Cass., I Sez., 24 aprile 2024 (dep. 9 luglio 2024), n. 27113, Pres. Santalucia, Rel. Centofanti
1. Con sentenza del 24 aprile 2024, la Prima Sezione della Corte di Cassazione ha definitivamente diradato i dubbi sorti circa la qualificazione giuridica dei noti fatti di cronaca del 9 ottobre 2021, quando una parte dei dimostranti scesi in piazza per protestare contro le misure restrittive predisposte dal Governo per contrastare la emergenza epidemiologica da virus SARS-CoV-2 aveva deviato dal percorso originariamente assentito e si era diretta verso la sede nazionale della C.G.I.L. di Roma, facendovi irruzione e distruggendo in maniera indiscriminata ciò che si trovava all’interno, tra cui anche svariati apparecchi informatici.
In particolare, con questo arresto la S.C., annullando con rinvio la sentenza impugnata con riferimento al capo inerente alla condanna per il delitto di devastazione e saccheggio, ha affrontato i tratti caratterizzanti del suddetto delitto, delineandone il perimetro applicativo e individuando altresì gli elementi distintivi rispetto al più lieve reato di danneggiamento di cui all’art. 635 c.p.
Nella decisione in epigrafe, infatti, la Suprema Corte ha preliminarmente sottolineato il primo profilo differenziale del delitto ex art. 419 c.p. rispetto a quello ex art. 635 c.p.: il bene giuridico tutelato.
Invero, il delitto di devastazione e saccheggio è posto a tutela non del patrimonio individuale, bensì dell’ordine pubblico inteso quale “bene immateriale che riflette il senso di tranquillità e sicurezza che i cittadini traggono dall'ordinario svolgimento della vita civile, e in cui si esprime e trova garanzia la pace sociale che garantisce l'ordinata convivenza dei consociati”[1]. Successivamente, ha descritto le caratteristiche che devono assumere i danneggiamenti per integrare il più grave delitto di cui all’art. 419 c.p. in luogo del reato di cui all’art. 635 c.p.[2]. Partendo da tali premesse, ha concluso che le due fattispecie danno vita ad un concorso apparente di norme quando convergono su medesimi fatti storici, perché il danneggiamento resta assorbito nella devastazione “in funzione del criterio di specialità alla pari del furto rispetto al saccheggio[3]”. La sentenza si segnala, inoltre, per aver risolto i dubbi ermeneutici circa la rilevanza penale delle condotte dei partecipi ai danneggiamenti facendo corretta applicazione dei principi della teoria generale del reato in materia di concorso eventuale di persone nel reato e di mera connivenza.
2. Più nel dettaglio, il ragionamento seguito dalla Suprema Corte per riqualificare le condotte come meri danneggiamenti muove l’abbrivio dalla analisi del bene giuridico alla cui tutela è posto il delitto di cui all’art. 419 c.p., collocato appunto tra i delitti contro l’ordine pubblico.
La questione appare dirimente in quanto la Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi dei sei imputati con riferimento a tale profilo, attesa proprio l’errata accezione di ordine pubblico enucleata dalla Corte di Appello.
Preliminarmente, la Corte esclude la necessità di rimettere alle Sezioni unite il quesito in ordine alla corretta accezione di ordine pubblico ai fini della materia penale, essendo la giurisprudenza di legittimità “giunta ormai ad approdi sistematici che possono ritenersi consolidati e non richiedono l'intervento nomofilattico chiarificatore delle Sezioni Unite”.
La sentenza impugnata, infatti, nel formulare tale richiesta è incorsa in un duplice paralogismo: da un lato, ha sovrapposto concetti eterogenei, confondendo il bene giuridico dell’ordine pubblico rilevante ai fini della materia penale sia con quello di ordine pubblico interno, proprio del diritto civile, ed inteso quale limite della autonomia privata “espresso dal complesso delle regole e dei principi, desumibili da tutto il sistema giuridico positivo, che il legislatore ha reso inderogabili dai privati medesimi, perché considerati funzionali alla diretta tutela di interessi della collettività[4]”, sia con quello di ordine pubblico c.d. internazionale[5]; dall’altro, ha operato una inversione metodologica desumendo la sussumibilità delle condotte oggetto della vicenda de qua nel delitto di devastazione e saccheggio sulla base della anzidetta errata concezione di bene giuridico che sarebbe stato leso da tali comportamenti.
Da tale premessa discende la censura tanto alla concezione di ordine pubblico adottata dalla Corte territoriale, quanto al ragionamento secondo cui, essendo le condotte di danneggiamento realizzate in danno di uno dei maggiori Sindacati esistenti in Italia, e risultando dunque lesive della democrazia e del libero estrinsecarsi delle libertà sindacali, – la cui tutela sarebbe rientrata nell’evanescente e fagocitatore bene giuridico dell’ordine pubblico inquinato dalle accezioni civilistiche e di diritto internazionale – si sarebbe automaticamente configurato il delitto di devastazione.
La Corte di Cassazione, quindi, aderisce alla concezione materiale[6] dell’ordine pubblico – senza tuttavia mai utilizzare questa locuzione – inteso quale “buon assetto o regolare andamento del vivere civile, cui corrispondono, nella collettività, l'opinione e il senso della tranquillità e della sicurezza[7]”.Tale accezione, con riferimento al delitto di devastazione e saccheggio è unanimemente sostenuta in dottrina[8], così come in giurisprudenza[9], costituendo l’ordine pubblico in senso ideale (ed, in modo non dissimile, in senso costituzionale[10]) un bene giuridico “rarefatto e inafferrabile[11]”, privo di materialità, ridotto a “pura entità concettuale astratta[12]” che potrebbe risultare offeso anche solo dalla manifestazione di opinioni con il rischio, quindi, di “criminalizzare il semplice dissenso politico-ideologico[13]” in diretto contrasto con i principi di materialità, offensività e determinatezza.
Quindi la Corte si sofferma sul fondamento normativo dell’ordine pubblico rilevante ai fini della materia penale inteso quale “pubblica tranquillità”.
Sul piano costituzionale, pur essendo privo di un espresso addentellato, il bene giuridico ordine pubblico materiale è ritenuto dotato di un riconoscimento implicito[14]“in quanto consentaneo al regime democratico e legalitario consacrato nella Carta repubblicana[15]”, mentre come precisa la Corte, rinviene una più precisa definizione sul piano della legislazione primaria. Infatti, gli artt. 1, comma 3, lett. I), della legge di delegazione 15 marzo 1997, n. 59 e art. 159, comma 2, d.lgs. delegato 31 marzo 1998, n. 112, definiscono l’ordine pubblico quale «complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale, nonché alla sicurezza delle istituzioni, dei cittadini e dei loro beni».
3. Una volta definito il concetto di ordine pubblico, la Suprema Corte passa alla analisi della natura giuridica e degli elementi costitutivi del delitto di devastazione.
Sotto il primo aspetto, riconduce con fermezza la fattispecie di cui all’art. 419 c.p. nella categoria dei reati di pericolo chiarendo che il pericolo deve “rivestire carattere di concretezza e non di mera ipoteticità, risolvendosi in situazioni di effettiva minaccia per la vita collettiva[16]”.
La realizzazione di danneggiamenti estesi e indiscriminati, ovvero di depredazioni parimenti ampie, non determinano automaticamente la configurazione del delitto di devastazione e saccheggio, essendo necessario un quid pluris ai fini della lesione dell’ordine pubblico
La littera legis, e la nozione di ordine pubblico patrocinata dalla Suprema Corte, impongono, attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata e rispettosa dei canoni di frammentarietà ed offensività, di ritenere attratte nell’alveo di tipicità del delitto in parola soltanto quelle condotte di danneggiamenti e furti che per la loro “qualità”, siano in grado di turbare la pacifica convivenza.
Dalla visuale prospettica adottata dalla Corte di Cassazione, che mette in luce il bene giuridico tutelato ed evidenzia la natura di pericolo del delitto di cui all’art. 419 c.p., discendono due ulteriori conseguenze: innanzitutto, risulta “indifferente la gravità del danno in concreto prodotto dall'azione distruttrice, purché resti appunto accertato che i fatti posti in essere abbiano non soltanto leso il patrimonio, ma anche offeso l'ordine pubblico come sopra inteso[17]”; in secondo luogo, l’eventuale produzione di una lesione di rilevante gravità patrimoniale, determina la configurabilità dell’aggravante prevista dall'art. 61, n. 7, c.p[18].
Carattere che invece deve sussistere indefettibilmente è quello della pluralità delle condotte di danneggiamento, ponendosi tale profilo quantitativo in un rapporto di corrispondenza biunivoca con i connotati della estensione, della indiscriminatezza e della profondità che devono assumere i danneggiamenti.
La necessità della pluralità degli eventi di devastazione o di saccheggio è condivisa da parte della dottrina[19], in ragione della locuzione “fatti” contenuta nell’art. 419 c.p., tuttavia, altri autori, muovendo dalla considerazione che il sostantivo sarebbe stato utilizzato al plurale soltanto a scopo indeterminativo, ammettono la configurabilità del reato anche in presenza di un solo evento di danneggiamento o furto[20].
Ciò nondimeno, essi devono caratterizzare le modalità di estrinsecazione della condotta e non l’oggetto della stessa. A tal proposito, infatti, la Corte, nel rigettare i motivi di ricorsi sollevati da tutti gli imputati, esclude una incompatibilità strutturale tra il delitto di devastazione e saccheggio e la determinatezza e individualità dell’oggetto del reato come sostenuto da una parte della dottrina[21], oltre cha dalla giurisprudenza più risalente[22].
Invero, posto che ai fini della configurazione del delitto di devastazione e saccheggio è necessario che venga turbato l’ordine pubblico, evidentemente alcun rilievo può assumere il fatto che le condotte si concentrino contro uno specifico obiettivo, come avvenuto nella vicenda de quo, “purché le distruzioni siano vaste e siano realizzate con modalità di aggressione così incisive, e potenzialmente espansive, da minare il menzionato senso di tranquillità e sicurezza dei cittadini, portando offesa al corrispondente interesse superindividuale”.
In questo snodo, la pronuncia in commento si discosta da quell’orientamento[23] che riteneva necessario ai fini di una effettiva compromissione dell’ordine pubblico la pluralità dei soggetti passivi.
4. La disamina della natura giuridica del delitto di devastazione e saccheggio prosegue con riferimento al soggetto attivo del reato. Nel rigettare ulteriori profili lamentati nei ricorsi degli imputati, la Suprema Corte statuisce la natura di reato monosoggettivo[24] del delitto di cui all’art. 419 c.p., sconfessando la tesi del concorso necessario[25]. Il ragionamento è analogo a quello utilizzato per sostenere la possibilità di realizzare il suddetto reato anche allorquando le condotte siano rivolte contro un oggetto individuato: ai fini della configurazione della devastazione e del saccheggio è necessario minare il senso di sicurezza e pacifica convivenza, quindi, ove le condotte realizzate da un solo autore abbiano tale portata lesiva, non si pone alcun ostacolo.
Sennonché, nonostante la dottrina maggioritaria[26] concordi con la giurisprudenza su questo aspetto, è stata osservata l’obiettiva difficoltà di una realizzazione monosoggettiva del delitto di devastazione e saccheggio. Trattasi, delle medesime osservazioni effettuate da parte della dottrina con riferimento al reato di cui all’art. 452-quaterdecies c.p., ipotesi di delitto normativamente monosoggettivo, che tuttavia a livello sociologico trova applicazione nella stragrande maggioranza dei casi attraverso il concorso di più autori.
5. Quanto all’elemento soggettivo, il dato testuale non presenta alcun profilo problematico. Infatti è richiesto il semplice dolo generico, essendo sufficiente che l’autore si rappresenti e voglia le condotte di devastazione e saccheggio, richiedendosi tuttavia un quid pluris: “per la sua configurabilità è necessario che l'agente, oltre a rappresentarsi e a volere la propria condotta distruttiva, agisca con la percezione che essa risulti efficiente, nel contesto dato, alla produzione di un risultato qualificabile, per le sue proporzioni, come devastazione”[27]. La Corte di Cassazione, dunque, esige che l’agente abbia la consapevolezza di realizzare delle condotte che superano la gravità del delitto di danneggiamento, elevando l’ordine pubblico e la sua compromissione a requisito tacito di fattispecie e ad oggetto di rappresentazione e volizione[28].
A bene vedere, la Corte di Cassazione attribuisce all’ordine pubblico la natura di elemento connotante il disvalore della fattispecie incriminatrice che, in quanto tale, secondo l’insegnamento della giurisprudenza costituzionale[29], deve essere collegato psicologicamente all’autore in ossequio al principio di colpevolezza.
Di contro, l’eventuale sussistenza della volontà di attentare alla sicurezza dello Stato, comporta la realizzazione del più grave delitto di cui all’art. 285 c.p., attesa la clausola di sussidiarietà espressa prevista dall’art. 419 c.p.
Questo orientamento, condiviso da parte della dottrina[30], è tuttavia criticato da taluni autori[31] che ritengono la norma caratterizzata da un peculiare dolo specifico costituito appunto dalla previsione e volontà di turbare l’ordine pubblico.
6. Come si è accennato, la Corte di Cassazione ha rigettato anche i motivi di ricorso degli imputati che avevano contestato la dimostrazione di un loro contributo minimo, idoneo a consentire l’applicazione del concorso di persone ex art. 110 c.p. Nel respingere tali doglianze, i giudici di Piazza Cavour hanno enunciato i principi che disciplinano il funzionamento di tale clausola di estensione della tipicità, per poi farne corretta applicazione rispetto ai fatti oggetto del procedimento.
Primariamente, la Corte, aderendo alla teoria della “causalità agevolatrice”, afferma che ai fini di un giudizio di responsabilità a titolo di concorso di persone la condotta posta in essere dal concorrente deve alternativamente o porsi come condicio sine qua non, rivestendo “efficacia causale diretta”, oppure determinare un aumento delle chances e delle possibilità di consumazione del reato.
Peraltro, nonostante l’orientamento maggioritario sia della giurisprudenza[32], sia della dottrina[33], propenda per la anzidetta teoria, altri autori evidenziano l’inammissibilità di una teoria della causalità agevolativa spinta agli estremi della sufficienza di una mera idoneità ex ante (c.d. teoria della prognosi o dell’aumento del rischio)[34].
In secondo luogo, la sentenza sottolinea come, sia necessario altresì accertare il dolo di concorso che, nel caso di specie, è costituito dalla “consapevolezza dell'agente di contribuire al fenomeno distruttivo complessivamente inteso, comprendente la messa in pericolo del bene protetto dell'ordine pubblico”[35].
La giurisprudenza di legittimità non correla la configurabilità del concorso di persone nel delitto di cui all’art. 419 c.p. alla materiale realizzazione da parte di ciascun concorrente di un atto di danneggiamento o di furto[36], essendo di contro necessario verificare un contributo morale o materiale “all’azione distruttiva nel suo complesso[37]”.
Ebbene, calando i principi testé illustrati nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che tutti gli imputati,. abbiano offerto un contributo materiale o psichico dotato di quella portata eziologica minima e sufficiente a integrare una responsabilità a titolo di concorso di persone. Invero, il confine tra la connivenza, ossia “la consapevolezza che altri sta per commettere o sta commettendo un reato senza che si faccia nulla per impedirlo” non punibile, e concorso di persone punibile, è data proprio dalla sussistenza o meno di un contributo minimo, anche solo in forma di adesione, rafforzamento o rassicurazione (concorso morale) dell’altrui fatto di reato[38].
La Corte sottolinea come nessuno degli imputati abbia mantenuto un atteggiamento inerte, passivo e di totale estraneità rispetto ai fatti avvenuti all’esterno e all’interno della sede della CGIL, avendo di contro tutti offerto un contributo dotato di quel coefficiente minimo necessario ai fini della responsabilità concorsuale “se non altro di tipo morale, in chiave di obiettivo stimolo all'azione criminosa altrui e di infusione nei correi di un maggiore senso di sicurezza”.
Tali considerazioni sono state svolte con riferimento al secondo capo di imputazione, vale a dire il delitto di cui all’art. 337 c.p. e non anche relativamente al delitto di devastazione e saccheggio, avendo la Suprema Corte annullato con rinvio la sentenza impugnata con riferimento a tale capo di imputazione.
7. Infine, gli Ermellini dopo aver rigettato i motivi di ricorso relativi al travisamento del materiale probatorio con specifico riferimento alla identificazione degli autori delle condotte, , accolgono quello proposto da tutti gli imputati, sebbene ciascuno secondo cadenze e argomentazioni giuridiche diverse, relativo alla qualificazione dei fatti nel delitto di cui all’art. 419 c.p. Invero, come anticipato, la Corte di appello muovendo da una errata nozione di ordine pubblico, frutto della miscelazione delle accezioni privatistiche e internazionalisitiche dello stesso, ha ritenuto integrata la devastazione per il sol fatto che i danneggiamenti avessero attinto la sede di uno dei più importanti sindacati italiani.
Ritenendo il reato in parola posto a tutela non della sola sicurezza e pubblica tranquillità (c.d. concezione materiale di ordine pubblico), ma altresì di ogni altro valore costituzionale (c.d. concezione ideale), la Corte d’Appello ha ritenuto sufficiente il fatto che le condotte fossero offensive della democrazia al fine di ritenere configurato il delitto di devastazione.
Nella sentenza impugnata, infatti, alcun vaglio è stato effettuato riguardo alla lesione, anche solo in termini di pericolo, del senso di tranquillità della collettività, essendo stato ritenuto operante un automatismo in considerazione dell’oggetto dei danneggiamenti.
La Corte di Cassazione censura tale ragionamento che, muovendo da una concezione extra penale di ordine pubblico ed esaltando il ruolo del bene giuridico, giunge ad elidere del tutto lo scrutinio in ordine alla effettiva messa in pericolo della pubblica tranquillità.
In questo modo non è possibile verificare se le condotte di danneggiamento abbiano assunto una tale portata da compromettere la sicurezza di tutti i consociati, unico elemento discretivo del ben più grave delitto di cui all’art. 419 c.p. rispetto a quello di cui all’art. 635 c.p., assumendo i connotati della indiscriminatezza, della vastità e della profondità, funzione di indici sintomatici di una offesa tale da poter turbare l’ordine pubblico.
Tuttavia, la Suprema Corte nel definire il paradigma motivazionale che il giudice di rinvio sarà tenuto a rispettare, precisa come negare l’automatismo operato dalla sentenza impugnata tra aggressione alla sede nazionale della CGIL e sussistenza del delitto di devastazione e saccheggio, non significhi eliminare qualunque tipo di rilevanza all’ “obiettivo preso di mira”.
Il ruolo svolto da tale Sindacato, l’eco mediatica che assunse la vicenda in un contesto di per sé già complesso quale quello delle restrizioni volte a contrastare l’emergenza epidemiologica, potranno e dovranno senz’altro essere oggetto del giudizio olistico che il giudice di merito sarà tenuto ad effettuare onde accertare se dalle caratteristiche che globalmente hanno connotato questa vicenda, possa ritenersi realizzata una compromissione tale dell’ordine pubblico da permettere la configurazione del delitto di cui all’art. 419 c.p.
8. I principi di diritto enucleati nella sentenza in commento sono in massima parte apprezzabili e condivisibili. La riflessione in ordine alla concezione di ordine pubblico penalmente rilevante e le statuizioni relative alla natura giuridica del delitto di devastazione e saccheggio si pongono nel solco dell’orientamento maggioritario in dottrina come in giurisprudenza.
Sotto il primo versante, alla luce dei principi di materialità e offensività, non può ammettersi una concezione dell’ordine pubblico ideale, etereo ed evanescente, né possono condividersi delle accezioni di tale bene giuridico contaminate da concetti extrapenalistici come fatto dalla Corte di Appello nella sentenza impugnata.
L’ordine pubblico materiale è l’unico ammissibile. Soltanto aderendo a tale concezione esso può svolgere quella funzione selettiva e critico-garantista cui sono deputati i beni giuridici in un diritto penale del fatto e in una prospettiva costituzionalmente orientata[39].
Sotto il secondo versante, anche le considerazioni sul piano dogmatico si inseriscono nel solco della tesi dominante in dottrina, avendo la Corte individuato nel delitto di cui all’art. 419 c.p., una fattispecie di pericolo, realizzabile, quanto meno sul piano astratto monosoggettivamente.
Tuttavia, in ragione del rilievo che la Corte ha attribuito all’ordine pubblico ai fini della configurazione del delitto di devastazione e saccheggio, pare opportuno richiamare la categoria dogmatica enucleata in dottrina[40],del danno qualificato dal pericolo concreto. Infatti, il reato in esame più che un reato di pericolo concreto, sembra essere assimilabile a questa peculiare tipologia delittuosa, essendo necessaria in primis la verificazione di un danno - nella forma del danneggiamento o del furto - e in secondo luogo la sussistenza di un pericolo per l’ordine pubblico.
Tuttavia, non del tutto convincente appare il passaggio motivazionale nel quale la Suprema Corte analizza il rapporto tra i reati di cui agli artt. 419 e 635 c.p. Ci si riferisce non tanto all’esito, vale a dire l’applicazione del solo delitto di devastazione e saccheggio con conseguente assorbimento dei singoli fatti di danneggiamento, ma alle ragioni addotte a sostegno di questo tipo di soluzione.
Difatti, la S.C. risolve il rapporto tra le anzidette fattispecie incriminatrici in un breve passaggio, sulla base del principio di specialità[41], limitandosi ad affermare “a queste condizioni la devastazione ex art. 419 cod. pen. si distingue dal mero danneggiamento, che resta assorbito in funzione del criterio di specialità alla pari del furto rispetto al saccheggio”.
Di talché, allorquando i danneggiamenti, ovvero i furti, siano realizzati con modalità tali da turbare la pubblica tranquillità, essi verranno assorbiti nel più grave delitto di cui all’art. 419 c.p.
Difatti, la Corte, pur aderendo all’orientamento dominante[42] che rinviene nel criterio di specialità l’unico criterio risolutivo dei rapporti tra norme, non esplicita le ragioni a sostegno della operatività dello stesso, affermando in modo apodittico che il rapporto tra le due fattispecie debba essere risolto sulla base di tale criterio.
Implicitamente, la Corte ha ritenuto sussistere un rapporto di specialità unilaterale tra i due reati, connotandosi quello di cui all’art. 419 c.p. per l’elemento ulteriore della lesione al bene ordine pubblico, a differenza dei reati di cui agli artt. 624 e 635 c.p.
Ebbene, tale affermazione risulta non pienamente condivisibile, non solo per la dimensione contratta delle motivazioni addotte, ma anche alla luce del panorama dottrinario e giurisprudenziale e delle posizioni emerse riguardo al rapporto tra i delitti di devastazione e saccheggio e quelli di danneggiamento, furto e ed altri reati commessi contestualmente a quello di cui all’art. 419 c.p.
Minoritaria e isolata, infatti, è la tesi che non condividendo tanto la natura di reato complesso, tanto quella di reato progressivo, sostiene che sia necessario scrutinare la sussistenza di un concorso di reati o di un concorso apparente di norme alla luce del principio di specialità.[43]
In dottrina[44], invece, è stato sostenuto che il discrimen tra devastazione e danneggiamento debba essere individuato “sul piano ontologico” non potendosi viceversa utilizzare l’art. 15 c.p. “attesa la sostanziale identità naturalistica delle condotte”. La devastazione e il saccheggio si caratterizzerebbero per essere, rispettivamente, ipotesi di danneggiamento e furto di “vaste proporzioni[45]”.
Le divergenti posizioni muovono da un differente inquadramento dogmatico del delitto o come reato complesso[46]o come reato progressivo[47].
Anche la giurisprudenza[48] dal suo canto ha sempre ritenuto assorbiti nel reato previsto dall’art. 419 c.p. gli illeciti minori contro il patrimonio commessi in occasione dei fatti di devastazione e saccheggio, senza tuttavia fare leva sul criterio di specialità.
Sicché, il richiamo al criterio di specialità appare nel caso di specie improprio e non confacente oltre che in controtendenza rispetto all’orientamento maggioritario di dottrina e giurisprudenza.
Sempre sul piano dei rapporti con altre fattispecie incriminatrici desta qualche perplessità la mancata disamina da parte della Corte del possibile assorbimento nel delitto in parola anche di quello di cui all’art. 337 c.p.
La questione involge la più ampia problematica, rispetto alla quale in dottrina non si ravvisano soluzioni unitarie, in ordine ai criteri con cui individuare i reati che possono concorrere o meno con la devastazione ed il saccheggio.
L’orientamento prevalente[49] ritiene che gli unici reati che potrebbero essere assorbiti nel caso di devastazione e saccheggio sarebbero il furto e il danneggiamento, mentre ogni altro reato commesso in occasione di queste condotte dovrebbe concorrere con il delitto di cui all’art. 419 c.p. Segnatamente, il criterio discretivo è individuato da questa parte della dottrina nella direzione della violenza: nel caso in cui abbia ad oggetto persone, opererebbe il concorso di reati; nel caso in cui abbia ad oggetto cose, il concorso apparente di norme.
Altra parte della dottrina[50], utilizza quale criterio per individuare i reati destinati a concorrere con il delitto di cui all’art. 419 c.p. e quelli invece destinati a restarne assorbiti, non la direzione della violenza, ma il bene giuridico. Segnatamente, eventuali ulteriori delitti contro l’incolumità pubblica e le persone, non potrebbero essere assorbiti dalla devastazione e dal saccheggio, mentre reati lesivi di interessi esclusivamente patrimoniali resterebbero assorbiti nel più grave delitto di cui all’art. 419 c.p.
La giurisprudenza[51], al contrario, opta per un approccio intermedio, non arrivando a sostenere l’assorbimento di qualunque reato commesso con violenza sulle persone in occasione di condotte di devastazione e saccheggio, ma estendendolo oltre alle tradizionali ipotesi di furto e danneggiamento anche al delitto di rapina di cui all’art. 628 c.p.
In ogni caso, nessuna delle teorie illustrate, a prescindere dall’inquadramento dogmatico o dal criterio utilizzato, dubita in ordine all’assorbimento dei danneggiamenti commessi in occasione del delitto di devastazione e saccheggio.
Invero, ancorata la configurazione del primo delitto alla compromissione della pubblica tranquillità, ogni altro tipo di condotta di danneggiamento o di furto, anche se connotata da peculiare disvalore in ragione del valore di quanto distrutto o sottratto, o del numero, non potrà essere sussunta nel reato di cui all’art. 419 c.p., dovendosi di contro ritenere realizzati plurimi danneggiamenti o furti in continuazione.
La elevata cornice edittale prevista, unitamente al bene giuridico tutelato, giustificano, recte, impongono una interpretazione costituzionalmente orientata che permetta di attrarre nel perimetro applicativo del reato di devastazione e saccheggio soltanto quei fatti in cui il danneggiamento e il furto, fattispecie poste a tutela del patrimonio, si pongano come funzionali e strumentali alla lesione dell’ordine pubblico.
8.1. Infine, apprezzabile è la applicazione della Corte dei principi in materia di concorso eventuale di persone nel reato, in particolare nella parte della sentenza ove viene operato il distinguo con la c.d. connivenza.
La Corte, infatti, sottolinea come, anche in un contesto di disordini come quello della vicenda in parola, sia sempre necessario accertare con riferimento ad ogni singolo soggetto la realizzazione di un contributo, anche soltanto agevolativo alla commissione del reato. Sebbene con riferimento al solo delitto di resistenza al pubblico ufficiale, dovendo il giudice di rinvio pronunciarsi circa la possibilità di qualificare i danneggiamenti dei locali della CGIL nel delitto di devastazione e saccheggio, la Corte ha confermato la pronuncia della Corte di Appello, ritenendo che nessuno degli imputati si fosse limitate ad assumere un atteggiamento inerte e passivo.
Quindi, se da un lato non è necessario che ciascun concorrente realizzi integralmente la condotta tipica, come era stato sostenuto viceversa dalle difese di taluni imputati che avevano propugnato la natura di reato a concorso necessario dell’art. 419 c.p., dall’altro lato, non è sufficiente essere soltanto presenti nel contesto spazio temporale nel quale vengono compiuti la devastazione o il saccheggio, risultando indefettibile lo scrutinio in ordine alla adesione da parte del concorrente al proposito criminoso e alla realizzazione di un contributo causale[52].
[1] Cass., Sez. I, n. 4135/1973, Rv. 124142-01.
[2] “Gli episodi di danneggiamento debbono essere necessariamente plurimi, perché la pluralità è implicata dal fatto che la devastazione è legata al loro carattere esteso, indiscriminato e profondo (un singolo atto di violenza non potrebbe da solo rilevare”. (conforme sul punto Cass., Sez. VI, n. 15543 del 27/03/2009, Mescia, Rv. 243184 - 01).
[3] Cass., Sez. I, n. 946 del 05/07/2011, Proietti, Rv. 251665; Cass. , Sez. I, n. 25104 del 16/04/2004, Marzano, Rv. 228133-01.
[4] Cass., Sez. I, n. 690 del 17/03/1970, Rv. 345906-01; Cass., Sez. I, n. 8718 del 03/04/2024, Rv. 670655-01.
[5] Esso racchiude “il sistema dei valori che ispira l'ordinamento giuridico italiano e rappresenta il meccanismo di salvaguardia dell'armonia interna dell'ordinamento stesso, sbarrandovi l'ingresso di disposizioni del diritto straniero che, seppure evocate dalle norme strumentali di conflitto, unilaterali o di derivazione pattizia, con quei valori contrastino e non possono pertanto assumere nel nostro diritto alcuna funzione regolatoria”. (Cass. Sez. un., n. 38162 del 30/12/2022, Rv. 666544-0).
[6] G. Corso, Ordine pubblico (dir. pubbl.) in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, 1057; S. Fiore, Ordine pubblico (dir. pen.), ivi, 1084; G. Insolera, L’associazione per delinquere, Padova, 1983, 162 ss.;
[7] Cass., Sez. II, n. 6961 del 06/10/2022, dep. 2023, Raducci, Rv. 284143-02; Cass., Sez. 6, n. 37367 del 06/05/2014, Seppia, Rv. 261932-01; Cass., Sez. 1, n. 20313 del 29/04/2010, Vischia, Rv. 247451-01; Cass., Sez. 1, n. 22633 del 18 01/04/2010, Della Malva, Rv. 247418-01; Cass.,Sez. 1, n. 16553 del 01/04/2010, Orfano, Rv. 246941-01).
[8]M. Bouchard, Devastazione e saccheggio in Digesto Pen., III, Torino, 1989, 441 ss.; G. De Vero, Ordine pubblico (reati contro), in Dig. pen., IX, Torino, 1994, 81 ss.; M. Caputo, Art. 419 c.p., in Commentario breve al Codice penale, a cura di Crespa-Stella-Zuccalà, Padova, 2024, 1046 ss.
[9] Cass., Sez I, n. 22633/2010, Dj, “inteso in senso specifico come buon o assetto o regolare andamento del vivere civile, cui corrispondono, nella collettività, l’opinione e il senso della tranquillità e della sicurezza”.
[10] Corte cost., n.19/1962.
[11] G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale, Parte speciale, V edizione, Bologna, 2012, 474.
[12]G. Fiandaca- E. Musco, Op. cit., 474.
[13] G. Fiandaca- E. Musco, Op. cit., 475.
[14] Sulla ammissibilità di beni giuridici che trovano nella Carta fondamentale un riconoscimento soltanto implicito, G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale, Parte generale, VII Edizione, Bologna, 2014, 14.
[15] Corte cost., n. 19/962.
[16]Cass., Sez. I, n.183951/1990,
[17] Cass., Sez. I, n. 26830 del 08/03/2001, Mazzotta, Rv. 219899-01.
[18]Cass., Sez. I, n. 11912 del 18/01/2019, Oppedisano, Rv. 275322-03.
[19] F. Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale., II edizione, Milano, 2008, 266 ss; G. Bianchi, Deviazioni dottrinali e giurisprudenziali in tema di saccheggio, in Giust. pen., 1951, II, 1154; Delle Donne, Il delitto di saccheggio nella fattispecie di cui all’art. 419 c.p., in Arch. pen.,1947, II, 49; G. Fiandaca- E. Musco, Diritto Penale Parte Speciale, op. cit., 501-502.
[20] E. Contieri, I delitti contro l’ordine pubblico, 1961, 124; R. Wenin in G. Fornasari- S. Riondato, Reati contro l’ordine pubblico, II edizione, Torino, 2017, 124.
[21] Analogamente in dottrina (F. Antolisei, Op. cit., 267) sottolineandosi tuttavia che sebbene indifferente in astratto, di regola alle condotte di devastazione e saccheggio corrisponde una pluralità di soggetti passivi.
[22] Cass., sez. un., 4 maggio 1946, Cataffo.
[23] Cass., sez. II, 13 giugno 1947, Sandoni, in Giust. Pen. 1948, 33; Cass., Sez. II, 13.9.2949, Lattuga, in Giust. pen., 1950, 51.
[24] Sono risalenti le pronunce della Corte di legittimità che individuavano la pluralità degli autori tra gli elementi costitutivi del delitto di cui all’art. 419 c.p. (Cass. Sez. un., 1960, Niedermayer; Cass., 18.04.1980, Bolzani, in Riv. pen.,1981, 267).
[25] Cass., Sez. I, n. 9520 del 03/12/2019, Rv. 278502-01.
[26] F. Antolisei, Op. cit., 267; E. Contieri, Op.cit., 120-121; G. Fornasari- S. Riondato, Op. cit., 120.
[27] Cass., Sez. I, n. 17494 del 29/11/2022, Tonin, Rv. 284476-01; Cass., Sez. VI, n. 37367 del 2014, cit., Rv. 261934-01.
[28] A. Barazzetta, Art. 419, in E. Dolcini- G.L.Gatta, a cura di, Codice penale commentato, V edizione, Milano, 2021, 2319-2320.
[29] Perché l'art. 27, primo comma, Cost, sia pienamente rispettato e la responsabilità penale sia autenticamente personale, è indispensabile che tutti e ciascuno degli elementi che concorrono a contrassegnare il disvalore della fattispecie siano soggettivamente collegati all'agente (siano, cioè, investiti dal dolo o dalla colpa) ed è altresì indispensabile che tutti e ciascuno dei predetti elementi siano allo stesso agente rimproverabili e cioè anche soggettivamente disapprovati.(Corte cost. n. 1085/1988).
[30] F. Antolisei, Op. cit., 267-268; E. Contieri, Op. cit., 133.
[31]G. Fiandaca- E. Musco, Op. cit., 502; G. Fornasari- S. Riondato, Op. cit., 125.
[32] Cass., Sez. I, n. 11912 del 2019, cit., Rv. 275322-03; Sez. I, n. 3759 del 07/11/2013, dep. 2014, Chiacchieretta, Rv. 258601-0; Cass., Sez III, n.34985/2015, Caradonna, CED 264454; Cass. Pen., Sez. V, n. 2971/2015, Donati, CED 265864; Cass., Sez. V, n. 43569/2019, CED 276990-01.
[33] G. Fiandaca- E. Musco, Op. cit., Bologna, 2014, 527 ss.
[34] Fiandaca, Op. cit., 525 ss.; G. Marinucci-E. Dolcini- G.L. Gatta, Manuale di Diritto Penale, Parte Generale, Milano, X edizione, 2021, 561 s.s.
[35] Cass., Sez. I, n. 45646 del 05/06/2015, Gentile, Rv. 265277-01.
[36] Cass., Sez. I, n. 3759/2013.
[37] Cass., Sez. VI, n. 37367/2014.
[38] G. Marinucci- E. Dolcini- G.L. Gatta, Op. cit., 563.
[39] F. Bricola, Teoria generale del reato, in Noviss. Dig. It., Torino, XIX, 1973; G. Fiandaca- E. Musco, Op. cit., 12-13;
[40] A. Gargani, Il danno qualificato dal pericolo. Profili sistematici e politico-criminali dei delitti contro l’incolumità pubblica, Torino, 2005.
[41] Il principio di specialità secondo la granitica giurisprudenza delle Sezioni Unite in tema di concorso di norme, è “l’unico principio legalmente previsto in tema di concorso apparente” (Cass., Sez. un., 23 febbraio 2017, n. 20664).
[42] Recentemente la teoria monista è stata ribadita in più occasioni dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ed, in particolare, con riferimento alla ammissibilità che il medesimo fatto storico possa essere ascritto a un concorrente a norma dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e a un altro concorrente a norma dell’art. 73, comma 5, del medesimo d.P.R.” (Cass., Sez. Un, 11 luglio 2024, n. 27727), al rapporto tra millantato credito e traffico di influenze illecite (Cass., Sez. Un., 15 maggio 2024, n. 19357), alla rilevanza penale del c.d. saluto romano (Cass., Sez. un., 17 aprile 2024, n. 16153), al rapporto tra turbativa d’asta ed estorsione (Cass., Sez. un., 28 marzo 2024, n. 30016).
[43] M. Bouchard, Op. cit., 446.
[44] S. De Flammineis, Devastazione e danneggiamento: unità di reati e concorso morale di persone, in Corr. mer., 2006, 1049.
[45] M. Bouchard, Op. cit., 443.
[46] E. Contieri, Op. cit., 150 ss.;
[47] S. Ranieri, Natura giuridica del delitto di saccheggio, in Arch. pen., 1947, 40; R. Venditti, Voce Saccheggio e devastazione, in Enc. Dir., Giuffrè, 1989, vol. XLI, 187.
[48] Cass., Sez. un., 26 marzo 1960, Niedermayer.
[49] F. Antolisei, Op. cit., 268; M. Bouchard, Op.cit., 445; E. Contieri, Op. cit., 151.
[50] G. Fiandaca- E. Musco, Op. cit., 502.
[51] Cass., Sez. un., 4 maggio 1946, Cataffo; Cass., Sez. un., 26 marzo 1960, Niedermayer; Cass., Sez. II, n. 990/1955, Piaggio.
[52] La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. VI, 10 novembre 2023, n. 45506, in Foro it., 3/2024, 163 ss., sulla c.d. Trattativa Stato-Mafia sembra richiedere una verifica ancora più stringente in ordine alla dimostrazione del contributo nel caso di concorso morale rammentando come, secondo l’insegnamento delle Sezioni unite, “il giudice di merito, per affermare la sussistenza del concorso morale nel reato, debba accertare specificamente l’efficacia eziologica della forma di partecipazione rispetto alla condotta che si assume abbia integrato il reato contestato” precisando come sia “ineludibile la necessità di ravvisare un nesso di causalità tra la condotta dell’istigatore e quella dell’istigato e, in particolare, che il giudice possa pervenire, sulla base delle prove raccolte e di un giudizio contro fattuale, alla conclusione razionale, oltre ogni ragionevole dubbio, che la concreta condotta dell’istigato sia stata realmente determinata dall’istigatore”.