Corte cost., sent. 2 luglio 2021, n. 137, Pres. Coraggio, Red. Amato
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Segnaliamo ai lettori il deposito della sentenza n. 137 del 2021, con cui la Corte costituzionale ha definito le questioni di legittimità, sollevate dal Tribunale di Roma e dal Tribunale di Fermo, della norma della c.d. legge Fornero che imponeva la revoca di una serie di prestazioni assistenziali nei confronti dei soggetti condannati per alcuni reati di particolare allarme sociale. La Corte ha dichiarato illegittima la norma censurata – e, in via consequenziale, altra norma di analogo tenore della medesima legge – nella parte in cui la revoca riguarda soggetti che «scontino la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere».
Riportiamo di seguito il comunicato stampa ufficiale, pubblicato sul sito della Corte, che accompagna il deposito della motivazione.
«Contrasta con gli articoli 3 e 38 della Costituzione la revoca delle prestazioni assistenziali, fondate sullo stato di bisogno, ai condannati in via definitiva per reati di mafia o terrorismo, i quali stiano scontando la pena in modalità alternativa alla detenzione.
È irragionevole che lo Stato valuti un soggetto meritevole di accedere a tale modalità di detenzione e lo privi dei mezzi per vivere, quando questi sono ottenibili solo dalle prestazioni assistenziali. Sebbene queste persone abbiano gravemente violato il patto di solidarietà sociale che è alla base della convivenza civile, attiene a questa stessa convivenza civile che ad essi siano comunque assicurati i mezzi necessari per vivere.
È quanto ha affermato la Corte costituzionale con la sentenza n. 137, depositata oggi (relatore Giuliano Amato), con la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzione del comma 61, e, in via consequenziale, del comma 58 dell’articolo 2 della legge n. 92 del 2012.
Il comma 58 prevede che con la sentenza di condanna per i reati più gravi – quelli previsti dagli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale, nonché i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo – il giudice dispone la sanzione accessoria della revoca delle seguenti prestazioni, comunque denominate in base alla legislazione vigente, di cui il condannato sia eventualmente titolare: indennità di disoccupazione, assegno sociale,
pensione sociale e pensione per gli invalidi civili.
Il comma 61 stabilisce che tale revoca, con effetto non retroattivo, è disposta dall’ente erogatore nei confronti dei soggetti già condannati con sentenza passata in giudicato all’entrata in vigore della legge n. 92 del 2012».
(F.L.)