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16 Novembre 2020


Rivista italiana di diritto e procedura penale n. 2/2020

Abstract dei contenuti (a cura di Maria Chiara Ubiali)



Con l'autorizzazione dell'editore Giuffrè anticipiamo di seguito gli abstract dei lavori pubblicati nell'ultimo numero della Rivista italiana di diritto e procedura penale (n. 2/2020).

 

DOTTRINA

ARTICOLI

Seminara S., Codice penale, riserva di codice e riforma dei delitti contro la persona, p. 423 ss.

Il lavoro si divide in due parti. Nella prima si approfondiscono contenuti e limiti dell’art. 3-bis c.p., che sancisce il principio della riserva di codice; la conclusione è nel senso della scarsa utilità di una norma che da un lato fissa un principio privo di efficacia vincolante, dall’altro poggia sul vago concetto di legge organica come alternativa al codice penale. La seconda parte è invece dedicata alle linee di una nuova sistematica codicistica dei delitti contro la persona, come oggetto di una (improbabile) riforma.

Donini M., I due paradigmi fondamentali della comparazione penalistica, p. 465 ss.

Esistono due tipi fondamentali di comparazione giuridica: la comparazione pura, descrittiva, non positiva, “avalutativa”, e quella finalizzata all’applicazione (legislativa, interpretativa, dogmatica), con orientamento anche pratico. La prima si presenta come “scienza”, la seconda ha una valenza più politica o ermeneutica. Il giuspositivismo ha espulso la comparazione “prescrittiva” da interpretazione e dogmatica, screditandola come non scientifica, perché non ammetteva che ‘fonti’ straniere entrassero nella legislazione nazionale. Solo l’internazionalizzazione e l’europeizzazione delle fonti hanno prodotto un’evoluzione del metodo comparato in sede legislativa e giudiziaria, favorendo anche una dogmatica comparata a vocazione internazionale: la comparazione come “metodo della dogmatica”. Un metodo che si oppone a forme diffuse di pseudo-comparazione incentrata sull’importazione di singoli modelli stranieri “forti” e non nasconde le difficoltà di un dialogo vero con gli ordinamenti di common law. Paradigmatico l’esempio dell’influenza tedesca quale scienza “da esportazione”, ma di marca “deutsch”, che svela il paradosso di tante “scienze nazionali”. Chiarita la dialettica tra il diritto penale come politica (nazionale e UE) e la sua parte più scientifica (come studio storico-comparato, garantistico e come scienza sociale), conclude lo studio una proposta sulle possibilità di universalizzare, quando non il metodo, comunque le traduzioni e le biblioteche in forma digitale.

Pelissero M., Covid-19 e diritto penale pandemico. Delitti contro la fede pubblica, epidemia e delitti contro la persona alla prova dell’emergenza sanitaria, p. 503 ss.

L’emergenza Covid-19 è stata affrontata dal legislatore anche attraverso il diritto penale. La violazione delle misure di contenimento può avere effetti che vanno oltre la trasgressione delle prescrizioni e coinvolgono i delitti di falso, il delitto di epidemia colposa ed i delitti contro la persona. Tuttavia, le garanzie proprie del sistema penale rendono difficile l’applicazione di queste norme, mentre in Parlamento sono presentate proposte per introdurre forme di immunità dalla responsabilità penale, civile e amministrativa in favore del personale sanitario e di coloro che hanno svolto funzioni di gestione della crisi sanitaria.

Demuro G.P., La combinazione dolo-colpa. Un modello generalizzabile a partire dalla preterintenzione, p. 543 ss.

Responsabilità oggettiva e principio di colpevolezza continuano a fronteggiarsi nella nostra giurisprudenza. Le chiare e autorevoli affermazioni di principio, della Corte costituzionale e delle sezioni unite della Cassazione, a favore della necessaria presenza della componente psicologica per ogni singolo elemento del fatto, continuano a trovare resistenze applicative, motivate dalla severità politico-criminale e dalla facilitazione probatoria della responsabilità oggettiva. Anzi, le tecniche si affinano ricorrendo a schemi del passato: ne è esempio l’indirizzo della giurisprudenza che assume la preterintenzione come dolo indiretto. Partendo proprio dalla preterintenzione è possibile però ipotizzare un modello di combinazione dolo-colpa che aspira alla generalizzazione, sul piano normativo, applicativo ed ermeneutico. Approfondimento necessario è l’analisi dei caratteri che in questa combinazione assumono le due forme di elemento psicologico, il dolo e la colpa, attraverso la definizione specifica della loro struttura e del loro oggetto.

Manacorda S., ‘Doppia pregiudizialità’ e Carta dei diritti fondamentali: il sistema penale al cospetto del diritto dell’Unione europea nell’era del disincanto, p. 573 ss.

La Carta dei diritti fondamentali, che ha acquisito la stessa forza dei trattati dal 1° dicembre 2009, è stata oggetto in questi dieci anni di un tormentato percorso, i cui effetti vanno misurati sul terreno del diritto penale. Dopo aver generato l’aspettativa di un incremento del livello di protezione delle garanzie, essa è rimasta vittima di un certo disincanto, in larga parte riconducibile alle note vicende della ‘saga’ Taricco, letta da molti come il segnale di un arretramento pericoloso sul piano dei diritti fondamentali. Oggi, ribadita la centralità costituzionale e politico-criminale della Carta, si impone una lettura ravvicinata dei dati giurisprudenziali che emergono dalle Corti supreme. Lo scenario che si delinea, guardando alla Corte di Giustizia, si caratterizza — con l’eccezione degli strumenti del mutuo riconoscimento — per un approccio riduzionista e notevoli incertezze. Più articolato è il tracciato seguito dalla Corte Costituzionale, a far data perlomeno dal celebre obiter dictum contenuto nella sentenza n. 269/2017, la quale ha stabilito che in caso di doppia pregiudizialità occorra esperire in via prioritaria la questione di legittimità costituzionale, così limitando il potere del giudice penale di dare applicazione ai diritti fondamentali di fonte eurounitaria. Tale enunciato, largamente commentato dalla dottrina giuspubblicistica, si intreccia con un crescente uso parametrico della Carta nella giurisprudenza costituzionale, la cui disamina permette tuttavia di cogliere una certa tendenza al contenimento degli effetti della stessa in ambito penalistico. Significative indicazioni di una rinnovata attenzione al tema emergono nelle più recenti pronunce della Consulta, specie nel 2019, dove si segnalano quattro importanti decisioni che segnano una reviviscenza del ruolo della Carta, forniscono una più chiara indicazione delle prerogative del giudice comune e gettano le basi per la costruzione di uno statuto garantistico dell’illecito amministrativo punitivo.

 

NOTE A SENTENZA

Tigano V., Resta il limite di accesso alla procreazione medicalmente assistita per le coppie same-sex al femminile: la sentenza costituzionale n. 221/2019, p. 631 ss.

Partendo dall’analisi della sentenza di rigetto n. 221/2019 della Corte costituzionale, che ha lasciato inalterati i requisiti oggettivi e soggettivi di accesso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) e l’illecito amministrativo che punisce l’applicazione delle tecniche a favore di coppie di donne, il contributo mette in evidenza la mancanza di un bene giuridico protetto dalla fattispecie e l’incapacità del diritto penale di reprimere le facili elusioni del divieto. Viene delineato infine un auspicabile intervento di riforma volto a superare le predette criticità e a consentire un egualitario diritto di accesso alla PMA, attraverso il ricorso al sistema delle autorizzazioni amministrative.

Ubiali M.C, Sul confine tra corruzione propria e corruzione funzionale: note a margine della sentenza della Corte di cassazione sul caso ‘mafia capitale’, p. 662 ss.

La sentenza in commento, con la quale è stata definita la nota vicenda giudiziaria di ‘mafia capitale’, si segnala non solo per aver affermato rilevanti principi in materia di reati associativi, ma anche, con riferimento alle associazioni volte a commettere fatti di corruzione, per un apprezzabile e innovativo sforzo di delimitazione dei confini tra i delitti di corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.) e di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.). A venire in rilievo, in particolare, è la problematica distinzione tra le due figure delittuose allorché la condotta del pubblico amministratore abbia ad oggetto un’attività o un atto discrezionale. Nel commentare la sentenza della Cassazione, l’Autrice osserva come il tema della rilevanza penale dell’attività discrezionale dei pubblici ufficiali rappresenti da sempre un nodo problematico. Ciò, tradizionalmente, in ragione del pericolo che il giudice penale sconfini nella valutazione del c.d. merito amministrativo, e ora — nel contiguo ambito dell’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) — anche per via della recente riforma di cui al d.l. n. 76/2020, che ha escluso la configurabilità di quest’ultimo reato in ipotesi di violazione di regole di condotta che lascino residuare margini di discrezionalità. Alla luce della sentenza annotata e della recente novità normativa che ha interessato l’abuso d’ufficio, figura di chiusura del sistema dei delitti contro la p.a., l’Autrice propone una ricostruzione in chiave critica e aggiornata del quadro di rilevanza penale delle condotte discrezionali.

Gatto C.E., Figli di un dio minore? Per la Cassazione, anche nel mandato d’arresto esecutivo, i residenti in Italia non aventi cittadinanza europea devono essere equiparati ai cittadini europei, p. 678 ss.

Il presente scritto offre una approfondita analisi dell’ordinanza n. 10371 del 4 febbraio 2020, con la quale la Cassazione ha sollevato una questione di legittimità costituzionale sulla normativa italiana di recepimento del MAE, inerente i motivi di rifiuto alla consegna. In particolare, la Corte, sulla scorta dell’evoluzione giurisprudenziale interna e sovranazionale in materia di cittadinanza e cooperazione giudiziaria, propone una interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata che consenta anche allo straniero residente o dimorante in Italia di avvalersi della clausola di rifiuto alla consegna che la legge 69 del 2005, così come modificata nel 2019, riserva, per i mandati c.d. esecutivi, ai soli cittadini italiani ed europei. L’Autore, concordando con l’indirizzo ermeneutico del Giudice di legittimità, delinea, da ultimo, i possibili scenari che si dischiudono alla Consulta: i termini della questione di legittimità si pongono, infatti, a cavaliere tra normativa interna e normativa europea, riproponendo, tra le righe, il delicato tema del dialogo fra Corti.

 

SPECIALE

“IL DIRITTO PENALE ‘DEI NEMICI’. VERSO UN NUOVO DIRITTO PENALE DELL’AUTORE?”

Atti del VIII Convegno nazionale dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale

(Siracusa, 25/26 Ottobre 2019)

 

Palazzo F., Nemico-nemici-nemico: una sequenza inquietante per il futuro del diritto penale, p. 701 ss.

La legislazione penale contro il terrorismo internazionale muove dal presupposto di fatto della “relazione nemicale” esistente tra il terrorista e l’ordinamento. La legislazione successiva, invece, crea quella relazione qualificando alcune tipologie criminose (mafia, corruzione, violenza di genere) come campi di lotta. Il rischio immanente è che si avvii un processo di generalizzazione secondo il quale ogni criminale è per ciò solo un nemico della società. Ne conseguirebbe un radicale stravolgimento del paradigma liberale e solidaristico del diritto penale. Le cause di questo fenomeno sembrano trovarsi in orientamenti socio-culturali profondamente radicati nella nostra attuale società.

Orlandi R., Una giustizia penale a misura di nemici, p. 715 ss.

Lo scritto affronta l’interrogativo se esista un “diritto penale del nemico” nella codificazione processuale italiana e nelle relative pratiche. Non sempre le deroghe a comuni garanzie individuali, motivate dall’esigenza di un più efficace contrasto a gravi manifestazione di criminalità, sono inquadrabili in quella categoria concettuale. Non vi rientrano quelle particolari compressioni dei diritti fondamentali della persona rispettose della dignità umana e del principio di proporzionalità. Un progressivo cedimento al diritto penale d’autore è semmai constatabile nell’evoluzione normativa che ha caratterizzato le procedure e le pratiche di prevenzione ante delictum. L’attribuzione agli uffici del pubblico ministero del potere di iniziativa preventiva assicura una saldatura con le attività di indagine e di accertamento penale, dando vita a un modello integrato di controllo decisamente orientato al tipo d’autore.

Pelissero M., La legislazione antiterrorismo. Il prototipo del diritto penale del nemico tra garanzie e rischi di espansione, p. 745 ss.

La strategia penale di contrasto al terrorismo si è sviluppata sulla base del codice penale Rocco, ma ha utilizzato nuove tecniche di anticipazione della tutela penale. In questo contesto, diritto penale e misure di prevenzione si sovrappongono, rendendo fluidi i due tipi di processo. Imprescindibile è il ricorso al diritto penale per contrastare il terrorismo, ma con una attenta verifica sul rispetto delle garanzie costituzionali e sovranazionali che in questo ambito sono a rischio costante di violazione.

Militello V., La lotta alla criminalità organizzata, p. 773 ss.

Il contributo considera possibilità, limiti e condizioni dell’intervento del diritto penale nell’ampio fronte delle misure di contrasto al crimine organizzato. Si nega in primo luogo che tale forma di criminalità abbia una natura meramente temporanea e contingente, e che dunque la relativa normativa di contrasto possa confinarsi ad una pur grave, ma circoscritta stagione dell’emergenza. Si verifica quindi la materia alla luce delle due teorie del diritto penale del nemico e del diritto penale di lotta. La conclusione nega l’utilizzabilità di formule così generali, per ragioni di ordine costituzionale e connesse ai caratteri costitutivi dell’intervento penale, per pronunciarsi a favore invece di un controllo di questo importante settore dell’ordinamento da condurre sul piano delle singole norme e non per categorie complessive.

Masera L., Il diritto penale “dei nemici” - La disciplina in materia di immigrazione irregolare, p. 805 ss.

Il lavoro ripercorre la nascita e lo sviluppo del diritto penale dell’immigrazione, individuandone i momenti più significativi e sforzandosi di cogliere i tratti salienti dell’evoluzione normativa degli ultimi vent’anni.

Di Giovine O., Stupefacenti: meglio “di tutta l’erba un fascio” oppure “un fascio per ogni erba”?, p. 835 ss.

Da una ricognizione dell’evoluzione dei formanti legislativo e giurisprudenziale emerge come, a fronte della variabilità dell’assetto di diritto positivo, i giudici abbiano costantemente cercato di restringere le maglie della responsabilità penale in tema di sostanze stupefacenti. Ci si interroga quindi sulle ragioni di tale divergenza. Nel conflitto tra argomenti (nessuno decisivo) a favore e contro la repressione delle condotte in tema di droga, si conclude che tale divergenza dipende dall’irriducibile varietà del fenomeno che non si presta ad una puntuale disciplina legislativa, ma il cui reale peso criminologico può essere conosciuto dal giudice soltanto in rapporto al caso concreto. Di conseguenza, l’assetto attuale di tutela, salvo che per evidenti eccessi sanzionatori, appare l’unico realisticamente sostenibile.

Longobardo C., I reati predatori contro il patrimonio, p. 889 ss.

L'autore analizza la tematica dei reati predatori contro il patrimonio attraverso il confronto tra i dati statistici, connotati da un elevato numero oscuro, e la realtà fattuale e normativa, caratterizzata da una legislazione simbolica e fortemente mediatica, la cui funzione ultima sembra essere quella di perpetuare la divisione in classi, stigmatizzando con l'uso del diritto penale le cosiddette "classi pericolose". L'utilizzo del diritto penale come strumento di controllo sociale risulta altresì evidente dal confronto con il trattamento della criminalità economica dei cosiddetti "colletti bianchi".

Maugeri A.M., Reati sessualmente connotati tra diritto penale del nemico e diritto penale di lotta, p. 909 ss.

In questo lavoro si cerca di evidenziare l’emergere della logica del c.d. “diritto penale del nemico” o del diritto penale di lotta, con le connesse violazioni di diritti fondamentali e dei principi della materia penale, in alcuni settori dei reati sessualmente connotati, — come quello dei reati a tutela dei minori e della lotta allo sfruttamento della prostituzione —, e nella scelta della tipologia di misure/sanzioni adottate in questo ambito, volte all’anticipazione dell’intervento punitivo e al trattamento della pericolosità dell’autore come le misure di sicurezza, le misure di prevenzione, le pene della vergogna a partire dai registri dei delinquenti sessuali. Si farà riferimento al diritto penale del nemico come categoria analitico-descrittiva per criticare fenomeni di espansione del diritto penale nazionale e sovrannazionale nell’ambito di un certo populismo penale, senza accogliere la sua postulazione e legittimazione come programma politico-criminale.

Mongillo V., Il contrasto alla corruzione. Tra suggestioni del “tipo d’autore” e derive emergenziali, p. 967 ss.

Il contributo analizza i fattori — socio-culturali, politici e giuridici — dell’ascesa della corruzione al rango di emergenza nella dimensione penalistica. Nella lotta sempre più intensa intrapresa dallo Stato e dalle organizzazioni sovranazionali contro la corruzione come fenomeno criminoso e il corrotto (in senso lato) come “tipo d’autore”, il paradigma penale emergenziale si è andato delineando a tutto tondo, combinando i suoi caratteristici congegni sostanziali, penitenziari e investigativo-processuali, che sovente entrano in conflitto con principi e diritti fondamentali. Nella parte conclusiva del lavoro viene proposto un programma minimo per il superamento dell’ideologia emergenziale nel settore dell’anticorruzione.

Curi F., Un nemico per tutte le stagioni: il tifoso violento. Le - troppo - versatili misure di prevenzione personali, p. 1021 ss.

Il contributo pone l’accento sulle misure di prevenzione personali, adottate originariamente per contrastare i fenomeni di violenza che si verificano in occasione di incontri sportivi, ma che ora sono state estese ad ambiti molto differenti. Sostanzialmente sguarnite di alcune essenziali garanzie, di rilievo costituzionale, perseguono lo scopo di un controllo sociale a tolleranza zero. I due decreti sicurezza, del periodo salviniano, hanno impresso un sensibile ampliamento, sia per quanto riguarda la categoria dei destinatari, sia per le modalità di esecuzione.

De Vero G., L’ambigua connotazione nemicale della criminalità di stampo mafioso, p. 1033 ss.

La percezione sociale della carica di ‘ostilità’ insita nella criminalità mafiosa non appare del tutto coesa. Ciò trova riscontro, a livello legislativo, nell’alternanza di diversi orientamenti. Sul piano della costruzione o dell’aggiornamento di figure delittuose adeguate a fronteggiare l’evoluzione del fenomeno criminale si registrano notevoli esitazioni, che aprono inevitabilmente la strada ad un incerto diritto giurisprudenziale: ciò accade con riferimento allo statuto della contiguità mafiosa e alle cruciali questioni della rilevanza penale delle mafie “delocalizzate” così come dell’estensione del metodo mafioso alle pratiche corruttive. Sul piano della legislazione penitenziaria riemerge invece prepotente la connotazione nemicale della criminalità mafiosa, fino al punto di pregiudicare il finalismo rieducativo della pena: esemplare è la vicenda dei reati c.d. ostativi, demandata alla giurisprudenza costituzionale, sulle orme della Corte di Strasburgo, lungo un percorso ancora non compiuto.

Fornasari G., Osservazioni rapsodiche su tre diramazioni del diritto penale del nemico, p. 1049 ss.

Il saggio si pone l’obiettivo di segnalare come siano rinvenibili tracce della logica del diritto penale del nemico in recenti interventi legislativi atti a colpire con la sanzione penale nient’altro che situazioni di povertà estrema, in alcune recenti inclinazioni giurisprudenziali e dottrinali presenti nella giustizia di transizione e nel recente atteggiamento neo-giustificazionista che mira alla legittimazione dell’uso della tortura come strumento di ricerca della verità in situazioni eccezionali di pericolo per la sicurezza pubblica; situazioni diverse ma accomunate da una svalutazione del diritto penale del fatto e dal sacrificio di connotati essenziali dello stato di diritto.

Manna A., La natura giuridica delle misure di prevenzione tra diritto amministrativo e diritto penale, p. 1065 ss.

L’autore analizza il problema della natura giuridica delle misure di prevenzione, in quanto non si tratta di una questione puramente accademica, bensì dall’optare per una tesi o per l’altra discendono notevoli conseguenze giuridiche. Va inoltre precisato che la giurisprudenza sia nazionale che sovranazionale è consolidata nel senso che trattasi di misure di carattere amministrativo, sostanzialmente a causa della loro origine come misure di polizia. Se tuttavia si utilizzano i c.d. criteri Engel, a livello comunitario, ci si rende conto che almeno due su tre, ovverosia la funzione della sanzione e soprattutto il suo (notevole) grado di afflittività fanno propendere per la loro natura penale. In tal senso però non si è orientata né la giurisprudenza sovranazionale con la sentenza De Tommaso, né quella nazionale con le sentenze della Corte costituzionale, in particolare le numero 24 e 25 del 2019. La loro natura giuridica extrapenale e quindi comportante un evidente minus a livello di garanzie, ha naturalmente sollecitato il legislatore con particolare riguardo alle misure di prevenzione di carattere patrimoniale, ad ampliare notevolmente il loro raggio dia zione con i c.d. primo e secondo Codice antimafia del 2011 e del 2017. La rilevante riduzione a livello di garanzie può, tuttavia, ad avviso dell’autore, trovare un rimedio attraverso la trasformazione delle misure di prevenzione, cioè misure ante o praeter delictum, in altrettante misure post delictum, cioè in misure di sicurezza, ove il minus di efficacia soprattutto a livello temporale risulterebbe però abbondantemente bilanciato da un notevole plus a livello di garanzie sia per quanto riguarda la persona che il suo patrimonio.

Ruga Riva C., L’inquinatore nuovo tipo di autore?, p. 1081 ss.

L’autore, all’esito di una sintetica rassegna del modello di reato ambientale contravvenzionale e dei nuovi delitti ambientali, conclude nel senso che dalle fattispecie esaminate non emerge la figura dell’inquinatore come nuovo tipo di autore. Tuttavia, limitatamente ai nuovi ecodelitti inseriti nel c.p., la severità della complessiva risposta sanzionatoria e il formante giurisprudenziale, non di rado attento alle esigenze di tutela più che ai principi di garanzia, lasciano trasparire un diritto penale di lotta ad un fenomeno (l’inquinamento ambientale), più che di contrasto a singoli fatti di inquinamento.

 

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Tra gli ulteriori contributi presenti nel fascicolo della Rivista, oltre alle consuete rassegne di giurisprudenza costituzionale e di giustizia penale sovranazionale, si segnalano, nella Rassegna bibliografica, le recensioni delle seguenti monografie:

Contieri E., Dialettica del bene giuridico. Per il recupero di una prospettiva costituzionalmente orientata, Pacini Giuridica, Roma, 2019, pp. 257. (Giuseppe Amarelli)

Giavazzi S., Mongillo V., Petrillo P.L. (a cura di), Lobbying e traffico di influenze illecite. Regolamentazione amministrativa e tutela penale, Giappichelli, Torino, 2019, pp. 361. (Maria Chiara Ubiali)

Pesce F., L’analisi economica del diritto penale dalla teoria alla pratica - Il livello di efficienza delle opzioni normative in tema di tossicodipendenza e criminalità correlata, Editoriale Scientifica, Napoli, 2019, pp. 251. (Davide Bertaccini)

Taruffo M., Verso la decisione giusta, Giappichelli, Torino, 2020, pp. 447. (Ludovica Tavassi)