Cass., Sez. un., u.p. 28 novembre 2019, Pres. Carcano, rel. De Amicis, ric. Guadagni
Con ordinanza n. 26870 del 19 aprile 2019, la III Sezione della Corte di cassazione aveva rimesso il ricorso alle Sezioni unite perché componessero il contrasto che da oltre un decennio divide la giurisprudenza di legittimità circa la nozione di “atto di concorrenza” di cui all’art. 513-bis c.p.
Il quesito posto era «se, ai fini della configurabilità del reato di illecita concorrenza con minaccia o violenza, sia necessario il compimento di condotte illecite tipicamente concorrenziali o, invece, sia sufficiente il compimento di atti di violenza o minaccia in relazione ai quali la limitazione della concorrenza sia solo la mira teleologica dell’agente».
All’esito dell’udienza del 28 novembre scorso, secondo quanto reso noto dal servizio novità della Corte di cassazione, le Sezioni unite (con conclusioni conformi del Procuratore generale) hanno risolto la questione nei termini seguenti:
«È necessario il compimento di atti di concorrenza che, posti in essere nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale o comunque produttiva, siano connotati da violenza o minaccia e siano idonei a contrastare od ostacolare la libertà di autodeterminazione dell’impresa concorrente».
In attesa del deposito della motivazione, l’ordinanza di rimessione può leggersi in questa Rivista con una nota di Silvia Bernardi.
(Francesco Lazzeri)