ISSN 2704-8098
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  Nota a sentenza  
01 Agosto 2025


Resistenza armata o terrorismo internazionale?

La qualificazione penale delle condotte della Brigata Tulkarem nel Territorio palestinese occupato alla luce della giurisprudenza italiana e internazionale



AbstractLa Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata, seppure in relazione a un procedimento cautelare, sulla finalità terroristica delle condotte violente commesse da gruppi armati palestinesi nei territori illegalmente occupati. La decisione si inserisce nel consolidato filone giurisprudenziale relativo all’applicazione delle fattispecie di terrorismo internazionale nei contesti bellici, e interseca questioni di particolare interesse e attualità, anche sul piano internazionale. La Corte ha confermato l’assenza di una presunzione della natura terroristica del gruppo derivante dal suo inserimento nel sistema di listing dell’Unione Europea, sottolineando che tale elemento non è sufficiente di per sé a qualificare le condotte come terroristiche, ma deve essere integrato da un'analisi concreta degli atti commessi e delle finalità perseguite. Il cuore della questione atteneva, invero, alla natura degli atti commessi nei confronti di uno Stato estero che attui un'occupazione illegittima in base al diritto internazionale e alla loro qualificazione giuridica alla luce delle norme di diritto internazionale umanitario e di diritto penale internazionale. Le note difficoltà nell’applicazione delle fattispecie di terrorismo, quanto a precisione e determinatezza delle norme, conducono, infatti, la giurisprudenza all’estensione delle categorie di riferimento a fenomeni tra loro assai eterogenei, quali il terrorismo di matrice religioso-fondamentalista, da un lato, e i movimenti di liberazione nazionale, dall’altro lato. Nel caso di specie la Corte ha ritenuto sussistente la natura terroristica della Brigata Tulkarem e delle condotte da questa attuate. In particolare, secondo i giudici, le azioni dell’organizzazione non erano dirette a perseguire univocamente una strategia militare, ma risultavano finalizzate a intimidire la popolazione civile e, come tali, dovevano qualificarsi come terroristiche. La Corte ha, inoltre, stabilito che tali condotte erano da considerarsi dirette nei confronti di uno Stato estero, anche se realizzate al di fuori del territorio generalmente riconosciuto a Israele sul piano internazionale. La pronuncia solleva dubbi circa la linea di demarcazione tra atti di legittima resistenza armata ai fini dell’autodeterminazione e condotte terroristiche, alla luce delle categorie del diritto penale interno e internazionale.

SOMMARIO: 1. Il procedimento cautelare e i motivi del ricorso. ‒ 2. La designazione di un’associazione nelle black lists antiterrorismo dell’Unione Europea: profili critici del sistema di prevenzione. ‒ 3. Gli “indici descrittivi fattuali” dell’art. 270 sexies c.p.: le finalità terroristiche dell’associazione nel contesto bellico nella giurisprudenza di legittimità. ‒ 4.  La rilevanza della natura civile o militare dell’obiettivo: le precedenti pronunce della Cassazione sul rapporto tra il reato di terrorismo, il diritto dei conflitti armati e il diritto penale internazionale. ‒ 5. Il labile confine tra la nozione di terrorismo e l’esercizio del diritto all’autodeterminazione: spunti di riflessione a partire dalla giurisprudenza italiana ed internazionale. ‒ 6. L’assenza di condotta diretta contro uno Stato estero, alla luce del parere consultivo della Corte internazionale di giustizia sulle conseguenze legali derivanti dalle politiche e dalle pratiche di Israele nel Territorio palestinese occupato, compresa Gerusalemme Est. ‒ 7. Riflessioni conclusive.

 

* In vista della pubblicazione su Diritto penale contemporaneo – Rivista trimestrale, il contributo, qui pubblicato in anteprima, è stato sottoposto in forma anonima, con esito favorevole, alla valutazione di due revisori esperti.