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16 Aprile 2020


Mandato d’arresto europeo: la Cassazione si pronuncia sull’idoneità del pubblico ministero ad accordare l’assenso per successiva consegna

Cass., Sez. VI, 5 marzo 2020 (dep. 10 marzo 2020), n. 9582, Pres. Criscuolo, Est. De Amicis



1. Introduzione. –  Con sentenza emessa in data 5 marzo 2020, la sesta sezione della Corte di cassazione si è confrontata con la portata del concetto di “autorità giudiziaria dell’esecuzione” del mandato d’arresto europeo, nell’alveo del particolare istituto, previsto dall’art. 28 della decisione quadro 2002/584/GAI, dell’assenso alla successiva consegna della persona interessata ad altro Stato membro.

Il contesto è quello di una decisione della Corte d’appello di Roma del 23 gennaio 2020, che aveva disposto l’esecuzione di un M.A.E. processuale emesso dall’autorità giudiziaria tedesca nei confronti di un individuo in precedenza consegnato all’Italia dall’autorità giudiziaria olandese per l’esecuzione di M.A.E. relativi ad altri titoli di reato.

Il difensore proponeva ricorso per cassazione, deducendo l'erronea applicazione dell'art. 25, comma 1, della legge n. 69 del 2005 e dell'art. 28, par. 1, della decisione quadro, per non essere ancora pervenuto il richiesto assenso dell’autorità giudiziaria olandese. Più precisamente, il ricorrente evidenziava come l’assenso fosse stato accordato non dalla Corte olandese che aveva disposto l’iniziale consegna all’Italia, bensì dall’ufficio del pubblico ministero di Amsterdam.  

Prima di addentrarci nella motivazione della sentenza, occorre sottolineare come la problematica posta all’attenzione della Corte di cassazione sia del tutto inedita, ancora, a livello sovranazionale. A più riprese, invero, la Corte di Giustizia si è spesa sul concetto di “autorità giudiziaria” competente ai fini dell’emissione del mandato d’arresto europeo[1]. A tal riguardo, la Corte ha avuto modo di chiarire, in particolare, come tale nozione autonoma di diritto dell’Unione “non si limita a designare i soli giudici o organi giurisdizionali di uno Stato membro, ma consente di ricomprendere, più in generale, le autorità chiamate a partecipare all’amministrazione della giustizia nell’ordinamento giuridico in questione”[2].

Nessun intervento interpretativo si è, invece, finora reso necessario in relazione all’”autorità giudiziaria dell’esecuzione” ex art. 6, comma 2, della decisione quadro, la quale solitamente si identifica con un organo giurisdizionale competente – similmente a quanto avviene nel meccanismo classico dell’estradizione – a passare al vaglio gli eventuali motivi di non esecuzione del M.A.E.  Il caso qui commentato dimostra, tuttavia, come sia opportuno chiedersi, anche rispetto a tale autorità, se la sua portata possa o meno intendersi riferita anche ai pubblici ministeri.

  

2. L’assenso per successiva consegna: quadro normativo. – La Suprema Corte, ritenendo fondata la censura del ricorrente, inizia la propria analisi – riprendendo la sentenza West della Corte di Giustizia[3] – con una rapida ricostruzione del meccanismo della consegna successiva. Dapprima, la Corte dà atto di come, ex art. 28, paragrafo 2, della decisione quadro, la successiva consegna ad altro Stato membro sia, di regola, vietata senza l’assenso del primo Stato di esecuzione[4]. Ciò si giustifica con l’intento di tutelare, sulla falsariga della regola di specialità[5], il “diritto della persona ricercata di non essere consegnata ad uno Stato membro diverso [da quello] di esecuzione ai fini dell’esercizio di azioni penali o dell’esecuzione di una pena privativa della libertà per un reato commesso prima della sua consegna allo Stato membro emittente.”[6]

La sentenza in esame ricorda, poi, i requisiti formali e le articolate valutazioni richieste, ai sensi del paragrafo 3 dell’art. 28 della decisione quadro, all’autorità dell’esecuzione per poter prestare un valido assenso. Sebbene, infatti, sia in linea di principio accordato, è pur vero che, a norma del primo comma, lettera d), dello stesso paragrafo 3, “l'assenso è rifiutato per i motivi di cui all'articolo 3 e può essere altrimenti rifiutato soltanto per i motivi di cui all'articolo 4”, ovvero per le ben note cause ostative obbligatorie e facoltative previste dalla decisione quadro. Inoltre, in base al secondo comma del medesimo par. 3, nei casi particolari di cui all'articolo 5 della decisione quadro, l’autorità dell’esecuzione deve farsi fornire dallo Stato emittente le garanzie ivi previste, prima di poter acconsentire alla consegna.

 

3. L’autorità giudiziaria competente per l’assenso nell’interpretazione della Corte di cassazione.  – Partendo da tale quadro normativo, la Corte di Cassazione osserva come “se, da un lato, non è necessario, secondo le pertinenti previsioni della decisione quadro (che anche nel par. 1 dell'art. 28 fa genericamente riferimento alla ‘autorità giudiziaria dell'esecuzione’), che la competenza a provvedere sull'assenso alla successiva richiesta di consegna spetti alla medesima autorità giudiziaria che ha già deliberato sull'esecuzione del mandato di arresto europeo, dall'altro lato traspare con evidenza, dal contenuto delle richiamate disposizioni normative, che la tipologia e l'ampiezza delle valutazioni affidate all'autorità di esecuzione per accordare l'assenso alla successiva consegna del ricercato rientrano nella sfera di un apprezzamento di natura tipicamente giurisdizionale e sostanzialmente sovrapponibile al vaglio delibativo richiesto ai fini della decisione sulla consegna ex art. 15 del su menzionato atto di diritto derivato.”[7]

La Corte sottolinea, quindi, come l’assenso comporti un controllo tutt’altro che formale, che ben potrebbe condurre a negare la successiva consegna, proprio come, con l’inziale vaglio ai fini della consegna dell’interessato in Italia, i giudici olandesi avevano ritenuto di dare esecuzione a soli sei M.A.E. esecutivi italiani, rigettandone altri dodici[8].

Mentre, conformemente a tale lettura dell’art. 28 della decisione quadro, nell’ordinamento italiano è pacifico che la competenza in materia spetti alla corte d’appello ex art. 25 della legge n. 69/2005, la Cassazione rileva come la sentenza impugnata non abbia svolto alcun accertamento circa la competenza a provvedere in relazione al richiesto assenso nell’ordinamento olandese[9].

Pertanto, la Corte conclude annullando la sentenza impugnata e rinviando ad atra sezione della corte territoriale, per assolvere un duplice scopo: da un lato accertare, anche chiedendo informazioni integrative ex art. 16 della legge n. 69/2005, quale sia l’autorità giudiziaria olandese competente; dall’altro, qualora si tratti effettivamente del pubblico ministero, verificare se l’ordinamento olandese “contempli la possibilità di attivare un successivo controllo avvalendosi di strumenti di impugnazione del provvedimento dinanzi ad un organo giurisdizionale.”[10]

 

* * *

 

4. Considerazioni critiche. – Nelle interessanti e del tutto condivisibili[11] osservazioni della Suprema Corte risuonano le parole della Corte di Giustizia, secondo la quale, poiché l’emissione di un mandato d’arresto europeo è una misura idonea a ledere il diritto alla libertà della persona interessata, la decisione che ne sta alla base deve essere “conforme ai requisiti della tutela giurisdizionale effettiva.”[12]

Tuttavia, non si può fare a meno di constatare la totale assenza di rifermenti, nella motivazione della sentenza in commento, a un tema strettamente connesso a questo assunto, che pure ha tenuto occupati i giudici lussemburghesi a più riprese nell’ultimo anno: il requisito dell’indipendenza delle procure degli Stati membri.

Seppur relativamente all’autorità emittente, la Corte di Giustizia ha chiarito, infatti, come le procure, benché possano fungere da autorità giudiziaria competente, debbano poter esercitare in maniera indipendente le proprie funzioni, senza il rischio di essere soggette, in particolare, a istruzioni individuali da parte del potere esecutivo[13]. Inoltre, la Corte ha avuto modo di precisare – in riferimento ai magistrati inquirenti tedeschi – come l’indipendenza del pubblico ministero quale autorità emittente rappresenti un requisito minimo imprescindibile, a cui non può sopperire il diritto della persona interessata di impugnare a posteriori la decisione dinnanzi ad un organo giurisdizionale[14].

D’altro canto, l’istituzione di un diritto di ricorso innanzi a un giudice non costituisce, per la Corte di Giustizia, una condizione per l’emissione dei M.A.E. I requisiti inerenti alla tutela giurisdizionale effettiva, in caso di mandato spiccato da un pubblico ministero indipendente dall’esecutivo, sarebbero soddisfatti anche in caso di un “sindacato giurisdizionale preliminare, addirittura quasi contemporaneo alla sua emissione”[15].

Alla luce di questa giurisprudenza europea, ci si dovrebbe chiedere se tali considerazioni non debbano essere estese anche al tema qui trattato. Ad avviso di chi scrive, il rapporto diretto tra autorità giudiziarie che caratterizza lo strumento del mandato d’arresto europeo, implica che tali autorità possano contare sul medesimo tipo di controllo, sia a monte, decidendo di emettere un M.A.E., sia a valle, disponendone o meno l’esecuzione. Se, dunque, la scelta originaria di emettere un M.A.E. deve assumere i tratti di una decisione avulsa da rischi di pressione da parte dell’esecutivo e conforme ai requisiti inerenti alla tutela giurisdizionale effettiva, ciò dovrebbe valere, a fortiori, anche per il vaglio finale – come il richiesto assenso ex art. 28 della decisione quadro – che incide direttamente sulla consegna del soggetto.

 

5. Anticipazioni chiarificatrici sull’ordinamento olandese. – In relazione al tema dell’indipendenza delle procure, è interessante notare come, a seguito delle sentenze della Corte di Giustizia dello scorso 27 maggio, i vari Stati membri, interpellati da Eurojust con un questionario del 7 giugno 2019[16], abbiano reso delucidazioni circa l’impatto di detta giurisprudenza nei propri ordinamenti. Per quanto riguarda i Paesi Bassi, le autorità competenti riconoscevano di avere un sistema molto simile a quello tedesco, in cui i pubblici ministeri – incaricati di emettere i M.A.E. – possono, almeno in teoria, ricevere istruzioni dal Ministro della Giustizia. Per questo, annunciavano una imminente riforma della procedura sul punto. Effettivamente, con legge del 13 luglio 2019, il legislatore olandese pare aver recepito il dettato della Corte di Lussemburgo, sostituendo la competenza del pubblico ministero (officier van justitie) ad emettere i M.A.E., con quella di un giudice (rechter-commissaris)[17].

Nessuna modifica, appare, invece, effettuata, in merito al richiesto assenso per successiva consegna, che ex art. Art. 14.2, lett. c), della legge olandese sul M.A.E., risulta essere di competenza proprio del pubblico ministero, senza alcuna possibilità di impugnazione innanzi a un organo giurisdizionale. Lo stesso dicasi anche per il consenso inerente alla regola di specialità, attribuito sempre al pubblico ministero olandese ex art. Art. 14.1, lett. f), della medesima legge[18].

Troviamo conferma di tale quadro normativo dei Paesi Bassi – e delle perplessità che lo stresso suscita – anche in una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte d’appello di Bruxelles in data 4 luglio 2019[19]. In riferimento all’assenso per consegna suppletiva al medesimo Stato membro emittente, il giudice del rinvio si chiede, infatti, se il pubblico ministero olandese possa rientrare nella nozione di autorità giudiziaria dell’esecuzione e se possa essere consentito che la consegna originaria sia valutata da un’autorità giurisdizionale, mentre la consegna supplementare, ai sensi dell’articolo 27 della decisione quadro, venga incoerentemente attribuita ad un’altra autorità, l’officier van justitie, senza che venga garantito il diritto della persona interessata ad essere ascoltata o il diritto di accesso alla giustizia. In via ulteriormente subordinata, il giudice del rinvio si chiede se il pubblico ministero non debba rispettare tali garanzie prima di poter accordare il proprio assenso[20].

Nell’attesa della pronuncia della Corte di Giustizia, se è vero quanto abbiamo sostenuto in premessa, si potrebbe avanzare la tesi secondo la quale l’assenso al riguardo – perlomeno in un sistema come quello olandese – debba necessariamente essere prestato da un organo giurisdizionale. Se anche, infatti, la Corte dovesse ritenere che l’assenso possa essere accordato da un’autorità inquirente, nel rispetto delle garanzie giurisdizionali tramite un ricorso ex post oppure tramite un controllo antecedente o simultaneo, tale conclusione non potrebbe comunque prescindere, ad avviso di chi scrive, dal requisito minimo di indipendenza del pubblico ministero. Se, dunque, lo stesso ordinamento olandese ha riconosciuto che tale requisito potrebbe non essere pienamente rispettato, al punto da modificare la propria legislazione inerente alla competenza ad emettere il M.A.E., che coerenza vi sarebbe nel ritenere conforme con il diritto dell’Unione una competenza accordata al P.M. olandese nella ancora più delicata fase dell’esecuzione?

 

6. Possibili sviluppi interpretativi. – Considerato, ad ogni modo, che gli interrogativi del giudice belga – del tutto sovrapponibili a quelli che interessano il caso di specie in relazione all’assenso per consegna successiva – sono destinati a non trovare risposta da parte della Corte di Giustizia ancora per mesi[21], ci si chiede quali siano gli scenari lasciati aperti dalla pronuncia in esame della Corte di cassazione. Detto altrimenti, quando l’autorità giudiziaria olandese, nel giudizio di rinvio, confermasse, in base al suddetto quadro normativo, la competenza del pubblico ministero e l’assenza di rimedio giurisdizionale, che conseguenze dovrebbe trarne la Corte d’appello romana?

Un primo scenario potrebbe consistere nel rifiuto di eseguire il M.A.E. tedesco per erronea applicazione dell’art. 28 della decisione quadro, così come interpretato dalla Corte di cassazione. Tuttavia, per quanto le osservazioni della Suprema Corte siano ragionevoli e improntate sulla tutela dei diritti fondamentali e del giusto processo, una simile opzione non convince. Ne uscirebbe, invero, pregiudicato l’ordinamento di un terzo Stato membro, la Germania, in virtù di una causa ostativa non espressamente prevista dalla decisione quadro. Eppure – occorre ricordarlo – il fondamentale principio del mutuo riconoscimento e la fiducia reciproca tra Stati membri che ne sta alla base, impongono, almeno in via di principio, di limitare i rifiuti di consegna soltanto ai motivi di non esecuzione tassativamente elencati agli articoli 3, 4 e 4 bis della decisione quadro[22]

Ugualmente poco convincente apparirebbe un rifiuto basato sulla erronea applicazione – come sostenuto dal ricorrente – dell’art. 25 della legge n. 69/2005. Posto che non è l’Italia a trovarsi nelle spoglie di originario Stato dell’esecuzione investito di una richiesta di assenso per successiva consegna, ha poco senso il raffronto della normativa olandese con la normativa interna, in quanto le stesse ben potrebbero divergere in virtù del fondamentale principio dell’autonomia processuale degli Stati membri.

Per non pregiudicare eccessivamente il buon esito della cooperazione e mantenendo, tuttavia, una certa dose di sfiducia volta a rafforzare la tutela dell’individuo, una soluzione ad hoc potrebbe essere quella di reinvestire nuovamente l’autorità olandese chiedendo, in deroga a quanto previsto dell’Overleveringswet, di acconsentire all’implementazione di quanto richiesto dalla Corte di cassazione. Anche una tale prospettazione, tuttavia, non è pienamente soddisfacente. Da un lato, sorgerebbe, infatti, qualche dubbio sulla legittimità di una operazione del genere dal punto di vista ordinamentale: il potere giurisdizionale olandese si auto-conferirebbe una competenza non prevista dalla legge, senza passare per il controllo politico e parlamentare[23]. Dall’altro, rimarrebbe impregiudicato il problema per altri casi analoghi, che, in Italia così come presso altri Stati membri, rischierebbero di essere trattati diversamente.           

In prospettiva, la strada migliore da seguire nel giudizio di rinvio, sembra, dunque, quella della domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia, domanda che si cumulerebbe al rinvio pregiudiziale affine già proposto dal giudice belga. Condividendo la premessa di quest’ultimo, è opportuno chiedersi se, proprio come la nozione di “autorità emittente”, anche l’“autorità dell’esecuzione” del M.A.E. debba essere considerata una nozione autonoma di diritto dell’Unione. Ad avviso di chi scrive, il caso in commento mette bene in luce come si tratti di un concetto che necessita di un’interpretazione uniforme e che, pur nell’autonomia processuale di ciascun ordinamento, non possa essere lasciato alla totale discrezionalità degli Stati membri, essendo necessario garantire un livello minimo di tutela comune a tutti gli individui coinvolti nelle procedure di consegna.

Tale auspicio chiarificatore comporterebbe un duplice vantaggio. Da una parte, una pronuncia della Corte di Lussemburgo che dovesse andare nel senso di quanto affermato dalla Cassazione, legittimerebbe il rifiuto di esecuzione del M.A.E. tedesco, in quanto si verserebbe in un caso eccezionale di rifiuto enucleato dall’organo giurisdizionale specificamente preposto all’interpretazione del diritto dell’Unione. Dall’altro, aldilà del caso contingente, una simile pronuncia della CGUE condurrebbe verosimilmente gli Stati che non dovessero assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nella fase dell’assenso per consegna successiva e/o suppletiva, a riforme legislative sul punto, eliminando così alla radice il problema, senza dover ricorrere a strategie giurisdizionali ad hoc.  

Infine, occorre sottolineare come, nel caso di specie, una iniziativa – quale quella qui prospettata – da parte della corte territoriale sarebbe augurabile anche in quanto il rinvio pregiudiziale non allungherebbe, presumibilmente, i tempi necessari per l’esecuzione del M.A.E. La Corte d’appello di Roma aveva, infatti, disposto il differimento della consegna a soddisfatta giustizia interna, quantomeno per l’esecuzione delle condanne definitive già inflitte in Italia alla persona oggetto dell’euromandato: il suo stato detentivo appare, dunque, del tutto compatibile con un allungamento dei tempi nel giudizio di rinvio sul M.A.E. volto a consentire un intervento nomofilattico della Corte di Giustizia.

 

 

[1] Cfr. l’articolo 6, comma 1, della decisione quadro.

[2] CGUE, sentenze del 10 novembre 2016, Poltorak, C‑452/16 PPU, ECLI:EU:C:2016:858, punto n. 33 e Kovalkovas, C‑477/16 PPU, ECLI:EU:C:2016:861, punto n. 34. In tali pronunce, la Corte di Giustizia ha incluso nella nozione di autorità emittente i pubblici ministeri, a differenza, in particolare, dei ministeri e dei servizi di polizia.

[3] CGUE, sentenza del 28 giugno 2012, West, C-192/12 PPU, ECLI:EU:C:2012:404, punti 40 e ss.

[4] Il medesimo paragrafo della norma prevede tre eccezioni – che ritroviamo all’art. 25, comma 3, della legge n. 69/2005 – a cui si rinvia senza qui analizzarle, in quanto non risultano applicabili nel caso di specie. Si noti, inoltre, che, ai sensi del primo paragrafo dell’art. 28 della decisione quadro, gli Stati potrebbero anche rinunciare alla regola enunciata nel secondo paragrafo, effettuando una notifica al Segretariato generale del Consiglio implicante una presunzione di assenso nei rapporti con altri Stati membri che abbiano effettuato la medesima notifica. Non vi sono, tuttavia, indicazioni in tal senso nella sentenza qui in analisi.

[5] Cfr. l’articolo 27, paragrafo 2, della decisione quadro.

[6] CGUE, sentenza del 28 giugno 2012, West, C-192/12 PPU, ECLI:EU:C:2012:404, punto n. 41.

[7] § 3 del “considerato in diritto” della sentenza in esame.

[8] § 2 del “ritenuto in fatto” della sentenza in esame.

[9] § 3 del “considerato in diritto” della sentenza in esame.

[10] Ibid.

[12] CGUE sentenze del 27 maggio 2019, OG e PI (Procure di Lubecca e di Zwickau), C-508/18 e C-82/19 PPU, ECLI:EU:C:2019:456, punto n. 68 e PF (Procuratore generale di Lituania), C-509/18, ECLI:EU:C:2019:457, punto n. 46.

[13] Cfr. ibid. Per ulteriori chiarimenti sulle procure di Austria, Francia, Svezia e Belgio, vedi, rispettivamente CGUE sentenza del 9 ottobre 2019, NJ, C-489/19 PPU, ECLI:EU:C:2019:849 e le tre sentenze emesse in data 12 dicembre 2019: JR e YC, C‑566/19 PPU e C‑626/19 PPU, ECLI:EU:C:2019:1077; XD, C‑625/19 PPU, ECLI:EU:C:2019:1078; e ZB, C‑627/19 PPU, ECLI:EU:C:2019:1079. Per un’analisi critica relativa alla seconda di tali decisioni, v. L. Scollo, La Corte di Giustizia UE si pronuncia sulla legittimità del procedimento di emissione del M.A.E. da parte del P.M. francese, in questa Rivista, 22 gennaio 2020.

[14] Cfr. sentenza OG e PI, punto n. 85. Altro discorso varrebbe, invece, secondo la Corte, qualora, pur in caso di rischio di istruzioni individuali, i M.A.E. emessi dalle procure non potessero produrre effetti giuridici senza una previa convalida da parte di un tribunale (cfr. la sentenza NJ sull’autorità austriaca). 

[15] Sentenza JR e YC, punto n. 70.

[17] Cfr. l’articolo 44 dell’Overleveringswet, disponibile qui: https://wetten.overheid.nl/BWBR0016664/2019-07-13.

[18] Cfr. la versione attualmente in vigore dell’Overleveringswet qui: https://wetten.overheid.nl/BWBR0016664/2020-01-01.

[20] Quest’ultima chiave di lettura sarebbe conforme alla giurisprudenza della CGUE sulla tutela giurisdizionale effettiva in fase di emissione del M.A.E., ma si presta meno, ad avviso di chi scrive, ad essere applicata nel contesto dell’assenso per consegna suppletiva o successiva. In tale ambito, è più difficile immaginare un controllo giurisdizionale al quale segua una decisione finale presa dal pubblico ministero, non essendo in rilievo l’esercizio dell’azione penale da parte di quest’ultimo, ma semplicemente un controllo sulla legalità dei requisiti inerenti all’iniziativa di altro Stato membro. Nella fase dell’esecuzione, sembrerebbe più lineare conferire l’ultima parola ad un organo giurisdizionale, eventualmente previo parere del pubblico ministero, come previsto dall’art. 25, comma 2, della legge italiana sul M.A.E.

[21] Non trattandosi di un procedimento accelerato o d’urgenza, la sentenza della Corte di Giustizia non sarà emessa, con ogni probabilità, prima della fine del 2020.

[22] Cfr., inter alia, sentenza OG e PI, punto n. 45.

[23] Cfr., per una critica simile relativa al pubblico ministero tedesco, K. Ambos, The German Public Prosecutor as (no) judicial authority within the meaning of the European Arrest Warrant: A case note on the CJEU’s judgment in OG (C-508/18) and PI (C 82/19 PPU), in New Journal of European Criminal Law 2019, Vol. 10(4), pp. 399–407, a p. 405.