CGUE, Quinta Sezione, sent. 7 novembre 2024, C‑126/23, Burdene
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Segnaliamo ai lettori una recente pronuncia della Corte di giustizia che ha un rilevante impatto sulla normativa italiana e, in particolare, sull’art. 11 l. 7 luglio 2016, n. 122 relativo al diritto all’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti, in attuazione della direttiva 2004/80/CE.
La decisione è stata emessa a seguito di un rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE sollevato dal Tribunale di Venezia nell’ambito di una controversia tra, da un lato, i genitori, la sorella e i figli della vittima di un omicidio e, dall’altro lato, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno. Segnatamente, oggetto della causa era l’indennizzo, da parte dello Stato, del danno subito dai familiari per il delitto, in ragione dell’insolvenza del suo autore. Nel dubitare della compatibilità della normativa interna con il diritto UE, il giudice a quo invitava, in particolare, la Corte di Lussemburgo a chiarire se l’art. 12, par. 2, direttiva 2004/80/CE osti a una disciplina di uno Stato membro, come quella italiana, che contempla un sistema di indennizzo per i reati intenzionali violenti la quale, in ipotesi di omicidio, subordina «il diritto all’indennizzo dei genitori della persona deceduta all’assenza di coniuge superstite e di figli di quest’ultima e quello dei fratelli e delle sorelle di tale persona all’assenza dei genitori».
Nello svolgere significative considerazioni sulla definizione di “vittima”, la Corte di giustizia ha fornito una risposta affermativa. Centrale appare la considerazione secondo cui «un sistema nazionale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, dal quale sono escluse alcune vittime senza alcuna considerazione per l’entità dei danni da esse subiti, a causa di un ordine di priorità predefinito tra le diverse vittime che possono essere indennizzate, e fondato unicamente sulla natura dei vincoli familiari, dai quali vengono tratte semplici presunzioni quanto all’esistenza o all’entità dei danni, non può dare luogo a un “indennizzo equo ed adeguato”, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80».
(Elisa Grisonich)