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  Recensione  
25 Ottobre 2024


Recensione a "Il processo penale minorile. Commento al d.P.R. 448/1988", a cura di Glauco Giostra, Giuffrè Francis Lefebvre, 2024


Giunge all’attesa sesta edizione Il processo penale minorile. Commento al d.P.R. 448/1988, curato da Glauco Giostra, per i tipi di Giuffrè Francis Lefebvre (2024), tagliando un traguardo non scontato, che conferma il ruolo di un’opera che, da oltre un ventennio, accompagna, in maniera ormai unica nel suo genere, le riflessioni di studiosi e operatori pratici (non solo giuristi, viste le differenti professionalità che operano nella regione a statuto speciale della giustizia penale minorile); interpreti che vi ritrovano la bussola che li guidi in sicurezza in acque governate dalle «sbiadite mappe nautiche fornite dal legislatore»[1], abbandonando la navigazione a vista. Mappe rese ulteriormente poco leggibili da un significativo fenomeno di stratificazioni normative non sempre interconnesse da logiche coerenti, ciò che accentua l’esigenza di uno strumento in grado, in maniera costruttivamente critica, di orientare nelle acque, dalla calma solo apparente, del processo penale minorile.

 

Il titolo e il taglio sistematico dell’opera nascondono quel che è molto di più di un’esaustiva rassegna dell’evoluzione normativa e degli arresti di dottrina (estremamente ricco il corredo bibliografico) e giurisprudenza, tipici di un commentario tradizionalmente inteso.

Nonostante si tratti di un lavoro a più mani (tutte di esperti del settore) e anche grazie alla circoscritta estensione del testo normativo, figlia del principio di sussidiarietà di cui al primo comma dell’art. 1, evidente è lo spirito comune del commentario. Un idem sentire che innerva in maniera unificante i singoli contributi, accomunati da una cifra unitaria che attribuisce particolare omogeneità a un’opera che si caratterizza per rigore scientifico e contestuale scorrevolezza di lettura. Colonna vertebrale portante che sorregge l’intero lavoro è, all’interno di un significativo contenitore normativo sovranazionale che guida gli autori, il superamento della, solo apparente, antitesi fra, da un versante, l’irrinunciabile funzione cognitiva dell’accertamento processuale, teso alla ricostruzione di fatti illeciti e relative responsabilità, senza che minore età possa significare minori diritti e minori garanzie e, dall’altro versante, le esigenze educative individualizzanti di un imputato comunque debole e dalla personalità in via di formazione, rispetto al quale l’invasivo arsenale innescato dall’iscrizione della notitia criminis deve assumere un ruolo di retroguardia. Esigenze educative che non possono rivestire i ‘panni’ da protagonista, pena – come sottolineato fin dalle prime pagine dell’opera – l’emergere di una fisionomia del processo «ancipite di repressione e di rieducazione»[2], che non sfugge ad attriti costituzionali, perché coinvolgente un minorenne deviante, presunto innocente non meno di un adulto. Due versanti che non devono costruirsi in chiave oppositiva, dove il primo venga sacrificato sull’altare dell’altro, bensì quali essenziali componenti di un sentiero arduo da seguire, ma unitario, nel quale i percorsi educativi vanno riservati al solo imputato del quale sia stata acclarata la responsabilità, nel rispetto dei canoni essenziali del processo equo, giacché «non possono essere impiegati istituti volti allo studio della personalità di un presunto innocente che, se assolto, non dovrà sottoporsi ad alcun tipo di programma di recupero»[3]. Chiave ermeneutica, quest’ultima, che rappresenta una delle cifre qualificanti l’intera opera di commento al d.P.R. 448/1988, fin dalle sue prime edizioni e ancor più nell’ultima, perché sempre maggiore è il rischio di una deriva in grado di snaturare il modello originario di processo penale minorile, plasmato su un imputato dal corredo personologico differente rispetto all’adulto cui guarda, invece, il coevo codice di rito penale.

 

Molte le novità normative che separano dalla precedente edizione del 2021 e non tutte in linea con la fisionomia della giurisdizione specializzata minorile.

Nella «cronica oscillazione del legislatore penale minorile tra tutela del e tutela dal minorenne che delinque»[4], si ricava la frustrante sensazione che l’asse del pendolo rimanga, a seguito di un movimento disallineato, dove reclama una collettività sempre più spaventata da una criminalità minorile non percepita come minore. E a emergere è un’inaccettabile e preoccupante contrapposizione tra un prevalente best interest of the community e un recessivo best interest of the child, con una dicotomia netta, buoni versus cattivi, che le Carte internazionali – innanzitutto la Convenzione sui diritti del fanciullo (New York, 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 27 maggio 1991, n. 176) e le Regole minime per l’amministrazione della giustizia minorile, c.d. Regole di Pechino (New York, 29 novembre 1985) – hanno sempre chiesto di superare, in favore di un’attenzione al minorenne in quanto tale, soggetto particolarmente vulnerabile, prima ancora che ‘orco’ o ‘vittima’.

Un panorama, quello che si presenta agli interpreti, che riporta alla mente il doloroso paradosso evidenziato da Leonardo Sciascia, secondo cui «non si può essere giudice» – e nemmeno legislatore – «tenendo conto dell’opinione pubblica, ma nemmeno non tenendone conto»[5].

In tale contesto, diviene preziosa l’opera coordinata da Glauco Giostra, quale strumento di orientamento per una ricollocazione della disciplina processuale minorile e della sua concreta applicazione lungo binari che corrano verso il richiamato best interest of the child, di cui all’art. 3, § 1, Convenzione sui diritti del fanciullo di New York[6], un’ambigua, ma imprescindibile formula magica che, per non rimanere poco efficace contenitore ormai quasi vuoto e a tenuta non stagna che rischia di svuotarsi dei propri contenuti essenziali, reclama, a fortiori in campo processual-penalistico, un’opera di non semplice riempimento concettuale che guidi gli interpreti.

Se, infatti, il tanto richiamato – e, fors’anche, abusato – best interest perde la propria pregnanza, rischia di venir riempito di contenuti nuovi non di rado incompatibili con quelli precedenti, delineandosi pericolose frizioni con i principi cardine di un micro-sistema normativo, che rappresentava una piccola isola felice, fervida fucina per feconde sperimentazioni, in grado di fungere da trampolino che ha attivato benefici effetti contagio in favore del mondo adulto, popolandolo di opportuni «“gemelli eterozigoti”»[7].

Il commentario si conferma, in particolare, significativo ausilio per la definizione contenutistica delle, non poche, previsioni dalla portata ‘aperta’, che affidano l’opera di riempimento precettivo agli interpreti, una ‘squadra’ composita ed eterogenea di soggetti chiamati ad assistere il minorenne nel percorso processuale e il giudice nelle sue decisioni individualizzate sulla specifica personalità del primo, quali la componente esperta dei collegi, i difensori, i servizi minorili, oltre alla pubblica accusa e alla polizia giudiziaria, soggetti dalle diverse professionalità, ma accomunati dal carattere qualificante della specializzazione. Un fil rouge che lega ogni fase e grado del procedimento[8] e allo stesso modo tutti i commenti dell’opera e rispetto alla cui garanzia il commentario si pone quale strumento imprescindibile nella ‘cassetta degli attrezzi’ di chi opera nel complesso ambito processual-penalistico minorile.

E il ruolo che l’opera ha acquisito nei suoi primi 23 anni di vita è accentuato dalle ultime iniziative di un legislatore non sempre adeguatamente attento all’incidenza degli interventi novellistici rispetto alle logiche di un sistema dai fragili equilibri, perché riservato a soggetti fragili.

A separare dall’edizione precedente è poco più di un biennio, tanto per un legislatore che non brilla per self restraint. Ecco, innanzitutto, la riforma ordinamentale di istituzione del nuovo Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie (d.lgs. 149/2022), della quale il commentario prende opportunamente atto, nonostante non fosse ancora entrata in vigore (il Consiglio dei Ministri del 3 luglio 2024 ne ha anzi già ulteriormente rinviato l’operatività di ulteriori dodici mesi).

Maggiormente significative, comunque, altre due novelle. Non circoscritta al mondo minorile la prima, relativa all’epocale regolamentazione organica della giustizia riparativa, di cui alla c.d. riforma Cartabia del processo penale (d.lgs. 150/2022). Una riforma che, in ambito minorile, ha coinvolto in via diretta, con un intervento di micro-chirurgia, il solo comma 2 dell’art. 28 d.P.R. 448/1988; con uno dei tanti «asfittici e corrivi raccordi»[9] normativi dei quali il d.P.R. 448/1988 è ormai rassegnato destinatario. Un’interpolazione che ribadisce quanto si sarebbe potuto desumere dalla disciplina generale e che rischia di avere, al momento della sua, non immediata, piena operatività, effetti collaterali non secondari, in un sistema già da tempo basato sui delicati equilibri dei percorsi mediativi, pur non formalmente regolamentati.

Appena un anno da una complessa normativa delegata caratterizzata da logiche riparative e il ricorso è stato, invece, allo strumento della decretazione d’urgenza, poco compatibile, sacrificando la pacata riflessione anche parlamentare, con l’ambito processual-penalistico, ma strumentale all’assecondare demagogicamente sentimenti di rabbia e vendetta sociale. Impulsi che dovrebbero rimanere estranei alle stanze di un nomoteta che cede, invece, alla tentazione di cavalcare l’emotività derivante da pur intollerabili fatti criminali; tragica occasio legis che non impedisce ai commentatori di prender netta posizione rispetto ad alcune palesi forme di diversion novellistica da una coerenza sistematica che all’originaria architettura del 1988 andava, comunque, riconosciuta. L’evidente riferimento è al c.d. decreto Caivano (d.l. 123/2023), attraverso il quale a esser perseguita è l’opposta logica afflittivo repressiva, rimedio peggiore del male per la sua forza pregiudizievole rispetto allo sviluppo evolutivo del minorenne, specie se utilizzato come reazione ordinamentale privilegiata all’illecito minorile. In tale chiave securitario-punitiva, la riforma del 2023 coinvolge sia l’orto sostanziale che quello processuale, con significativi interventi in tema di limitazioni della libertà personale dell’imputato minorenne, di perimetrazione della sospensione del processo con messa alla prova e di costruzione di uno strumento di probation non attento agli sviluppi personologici del destinatario di un inedito percorso rieducativo, poco adatto al procedimento minorile, già a partire dal piano lessicale della «polverosa»[10] rubrica del nuovo art. 27-bis, con l’improprio ricorso al lemma rieducazione in luogo di educazione, l’unico consono, il secondo, quando siano in gioco personalità ancora in via di formazione e orientabili pure con lo strumento penale, ma solo se venga previamente assicurato un garantito accertamento di responsabilità.

Nuovi istituti, dunque, nonché istituti che vedono significativamente alterata l’originaria fisionomia, come accaduto rispetto all’eccezionalità della coercizione personale[11] o rispetto alla costruzione, «irragionevolmente discriminatori[a]» e opportunamente stigmatizzata, di una «sorta di “non rieducabilità presunta” di alcuni imputati minorenni»[12], esclusi dalla sospensione del processo con messa alla prova. Anticipandosi, rispetto ai vari innesti novellistici (artt. 27-bis e 28 comma 5-bis), dubbi di costituzionalità presto giunti all’attenzione della Consulta (e altri se ne prospettano in ambito cautelare[13]).

Compito estremamente arduo, a dire il vero, il rendere in poche battute interesse e complessità di un’opera così articolata. E nel ribadirne il prezioso apporto alla riflessione sulla disciplina della giustizia penale minorile e sulla sua concreta operatività nelle aule dei tribunali (ma pure al di fuori da esse, giacché è anche lì che si completa la reazione ordinamentale all’illecito minorile), non rimane che auspicare una moratoria normativa in ambito minorile (e non solo), almeno nell’«uso dello strumento penale, che nel migliore dei casi riesce a funzionare da antipiretico: abbassa momentaneamente la febbre, ma non cura mai la malattia»[14], testimoniando l’insuccesso di un legislatore taumaturgo troppo concentrato sulla sintomatologia e non su un’anamnesi che guardi al paziente minorenne in tutta la sua unica e unitaria personalità, il cui accertamento «è un cardine dell’intero processo penale minorile»[15].

Una moratoria che abbia quale effetto collaterale il lasciare quella da poco alle stampe ultima edizione, per un tempo lungo, di un fecondo percorso, consentendo un sempre più vasto diffondersi e sedimentarsi dei paradigmi ermeneutici di garanzia che Il processo penale minorile. Commento al d.P.R. 448/1988 indica in maniera inequivoca.

Un wishful thinking[16] ancora una volta nel best interest of the child.

 

 

 

[1] G. Giostra, Presentazione, della prima edizione del 2001, pag. V.

[2] G. Giostra, Commento all’art. 1, pag. 21.

[3] O. Mazza, Commento all’art. 33, pag. 724.

[4] Citazioni da G. Giostra, Premessa alla sesta edizione, pag. XXIII.

[5] L. Sciascia, A futura memoria (se la memoria ha un futuro), Bompiani, Milano, 1989, pag. 80.

[6] Art. 3, § 1, Convenzione di New York, secondo il quale «in all actions concerning children, whether undertaken by public or private social welfare institutions, courts of law, adminidtrative authorities or legislative bodies, the best interests of the child shall be a primary consideration» e a cui può dirsi espressamente ispirato anche l’art. 24, § 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata dal Consiglio d’Europa a Nizza il 7 dicembre 2000 e adottata a Strasburgo il 12 dicembre 2007. La Corte costituzionale ha coniugato per la prima volta il best interests of the child nel 1981, cristallizzando l’esigenza che sia fatto «prevalere nella maggiore misura possibile» (così Corte cost., 10 febbraio 1981, n. 11, Considerato in diritto, § 6, in materia di adozioni).

[7] G. Giostra, Premessa alla quarta edizione del 2016, pag. XV.

[8] Cfr. A. Ciavola, Commento all’art. 2, pagg. 32 ss.; F. Siracusano, Commento all’art. 35, pagg. 750 s.

[9] G. Giostra, Premessa alla quarta edizione del 2016, pag. XV.

[10] A. Zampini, Commento all’art. 27-bis, pag. 487.

[11] Cfr. A. Tassi, Commento all’art. 16, pag. 230.

[12] Citazioni da C. Cesari, Commento all’art. 28, pag. 530.

[13] Cfr. L. Caraceni, Commento all’art. 19, pag. 283.

[14] G. Giostra, Premessa alla sesta edizione, pag. XXV.

[15] V. Patanè, Commento all’art. 9, pag. 153.

[16] Per riprendere la chiusa di G. Giostra, Premessa alla sesta edizione, pag. XXVI.