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17 Ottobre 2024


Osservatorio sulla violenza contro le donne n. 3/2024 - La politica criminale spagnola sulla violenza di genere vent’anni dopo


Coordinamento scientifico: Claudia PecorellaElena BiaggioniLuisa BontempiElisabetta CaneviniNoemi CardinalePaola Di Nicola TravagliniMassimiliano DovaFrancesca GaristoFabio Roia

 

 

La politica criminale spagnola sulla violenza di genere vent’anni dopo

di Dyango Bonsignore

 

1. L’anno 2024 segna il ventesimo anniversario della Legge spagnola sulla violenza di genere (Ley Organica 1/2004). Questa importante legge può essere considerata retrospettivamente come l’inizio di una politica attiva e continua volta a combattere la violenza di genere su diversi fronti. Meritano in questa sede di essere sottolineati due aspetti che caratterizzano la strategia seguita nella politica criminale sulla violenza di genere. Innanzitutto, l'attenzione prestata alle forme meno gravi di violenza sulle donne: con un paio di eccezioni, la legislazione del 2004 ha introdotto ipotesi di violenza “di genere” (quando l’huomo è autore di reato e la donna la vittima) solo nel segmento inferiore dello spettro di gravità, accompagnate anche da ipotesi “domestiche” (ad esempio, la violenza su ascendenti o discendenti). Le minacce e la violenza privata lievi così come le percosse “di genere” hanno una pena detentiva minima di 6 mesi, lievemente più elevata del minimo della pena detentiva prevista per la violenza domestica (3 mesi), mentre il massimo rimane lo stesso (1 anno di pena detentiva in entrambi i casi). Inoltre, l’impegno nella protezione delle vittime: è stata prestata una notevole attenzione alla creazione di un sistema completo di rilevazione e protezione che includesse una serie di misure prima, durante e dopo la sanzione penale. Al centro di questo c’è il Sistema VioGén, che consente un monitoraggio dei casi di violenza di genere da parte della polizia e delle istituzioni, nonché la valutazione del rischio, la condivisione delle informazioni e, in generale, l’istituzione di un meccanismo di prevenzione dinamico e reattivo[1]. Considerate congiuntamente, queste due caratteristiche delineano una politica criminale che è l’opposto dello stile penal-populista. Invece di concentrarsi sull’aumento delle pene massime applicabili per le forme più rare e gravi di violenza (come il femminicidio), la legge stabilisce una selezione di nuovi reati che, avendo un livello inferiore di gravità, permettono un maggiore controllo dell’abuso sin dall’inizio del comportamento violento. La speranza era quella di interrompere l’escalation e intervenire al più presto.

 

2. Le valutazioni sui risultati di tale politica sono state rare. Uno degli studi più sistematici sull’argomento ha studiato i primi dieci anni di attuazione della legge[2]. Il mio scopo qui è più modesto: far comprendere dove siamo arrivati in poche battute, ricordando che una delle principali conseguenze del consolidamento di una politica volta all’uguaglianza di genere è stata la creazione del Ministero per l’Uguaglianza nel 2008. Dal punto di vista dell’investimento pubblico, il budget destinato a tale Ministero è stato per lo più stabile tra i 50 e i 70 milioni di euro fino al 2018, quando è salito a poco meno di 200 milioni di euro, e poi dal 2021 ha visto un altro forte aumento, da circa 450 milioni a quasi 600 milioni di euro nel 2023.

 

3. Se osserviamo alcuni indicatori riguardanti l’assistenza e la protezione delle vittime, possiamo osservare un’espansione dell’intervento istituzionale. Le chiamate alla linea telefonica attiva 24/7 hanno seguito una tendenza verso l’alto, passando da meno di 60.000 chiamate nel 2012 (minimo storico) a più di 120.000 nel 2023 (massimo storico). Per quanto riguarda, invece, le vittime di violenza di genere attivamente seguite dalla polizia (supervision), dal grafico emerge una tendenza al continuo aumento dal 2016 in avanti. Questo, tuttavia, è accompagnato da un aumento anche della percentuale di casi monitorati nei quali sono attivi anche sistemi di protezione (protection): un tasso che è aumentato costantemente, da meno del 15% nel 2013 a poco meno del 60% quest’anno.

 

 

Come strumento per far rispettare la sicurezza delle vittime, il monitoraggio elettronico è emerso come una potente tecnologia e, fino ad oggi, sono state installate quasi 18.000 coppie di dispositivi.

 

4. Se ci concentriamo sull’attività giudiziaria, possiamo vedere che il carico di lavoro complessivo è aumentato di circa il 20% nell’ultimo decennio. Questo è inferiore all’aumento del 60% del carico di lavoro della polizia. Ciò che è più significativo, tuttavia, è il cambiamento nella direzione delle sentenze. Mentre nel 2014 le assoluzioni nei casi di violenza di genere ammontavano a circa il 40%, la diminuzione è stata costante, raggiungendo un valore appena inferiore al 20% nel 2023. Se prendiamo i dati alla lettera, possiamo ritenere che rispetto ai casi lievi di violenza di genere è effettivamente più facile ottenere una condanna, anche per la maggiore facilità di prova e il minore onere per il giudice, la cui decisione riguarda l’imposizione di pene detentive brevi che possono spesso essere sospese o sostituite[3]. In ogni caso, la tendenza complessiva è chiara: come emerge dal grafico, vengono emesse più sentenze e queste sono più orientate alla punizione.

 

 

5. Se osserviamo le statistiche carcerarie, possiamo vedere come le persone detenute per reati di violenza di genere sono aumentate costantemente dal 2009, passando da 4.734 a 6.999 nel 2023 (+47%). Questo non rappresenta un aumento drammatico, ma diventa notevole se considerato in relazione all’evoluzione della popolazione carceraria complessiva. Infatti, la popolazione carceraria spagnola ha raggiunto il picco proprio nel 2009, con 76.000 detenuti, per poi iniziare un declino costante che si è stabilizzato intorno ai 52.000 detenuti (una diminuzione del 31,5%). In questo contesto, l’aumento dei detenuti per reati di violenza di genere diventa più rilevante, poiché la loro presenza è passata dal rappresentare l’8% della popolazione detenuta al 16% più recente.

 

 

Tra i detenuti per reati di violenza di genere, è ancora possibile vedere che le condanne per i reati meno gravi sono la maggioranza (percosse, minacce e violenza privata rappresentano circa il 52% dei reati; tale percentuale sale fino all’85% se consideriamo anche le violazioni dei provvedimenti del giudice). I casi più gravi di maltrattamento, i reati sessuali e i femminicidi sono presenti in misura più limitata e per lo più stabile, sebbene il femminicidio sia il più rappresentato dei tre, in modo alquanto preoccupante.

 

6. Un’altra tendenza interessante sembra emergere con la progressiva sostituzione, nel numero dei reati rappresentati all’interno degli istituti penitenziari, di quelli contro la persona prima richiamati con le violazioni di un provvedimento del giudice. Di fatto, queste violazioni costituiscono l’unico tipo di reato in aumento, mentre gli altri sono diminuiti (in termini relativi). Questo potrebbe essere un risultato del ruolo importante svolto dalle misure di sicurezza e dalle misure di protezione delle vittime. Tuttavia, è una tendenza da monitorare, poiché potrebbe essere la spia di problemi di efficacia delle misure di controllo o, per quanto riguarda la politica criminale in tema di violenza di genere, una graduale transizione dalla repressione dei reati contro la persona (sostanziali) a quelli “procedurali”, ovvero dalla punizione del danno alla punizione del rischio.

 

 

In ogni caso, questa tendenza riguarda esclusivamente il ricorso alla pena detentiva, poiché la maggior parte delle pene per questo tipo di reati è rappresentata da pene alternative o comunitarie. Queste ultime sono state la principale risposta al reato, con una oscillazione tra l’80 e l’85% dei casi (corrispondente a circa 25.000-35.000 casi all’anno). In termini relativi, l’uso della pena detentiva è oggi molto contenuto, essendo quasi tornato ai livelli del 2013. Nel complesso, tuttavia, questo è coerente con una crescita della popolazione penale condannata per reati di violenza di genere. Le pene relativamente brevi associate alla maggior parte di questi reati suggeriscono un flusso costante di casi anno dopo anno.

 

7. Valutare il grado di vittimizzazione delle donne è complicato a causa della mancanza di dati. Secondo i dati ufficiali, il numero delle vittime di violenza di genere è in costante aumento, leggermente diminuita solo in occasione della pandemia di COVID-19. Per quanto riguarda i tipi di reati subiti dalle vittime, le percosse rappresentano la metà dei reati registrati (51%). I maltrattamenti abituali e le violenze si attestano al 19% anche se i dati mancano di precisione.

 

 

Uno studio sulla vittimizzazione del 2019 consente tuttavia di comprendere meglio le dimensioni del fenomeno in Spagna, sebbene non permetta un’analisi longitudinale. In ogni caso, mentre la violenza contro le donne è diffusa, con il 57% delle donne di 16 anni o più che l’ha subita durante la sua vita, la violenza da parte del partner ammonta al 32,4% (ovvero 6,6 milioni di donne), arrivando a colpire, nella forma della violenza fisica/sessuale, 2,9 milioni di donne (ovvero il 14,2% della popolazione femminile). Nel 2019, il 10,8% delle donne ha dichiarato di aver subito una qualche forma di violenza da parte del partner negli ultimi 12 mesi, mentre l’1,8% ha subito violenza fisica o sessuale nello stesso periodo. Considerando il numero di vittime rilevate dalla polizia nel 2019, la cifra oscura per la violenza fisica/sessuale da parte del partner dovrebbe essere almeno del 55%, ma probabilmente più vicina al 65%. Tuttavia, se consideriamo tutte le forme di violenza da parte del partner, allora la quantità di vittimizzazione non rilevata in un anno come il 2019 potrebbe salire fino al 92%. Questo è coerente con la bassa percentuale di denunce di questo tipo di violenza, che tende ad aumentare quando si tratta di abusi fisici o sessuali. Tuttavia, la maggior parte delle vittime sembra perseguire con i propri mezzi l’uscita dalla relazione violenta, senza coinvolgere la polizia.

 

8. Con riguardo, infine, al femminicidio, come mostra il grafico, dopo qualche oscillazione sembra essersi consolidato un calo nel numero dei casi, con numeri che variano tra 50 e 60 vittime annuali, che potrebbero scendere ancora di più nell’anno in corso.

 

 

È interessante notare che nella maggior parte dei casi non vi erano state precedenti denunce presentate alla polizia. L’interpretazione di questo dato non è chiara: da un lato, un tasso più alto di violenza letale tra i casi non previamente conosciuti alle autorità potrebbe sembrare un risultato positivo, se riconducibile all’efficacia del lavoro preventivo svolto sui casi noti. Tuttavia, questo dimostra anche i limiti intrinseci degli sforzi effettuati per aumentare la rilevazione della violenza, quando il fenomeno è così vasto e l’esito da prevenire così statisticamente raro. Se la maggiore parte delle morti riguarda casi nei quali non c’era stata alcuna denuncia, assume particolare importanza il ricorso a misure preventive di ampio spettro e alla sensibilizzazione, che possono arrivare dove la giustizia penale non arriva.

 

 

 

 

[1] Su VioGén, in inglese: González-Álvarez. J.L., López-Ossorio, J.J., Urruela, C. & Rodríguez-Díaz, M. (2019). Integral Monitoring System in Cases of Gender Violence. VioGén System. Behavior & Law Journal, 4 (1), 29-40.

[2] Díez Ripollés, Cerezo Domínguez, Ana Isabel, y Benítez Jiménez, María José, La política criminal contra la violencia sobre la mujer pareja (2004-2014). Su efectividad, eficacia y eficiencia.

[3] Guardando alle statistiche della polizia si osserva una crescita costante nel numero complessivo dei casi di maltrattamento dal 2010, con riguardo tuttavia soprattutto alle percosse (art. 153 c.p.), perché i casi di maltrattamento abituale (art. 173.2 c.p.) sono rimasti complessivamente stabili, forse anche perché meno visibili in conseguenza del maggior controllo sull’aggressore.