione di Istanbul non avranno alcun obbligo giuridico, ma avranno pur tuttavia un obbligo di attuare misure di protezione delle vittime dei reati di cui alla Convenzione. Per tutti gli Stati membri dell’UE, a prescindere dalla ratifica della Convenzione di Istanbul, e per l’UE stessa, la Convenzione costituirà strumento interpretativo del diritto europeo già in vigore.

4. A seguito dell’adesione, l’UE sarà soggetta a valutazione da parte del GREVIO, il comitato di esperte ed esperti istituito dalla Convenzione. A questi fini l’UE si è dotata di un Codice di condotta, che coordina la rappresentanza dell’UE e dei suoi Stati membri con riferimento alla Convenzione di Istanbul. Il Codice disciplina la cooperazione tra UE e Stati membri sui vari aspetti relativi all’attuazione della Convenzione. Si tratta di uno “strumento interno” di natura operativa che ha lo scopo di raggiungere “a coherent, comprehensive and unified external representation with regard to the Convention” (art. 1). La cooperazione tra le istituzioni dell’UE e gli Stati membri si basa sul principio di leale cooperazione e di sussidiarietà, nel rispetto delle competenze rispettive. Innanzi al GREVIO, la Commissione europea svolgerà il ruolo di organismo di coordinamento (art. 7 del Codice di condotta). Gli Stati membri dell’UE che sono anche parte della Convenzione di Istanbul continueranno ad avere un proprio organismo di coordinamento, comunicando alla Commissione il punto di contatto a livello nazionale. L’UE sarà tenuta alla presentazione al GREVIO di rapporti periodici, sempre nel quadro delle proprie competenze (art. 8 del Codice di condotta). 

5. Da ultimo, si deve qui sottolineare il fondamentale ruolo delle organizzazioni della società civile attive nella lotta alla violenza contro le donne (così anche nell’explanatory report allegato alla Convenzione di Istanbul, § 92), in particolare nel processo di valutazione dell’attuazione della Convenzione da parte del GREVIO. Benché tali organizzazioni non trovino spazio nel Codice di condotta, ci sembra che il coinvolgimento attivo e la menzione in documenti rilevanti delle organizzazioni di società civile a tutela dei diritti delle donne sia imprescindibile, per evitare di cancellare – di nuovo – le donne, in una pretesa “neutralità” di strumenti giuridici che neutrali in base al genere non sono e non possono essere (si vedano in tal senso anche i rapporti del GREVIO con riferimento alla normativa di alcuni Stati, così la Danimarca), perché rispondono ad una violenza che colpisce le donne in quanto donne o le colpisce in modo sproporzionato.