CGUE, sent. 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU
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1. La sentenza della Corte di giustizia 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU (con l’intervento di Openbaar Ministerie), affronta due nuovi profili relativi all’interpretazione della decisione quadro sul m.a.e.: le disposizioni a venire in gioco sono l’art. 27 §§ 3 lett. g e 4 e l’art. 28 § 3 dell’atto europeo, in rapporto all’art. 47 c.d.f.u.e. Poiché le tematiche concernenti sia la regola della specialità (e le sue eccezioni) sia la consegna successiva risultano solo sporadicamente “visitate” dai giudici di Lussemburgo[1], la decisione non può che suscitare interesse.
Le domande di pronuncia pregiudiziale sono state proposte, in entrambe le cause (poi riunite dalla Corte), dal rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi).
Nella causa C-428/21 PPU, il 25 maggio 2020 il Tribunale di Amsterdam ha autorizzato la consegna all’Ungheria di HM, cittadino di un Paese terzo [2], ai fini dell’esercizio dell’azione penale per fatti qualificati come «riciclaggio di proventi di reato»; la consegna è avvenuta il 25 giugno 2020 e l’interessato posto in stato di detenzione[3]. Il 13 aprile 2021 un’autorità giudiziaria ungherese[4] si è rivolta al giudice del rinvio per ottenere il suo assenso, a norma dell’art. 27 §§ 3 lett. g e 4 decisione quadro m.a.e., a sottoporre HM a un procedimento penale per reati diversi da quelli per i quali era stato consegnato, cioè «per altri fatti costitutivi di riciclaggio di proventi di reato», che sarebbero stati commessi anteriormente alla consegna[5].
Il giudice del rinvio precisa che la richiesta di assenso contiene le informazioni previste dall’art. 8 § 1 decisione quadro m.a.e. e un verbale di audizione di HM ad opera di un’autorità giudiziaria ungherese: nel corso di tale audizione, egli, assistito da un avvocato, avrebbe dichiarato di non volere rinunciare al beneficio della regola della specialità, conformemente all’art. 27 § 3 lett. f decisione quadro m.a.e.[6].
Il Tribunale di Amsterdam premette che la decisione quadro sul m.a.e. non disciplina la procedura da seguire qualora all’autorità giudiziaria dell’esecuzione venga trasmessa una richiesta di assenso ex art. 27 dell’atto europeo, ma rileva al contempo che «il diritto di essere ascoltato fa parte dei diritti della difesa, che sono inerenti al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva»[7]. Dato che HM si trova detenuto in Ungheria, egli non è stato convocato davanti al giudice del rinvio e, al momento dell’esame della richiesta di assenso, non era rappresentato né dall’avvocato che lo aveva assistito nel pregresso procedimento, conclusosi con l’esecuzione del m.a.e. e la consegna all’Ungheria, né da un altro avvocato[8].
Alla luce di tali circostanze, il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali[9]: 1) anzitutto, ha prospettato due interpretazioni alternative dell’art. 27 §§ 3 lett. g e 4 decisione quadro m.a.e., domandando alla Corte se una persona consegnata «deve poter esercitare il proprio diritto a essere ascoltata riguardo a una richiesta di assenso per un’estensione dei reati nello Stato membro emittente, quando un’autorità giudiziaria di detto Stato membro l’ascolta su un’eventuale rinuncia alla tutela della regola della specialità», oppure «nello Stato membro che l’ha in precedenza consegnata, dinanzi all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, nell’ambito del procedimento sulla concessione dell’assenso per l’estensione dei reati»; 2) in secondo luogo, qualora si reputi che la persona debba venire ascoltata, in riferimento alla decisione su una richiesta di assenso per un’estensione dei reati, nello Stato membro che in precedenza l’ha consegnata, ha domandato alla Corte «con quali modalità tale Stato membro debba consentirglielo».
Nella causa C-429/PPU, il 26 gennaio 2021 il Tribunale di Amsterdam ha autorizzato la consegna al Regno del Belgio di TZ, cittadino dei Paesi Bassi, ai fini dell’esercizio dell’azione penale per fatti qualificati come «furti organizzati o con l’uso di armi»; in seguito egli è stato effettivamente consegnato al Belgio e posto in stato di detenzione[10].
Il 3 maggio 2021 un’autorità giudiziaria belga[11] ha indirizzato al giudice del rinvio una richiesta di assenso a una consegna successiva alla Repubblica federale di Germania, a norma dell’art. 28 § 3 decisione quadro m.a.e, ai fini dell’esercizio dell’azione penale «per altri reati, ossia furti organizzati o con l’uso di armi che sarebbero stati commessi nel corso dell’anno 2020»[12].
Similmente a quanto accaduto nella causa C-428/21 PPU, il giudice del rinvio rileva che TZ si trova detenuto in Belgio, non è stato convocato e non era rappresentato da un avvocato al momento dell’esame della richiesta inviata dall’autorità giudiziaria belga. Pertanto, il Tribunale di Amsterdam ha proposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali[13]: 1) anzitutto, ha ipotizzato due interpretazioni alternative dell’art. 28 § 3 decisione quadro m.a.e., domandando alla Corte se una persona consegnata allo Stato membro emittente e contro la quale successivamente un terzo Stato membro ha emesso un m.a.e. per fatti commessi anteriormente alla consegna «deve poter esercitare il proprio diritto a essere ascoltata riguardo a una richiesta di assenso per una consegna successiva», ai sensi dell’art. 28 § 3 decisione quadro m.a.e., «nello Stato membro emittente dinanzi ad un’autorità giudiziaria di tale Stato membro, nel corso del procedimento sull’esecuzione» del m.a.e. emesso dal terzo Stato membro, oppure «nello Stato membro che l’ha in precedenza consegnata, dinanzi all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, nell’ambito del procedimento sulla concessione dell’assenso per la consegna successiva»; 2) in secondo luogo, qualora si ritenga che la persona debba venire ascoltata, in ordine alla decisione su una richiesta di assenso per una consegna successiva, nello Stato membro che in precedenza l’ha consegnata, ha domandato alla Corte «con quali modalità tale Stato membro debba consentirglielo».
2. È utile soffermarsi sulle conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos[14], che la Corte di giustizia ha parzialmente condiviso, richiamandole, però, in un’unica occasione[15]. Nella sua analisi, l’avvocato generale prende le mosse dalla constatazione che la decisione quadro sul m.a.e. non riconosce in modo esplicito a una persona consegnata «il diritto di essere ascoltata in merito a una richiesta di assenso complementare» e che la Corte di giustizia non si è ancora occupata di tale questione[16].
Di conseguenza, gli preme innanzitutto chiarire se le disposizioni della decisione quadro sul m.a.e. oggetto delle questioni pregiudiziali debbano interpretarsi, sulla scorta del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (art. 47 c.d.f.u.e.), nel senso che una persona consegnata ha diritto di venire ascoltata «in merito a una richiesta di assenso complementare»[17]. La risposta al quesito è positiva per un complesso di ragioni: certo, non si può negare che la decisione quadro sul m.a.e., mentre all’art. 14 stabilisce che la persona arrestata, quando non presta consenso alla propria consegna con le modalità descritte dall’art. 13, «ha diritto all’audizione a cura dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione in conformità con il diritto interno» di tale Stato membro, rimane viceversa silente sul diritto della persona, una volta consegnata, di essere ascoltata in ordine a una richiesta di assenso complementare. Tuttavia, la decisione quadro rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti dall’art. 6 t.u.e. e contenuti nella c.d.f.u.e., in specie nell’art. 47 § 2 [18]; inoltre, la Corte di giustizia ha riconosciuto che la decisione di accordare l’assenso all’estensione dei reati (art. 27 §§ 3 lett. g e 4 decisione quadro m.a.e.) è distinta da quella riguardante l’esecuzione di un m.a.e. e produce effetti distinti per l’interessato[19] (e ad analoga conclusione si può giungere per la decisione di prestare l’assenso alla consegna successiva ex art. 28 § 3 decisione quadro m.a.e.).
Non è privo di rilevanza, poi, il fatto che, a norma degli artt. 27 § 4 e 28 § 3 lett. b e d decisione quadro m.a.e., l’assenso complementare è accordato «qualora il reato per cui è richiesto dia esso stesso luogo a consegna conformemente» alla decisione quadro ed è rifiutato per gli stessi motivi di non esecuzione, obbligatori o facoltativi, elencati dagli artt. 3 e 4 dell’atto europeo[20]. Di specifico risalto, infine, la considerazione che anche i procedimenti relativi all’estensione dei reati e alla consegna successiva «sono idonei a ledere la libertà della persona consegnata», poiché riguardano «un reato, diverso da quello che ha giustificato» la consegna, che «può condurre ad una condanna più severa» [21].
Insomma, secondo l’avvocato generale è necessario stabilire «un parallelismo» tra il diritto riconosciuto al momento della prima consegna e quello conferito di fronte a una estensione dei reati o a una consegna successiva e concludere che in tutte queste situazioni valgono le medesime esigenze[22]: del resto, la contraria soluzione finirebbe con il creare «disparità ingiustificate tra due situazioni comparabili ed ugualmente afflittive per la persona interessata»[23].
Passando a esaminare la prima questione pregiudiziale, che, in ambedue le cause, propone due ipotesi alternative di interpretazione, l’avvocato generale avverte che, ai sensi degli artt. 3 e 4 decisione quadro m.a.e. (ai quali rinviano gli artt. 27 § 4 e 28 § 3 lett. d della medesima), compete all’autorità giudiziaria dell’esecuzione verificare che non esistano motivi di non esecuzione obbligatoria del m.a.e., che condurrebbero al rifiuto dell’assenso complementare: ne consegue che l’obbligo di ascoltare la persona consegnata incombe a quest’ultima autorità[24]. Da tale angolazione, dunque, l’autorità giudiziaria in discorso deve essere «quanto meno coinvolta nel procedimento nel quale la persona consegnata esercita il proprio diritto di essere ascoltata, qualora tale procedimento si svolga nello Stato membro emittente»[25] e la persona de qua deve venire posta in grado di «fornire a tale autorità la propria posizione in merito all’estensione dei reati o alla consegna successiva»[26]. L’avvocato generale aggiunge che la conclusione non è ostacolata dal fatto che la decisione quadro sul m.a.e. permetta alla persona consegnata di rinunciare alla regola della specialità, dopo la propria consegna, o di prestare il suo consenso alla consegna successiva davanti all’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente: la deroga alla regola per la quale la rinuncia o il consenso sono raccolti dall’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione si spiega con la presenza della persona nello Stato membro emittente[27].
A questo punto del suo ragionamento, l’avvocato generale precisa che «le modalità pratiche» attuative del diritto di ascolto della persona consegnata devono venire stabilite «da un accordo tra le autorità giudiziarie competenti» dei due Stati coinvolti, rispettoso dei diritti fondamentali e, in specie, del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva[28]. L’accordo di cooperazione fra le autorità giudiziarie – di cui esistono altri esempi all’interno della decisione quadro sul m.a.e.[29] – appare d’altro canto conforme sia alla logica del sistema di cooperazione giudiziaria in materia penale sia allo spirito dell’atto europeo[30].
Tanto premesso, l’avvocato generale ritiene che nella normativa dell’Unione nulla osti all’applicazione della seconda interpretazione prospettata dal giudice del rinvio – cioè che la persona consegnata sia ascoltata dall’autorità giudiziaria nello Stato membro di esecuzione – ma rimarca che la presenza della persona nello Stato membro emittente e la sua condizione di detenuto rendono una simile soluzione «particolarmente onerosa in pratica per le autorità e la persona interessata»[31]. In questa prospettiva, non è detto che la persona interessata debba poter esercitare il suo diritto di essere ascoltata «necessariamente nel territorio» dello Stato membro di esecuzione [32], ben potendo la sua audizione avere luogo nello Stato membro emittente, «nel corso del procedimento relativo all’eventuale rinuncia alla regola della specialità o all’accettazione della consegna successiva», purché tale audizione sia «chiaramente distinta» dai predetti procedimenti e la persona interessata «sia informata del fatto che la sua posizione sulla richiesta di assenso complementare è rivolta all’autorità giudiziaria dell’esecuzione e sarà trattata secondo il diritto dello Stato membro di esecuzione»[33].
Dedicandosi poi alla seconda questione pregiudiziale, volta a stabilire con quali modalità la persona consegnata possa far valere il suo diritto di essere ascoltata in ordine a una richiesta di assenso complementare, nel caso in cui debba esercitare tale diritto nello Stato membro di esecuzione, l’avvocato generale sviluppa i rilievi già abbozzati circa la prima questione pregiudiziale.
Nel ribadire che le modalità in parola dovrebbero venire disciplinate da un accordo tra le autorità giudiziarie dello Stato membro di esecuzione e dello Stato membro emittente, l’avvocato generale nota che queste autorità possono «trovare sostegno, nella misura in cui la normativa nazionale lo consente, in altri strumenti» rientranti nel contesto normativo della cooperazione giudiziaria in materia penale[34]. Nell’ambito di tali strumenti, sono segnalati il trasferimento temporaneo della persona consegnata (ex art. 22 e 23 direttiva 2014/41/UE, relativa all’ordine europeo di indagine penale) o la trasferta dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione nello Stato membro emittente per ascoltare la persona consegnata[35].
Come appena ricordato, però, le soluzioni de quibus appaiono assai onerose; quindi, l’avvocato generale suggerisce di impiegare i meccanismi di trasmissione audiovisiva e, in specie, la videoconferenza, disciplinata dall’art. 24 direttiva 2014/41/UE[36], oppure di fare «ricorso al procedimento scritto», stabilito dall’art. 8 § 6 direttiva (UE) 2016/343, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, ove si puntualizza che il procedimento o alcune sue fasi si possono svolgere per iscritto, se previsto dalle normative nazionali, purché sia salvaguardato il diritto a un equo processo[37]. A quest’ultimo proposito, peraltro, l’avvocato generale non tiene conto che, a parere della Corte di giustizia, la direttiva in discorso non contiene disposizioni applicabili all’emissione e all’esecuzione dei m.a.e.[38], pur dovendosi convenire che la sua proposta mira a facilitare la decisione dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione sulla richiesta di assenso complementare[39].
Infatti, il procedimento scritto consentirebbe all’interessato di «esprimere la propria posizione e all’autorità dell’esecuzione di decidere con cognizione di causa», fatta salva la possibilità di richiedere all’autorità giudiziaria emittente informazioni complementari ex art. 15 § 2 decisione quadro m.a.e.[40]. A conforto, l’avvocato generale adduce gli orientamenti della Corte di Strasburgo sulla procedura di estradizione, che non riguarda la fondatezza di un’accusa penale ai sensi dell’art. 6 § 1 c.e.d.u.: la Corte europea dei diritti dell’uomo ha affermato come tale disposizione non richieda necessariamente che in tutti i procedimenti si debba svolgere una udienza[41] e, a sua volta, la Corte di Lussemburgo ha convenuto che, allo stesso modo, un obbligo del genere non è imposto né dall’art. 47 § 2 né da altre disposizioni della c.d.f.u.e.[42].
L’avvocato generale termina la sua analisi sottolineando che, al di là delle modalità pratiche di attuazione del diritto della persona consegnata di essere ascoltata, conta soprattutto la previsione di salvaguardie finalizzate ad assicurare che sia garantito l’esercizio effettivo di questo diritto: vi rientrano principalmente il diritto di avvalersi di un difensore (art. 10 direttiva 2013/48/UE) e, se necessario, l’accesso alla interpretazione e alla traduzione[43].
3. La Corte di giustizia, riformulate in parte le questioni pregiudiziali[44], antepone alla loro disamina le abituali considerazioni di contesto sulla disciplina del m.a.e., per stabilire ab initio se, nelle fattispecie concrete, la persona interessata debba beneficiare del diritto di essere ascoltata quando una richiesta di assenso viene formulata dall’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente a norma dell’art. 27 § 4 o dell’art. 28 § 3 decisione quadro m.a.e.
A questo scopo, i giudici di Lussemburgo riassumono le linee fondamentali del meccanismo del m.a.e. emergenti tanto dall’atto europeo quanto dalla propria giurisprudenza. Perciò, muovono dall’assunto che il principio della fiducia reciproca impone a ciascuno degli Stati membri, «segnatamente per quanto riguarda lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, di ritenere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo»[45]. La decisione quadro sul m.a.e. è diretta a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria, proprio per contribuire a realizzare l’obiettivo dell’Unione di diventare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, fondandosi sull’elevato livello di fiducia che deve sussistere tra gli Stati membri[46].
Imprescindibile il consueto e ovvio richiamo al principio del reciproco riconoscimento, che sostiene il sistema della procedura di consegna: ne deriva la regola per cui gli Stati membri sono tenuti a eseguire ogni m.a.e., salvo che sussista uno dei motivi di non esecuzione tassativamente contemplati dalla pertinente decisione quadro[47].
Venendo ad analizzare più da vicino gli artt. 27 e 28 decisione quadro m.a.e., la Corte di giustizia si raccorda al proprio più immediato precedente[48], cioè la pronuncia nella quale ha dichiarato che, «sebbene tali disposizioni conferiscano agli Stati membri talune precise competenze» in sede di esecuzione di un m.a.e., esse, «in quanto sanciscono regole derogatorie rispetto al principio del riconoscimento reciproco» (art. 1 § 2 decisione quadro m.a.e.), «non potrebbero essere interpretate in una maniera che induca a neutralizzare l’obiettivo perseguito» dall’atto europeo, ossia quello di «facilitare ed accelerare le consegne tra le autorità giudiziarie degli Stati membri tenuto conto della fiducia reciproca che deve esistere tra questi ultimi»[49]. D’altronde, la decisione quadro sul m.a.e. non può venire interpretata in modo da «rimettere in discussione l’efficacia del sistema di cooperazione giudiziaria», di cui l’euromandato «costituisce uno degli elementi essenziali»[50], e «l’obbligo di leale cooperazione», ex art. 4 § 3 comma 1 t.u.e., «deve improntare il dialogo tra le autorità giudiziarie dell’esecuzione e le autorità giudiziarie emittenti»[51].
Tracciata la cornice, anche la Corte – come già il giudice del rinvio e l’avvocato generale – riscontra il silenzio dell’atto europeo sul diritto della persona consegnata di essere ascoltata nell’ambito dell’una o dell’altra procedura di assenso e ne sottolinea la discrasia in confronto agli artt. 14 e 19 del medesimo. Una tale discrasia non impedisce, però, di ravvisare il diritto di cui si discute: pure per la Corte, infatti, il diritto di essere ascoltato, facendo parte dei «diritti della difesa, inerenti al diritto di beneficiare di una tutela giurisdizionale effettiva»[52], deve venire riconosciuto nelle situazioni investite dalle questioni pregiudiziali, nonostante il “vuoto” di tutela presente nella decisione quadro sul m.a.e.
I giudici di Lussemburgo ripercorrono la propria giurisprudenza, ribadendo che la decisione di accordare l’assenso nelle eventualità in esame «è distinta da quella relativa all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo e produce, per la persona interessata, effetti distinti da quelli di quest’ultima decisione»; che l’assenso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione è prestato quando il reato «sul quale verte comporta esso stesso l’obbligo di consegna» ed è rifiutato «per gli stessi motivi di non esecuzione obbligatori o facoltativi» previsti dagli artt. 3 e 4 decisione quadro m.a.e.; e, infine, che, pur essendo la persona già stata consegnata, la decisione di assenso, al pari di quella relativa all’esecuzione del m.a.e., è idonea a lederne la libertà, con la conseguenza che essa «potrà essere sottoposta a procedimento penale, condannata o privata della libertà per aver commesso un reato diverso da quello sul quale verteva il mandato d’arresto europeo», nell’ambito della cui esecuzione ha potuto, fra l’altro, essere ascoltata[53].
Una volta assodato che la persona interessata debba beneficiare del diritto di venire ascoltata nelle procedure di estensione dei reati o di consegna successiva, la Corte di giustizia passa a identificare l’autorità giudiziaria davanti alla quale la persona consegnata può far valere il diritto in parola.
Si giunge così all’aspetto più stimolante della pronuncia, sebbene il percorso dei giudici di Lussemburgo non sia lineare. Inizialmente, infatti, si afferma che, pur essendo l’autorità giudiziaria emittente tenuta ad ascoltare la persona interessata, per raccogliere la sua eventuale rinuncia alla regola della specialità o il consenso a una consegna successiva, «spetta nondimeno all’autorità giudiziaria dell’esecuzione accordare il proprio assenso», valutando, in specie sulla base dei motivi di non esecuzione obbligatoria o facoltativa del m.a.e., se l’eventuale estensione dell’esercizio dell’azione penale ad altri reati o una consegna successiva a un altro Stato membro possano essere autorizzate[54]. La conclusione (del tutto provvisoria, come a breve si vedrà) è che «la persona consegnata deve essere ascoltata dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione»[55].
Subito dopo, la Corte si impegna a determinare le modalità di esercizio del diritto de quo e il discorso diventa altalenante. Si osserva che le modalità devono essere idonee a garantire sia l’obiettivo di «facilitare e accelerare le consegne tra le autorità giudiziarie degli Stati membri» sia «il rispetto dei diritti fondamentali della persona consegnata»[56]. Poiché l’atto europeo, tacendo sul riconoscimento del diritto in oggetto, tace ovviamente altresì sulle modalità del suo esercizio, gli Stati membri, nella loro autonomia procedurale, hanno la facoltà di adottare norme che, pur diverse da un Stato membro all’altro, devono comunque assicurare la tutela giurisdizionale garantita dall’art. 47 c.d.f.u.e.[57]. Inoltre, come in sostanza rilevato dall’avvocato generale[58], le modalità «possono essere disciplinate da un accordo comune tra le autorità giudiziarie emittente e dell’esecuzione, nel rispetto del principio di autonomia procedurale»[59].
Premesso che il diritto di essere ascoltato «garantisce a chiunque la possibilità di manifestare, utilmente ed efficacemente, il proprio punto di vista durante il procedimento in discussione»[60], nei casi di specie una tale possibilità non implica, a parere della Corte, il diritto, per la persona interessata, di «comparire personalmente davanti all’autorità giudiziaria dell’esecuzione quando quest’ultima prevede di acconsentire», essendo sufficiente avere avuto «la possibilità materiale di far valere tutte le sue eventuali osservazioni e obiezioni»[61] dinanzi a tale autorità, in rapporto alla richiesta di assenso.
Ricompreso il diritto all’ascolto nel diritto di difesa, occorre interpretare l’art. 47 § 2 c.d.f.u.e. e, in forza dell’art. 52 § 3 della stessa, valutare la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’art. 6 § 1 c.e.d.u.: come si sa, esso non si applica alle procedure di estradizione – e, mutatis mutandis, a quelle di consegna – in quanto tali procedure «non comportano una controversia sui diritti e doveri di carattere civile di un ricorrente né riguardano la fondatezza di un’accusa penale»[62]. La Corte evidenzia poi che la decisione dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione, nei casi considerati, deve intervenire entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta: ne deriva che, per l’osservanza del termine, bisogna contemperare il diritto della persona interessata a essere «ascoltata, utilmente ed efficacemente», con gli obiettivi di accelerazione delle procedure di consegna[63].
Ecco allora che, secondo la Corte, il diritto della persona consegnata di essere ascoltata dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione «può essere concretamente attuato nello Stato membro emittente», dove essa si trova, «senza la partecipazione diretta» di tale autorità[64]. In altre parole, i giudici di Lussemburgo aderiscono alla prima delle interpretazioni ipotizzate dal giudice del rinvio: l’interessato farebbe valere la sua posizione davanti all’autorità giudiziaria emittente e, se tale posizione è registrata in un verbale e comunicata all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, quest’ultima «deve ritenere, in via di principio, che la posizione in parola sia stata raccolta dalle autorità giudiziarie emittenti in conformità ai requisiti»[65] di cui all’art. 47 § 2 c.d.f.u.e. D’altra parte, gli artt. 27 e 28 decisione quadro m.a.e. corrispondono agli artt. 14 e 15 c.e.estr., e l’art. 14 stabilisce che una richiesta di assenso ai fini dell’esercizio dell’azione penale per altri reati deve essere accompagnata da «un processo verbale giudiziario contenente le dichiarazioni dell’estradato»[66].
Incombe però all’autorità giudiziaria dell’esecuzione garantire che siano rispettati i diritti della difesa: pertanto, qualora, nonostante le informazioni contenute nella richiesta di assenso e la posizione della persona interessata risultante dal verbale della sua audizione, tale autorità «ritenga di non disporre di elementi sufficienti, in particolare quanto alla posizione della persona interessata», per decidere sulla richiesta di assenso «con piena cognizione di causa, e nel pieno rispetto dei diritti della difesa di quest’ultima», dovrà ricorrere, per analogia, all’impiego dell’art. 15 § 2 decisione quadro m.a.e., chiedendo all’autorità giudiziaria emittente di inviare con urgenza informazioni complementari sulla posizione dell’interessato[67]. Le autorità giudiziarie coinvolte dovranno collaborare per garantire che l’applicazione dell’art. 15 § 2 decisione quadro m.a.e. consenta di rispettare il termine di trenta giorni per la decisione sulla richiesta di assenso (artt. 27 § 4 e 28 § 3 lett. c decisione quadro m.a.e.)[68].
Tirando le somme, la Corte di giustizia ha privilegiato la realizzazione degli obiettivi di celerità della decisione quadro sul m.a.e. e ha scelto la soluzione più tradizionale, cioè quella del procedimento scritto, in virtù del parallelo con l’estradizione, bypassando la proposta dell’avvocato generale di fare leva sulla direttiva (UE) 2016/343, proposta che peraltro – come si è detto[69] – presentava profili controversi. I giudici di Lussemburgo non si sono invece espressi sulla soluzione – anch’essa ritenuta praticabile dall’avvocato generale[70] – dell’utilizzo della videoconferenza[71]: una soluzione che non solo starebbe più al passo con i tempi, ma realizzerebbe meglio il contraddittorio se paragonata alla mera trasmissione all’autorità giudiziaria dell’esecuzione del verbale dell’audizione svoltasi dinanzi all’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente.
[1] In proposito v. M. Bargis, Mandato di arresto europeo e principio di specialità in una recente sentenza della Corte di giustizia, in questa Rivista, 11/2020, p. 47-51.
[2] Nella specie, la Nigeria: cfr. le Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, presentate il 14 ottobre 2021, § 20.
[3] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, punto 14.
[4] Si tratta della Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria): v. le Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 20.
[5] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 15.
[6] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 16. L’art. 27 § 3 lett. f decisione quadro m.a.e. prevede che la persona consegnata possa rinunciare espressamente «a beneficiare della regola della specialità rispetto a particolari reati anteriori alla sua consegna», disciplina le modalità di raccolta e di redazione di tale rinuncia e precisa che la persona ha diritto all’assistenza di un consulente legale.
[7] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 17.
[8] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 18. La normativa dei Paesi Bassi che traspone l’art. 27 §§ 2, 3 e 4 decisione quadro m.a.e. è descritta dall’avvocato generale: v. Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., §§ 18 e 19.
[9] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 20. Nelle Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 44, si specifica che, per il giudice del rinvio, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione potrebbe «prendere semplicemente atto di un verbale di audizione (nello Stato membro emittente), oppure disporre un’udienza».
[10] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 21.
[11] Si tratta del Procureur des Konings van het Parket van Brussel (Procuratore del Re della procura di Bruxelles, Belgio): cfr. le Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 23.
[12] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 22. Il giudice del rinvio sottolinea che la richiesta di assenso contiene le informazioni stabilite dall’art. 8 § 1 decisione quadro m.a.e. e la traduzione prevista dal § 2 di tale articolo.
[13] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 25.
[14] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit.
[15] V. infra, § 3, nota 58.
[16] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 31. Nella nota 6 delle sue Conclusioni l’avvocato generale ricorda che, sebbene il diritto della persona a essere ascoltata sia stato riconosciuto nelle conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa C-510/19 (cfr. Conclusioni dell’avvocato generale M. Campos Sánchez-Bordona, presentate il 25 giugno 2020, §§ 84-89), la Corte di giustizia (Corte giust., 24 novembre 2020, AZ, C-510/19, con l’intervento di Openbaar Ministerie) non si è pronunciata sulla questione. In effetti, nel caso concreto la Corte si è occupata di un diverso profilo e ha deciso che gli artt. 6 § 2 e 27 §§ 3 lett. g e 4 decisione quadro m.a.e. «devono essere interpretati nel senso che il procuratore di uno Stato membro che, pur partecipando all’amministrazione della giustizia», può ricevere (come accade nei Paesi Bassi), «nell’ambito dell’esercizio del suo potere decisionale, istruzioni individuali da parte del potere esecutivo non costituisce un’“autorità giudiziaria dell’esecuzione”» (punto 70).
[17] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 32.
[18] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 35.
[19] Corte giust., 24 novembre 2020, AZ, C-510/19, con l’intervento di Openbaar Ministerie, cit., punto 60.
[20] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 38.
[21] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 39. Cfr. Corte giust., 24 novembre 2020, AZ, C-510/19, con l’intervento di Openbaar Ministerie, cit., punto 62.
[22] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 40.
[23] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., nota 12.
[24] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 47 e nota 14. Nel punto 46 delle sue Conclusioni l’avvocato generale osserva che la prima questione pregiudiziale «non si limita a chiedere in quale Stato membro, inteso come luogo fisico, la persona consegnata debba poter esercitare il suo diritto di essere ascoltata, ma mira principalmente a stabilire nei confronti dell’autorità giudiziaria di quale Stato membro la persona consegnata debba poter esercitare» tale diritto.
[25] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 48.
[26] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 50.
[27] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 51, a parere del quale in tali situazioni, dove «la “decisione” appartiene soltanto alla persona consegnata, il legislatore dell’Unione ha consentito, per ragioni di efficacia, che quest’ultima possa esercitare dinanzi alle autorità competenti dello Stato membro emittente i diritti che essa eserciterebbe normalmente dinanzi all’autorità giudiziaria dell’esecuzione».
[28] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 53.
[29] Cfr. artt. 19 § 2 e 31 § 2 decisione quadro m.a.e.
[30] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 55.
[31] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 56.
[32] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 57.
[33] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 59. L’avvocato generale propone dunque alla Corte di rispondere alla prima questione pregiudiziale nel senso che una persona consegnata in esecuzione di un primo m.a.e. «deve poter esercitare il suo diritto di essere ascoltata in merito a una richiesta di assenso complementare nei confronti dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione competente a trattare tale richiesta, indipendentemente dal fatto che tale persona sia ascoltata nello Stato membro di esecuzione o nello Stato membro emittente» (ivi, § 60).
[34] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 65, secondo cui si eviterebbe così che «la diversità delle norme applicabili o la duplicazione, inappropriata e dispendiosa in termini di tempo, delle garanzie della persona consegnata nei due Stati membri interessati da una richiesta di assenso complementare possano compromettere l’efficacia del meccanismo del MAE», visto che la decisione su tale richiesta va adottata entro trenta giorni dal suo ricevimento (artt. 27 § 4 e 28 § 3 lett. c decisione quadro m.a.e.).
[35] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 66. Nella nota 27 delle sue Conclusioni l’avvocato generale puntualizza che sia l’autorità dei Paesi Bassi sia la Commissione hanno contestato, nelle loro osservazioni, l’applicabilità della direttiva 2014/41/UE al caso di specie.
[36] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 67 e nota 28, con riguardo agli obiettivi della digitalizzazione della giustizia perseguiti dall’Unione. Cfr. COM(2020) 710 final, del 2 dicembre 2020 (Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico sociale europeo e al Comitato delle Regioni. Digitalizzazione della giustizia nell’Unione europea. Un pacchetto di opportunità), dove la Commissione propone di rendere «il canale digitale l’opzione predefinita nella cooperazione giudiziaria transfrontaliera» (sub 3.2). Sul ruolo centrale della digitalizzazione v. pure le Conclusioni del Consiglio «Il mandato d’arresto europeo e le procedure di estradizione – Sfide attuali e prospettive future», in G.U.U.E., 4 dicembre 2020, C 419/23, punti 50 e 51. Con specifico riferimento alla videoconferenza transfrontaliera, v. Piano d’azione 2019-2023 in materia di giustizia elettronica europea, in G.U.U.E., 13 marzo 2019, C 96/9 (sub III. Comunicazione elettronica nel settore della giustizia, B. Comunicazione sicura tra cittadini, operatori e autorità giudiziarie, punto 17).
[37] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 68.
[38] Cfr. Corte giust., 17 dicembre 2020, TR, C-416 PPU, punto 47 secondo periodo.
[39] Nel caso affrontato dalla Corte di Lussemburgo, avente ad oggetto l’art. 4-bis decisione quadro m.a.e., invece, le disposizioni della direttiva erano invocate per «ostacolare l’esecuzione» di un m.a.e., e ciò avrebbe permesso di «aggirare il sistema istituito dalla decisione quadro», che «prevede in maniera esaustiva i motivi di non esecuzione» (Corte giust., 17 dicembre 2020, TR, C-416 PPU, cit., punto 47 primo periodo). La Corte ha stabilito che l’art. 4-bis decisione quadro m.a.e. «dev’essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora l’interessato abbia ostacolato la sua citazione personale e non sia comparso personalmente al processo a causa della sua fuga nello Stato membro dell’esecuzione, per il solo motivo che essa non dispone dell’assicurazione che, in caso di consegna allo Stato membro emittente, il diritto a un nuovo processo», come definito agli artt. 8 e 9 direttiva (UE) 2016/343, «sarà rispettato».
[40] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 69.
[41] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 71, e nota 32, citando Corte eur., 23 novembre 2006, Jussila c. Finlandia, § 41.
[42] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 71 e nota 33, richiamando Corte giust., 4 giugno 2015, Andechser Molkerei Scheitz/Commissione, C-682/13 P, punto 44, dove si afferma appunto che l’art. 6 § 1 c.e.d.u. «n’impose pas une obligation absolue de tenir une audience publique et n’exige pas nécessairement la tenue d’une audience dans toutes les procédures (voir Cour EDH, arrêt Jussila c. Finlande, du 23 novembre 2006, § 41). De même, ni l’article 47, deuxième alinéa, de la Charte ni aucune autre disposition de celle-ci n’imposent une telle obligation».
[43] Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 72 (nonché §§ 73 e 74, e nota 36). Per l’accesso alla interpretazione e alla traduzione v. direttiva 2010/64/UE, del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, che si applica anche nei procedimenti di esecuzione di un m.a.e. (cfr. i considerando n. 15 e n. 25 e gli artt. 1 § 1, 2 § 7 e 3 § 6). L’avvocato generale propone quindi alla Corte di rispondere alla seconda questione pregiudiziale nel senso che, «qualora la persona consegnata eserciti il suo diritto di essere ascoltata, in merito a una richiesta di assenso all’estensione dei reati o alla consegna successiva, nello Stato membro di esecuzione, tale diritto può essere esercitato secondo modalità reciprocamente convenute tra le autorità competenti dello Stato membro emittente e dello Stato membro di esecuzione, sulla base delle normative nazionali applicabili, purché sia assicurato l’esercizio effettivo di tale diritto» (Conclusioni dell’avvocato generale A. Rantos, cit., § 75).
[44] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 35: la Corte, infatti, non si riferisce alle due interpretazioni alternative delineate dal giudice del rinvio, ma soltanto alla seconda di esse. Tuttavia, come meglio si vedrà in seguito, i giudici di Lussemburgo concluderanno che il diritto di essere ascoltata dall’autorità giudiziaria dell’esecuzione «può essere concretamente attuato nello Stato membro emittente, in cui si trova la persona consegnata, senza la partecipazione diretta dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione» (ivi, punto 67).
[45] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 37. Cfr. Corte giust. (Grande Sezione), 17 dicembre 2020, L e P, cause riunite C-354/20 PPU e C-412/20 PPU, punto 35; Corte giust. (Grande Sezione), 27 maggio 2019, OG e PI, cause riunite C-509/18 e C-82/19 PPU, punto 43.
[46] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 38. Cfr. Corte giust., 29 aprile 2021, X, C-665/20 PPU, punto 37; Corte giust., 11 marzo 2020, SF, C-314/18, punto 38 e giurisprudenza ivi citata.
[47] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punti 40 e 41, citando Corte giust., 29 aprile 2021, X, C-665/20 PPU, cit., punti 38 e 39 e giurisprudenza ivi citata.
[48] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 42.
[49] Cfr. Corte giust., 24 settembre 2020, XC, C-195/20 PPU (con l’intervento di Generalbundesanwalt beim Bundesgerichtshof), punto 35 e giurisprudenza ivi citata. Per un commento v. M. Bargis, Mandato di arresto europeo e principio di specialità in una recente sentenza della Corte di giustizia, cit., p. 43 ss.; G. Gaeta, Disorientamenti sulla specialità nella procedura del MAE, in Arch. pen. (web.10.2020), p. 1 ss.; V. Oddi, L’ambito operativo del principio di specialità nel mandato d’arresto europeo, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2021, p. 343 ss.
[50] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 43. Cfr. Corte giust., 29 aprile 2021, X, C-665/20 PPU, cit., punto 58 e giurisprudenza ivi citata.
[51] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 44. Cfr. Corte giust., 25 luglio 2018, ML, C-220/18 PPU, punti 104 e 109.
[52] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 48, rinviando a Corte giust. (Grande Sezione), 15 luglio 2021, Commissione c. Polonia, C-791/19, punti 203 e 205.
[53] Su questi aspetti e per i richiami alle proprie pronunce v. Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punti 49-51.
[54] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punti 54 e 55.
[55] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 56.
[56] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 58.
[57] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 60. Cfr. Corte giust., 10 marzo 2021, PI, C-648/20 PPU, punto 58.
[58] La Corte richiama il § 53 delle conclusioni dell’avvocato generale (v. supra, § 2 e nota 28): Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 61.
[59] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 61.
[60] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 62. Cfr. Corte giust. (Grande Sezione), 15 luglio 2021, Commissione c. Polonia, C-791/19, cit., punto 205.
[61] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 63.
[62] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 65. Cfr. Corte eur., 4 settembre 2014, Trabelsi c. Belgio, § 160 e giurisprudenza ivi citata; Corte eur., 7 ottobre 2008, Monedero Angora c. Spagna, § 2, per l’affermazione che «la procédure d’extradition n’a pas trait à une contestation concernant les droits et obligations de caractère civil du requérant, ni au bien-fondé d’une accusation en matière pénale dirigée contre lui au sens de l’article 6 de la Convention (Peñafiel Salgado c. Espagne (déc.), no 65964/01, 16 avril 2002)».
[63] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 66, richiamando, per analogia, Corte giust., 30 maggio 2013, F., C-168/13 PPU.
[64] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 67.
[65] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 68.
[66] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 69. Quanto ai rapporti tra gli artt. 27 e 28 decisione quadro m.a.e. e gli artt. 14 e 15 c.e.estr. la Corte rammenta la sua pronuncia nel caso RO (v. Corte giust., 19 settembre 2018, RO, C-327/18 PPU, punto 57): sul tema v. M. Bargis, Il mandato di arresto europeo ai tempi della Brexit, in Dir. pen. cont., 5/2019, p. 40 ss.
[67] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 71.
[68] Corte giust., 26 ottobre 2021, HM e TZ, cause riunite C-428/21 PPU e C-429/21 PPU, cit., punto 72.
[69] V. supra, § 2 e note 37-39.
[70] V. supra, § 2 e nota 36.
[71] Si esprimono a favore di «un migliore allineamento dei sistemi di videoconferenza, in particolare per quanto riguarda la loro qualità e interoperabilità tecnica», le Conclusioni del Consiglio «Il mandato d’arresto europeo e le procedure di estradizione – Sfide attuali e prospettive future», cit., punto 51. Sulla videoconferenza transfrontaliera v. anche supra, nota 36.