1. Con il provvedimento dello scorso 17 febbraio, che può leggersi pubblicamente sul sito della Corte Penale Internazionale (CPI) e che pure alleghiamo, la CPI, nelle persone di tre giudici della Pre Trial Chamber I, invita la Repubblica italiana a presentare entro il 17 marzo 2025 osservazioni in merito alla mancata consegna del ricercato libico Almasry.
I giudici della CPI ricordano come, ai sensi dell’art. 87 dello Statuto di Roma, istitutivo della CPI, “se uno Stato Parte non aderisce ad una richiesta di cooperazione della Corte, diversamente da come previsto dal presente Statuto, impedendole in tal modo di esercitare le sue funzioni ed i suoi poteri in forza del presente Statuto, la Corte può prenderne atto ed investire del caso l’Assemblea degli Stati parti, o il Consiglio di Sicurezza se è stata adita da quest’ultimo”.
Orbene, secondo la Corte l'arresto e il successivo rilascio del generale libico da parte dell'Italia, nonché il trasferimento in Libia e il successivo rilascio da parte dell'Italia, giustificano un’indagine volta ad accertare se ricorrano i presupposti per una constatazione formale di non conformità dell'Italia con lo Statuto; in altri termini, se sia stato commesso da parte del nostro Paese un illecito internazionale e se la questione debba essere deferita all'Assemblea degli Stati Parte e/o al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Ciò anche in considerazione di quanto viene sottolineato nella premessa del provvedimento, ovvero che l'Italia non ha cercato di avviare consultazioni con la CPI, ai sensi dell'art. 97 dello Statuto di Roma, nel periodo tra l'emissione del mandato d'arresto e il ritorno di Almasry in Libia. Tale disposizione stabilisce che “quando uno Stato parte, investito di una richiesta ai sensi del presente capitolo, constata che la stessa solleva difficoltà che potrebbero intralciarne o impedirne l’esecuzione, esso consulta senza indugio la Corte per risolvere il problema. Tali difficoltà potrebbero, in modo particolare, essere le seguenti:
a) le informazioni non sono sufficienti per dar seguito alla richiesta;
b) nel caso di una richiesta di consegna, la persona reclamata rimane introvabile malgrado ogni sforzo dispiegato, oppure l’inchiesta svolta ha permesso di determinare che la persona che si trova nello Stato richiesto non è manifestamente quella indicata dal mandato; o
c) il fatto che lo Stato richiesto sarebbe costretto, per dar seguito alla richiesta nella forma in cui si trova, di infrangere un obbligo convenzionale che già ha nei confronti di un altro Stato.
2. Nel provvedimento allegato si dà atto di come l'Italia abbia già fornito alcune informazioni alla Cancelleria della Corte, attraverso note del 27 gennaio e del 10 febbraio del Ministero della Giustizia, che sono state successivamente messe a disposizione della Pre Trial Chamber. Tuttavia, i giudici dell’Aja ricordano che, prima di effettuare qualsiasi accertamento sulla mancata cooperazione, il Regolamento della CPI (art. 109) prevede che sia sentito lo Stato richiesto. A tal fine viene così formalmente rivolto all’Italia un invito a presentare osservazioni sulla mancata consegna alla CPI (“failure to surrender”) di Almasry.
L'Italia è inoltre invitata a presentare osservazioni sulla sua mancata ottemperanza alla richiesta di cooperazione relativa alla perquisizione e al sequestro del materiale trovato addosso o in possesso del generale libico arrestato a Torino.