Cass. Sez. un., 10 aprile 2025 (dep. 28 luglio 2025), n. 27515, Pres. Cassano, est. Andreazza
1. La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite penali, con sentenza del 10 aprile 2025 (dep. il 28 luglio 2025) ha indubbiamente “rivoluzionato” la materia del reato di epidemia, nella specie colposa, ex artt. 438 e 452 c.p., giacché la maggior parte della dottrina e della (poca) giurisprudenza in materia ha sempre ritenuto il delitto di epidemia come un reato a forma vincolata, come tale insuscettivo di essere configurato anche in forma omissiva, ex art. 40, cpv., c.p.[1]. Sul versante opposto, possiamo annoverare una sentenza del 2019 che, pur non occupandosi specificamente del reato di epidemia, in un obiter dictum sembra aprire alla possibilità di considerarlo un “reato a forma libera”, soprattutto laddove sostiene che la diffusione dei germi patogeni possa avvenire “in varie forme”[2].
2. Stabilito ciò in linea generale, affrontiamo ora ex professo la sentenza delle Sezioni Unite penali per verificare dove si discosti dall’interpretazione maggioritaria e come[3].
Ad una semplice lettura dell’art. 438 c.p., il “cagionare un’epidemia” dovrebbe significare, secondo una ricostruzione in termini giuridici, che l’epidemia costituisce l’evento in senso naturalistico, di un reato “comune”, contrassegnato dal “chiunque”, ove l’evento viene realizzato “mediante la diffusione di germi patogeni”, che, a questo punto, non può che integrare la condotta criminosa che deve, per l’appunto, costituire la “condicio sine qua non” per la realizzazione dell’epidemia. Da ciò la conseguenza per cui trattasi di un reato a forma vincolata, se così si ricostruisce la fattispecie.
Si obietta, però, che i Lavori Preparatori non sono vincolanti e ciò è vero, ma verifichiamo per quale strada si arriva a sostenere che sarebbe un reato a forma libera e, quindi, realizzabile anche in forma omissiva, ex art. 40, cpv., c.p. La strada risulta alquanto tortuosa, nel senso che la “diffusione dei germi patogeni” non assume più il significato ed il valore della condotta criminosa che cagiona l’evento dell’epidemia, sia essa dolosa, o colposa, ovviamente sul punto non rileva, bensì, secondo le SS.UU. penali assume il ruolo di “modalità predefinita di esplicazione-caratterizzazione dell’evento”, categoria, invero, assai ibrida, perché “a cavaliere” tra condotta ed evento, ma molto più vicino al secondo, sino al punto di ricomprendervi anche il “lasciare che il germe si diffonda”.
In questo secondo si apre la porta alla configurabilità dell’epidemia anche in forma omissiva e, soprattutto, colposa, come si desume chiaramente dal caso concreto, riguardante l’aver cagionato, in qualità di delegato del datore di lavoro, per colpa, l’imputato un’epidemia, all’interno dell’Ospedale civile di Alghero, “non fornendo ai lavoratori dello stesso i necessari dispositivi di protezione individuale, in numero idoneo, al fine di contrastare, all’interno del nosocomio, la diffusione del Sars-Cov. 2, non assicurando ai lavoratori una formazione sufficiente ed adeguata al rischio proveniente da tale virus, anche mediante addestramento all’uso di dispositivi di protezione individuale, e non adottando, infine, misure collettive e individuali di protezione del rischio biologico del predetto virus”.
3. Si potrebbe, in teoria, “giustificare“ l’annullamento con rinvio, deciso dalle Sezioni Unite penali della Cassazione, della sentenza di assoluzione in primo grado, alla Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, attraverso la c.d. teoria del “circolo ermeneutico”, in base alla quale le disposizioni astratte di legge, con gli artt. 439 e 452 c.p., si invererebbero in norme giuridiche attraverso la mediazione, appunto, del “fatto in concreto”[4]. Non v’ha dubbio, al proposito, che un ruolo preponderante, in tale prospettiva, lo svolge il giudice penale, e, quindi, l’opposto «creativo», seppure in senso lato, della giurisprudenza nello stabilire l’ambito di applicazione della norma. Tale teoria, tuttavia, nasconde una sorta di «Inversionsmethode», nel senso che è la fattispecie concreta che deve essere assunta in quella astratta, e non viceversa[5].
In realtà, proprio l’adattamento della norma al caso concreto può provocare la proliferazione, da un’unica fattispecie astratta, di una serie di sotto-fattispecie, legate alle caratteristiche di casi concreti, ma, in realtà, non contemplati dalla legge, bensì creativamente ricondotti in essa dal “diritto vivente”, giurisprudenziale.
4. Un caso concreto chiarirà ulteriormente il nostro assunto: trattasi della nota vicenda relativa alla diffusione di onde elettromagnetiche dell’emittente di Radio Vaticana, che provocava molestie e disagi ai residenti situati nelle vicinanze delle antenne, site al di fuori dello Stato della Città del Vaticano, per cui fu giustamente respinta nel merito la questione della competenza territoriale, avanzata dalla difesa degli amministratori di Radio Vaticana. La Corte di Cassazione, tuttavia, ebbe ad affermare che la emissione di tali monde elettromagnetiche sarebbe stata sussumibile nella contravvenzione relativa al “getto pericoloso di cose”, di cui all’art. 674 c.p. Va, tuttavia, di contro rilevato che le condotte penalmente rilevanti di cui alla norma in questione fanno riferimento ai verbi “gettare” e “versare”, che etimologicamente fanno propendere in via esclusiva per soli oggetti solidi o liquidi. La Corte di Cassazione, invece, facendo sponda sull’art. 624, comma 2, c.p., che, agli effetti della legge penale, ricomprende nel concetto di cosa mobile anche “l’energia elettrica o altra energia dotata di valore economico”, che, tuttavia, riguarda altra fattispecie criminosa, cioè il delitto di furto, giunse alla conclusione per cui la riconosciuta “forzatura” del dato letterale (gettare o versare) ex art. 674 c.p., darebbe luogo ad un’interpretazione estensiva e non già analogica (in malam partem) basandosi su analoghi precedenti giurisprudenziali[6].
In tal modo, come, a ben considerare, anche nel caso da cui siamo partiti, la giurisprudenza si sostituisce al legislatore nel necessario ammodernamento delle relative norme incriminatrici, attraverso una distinzione tra “analogia interna” e “esterna”. A lasciare perplessi è la stessa premessa teorica, per la quale si assumono come termini di confronto nella ricostruzione del significato della norma penale, gli orientamenti giurisprudenziali in casi simili. Ciò, però, provoca una sorta di “circuito chiuso”, all’interno del quale la giurisprudenza si muove in modo autoreferenziale[7].
In definitiva la distinzione tra analogia “interna”, ammessa, ed analogia “esterna”, vietata, non regge perché, basandosi sulla sussistenza o meno in giurisprudenza di precedenti su casi analoghi, crea, per l’appunto, una giurisprudenza che si muove in modo autoreferenziale, creando, come già rilevato, una sorta di “circuito chiuso” che viola il principio della divisione dei poteri su cui si basa, notoriamente e dai primi dell’800, lo Stato moderno[8].
Oltretutto, il caso deciso dalle SS.UU. penali sull’epidemia colposa non trova nemmeno precedenti giurisprudenziali dello stesso segno su cui basarsi, che, invece, sono scarsi e di segno opposto, per cui a maggior ragione non può ricorrersi, come fondamento ermeneutico al già discutibile concetto di analogia “interna”.
Va, tuttavia, rilevato che, di recente, Giovanni Fiandaca ha riconosciuto alla giurisprudenza penale l’ammissibilità di una interpretazione “creativa”, seppure di rango ridotto[9].
Evidentemente la conclusione cui è giunto l’illustre Autore è il frutto del c.d. circolo ermeneutico di cui, come abbiamo constatato, è sostenitore, ma a parte il fatto che l’aggettivazione utilizzata risulta in realtà alquanto vaga, se la mettiamo in rapporto al caso giurisprudenziale da cui abbiamo preso le mosse la risposta non può che risultare negativa.
Se, infatti, l’interpretazione adottata dalle SS.UU. penali conduce, per quanto riguarda il delitto di epidemia “mediante la diffusione di germi patogeni”, ad alterare la struttura della fattispecie incriminatrice, soprattutto modificando il ruolo rivestito dalla “diffusione di germi patogeni”, la condotta criminosa ad elemento “affine” all’evento, costituito dall’epidemia, ne consegue una profonda alterazione della littera legis e, soprattutto, della sua logica, per aprire la strada ad un reato a forma libera e non già vincolata e, quindi, ad una responsabilità anche per omissionem, ex art. 40, cpv., c.p.
Non si tratta, però, di una interpretazione “creativa” di rango ridotto, bensì di un vero e proprio stravolgimento della littera legis e, soprattutto, dei ruoli rivestiti dagli elementi costitutivi dei delitti di cui agli artt. 438 e 452 c.p.
5. Ciò, a nostro avviso, rischia di violare l'art. 25, comma 2, Cost., sotto il corollario, o sub principio, di tassatività della norma penale, proprio in quanto, attraverso la "manipolazione creativa" degli elementi della fattispecie criminosa, conduce a qualificare la fattispecie de quo agitur anziché a forma vincolata, a forma libera, così consentendo, a livello di "creation pretorienne", di interpretare le fattispecie criminose di cui agli artt. 438 e 452 c.p. anche in forma omissiva, attraverso il “combinato disposto” dell'art. 40, cpv., c.p.
Tutto ciò, tuttavia, ancora non basta, in quanto è necessario verificare se l'interpretazione offerta dalle Sezioni Unite penali sia, invece, conforme all'art. 7 CEDU e, quindi, alla definizione del nullum crimen in ambito comunitario.
Va, preliminarmente, sciolto il nodo della rilevanza delle norme della CEDU, rispetto, in particolare, alle disposizioni costituzionali. A questo proposito risultano di fondamentale importanza, come noto, le sentenze c.d. gemelle nn. 348 e 349 del 2007 della Corte costituzionale[10].
In base a tali pronunce, la Corte costituzionale ha affermato in primo luogo l'impossibilità di assimilare le norme della CEDU a quelle euro unitarie, impedendo, così, di rinvenire nell'art. 11 Cost. lo strumento idoneo per il loro ingresso nel sistema giuridico nazionale. La Consulta ha, però, qualificato espressamente la CEDU come “norma interposta” tra la Costituzione e le leggi ordinarie attribuendo ad essa una forza "super-primaria", ma pur sempre "sub-costituzionale". Da ciò l'obbligo, per il singolo giudice, di sollevare questione di legittimità costituzionale della disposizione interna, se sospettata di risultare in contrasto con la “norma convenzionale”[11].
Stabilito ciò in linea generale, affrontiamo ora la definizione del nullum crimen ai sensi dell'art. 7 CEDU[12].
Quest'ultima disposizione, se risulta indebolita sul versante della riserva di legge, dall'altro si irrobustisce tramite i due requisiti dell'accessibilità e della prevedibilità dell'applicazione giudiziale della norma[13].
Ciò che conta, quindi, nell'ottica CEDU, è il grado di concretizzazione operato, sulla stessa disposizione, ad opera del formante giurisprudenziale. Ne consegue che sentenze di condanna fondate su di un orientamento giurisprudenziale poco o, addirittura, per nulla univoco, si potrebbero tendenzialmente considerare come pronunce emesse in violazione dell'art. 7 CEDU, come nel leading case "Contrada"[14].
Se, quindi, la "prevedibilità", ex art. 7 CEDU, deriva dal grado di concretizzazione operato, sulla stessa disposizione, ad opera del formante giurisprudenziale, possiamo concludere che gli artt. 438 e 451 c.p. hanno avuto uno sporadico formante giurisprudenziale, in genere di segno opposto a quello contenuto nella sentenza delle SS.UU. penali da cui abbiamo preso le mosse. Sussisterebbero, quindi, i presupposti, per il singolo giudice ordinario, o di sollevare questione di legittimità costituzionale degli artt. 438 e 452 c.p. così come interpretati dalle SS.UU. penali, se, appunto, sospettata, a buona ragione, di risultare in contrasto con l'art. 7 CEDU. L’alternativa, come nel caso “Contrada” e non solo, sarebbe quella di rivolgersi direttamente alla Corte EDU per contrasto degli artt. 438 e 452 c.p. con l’art. 7 CEDU, anche perché le norme penali sostanziali in discorso risultano di assai scarsa concretizzazione a livello del formante giurisprudenziale.
6. In conclusione, abbiamo sinora dimostrato, una interpretazione fornita dalle SS.UU. penali della Cassazione sugli artt. 438 e 451 c.p. non già di tipo puramente "estensivo", bensì di carattere "analogico in malam partem", perché le disposizioni incriminatrici de quo agitur sono state "trasformate" da reati a forma vincolata, secundum legem, in reati a forma libera, praeter legem, così consentendo la forma non solo attiva, ma anche omissiva e, dunque, l'applicazione dell'art. 40, cpv., c.p.[15]. Più in generale, ciò, però, costituisce, almeno a nostro parere, il segnale di una etero-integrazione del sistema penale ad opera del supremo consesso di legittimità, anche in quanto il legislatore, e, quindi, il Parlamento, in primo luogo, soffre di una "crisi endemica"[16] e spesso si risolve a convertire in legge i decreti-legge del Governo, in una posizione, quindi, del tutto subordinata e, soprattutto, "subalterna" al Potere Governativo, che sta, purtroppo, conducendo il nostro Paese, soprattutto se verrà varato il Progetto del Premierato, da una democrazia parlamentare ad una pericolosa "democratura".
[1] Nella manualistica, per tutti, G. FIANDACA - E. MUSCO, Diritto penale, Parte Speciale, I, 6ᵃ, Bologna, 2021, 569 ss.; e, in forma ancora più stringente, R. BARTOLI, La responsabilità colposa medica e organizzativa al tempo del coronavirus. Fra la “trincea” del personale sanitario e il “da remoto” dei vertici politico-amministrativi, in questa Rivista, 7/2020, 89-90. In giurisprudenza, Cass., Sez. IV, sent. 12 dicembre 2017 (dep. 28 febbraio 2018), Giacomelli, pres. Piccialli, est. Tornesi, in Dir. pen. cont., 6/2018, 292 ss., con nota di A. FELICIONI, Un’interessante pronuncia della Cassazione su epidemia, avvelenamento e adulterazione di acque destinate all’alimentazione; Cass., Sez. IV, sent. 4 marzo 2021 (dep. 24 marzo 2021), n. 20416, Rosa, pres. Fumu, est. Cenci, in Foro News, 11 giugno 2021, con nota di E. DAVÌ, Covid-19 nelle case di riposo. Sulla configurabilità dell’epidemia colposa in forma omissiva; dello stesso v. anche, in parte qua, ID., Le Sezioni Unite alla prova del Covid: il delitto di epidemia colposa può configurarsi in forma omissiva, in questa Rivista, 4 agosto 2025, 1 ss.
[2] Cass., Sez. I, sent. 30 ottobre 2019 (dep. 26 novembre 2019), n. 48014, pres. Di Tomassi, est. Santalucia, imp. V.T., in questa Rivista, 19 dicembre 2019, con nota di F. LAZZERI, Prova della causalità individuale e configurabilità del delitto di epidemia in un caso di contagi plurimi da HIV tramite rapporti sessuali non protetti. In dottrina, ad es., S. CORBETTA, I delitti di comune pericolo mediante frode, II, 2, I delitti contro l’incolumità pubblica, in G. MARINUCCI - E. DOLCINI (dir. da), Trattato di diritto penale, Parte Speciale, Padova, 2014, 16 ss.; P. PIRAS, Sulla configurabilità dell’epidemia colposa omissiva, in questa Rivista, 8 luglio 2020.
[3] V. anche, nell’ottica maggioritaria, fra i codici penali commentati, D. PROVOLO, sub art. 438, in G. FORTI - S. RIONDATO - S. SEMINARA, Commentario breve al codice penale, 7ᵃ, Milano, 2024, 1614 ss.; S. BRUCELLARIA, sub art. 438 e 452, in E. DOLCINI - G.L. GATTA (dir. da), Codice penale commentato, II, Artt. 241-452, 5ᵃ, Milano, 2021, 2465 ss. e 2627 ss.; S. BRUNO, Epidemia dolosa, in A. CADOPPI - S. CANESTRARI - A. MANNA - M. PAPA (dir. da), Diritto penale, Tomo secondo, Milano, 2022, 3649 ss.
[4] Per la teoria del circolo o spirale ermeneutica, cfr., in particolare, G. FIANDACA, Prima lezione di diritto penale, Bari-Roma, 2017, spec. 114 ss.; e già ID., Ermeneutica e applicazione giudiziale del diritto penale, in RIDPP, 2001, 353 ss.; nonché, più in generale, O. DI GIOVINE, L’interpretazione nel diritto penale. Tra creatività e vincolo alla legge, Milano, 2006; ID., L’elaborazione dottrinale e nomofilattica del diritto vivente, in AA.VV., La legge e i giudici. Giurisprudenza creativa ed erosione del principio di stretta legalità, Roma, Ucpi, 21-22 febbraio 2025 (atti in corso di pubbl.).
[5] Così K. ENGISCH, Introduzione al pensiero giuridico, Milano, 1970; nonché sia consentito anche il rinvio a A. MANNA - A. SERENI, Diritto penale, Parte generale, Teoria e prassi, Milano, 2024, 82-83.,
[6] Cass., Sez. III, 13 maggio 2008; analogamente, in precedenza, Cass., Sez. I, 14 ottobre 1999; successivamente, Cass., Sez. III, 9 gennaio 2009. In senso critico, L. GIZZI, Il getto pericolo di cose, Napoli, 2008; E. GALLI, Il caso di Radio Vaticana ed il problema dell’elettrosmog: rilievi penali, in Arch. pen., 2014, 765 ss.; nonché sia consentito il rinvio pure a A. MANNA, «L'interpretazione analogica» nel pensiero di Giuliano Vassalli e nelle correnti post-moderne del diritto penale, in Scritti in onore di Alfonso M. Stile, Napoli, 2013, 219 ss.
[7] La tesi qui criticata, come è stato, del resto, giustamente rilevato da O. DI GIOVINE, Diritti insaziabili e giurisprudenza nel sistema penale, in RIDPP, 2011, 1474 ss., porta, infatti, come conseguenza ultima quella di affidare la giudice il proprio ruolo di mediatore tra le esigenze di garanzia e quelle di prevenzione. Per quanto riguarda, invece, il caso di “Radio Vaticana” la stessa O. DI GIOVINE, Tra analogia e interpretazione estensiva. A proposito di alcuni casi problematici tratti dalla stessa giurisprudenza, in Criminalia, 2010, 355 ss. e, quivi, 362-363, conclude in modo un po’ troppo sbrigativo e, soprattutto, non risolutivo, nel senso che «per quel che ci riguarda è insomma dubbio che sia una buona interpretazione».
[8] C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, a cura di G. Armani, Milano, 1991, 13 e 24.
[9] G. FIANDACA, Relazione al Convegno: “La legge e i giudici”, etc. cit. (atti in corso di pubblicazione).
[10] Corte cost., sent. 24 ottobre 2007, n. 348; Corte cost., sent. 24 ottobre 2007, n. 349, in Giur. Cost., 2007, 5, 3464 ss., con nota di M. CARTABIA, Le sentenze "gemelle": diritti fondamentali, fonti, giudici.
[11] In argomento, sia di nuovo consentito il rinvio ad A. MANNA - A. SERENI, op. cit., 92 ss.; cui adde F. VIGANÒ, L'impatto della CEDU e dei suoi protocolli sul sistema penale italiano, in G. UBERTIS - F. VIGANÒ (a cura di), Corte di Strasburgo e giustizia penale, Torino, 2016, 13 ss.
[12] Sul tema, Fr. MAZZACUVA, Art. 7, in G. UBERTIS - F. VIGANÒ, op. cit., 237 ss.; V. MANES, sub art. 7, in S. BARTOLE - P. DE SENA - V. ZAGREBELSKY, Commentario breve alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, Padova, 2012, 258 ss.; V. ZAGREBELSKY, La convenzione europea dei diritti dell'uomo e il principio di legalità in materia penale, in V. MANES - V. ZAGREBELSKY (a cura di), La Convenzione europea dei diritti dell'uomo nell'ordinamento penale italiano, Milano, 2011, 69 ss.
[13] Da ultimo, M. PICCARDI, Prevedibilità delle norme e prevedibilità delle decisioni giudiziarie, in AA.VV., La legge e i giudici., etc. cit.; e, più in generale, M. DONINI - R.E. KOSTORIS - R. ORLANDI (a cura di), Conoscibilità del diritto e costruzione del precedente. Diritto e processo penale tra massimario, dottrina e prassi, Napoli, 2025.
[14] Corte EDU, sent. 14 aprile 2015, Contrada c. Italia, su cui F.C. PALAZZO, La sentenza Contrada e i cortocircuiti della legalità, in DPP, 2015, 1061 ss.; M. PAPA, Fantastic voyage. Attraverso la specialità del diritto penale, Torino, 2017, 79-80.
[15] Per ulteriori riferimenti giurisprudenziali, sia di nuovo consentito il rinvio ad A. MANNA - A. SERENI, op. cit., 96 ss.
[16] In argomento, in chiave giustamente critica, L. CANFORA, La democrazia dei signori, Bari, 2022.